Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La tesina esamina i concetti dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente grande, suggerendo la continuità fra questi due estremi del pensiero umano.
Materie trattate: Fisica, Matematica, Astronomia, Filosofia, Letteratura italiana, inglese e francese, Arte figurativa
Mentre Perrin e Avogadro si sforzano di dimostrarne l’esistenza, gli atomi portano già ad altri
problemi. Lungi dall’essere indivisibili, essi mostrano tutti i segni di una struttura interna. L’atomo
non sarebbe quindi il costituente ultimo della materia. Ufficialmente il primo costituente elementare
degli atomi appare sulla scena con Thomson, che nel 1897, a seguito di un esperimento sul moto dei
raggi catodici, determina l’esistenza di un “corpuscolo di carica negativa: l’elettrone (che gli valse il
premio Nobel per la fisica nel 1906). Nello stesso anno ne fissò le caratteristiche fondamentali,
11 –31
C/kg) e successivamente la massa (9,1·10 ).
misurando dapprima la carica specifica (1,7·10
e/m
Tra il 1908 e il 1909, il fisico americano Millikan, studiando il moto di goccioline di olio caricate
per sfregamento nel campo elettrico di un condensatore, riuscì a stabilire l’esistenza di una carica
–19
elettrica elementare corrispondente alla carica dell’elettrone (e = 1,6·10 C).
Le conoscenze acquisite nello studio dei raggi catodici, nonché le osservazioni dedotte da altri
fenomeni come l’elettrolisi e la radioattività, avevano indotto i fisici a considerare l’atomo come un
sistema complesso dotato di una struttura interna. Fra i primi modelli elaborati, troviamo quello a
di Thomson (1902). Secondo questo modello, l’atomo corrispondeva ad una sfera
Panettone –10 m; la carica positiva, distribuita più o meno uniformemente, occupava
materiale di raggio r = 10
tutta la sfera, gli elettroni, erano disseminati nella materia positiva proprio come l’“uvetta in un
panettone”. Un modello che ebbe maggior successo fu quello di Rutherford. Fra il 1908 e il 1911,
2
realizzò delle esperienze di che mettevano in evidenza che una piccola percentuale di
scattering 1F
3
particelle α bombardate su una lamina di oro, erano deflesse.
2F Figura 1- Esperienza di scattering di Rutherford
Termine inglese usato in fisica per indicare “diffusione”, e cioè la deviazione che la traiettoria di una particella subisce,
2
quando passa nelle vicinanze di un’altra particella o di un nucleo atomico.
La particella α è un nucleo di elio.
3 5
La struttura di queste deflessioni lasciavano supporre che lo spazio occupato dall’atomo era
prevalentemente costituito da vuoto e da una massa che occupava un piccolo spazio. Egli ipotizzò
quindi l’atomo come un sistema solare microscopico in cui gli elettroni ruotano intorno ad un
nucleo con massa positiva. Nell’anno della nascita dell’atomo nucleare entra nel mondo della fisica
Niels Bohr che si interessò ai problemi della struttura dell’atomo soffermandosi in particolar modo
sulla disposizione degli elettroni attorno al nucleo. Come era possibile che gli elettroni, pur
irradiando onde elettromagnetiche a spese della propria energia di moto, non finissero col cadere sul
nucleo? Per rispondere a questa domanda, Bohr ricorse alle ipotesi quantistiche elaborate da Max
Planck e giunse ad una rivoluzione del modello atomico secondo cui:
1- Gli elettroni possono occupare solo una successione discreta di orbite (quantizzazione delle
orbite) cui corrispondono valori energetici ben precisi, tutti multipli di un “quanto di azione”
coincidente con la costante di Planck.
2- Un elettrone che percorre una data orbita non irradia energia. Solo a seguito del passaggio
da un’orbita ad un’altra, si ha una variazione del contenuto energetico (quantizzazione
dell’energia). Nell’arco di tempo tra il 1913 e il 1926, il modello di Bohr è stato
l’unico schema utilizzato per cercare di interpretare i fatti sperimentali
che venivano gradualmente scoperti nel campo della fisica atomica.
Tuttavia il modello presentava dei limiti, quali la sua difficoltà ad essere
esteso ai sistemi atomici formati da più di un elettrone e l’incapacità di
Figura 2 – Modello del nucleo planetario tradizionale
fornire un criterio logico riguardante la ripartizione degli elettroni atomici nelle diverse orbite.
A questi limiti posero rimedio gli studi di Pauli e, successivamente, di Heisenberg. Pauli, con il
sancisce il criterio per la distribuzione degli elettroni nell’atomo: dato un
principio di esclusione,
sistema costituito da più elettroni, in un atomo non possono trovarsi due elettroni aventi la stessa
4 . Heisenberg, invece, chiarì cosa debba intendersi per orbita
quaterna di numeri quantici n, l, m e s 3F
di un elettrone. Secondo il fisico tedesco, parlare di orbita presuppone di conoscere
contemporaneamente la posizione e la velocità dell’elettrone in moto. Cosa impossibile in quanto
I numeri quantici sono numeri utilizzati per specificare lo stato di un sistema quanto-meccanico come ad esempio un
4 n
elettrone in un atomo. Il numero quantico principale corrisponde al livello energetico che un elettrone può occupare; il
l m
numero quantico angolare (o azimutale) determina la forma dell’orbitale, il numero quantico magnetico indica il
s
numero di orientamenti di un dato orbitale nello spazio; infine, il numero quantico di spin indica il verso del moto
rotatorio dell’elettrone intorno al proprio asse e assume i valori 1/2 e -1/2 indicati con due freccette: ↑↓. 6
tanto più piccole sono le dimensioni dell’oggetto da misurare tanto più grande sarà l’incertezza; per
misurare queste grandezze fisiche dell’elettrone, bisognerà utilizzare un fascio di fotoni, il quale
funziona da strumento di misura, che inevitabilmente provocherà delle perturbazioni nella traiettoria
e nella velocità.
Il sancisce quindi l’impossibilità di misurare
principio di indeterminazione di Heisenberg
simultaneamente e in modo rigoroso la posizione e la velocità dell’elettrone secondo la relazione
Δx Δp ≥ h
dove Δx e Δp sono l’indeterminazione con cui si misurano le due grandezze e h la costante di
Planck.
I modelli planetari di Rutherford e di Bohr hanno quindi introdotto l’idea che l’atomo fosse
nucleo
dotato di un centrale (scoperto da Rutherford nel 1912). Ma come era fatto un nucleo
atomico? La risposta a questa domanda dovette aspettare il 1919, quando Rutherford scoprì una
protone,
nuova particella elementare, il dando un essenziale contributo alla comprensione della
struttura nucleare. Si scoprì subito che il protone era molto più pesante dell’elettrone, con una
–24 gr; il suo raggio equivale a 1 fm (1
massa pari a circa 2000 volte quella dell’elettrone: 1,67·10
–15 –19
fermi = 10 m) e la sua carica è la stessa dell’elettrone (1,6·10 C) ma cambiata di segno. Nella
del 1920, Rutherford aveva ipotizzato anche l’esistenza di un’altra particella con
Bakerian Lecture
carica elettrica nulla. Essa era intesa come un “nucleo neutro” formato da un protone strettamente
neutrone.
legato ad un elettrone e battezzato con il nome di Non si avrà alcuna evidenza
sperimentale dell’esistenza di questa particella fino al 1932 quando il fisico James Chadwick,
bombardando un bersaglio di berillio con nuclei di elio, si accorgerà che i nuclei di berillio si
spezzavano e tra i frammenti si trovavano atomi di carbonio e un nuovo tipo di particelle: i neutroni,
per l’appunto. Questa scoperta gli valse il premio Nobel per la fisica nel 1935. Il neutrone ha una
= 1 fm, come quello del
massa di circa il 10% superiore a quella del protone e il suo raggio è r n
protone.
A seguito delle ricerche di Rutherford e di Chadwick, si poté stabilire con certezza che protoni
nucleoni
e neutroni erano ossia componenti del nucleo. Dopo la scoperta di queste particelle, un
quesito si impose su tutti: com’era possibile che i protoni, carichi dello stesso segno potessero
condividere lo stesso spazio senza respingersi? Quale forza li teneva assieme?Le forze allora
conosciute (gravitazionale ed elettromagnetica) non permettevano di spiegare questa interazione. Fu
l’interazione forte
quindi necessario invocare un nuovo tipo di forza, proposta da Hideki Yukawa
–15
(anno?), una forza a cortissimo raggio d’azione (appena 10 m) ma di grande intensità attrattiva a
7
breve distanza. L’energia di legame dovuta a questa interazione forte si può ricavare facendo
2 ):
ricorso all’equivalenza massa-energia di Einstein ( ΔE = Δmc
ΔE = ZM + NM – M
P N
la massa del protone, N il numero di neutroni, M la massa del
Dove Z è il numero di protoni, M P N
neutrone e M la massa del nucleo.
Un modello atomico formato da protoni, neutroni ed elettroni non riusciva tuttavia a spiegare
5
molti fenomeni nucleari. Fra questi esemplare è il decadimento β , che sembrava contraddire il
4F
principio di conservazione dell’energia. Per spiegare il fenomeno Pauli nel 1930, ipotizzò
l’esistenza di una nuova particella. Spettò a Fermi (1933) il merito di sviluppare una teoria completa
del decadimento β entro la quale questa nuova particella svolgeva un ruolo importante per
interpretare il modello in cui un neutrone poteva trasformarsi in protone con l’emissione di un
neutrino,
elettrone e di un la cui scoperta sperimentale risale però solamente al 1956. Il neutrino è
una particella priva di carica con massa paragonabile a quella elettronica.
Lo studio dei raggi cosmici aveva nel frattempo messo in evidenza l’esistenza di una nuova
mesone.
particella: il
Dopo il 1950, la famiglia delle particelle elementari si arricchì ulteriormente, grazie
soprattutto all’intervento di macchine sempre più potenti nell’esplorazione sperimentale.
L’accresciuto numero delle particelle “elementari” indusse Murray Gell-Mann e Stephan Zweig
6 , sensibili alla forza nucleare forte fossero composti di tre
(1964) a ipotizzare che tutti gli adroni 5F 7 up(u), down (d) e strange (s)
particelle ancora più elementari: i quark chiamati e delle rispettive
6F
anti-particelle. Il modello con soli tre quark fu messo in crisi dalla
scoperta di certi tipi di mesoni. Nel 1970, tre fisici fra cui
l’italiano Luciano Maiani, ipotizzarono un quarto quark
charm (c),
chiamato e successivamente, nel 1973 Kobayashi e
Maskawa introdussero una nuova coppia di quark denominati
beauty (b) top (t).
e
Figura 3 - Protone formato da due quark up e un quark
down.
Trasformazione naturale del neutrone in protone
5 Attualmente le particelle subatomiche sono divise in tre grandi famiglie: 1) i leptoni, che si ritengono essere
6
fondamentali (elettrone, muone, tauone e rispettivi neutrini); 2)gli adroni, che sono composti da particelle più
elementari quali i quark (neutrone, protone, mesone)
Il Termine quark deriva da una curiosa frase: “three tratta da “Finnegan’s di James
quarks for Mr Marks”, Wake”
7
Joyece. 8
2.2.L’Universo fra il finito e l’eternità
In ogni secolo gli uomini hanno pensato di aver capito definitivamente
l’Universo e, in ogni secolo, si è capito che avevano sbagliato. Da ciò
segue che l’unica cosa certa che possiamo dire oggi sulle nostre attuali
conoscenze è che sono sbagliate. Isaac Asimov
Grande come l’Universo,
Saggi sulla scienza.
La cosmologia (scienza che ha come oggetto di studio l’Universo) nasce, quando l’uomo
inizia a porsi domande riguardanti la sua collocazione nell’Universo e l’origine ed evoluzione
dell’Universo stesso. La cosmologia ha le sue radici storiche in narrazioni religiose: nelle prime
civiltà, infatti, gli astri erano visti come dei che influivano sui destini umani. L’interpretazione
religiosa di tipo filosofico si ritrova anche in Grecia con Aristotele secondo cui gli oggetti celesti
erano perfetti, immutabili ed eterni. Le prime teorie
cosmologiche con alcuni
fondamenti scientifici risalgono
però ad alcuni astronomi-filosofi
dell’antica Grecia come Tolomeo
che nel II secolo giunge all’idea
che la Terra è immobile al centro
dell’Universo, mentre il Sole, la
Luna, i pianeti e le stelle le ruotano
attorno incastonati in sfere
concentriche. A seguito di
trascurabili rielaborazioni della
teoria tolemaica in epoca
medievale, si sviluppa il concetto
di un Universo non più finito bensì
Figura 4 – Sistema tolemaico dell’Universo
infinito e privo di centro ad opera di Giordano Bruno già ipotizzato secoli prima da Democrito di
Abdera. 9