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Lo schema di una tragedia
PROLOGO la parte del dramma che precedeva l’ingresso del coro
nell’orchestra. Di una o più scene, sia recitate che cantate
PARODO era il canto d’entrata del coro
EPISODI erano le parti recitate, suddivise anche in più scene. Avevano
forma di monologo o di dialogo. Lo schema preferito era quello della
sticomitia, in cui ognuno degli interlocutori pronunziava alternativamente una
battuta di uno o più versi. Solitamente gli episodi erano tre, intervallati da
parti corali
STASIMI le canzoni che il coro eseguiva dopo il suo ingresso
nell’orchestra. In Euripide tendono a diventare dei gratuiti, anche se coloriti,
intermezzi musicali
ESODO era l’ultima parte recitata, dopo l’ultimo stasimo. Se
sommiamo la parodo, i tre episodi e l’esodo, otteniamo quel numero di cinque
parti, che diventò fisso nella trattatistica drammatica rinascimentale
CIRCA LA NASCITA DELLA TRAGEDIA LA CRITICA HA
ASSUNTO DIVERSE POSIZIONI.
Io ho voluto analizzarne una in particolare.
Origine dionisiaca: annunciata da Aristotele, esposta su
basi filosofiche da Nietzsche. Secondo tale teoria il rapporto fra
Dioniso e la tragedia è confermato da molteplici elementi. Ad
esempio: l’uso nel costume teatrale della maschera e dei coturni,
proprio dell’ abbigliamento del dio; l’esistenza di un tempietto a
Dioniso, nel recinto del teatro, seggio d’onore attribuito al sacerdote
del dio; effettuazione degli spettacoli durante le feste dionisiache
Studi sulla tragedia
Aristotele (384-322 a.C.)
La forma più completa di poesia è, per
Aristotele, la tragedia. Ma qual è la
funzione della tragedia? Aristotele ritiene
che essa abbia una funzione catartica, vale a
dire di “alleggerimento” e “purificazione”
delle passioni umane.
Che cos’è la tragedia?
La tragedia è dunque imitazione di azione di carattere elevato e completo, di una
certa estensione, in linguaggio abbellito, e che ha le diverse specie di abbellimenti
separatamente distribuite nelle varie parti di essa, imitazione compiuta da attori e
non in forma narrativa, e che suscitando il terrore e la pietà, perviene alla
purificazione di tali affezioni.
Aristotele, Poetica, VI,1449, trd.it.di F.Albeggiani, La Nuova Italia, Firenze 1974, p. 11
La tragedia, dunque, produce la catarsi o purificazione delle passioni indesiderate
dell’animo mediante scene che generano pietà o terrore.
In altri luoghi (Retorica, II, V e VII) Aristotele chiarisce che cosa intende per :
TERRORE PIETÁ
Una specie di agitazione La forte compassione che assale colui che
dell’immaginazione che prefigura vede sopraggiungere nell’altro, in modo
un male apportatore di dolore e di immeritato, un male grave apportatore di
distruzione dolore e di distruzione, e che immagina possa
un domani capitare anche a se stesso
Quali sono gli effetti della catarsi?
Alcuni di quelli che sono dominati dalla pietà, dal timore o dall’entusiasmo,
quando odono canti orgiastici come quelli religiosi, si calmano come per effetto di
una medicina e di una catarsi. È necessario perciò che siano sottoposti a tale
azione coloro che vanno soggetti alla pietà, al timore e in generale alle passioni, in
modo conveniente a ciascuno, sicché in tutti si generi una catarsi e un
alleggerimento piacevole. Aristotele, Poetica, VIII, 7, 1342°, trad.it. di R. Laurenti, cit., p. 279
Attraverso la rappresentazione sulla scena di azioni pietose e terribili o il
coinvolgimento prodotto dalla musica, l’uomo si libera dalle sue passioni con un
processo che suscita emozioni simili a quelle che si vogliono estirpare. La
rappresentazione delle passioni più terribili determina una forma di oggettivazione
di essa, che consente all’animo di purificarsi e liberarsi. Si noti la derivazione
medica, forse ippocratica, della nozione aristotelica di catarsi: essa agisce come una
medicina, calmando gli animi esaltati, nervosi o atterriti.
F. W. Nietzsche (1844 – 1990)
Il filosofo studiò l’epoca tragica dei Greci con l’intento di capire innanzitutto se
stesso e la decadenza dell’occidente. Studiando l’origine della tragedia greca,
scopre in essa la presenza di due impulsi antagonistici:
APOLLINEO DIONISIACO
Apollo divinità solare. Dio del vino e della musica, della gioia e del
Simbolo del sogno, della benessere fisico. Simbolo dell’ebbrezza,
ragione e dell’ordine della passione e del caos
Com’è possibile una coesione all’interno della tragedia
tra i due antagonisti?
Nietzsche afferma che la musica e la danza trovano nella rappresentazione scenica e
nel dialogo tra i personaggi il loro naturale completamento. Mirabilmente fusi in
unità grazie al “miracolo metafisico” che operano Eschilo e Sofocle nelle loro
tragedie.
Dioniso si unisce ad Apollo: l’irruenza dei sentimenti si stempera nella logica del
dialogo, il vissuto diventa rappresentazione e favola.
Morte della tragedia
Secondo Nietzsche, colui che ha ucciso la tragedia, prima ancora di Socrate, è stato
Euripide, che ha cercato di umanizzare i sentimenti, di ricondurli entro l’alveo della
ragionevolezza. Egli ha portato sulla scena la vita mediocre di tutti i giorni, la vita
borghese interessata ai nuovi valori del commercio e del denaro. Così facendo
Euripide ha decretato dall’interno la fine della tragedia, altrettanto fecero Socrate e
il suo discepolo Platone con l’affermazione dell’intellettualismo filosofico .
S. Freud (1856-1939)
La catarsi in ambito psicoterapeutico
In un'epoca più vicina alla nostra, il termine "catarsi" è stato ripreso
da Sigmund Freud e Joseph Breuer nel 1895, negli Studi sull'isteria,
per indicare la liberazione di emozioni in pazienti ansiosi, grazie al
recupero di particolari pensieri o ricordi biografici. I due studiosi
avevano a quel tempo chiamato il procedimento da loro
utilizzato,"metodo catartico".
La catarsi è sì, sfogo e scarica emozionale, ma anche possibilità di
comprensione intellettuale e recupero di preziose energie vitali.
Grazie alla catarsi, è quindi possibile intuire il senso evolutivo delle
proprie esperienze di vita, e riappropriarsi delle energie fino a quel
momento impegnate in meccanismi di difesa tesi a mantenere gli
equilibri del conscio.
EURIPIDE ( 485/480 - 407/405 a.C.)
E IL SUO TEATRO
REALISMO con il
Novità quale tratteggia le
dinamiche psicologiche
dei suoi personaggi
FIGURE PROTAGONISTI molto
FEMMINILI spesso sono persone
- problematiche, insicure e non
Andromaca prive di conflitti interiori
- Fedra
- Medea
Il teatro di Euripide va considerato come un vero e proprio laboratorio politico, non
chiuso a se stesso, ma al contrario, affine ai mutamenti della storia, fino
all'accettazione ultima del regno di Macedonia.
TRAGEDIA: Μήδεια di Euripide
La trama
Ci troviamo a Corinto, città in cui vive Medea
insieme a Giasone e ai loro due figli, dopo aver
aiutato suo marito nell’impresa del Vello d’oro e
aver abbandonato patria e parenti per vivere con lui.
Dopo dieci anni, però, Creonte, re della città, vuole
dare sua figlia Creusa in sposa a Giasone, dando così
a quest'ultimo la possibilità di successione al trono.
Giasone accetta, abbandonando così sua moglie
Medea. Vista l'indifferenza di Giasone, Medea
medita una tremenda vendetta. Fingendosi
rassegnata, manda in dono un mantello alla giovane
Creusa, la quale, non sapendo che il dono è pieno di
veleno, lo indossa per poi morire fra dolori strazianti. Il padre Creonte, corso in
aiuto, tocca anch’egli il mantello, morendo.
Ma la vendetta di Medea non finisce qui. Per assicurarsi che Giasone non abbia
discendenza, uccide i figli avuti con lui, condannandolo all'infelicità perpetua.
Alcune riflessioni
All’interno della tragedia un unico grande disegno:
LA VENDETTA, che si determina dall’inizio della
tragedia ed arriva fino al compimento. Impreca, piange,
si dispera. La scena si apre con questo quadro di rabbia
e di follia e Medea appare con gli occhi asciutti,
controllata e prudente. Senza dubbio lei ha già intravisto
la vendetta che non sarà senza tormenti. Toccante è il
saluto di Medea ai figli, ma la donna non
può fare altrimenti. Il furore ha ormai superato l’amore; insomma il più tenero
amore si mescola ad un odio ancora più grande.
Euripide ha rappresentato l'indicibile e l'irrappresentabile del cuore umano
nelle sue pieghe più profonde e nelle sue parti più oscure. L'atteggiamento interiore
di Medea viene scandito dal poeta tragico in ogni fase del suo divenire, facendoci
così cogliere una fredda assassina che medita di fare vendetta sull’uomo che l’ha
tradita per un’altra donna.
Seneca (4 a.C.-65 d.C.)
e la sua Medea
L'opera si ispira alla Medea di Euripide e mostra anche
l'influenza dell'omonima tragedia perduta di Ovidio.
UCCISIONE DEI
FIGLI
INNOVAZIONI DA PARTE DELLA
TECNICHE PROTAGONISTA
Il delitto si compie sulla
scena, sotto gli occhi
degli spettatori
AL CONTRARIO, NEL DRAMMA ANTICO
i fatti luttuosi, anziché essere rappresentati, venivano
narrati da un nunzio
Differenze tra la Medea di Euripide e quella di Seneca
Euripide Seneca
Protagonista delineata come donna Protagonista delineata come una
tradita, abbandonata dallo sposo, maga dal carattere demoniaco,
disperata nel suo dolore desiderosa di una tremenda
(Medea) vendetta
Convinto delle sue azioni, L’eroe è in preda all’angoscia e si
disprezza Medea supplice dichiara costretto a prendere tale
(Giasone) decisione, per amore dei figli
Il coro in questo caso approva la
figura di Giasone e vede le sue
nuove nozze come la sua
liberazione da Medea, per la quale
non prova pietà
EDGAR ALLAN POE
EDGAR ALLAN POE (1809-1849)
Considerato tra i più importanti esponenti della
letteratura americana, Edgar Allan Poe è stato un abile
poeta e scrittore dell’Ottocento. L’esistenza ricca di
difficoltà che ha dovuto affrontare non gli ha impedito
di lasciare ai posteri veri e propri gioielli, di cui i
Racconti sono la migliore espressione.
Poe si è imposto per essere considerato uno dei
rappresentanti più importanti del romanzo gotico. Del
movimento neogotico, infatti, eredita alcune tematiche
e suggestioni (il gusto per il mistero, l'orrido, l'angosciante), svincolandosi però
dalle ambientazioni tipiche del gotico, e sviluppandone più gli aspetti psicologici,
indagando fra le ossessioni e gli incubi personali; pertanto può anche essere
considerato come un precursore del Decadentismo.
Scrittore di grande inventiva, ha anticipato generi letterari quali il romanzo
poliziesco (il suo personaggio Dupin si può considerare l'antenato più diretto dello
Sherlock Holmes), e la fantascienza.
La sua scrittura
Tutte le opere di Poe, o quasi tutte, hanno una caratteristica ben precisa. Sono un
labirinto, una pianta carnivora che non lascia più la preda. Il lettore che, anche per
caso, si lasci attirare dal primo rigo non può più fare a meno di proseguire, un
prodigio di tecnica di affabulazione tanto più sorprendente se si medita all’epoca
in cui è stata realizzata.
L’arco narrativo
Un inizio tranquillizzante, come se si stesse di fronte a una vicenda ordinaria, di
tutti i giorni. Poi, progressivamente la storia incalza, assume le caratteristiche di
un rivolo d’acqua che si ingrossa fino a travolgere l’emozione profonda. E a
questo punto scatta il coinvolgimento, totale, assoluto. Seguendo la narrazione, il
lettore con il libro in mano si trova immediatamente sprofondato in una botola al
cui fondo c’è lo stesso scrittore americano e in un lampo il mutamento della
personalità avviene. Il lettore diventa Poe.
Il periplo del labirinto inizia:
VENDETTA e IMMAGINARIO
ASSASSINIO
L’ultima parola si riallaccia con la
prima , un percorso completo che
non trova un prima e un dopo, ma
un susseguirsi incalzante di
emozioni che si riannodano le une
TERRORE MORTE
alle altre come un cerchio, da cui
non si ha possibilità di fuga
MISTERO
Dopo un ardua scelta, ho deciso di presentarvi uno tra i tanti racconti di Edgar Allan
Poe , “La Caduta Della Casa Usher”; per meglio farvi conoscere il mio interesse nei
confronti dello “scrittore maledetto”.
TRAMA
Il protagonista e narratore del racconto, riceve una lettera dal suo
amico di infanzia Roderick Usher, in cui lo supplica di raggiungerlo