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Filosofia/Greco: La catarsi di Aristotele
Latino: Persio, “Saturae”
Italiano: Il Naturalismo francese e la Scapigliatura
Latino: Lucano, “Bellum Civile”
Storia: La Prima Guerra Mondiale
Inglese: Poetry of world war I
Storia dell’arte: Otto Dix, “Il trittico della guerra”
IL MACABRO COME STRUMENTO DI
CRITICA CHIARA GIACON IIIC
COS’E’ IL MACABRO? FILOSOFIA – FREUD, IL PERTURBANTE
« Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è
familiare. »
(Sigmund Freud, Il perturbante, 1919.)
I n un articolo del 1919 Freud introdusse la nozione di perturbante, in riferimento al campo dell’estetica.
Questo sentimento, apparentato con effetti “repellenti e penosi” quali il terrore, la paura, o l’angoscia,
non coincide perfettamente con nessuno di essi, sebbene quasi sempre la sua apparizione li susciti. Il
sentimento dell’inquietudine scatena anche paura e angoscia, ma la sua cifra distintiva è un’altra, e ha a
che fare con una forte ambiguità: esso ci appare come una corrente di affetti contraddittori, in cui la paura
è unita alla fascinazione, la voluttà al terrore, la repulsione all’attrazione. In altri termini, esso sembra
circoscrivere un’area ambigua dell’affetto, in cui non vi è solo “pena” ma anche “godimento”.
Freud propone una contrapposizione di base gli aggettivi heimlich (familiare, confortevole e nativo, dalla
particella heim = casa) e unheimlich (per l'appunto il perturbante che ci fa spavento perché non è familiare).
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IL MACABRO COME STRUMENTO DI
CRITICA CHIARA GIACON IIIC
Heimlich è una parola strana e unica nel suo genere, per via della sua ambiguità semantica e le diverse
sfumature di significato:
1. appartenente alla casa, non straniero, familiare, domestico, fidato e intimo.
2. tenuto lontano da occhi indiscreti, nascosto in modo da non farlo sapere ad altri o da non far
sapere la ragione per cui lo si intende celare. (Heimlich è anche avvicinato al mondo della magia e
al mondo sotterraneo).
Si capisce così che il termine ha una doppia accezione, quella dell'agio e quella del nascondere. Il significato
di heimlich arriva a coincidere e a sovrapporsi con il suo contrario e negazione, unheimlich, quando appunto
lo si intende come "tutto ciò che dovrebbe restar segreto, nascosto e che invece è affiorato”. Spaventoso e
familiare sono due termini ossimorici e il perturbante scaturirebbe dal loro incontro: perturbante, però,
non è equivalente a spaventoso e neppure il contrario di familiare. Pertanto: il perturbante, ciò che porta
angoscia, è qualcosa che assomiglia al nostro ambiente domestico ma che in realtà cela in sé un che di
straniero, sconosciuto, enigmatico. Ed è proprio questa la forza del macabro; a differenza dell’orrore
sovrannaturale che è estraneo alla nostra vita quotidiana, il macabro non è altro che un realismo
estremizzato ed esasperato. Esso non fa altro che descrivere aspetti del nostro vivere quotidiano, quali la
paura del dolore, la paura della morte, ma con tale accuratezza da amplificare in noi quelle paure. Per
quanto possa essere spaventoso un fantasma, o un vampiro, basta una forte conoscenza scientifica per
eliminarlo; la visione di un corpo squarciato, invece, ci colpisce tanto perché tendiamo a sostituire quel
corpo con il nostro corpo.
L’APPLICAZIONE DEL MACABRO
ALL’ARTE GRECO/FILOSOFIA – ARISTOTELE, LA CATARSI
I l macabro non ha, però, solo carattere negativo ma anzi può risultare anche un mezzo di liberazione
dell’animo umano tramite il processo della catarsi. Attraverso la rappresentazione sulla scena di azioni
pietose e terribili, infatti, l’uomo si libera dalle sue passioni con un processo che suscita emozioni simili a
quelle che si vogliono estirpare. La rappresentazione delle passioni più terribili determina una forma di
oggettivazione di essa, che consente all’animo di purificarsi e liberarsi. Aristotele afferma:
Alcuni di quelli che sono dominati dalla pietà, dal timore o dall’entusiasmo, quando odono canti
orgiastici come quelli religiosi, si calmano come per effetto di una medicina e di una catarsi. È
necessario perciò che siano sottoposti a tale azione coloro che vanno soggetti alla pietà, al timore e
in generale alle passioni, in modo conveniente a ciascuno, sicché in tutti si generi una catarsi e un
alleggerimento piacevole.
Aristotele, Poetica, VIII, 7, 1342°, trad.it. di R. Laurenti, cit., p. 279
Nel nostro secolo, alcuni studiosi, sulla scia della psicoanalisi di Freud, hanno interpretato la dottrina
aristotelica, sulla scia della psicoanalisi di Freud, in modo ancor più marcatamente psicologico, affermando
che la catarsi è nient’altro che una forma di de-rimozione, cioè di scarica emozionale dalle passioni nocive
che portiamo dentro di noi, nell’inconscio. L’animo umano non è solo ragione ma anzi, in buona parte
anche pura irrazionalità e istinto. In un ambiente sociale in cui gli spazi sono sempre più ristretti e la
competizione per il territorio è sempre più agguerrita, l’uomo si trova in una situazione innaturale. Gli istinti
che lo vorrebbero ad eliminare ogni concorrente avversario vengono giustamente repressi dalle regole
imposte dalla comunità. Nascono allora quelle passioni inspiegabili per le scene di morte, per le
rappresentazioni del male, che soddisfano l’inconscio e remoto immaginario di guerra, conquista ed
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IL MACABRO COME STRUMENTO DI
CRITICA CHIARA GIACON IIIC
annientamento del nemico. Le scene di sangue e violenza, appagano la nostra aggressività, tanto quanto
succede per la competizione sportiva ed il desiderio di ottenere il successo per primeggiare sugli altri, e
creano in noi un vero e proprio gusto del macabro.
Il più grande sentimento di catarsi nell’antica Grecia era per Aristotele la tragedia; vi è, infatti, un doppio
movimento implicito nella tragedia: un moto di eccitazione psichica dello spettatore (pietà e paura) cui
subentra un rasserenamento liberatorio, un ritorno all’equilibrio. La catarsi tragica nasce quindi da
un’opposizione tra la Pietà, cioè l’impulso a partecipare, e il Terrore, ovvero l’impulso ad allontanarsi, che
trovano nella tragedia una conciliazione che non è loro altrimenti consentita.
Il macabro ha quindi una doppia natura, perturbante e catartica; questa ambivalenza lo porta ad essere per
un autore, un’arma potente nei confronti dei fruitori della sua opera. Egli infatti tramite il macabro è
capace di attrarre e nello stesso tempo creare una sensazione di repulsione. Questa doppia valenza del
carattere macabro ha portato nel tempo molti autori ad inserirlo all’interno delle loro opere, con
l’obbiettivo di coinvolgere il lettore a livello meramente intellettuale, portandolo a riflettere sulle cause
dell’orrore e soffermandosi sulle forme in cui esso si manifesta. Il macabro diventa quindi un forte
strumento di critica.
CRITICA ALLA SOCIETA’
Un ambito in cui è stato ampliamente usato il macabro come critica è quello della critica alla società.
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IL MACABRO COME STRUMENTO DI
CRITICA CHIARA GIACON IIIC
CORROTTI DAL VIZIO E DALLE PASSIONI
LATINO – PERSIO, “SATURAE”
N el mondo latino un esempio è dato da Aulo Persio Flacco, autore di satire del I sec d.C.. Benché la
satira si prestasse assai poco a rappresentazioni macabre e orripilanti, in quanto genere
prettamente comico che, come aveva insegnato Orazio, “castigava i costumi attraverso il sorriso”,
Persio non rifugge dal presentare talvolta esempi di un’umanità sofferente perché corrotta dal vizio e dalle
passioni, spingendosi anche a scene di morte. È il caso della satira III, in cui Persio attacca la pigrizia di
coloro che trascurano gli studi filosofici. L’autore sostiene che come è necessario combattere le malattie fin
dal loro insorgere, così bisogna imporsi ben presto le regole di condotta morale. All’interno di tale paragone
Persio propone la sapida scenetta di un dialogo fra un medico è un paziente; il primo cerca di dare
raccomandazioni per la salute del secondo che però tragicamente muore.
“Visitami: ho una specie di palpitazione e l’alito mi esco pesante dalla gola ammalata: visitami per piacere!>>. […]
<<Ehi amico, sei pallido>>. <<Non è nulla>>. <<Stacci attento, sia quel che sia: la pelle ti si fa gialliccia a poco a
poco>>. <<Tu sei più pallido ancora: non farmi il tutore! È un pezzo che ho sepolto il mio: ora mi resti tu>>. <<Fa’
come vuoi: starò zitto>>. Ed eccolo che prende il bagno gonfio di cibo e con il ventre giallastro, mentre la sua gola
esala fiati pestilenziali: ma mentre è intento a bere lo afferra un tremito che gli fa cadere di mano il bicchiere
pieno di vino tiepido: crocchiano i denti scoperti e dalle labbra pendule gli escono le bavose pietanze. Poi suono di
trombe, fiaccole ed infine il nostro signorino, ben composto nel catafalco e madido di grassi unguenti, stende i
piedi irriggiditi verso la porta: e i Quiriti di un giorno, col berretto in testa, lo portano via.”
Aulo Persio Flacco, Saturae III 88-106, trad. di P. Frassinetti
Questo quadro potente, costruito con crudo e disgustato realismo, rappresenta uno degli esempi migliori
del verum perseguito da Persio. Solo in seguito infatti si coglie che questa spietata rappresentazione del
reale è invece un’allegoria del vizio come morbo, che mette in risalto i sintomi di patologie morali, come
l’avidità, la lussuria, la gola e l’ira.
IL DEGRADO DELLA SOCIETA’
INDUSTRIALE ITALIANO – NATURALISMO FRANCESE E SCAPIGLIATURA
L a cultura della seconda metà dell'Ottocento fu caratterizzata da una forte tendenza a esplorare la
realtà. L'uomo, le sue condizioni di vita, le sue relazioni con la società; i suoi valori morali furono
esaminati con gli stessi metodi della scienza. L’ambiente sociale in cui si colloca tale movimento è
quello della nascente società industriale, della frenetica vita cittadina, in cui è presente la contrapposizione
tra una borghesia avida di denaro e potere e la nascente classe operaia. I temi preferiti del naturalismo
francese furono antiidealistici e antiromantici in modo che la narrazione portasse con sé una forte carica
di denuncia sociale che doveva risultare dalla descrizione scientifica ed obiettiva dei fatti.
Tra i temi principali vi erano dunque:
la vita quotidiana con le sue banalità, le sue meschinità e le sue ipocrisie;
le passioni morbose che dovevano rasentare il limite della patologia psichiatrica, come la follia e
il crimine; 6
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CRITICA CHIARA GIACON IIIC
le condizioni di vita delle classi subalterne, soprattutto del proletariato urbano che, con la sua miseria
(prostituzione, alcolismo, delinquenza minorile) potessero dare un chiaro esempio di patologia sociale.
Un esempio è il romanzo L'Assommoir del naturalista francese Zolà. Il libro, che è ambientato
nella Parigi operaia ed è frutto di una lunga e attenta analisi d'ambiente da parte dell'autore, narra una
storia di alcolismo, di miseria e di degradazione umana ed è innovativo anche dal punto di vista linguistico,
perché Zola riproduce, come in tutti gli altri suoi romanzi, il caratteristico gergo dell'ambiente che descrive.
“Guardò a destra, verso il Boulevard Rochechouart, dove gruppi di macellai, in grembiule spalmato
di sangue, appendevano le carni di fronte al macelli, e la fresca brezza di tanto in tanto si diffondeva un
tanfo di bestie macellate. Cercò a sinistra, scansionando un lungo viale che si è concludeva quasi di
fronte a lei, dove la massa bianca dell'Ospedale Lariboisière era allora in corso di
costruzione. Lentamente, da un capo all'altro dell'orizzonte, seguì il muro dietro il quale si sentono
talvolta, durante la notte, le urla di persone che vengono assassinate, e lei con occhio indagatore
esaminava gli angoli remoti, gli angoli bui, neri di umidità e sporcizia, temendo di non discernere il
corpo di Lantier, accoltellato a morte.” Émile Zolà, “L’ammazzatoio”, 1877
Nel gruppo degli scapigliati compare per la prima volta nella cultura italiana dell’ottocento il conflitto fra
società e artista. L’artista è respinto ai margini della società da qui nascono gli atteggiamenti di ribellione
radicale alle norme morali e alle convenzioni correnti. Di fronte alla modernità gli scapigliati assumono un