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La tesina si articola sulla concezione dell'infinito dalla concezione umanistica a quella scientifica
Materie trattate: letteratura italiana, letteratura latina, letteratura inglese, filosofia, fisica, matematica, geografia astronomica, storia, storia dell'arte
Premessa
Il percorso didattico si snoda intorno al tema dell’Infinito, un concetto analizzato sin dagli
albori del pensiero occidentale ma che raggiunge la massima esplorazione nel periodo
della grande speculazione filosofica nel secolo XIX.
Per infinito si intende tutto ciò che non ha limite in estensione, quantità, durata. La parola
stessa lo ammette, dove il prefisso ha lo scopo di negare il significato della radice della
parola che indica limite. Sebbene fin dagli albori della storia umana questa entità non è
mai stata connessa direttamente a problemi pratici, molti sono stati gli spunti da cui si è
originato il concetto di infinito, come, per esempio, l’innato desiderio umano di esplorare
al di là del mondo conosciuto, che ha sempre avuto un termine.
Questa entità è molto difficile da immaginare nel suo complesso: possiamo avere un
accenno ammirando un cielo stellato e limpido o
solo un piccolo richiamo osservando la distesa del
mare fino all’orizzonte: il pittore olandese Van
Gogh vedeva l’infinito nelle vaste pianure della
Francia. Si incominciò a parlare d’infinito, però,
solo in seguito allo sviluppo del pensiero
matematico, il quale riuscì a staccarsi dai problemi
pratici e raggiunse un livello più astratto e più ampio. Usando i numeri naturali, possiamo
renderci conto dell’infinito, dal momento che è
possibile aggiungere un’unità a qualsiasi
numero, quante volte desideriamo.
L’immensità, l’indefinito, l’incommensurabile
hanno spesso originato pareri diversi, anche
nettamente opposti.
Tale concetto ha influenzato praticamente tutti
gli aspetti della vita umana e non è possibile risalire a quale ambiente (filosofico, artistico,
letterario, ecc.) abbia generato quest’interesse, probabilmente l’influenza reciproca ha
provocato la grandissima rivoluzione culturale di quel secolo. Sicuramente l'infinito ha
significati diversi in ambito filosofico, poetico-letterario, matematico e fisico. Infatti, il
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termine Infinito ha assunto nella storia del pensiero occidentale due significati tra loro
opposti: quello di Infinito matematico-spaziale e quello di Infinito reale. Entrambi
indicano qualcosa che non ha limite o determinazione ma, in uno, questa mancanza di
limite è avvertita come un'essenziale incompiutezza e imperfezione, mentre nell'altro
caso si dice di ciò che per la sua pienezza di essere e per la sua perfezione, non manca di
nulla e comprende tutto in sé senza che nessuna cosa cada al di fuori di esso.
La storia dell'infinito è stata in gran parte la storia della complementarietà e della lotta di
due concezioni di esso: l'infinito potenziale, "negativo", che non finisce mai, e l'infinito
attuale, perfetto e chiuso.
Il primo, detto anche falso infinito o, come
direbbe Hegel (sebbene in differente
contesto), cattivo infinito, è caratterizzato
dalla ripetizione "all'infinito" di una
medesima operazione di divisione. Il
secondo, l'infinito attuale, è un infinito
"chiuso" e, per così dire, compiuto,
identificabile "religiosamente" con la divinità o "cosmologicamente" con l'universo.
Se spesso l'infinito è considerato come qualcosa di desiderabile, sinonimo di perfezione,
esso confonde i nostri sensi e la nostra razionalità, ci disorienta, ci introduce in un
labirinto da cui non si può uscire.
Se durante tutta l'antichità l'infinito era guardato con sospetto, col passare degli anni, o
meglio dei secoli, esso comincia a ricevere migliore "accoglienza" da parte almeno dei
filosofi, che lo "trattano con minor diffidenza e maggior familiarità".
Infatti mettendo da parte il fenomeno religioso -
è col Cristianesimo che il concetto di infinito
subentra nella cultura occidentale – si può
affermare che, in ultima analisi, il concetto di
infinito è moderno, perché risalendo all'antichità -
VI o V secolo avanti Cristo – si trova il concetto di
indeterminato, il famoso “apeiron”.
In seguito l'universo diventò finito. Aristotele,
infatti, confutò il concetto di infinito; Keplero e lo
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stesso Galileo consideravano l'universo molto grande, ma non propriamente infinito. Il
concetto di universo infinito, dunque, sia dal punto di vista matematico che dal punto di
vista fisico esordisce nella seconda metà del XVII secolo.
L'infinito è qualche cosa che noi costruiamo indefinitamente, ma non che esiste già come
sistema dato di tutte le cose.
Questo percorso interdisciplinare rappresenta il tentativo di dare forma umana ad un'idea
suprema. Un cammino difficile, tortuoso, fatto di immensi spazi e di angoli repentini, di
ampie strade e di vicoli stretti, in cui qualcuno ha compiuto il primo passo tempo addietro
e che ci vede ancora presi, coinvolti in una spirale di drammatica corsa che ne giustifica la
ricerca. Dalla siepe del Leopardi, al vuoto del cosmo, il pensiero dell'uomo di cultura si è
soffermato spesso e volentieri sulla distanza, sul tempo, sul sentimento, sui tanti e diversi
modi di sentire ciò che ci circonda, sulla
volontà di provare ad afferrare quanto di
impalpabile lontano sfugge alla
comprensione, quanto di impenetrabile c'è
nella mente e di inestinguibile c'è nei sensi di
ognuno.
L'infinito è la meta di questa rincorsa per
spiccare il salto tra le braccia di Dio, è l'anello
di congiunzione tra la realtà e l'irrealtà delle nostre vite, è la chiave di volta del senso
profondo dei nostri atti. Tutte le discipline dell'umano "facere" corrono verso questo
traguardo dorato, ed ognuna aiuta a farne umana fattezza, a collocarne una atomica
porzione più vicina al nostro sentire, tirando l'estremo della corda dell'essere dalla parte
dell'uomo e cercando di comprendere dove essa conduce.
Finché parliamo di cifre astratte come in matematica, però, l’infinito rimane immaginario,
frutto della genialità umana, ma c’è qualche possibilità che esista veramente nel
concreto? Forse nessuno arriverà mai a scoprirlo, ma si accontenterà di ipotizzarlo o di
disdirlo. 5
La visione dell’infinito nel Romanticismo
L'Infinito si qualifica come il protagonista principale dell'universo culturale del
Romanticismo. Il Romanticismo fu un complesso movimento spirituale e culturale, che
produsse un profondo mutamento nelle lettere, nelle arti, nel pensiero, nella politica e
nel costume. Sorto sul finire del Settecento in
Inghilterra, e, con più matura consapevolezza in
Germania, dove si legò alla filosofia
dell’Idealismo, si estese progressivamente a
tutta l’Europa.
Il Romanticismo fu preparato dal mutamento
progressivo della sensibilità e del gusto che si
svolse nell’ambito stesso dell’Illuminismo e del Sensismo e che prese il nome di
Preromanticismo. Ma l’anno in cui si costituisce una "scuola" romantica, che assume
programmaticamente questo nome, varia da nazione a nazione. In Germania è il 1797,
l’anno in cui fu fondata la rivista “Athenaeum”, che ebbe come redattori i critici August
Wilhelm Schegel e suo fratello Friederich, e i poeti Novalis e Tieck. In Inghilterra è il 1798,
anno di pubblicazione delle “Lyrical Ballads” dei poeti William Wordsworth e Samuel
Taylor Coleridge, alle quali fu aggiunto, nella seconda edizione, un manifesto letterario.
Più lentamente il Romanticismo penetrò nei paesi latini; nel 1813 in Francia e nel 1816 in
Italia. Il movimento può dirsi concluso attorno
alla metà dell’Ottocento, anche se molte sue
istanze continuarono a incidere sui movimenti
letterari posteriori fino ai giorni nostri.
La rivoluzione romantica della sensibilità e del
gusto è fondata su una profonda
trasformazione del modo di concepire la realtà
e i rapporti tra gli uomini, che si lega a sua
volta alle drammatiche vicende ideologiche, politiche e sociali della storia europea tra
Illuminismo e Rivoluzione francese, Restaurazione e i moti nazionalistici e liberali del
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primo Ottocento. La complessità e molteplicità degli aspetti a volte persino
contraddittori, assunti dal Romanticismo, ne rendono impossibile una definizione
sintetica e unitaria. Tuttavia il Romanticismo nasce in opposizione ai motivi più astratti
dell’ideologia illuministica, della quale, però, conserva e approfondisce quelli più validi.
L’Illuminismo aveva esaltato la ragione come facoltà sovrana, cui tutte le altre dovevano
essere rigorosamente subordinate, aveva rigettato le religioni tradizionali, sostituendo ad
esse un vago deismo o una concezione sensistica e materialistica della realtà. Il
Romanticismo è, invece, pervaso da un’ansia religiosa che, o si concreta nel ritorno alle
fedi tradizionali o sfocia nell’immanentismo, cioè in una religione dell’umanità, fondata
sul culto dei valori spirituali più alti, che dirigono la storia, o in un mistico panteismo, che
fa coincidere Dio col mondo e ne avverte l’arcana presenza nella natura e nella storia;
comunque, in un deciso spiritualismo. Inoltre, pur accogliendo l’esaltazione illuministica
della libera ragione umana, rivendica il valore del sentimento e della fantasia. Nasce così
un concetto più organico della vita dello spirito, fondata sulla libera associazione di tutte
le sue facoltà, una delle quali, anzi, il sentimento, non è più sentita come inferiore, ma
come il mezzo che ci pone in contatto più immediato con l’Assoluto, cioè con l’intima
realtà della vita universale, con ciò che i Romantici chiamano l’infinito.
Tutti d'accordo nell'assegnare all'Infinito questo ruolo primario, i romantici si
differenziano invece per il diverso modo di intendere l'Infinito stesso e di concepirne i
rapporti con il finito. Il modello più caratteristico e maggiormente seguito dai poeti e dai
filosofi tedeschi, come si è già detto, è quello panteistico. Infatti, il sentimento della
“Einfühlung ” fra l'Infinito e il finito è così forte da far sì che essi, tendano a concepire il
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finito come la realizzazione vivente dell'Infinito, sia esso inteso, alla maniera di un
panteismo naturalistico che identifica l'Infinito con il ciclo eterno della natura oppure di
un panteismo idealistico che identifica l'Infinito con lo Spirito, ossia con l'Umanità stessa e
fa della natura un momento della sua realizzazione.
Sebbene prevalente, il modello panteistico non è l'unico, poiché accanto ad esso troviamo
anche un'altra concezione dei rapporti tra finito ed Infinito: una concezione per la quale
l'Infinito viene in qualche modo a distinguersi dal finito, pur manifestandosi o rivelandosi
1 Einfühlung è una parola tedesca che significa “partecipazione emotiva” e che viene tradotto in italiano comunemente con
empatia. Il termine indica la proiezione delle proprie emozioni su un oggetto di natura contemplato con amore, immedesimandosi
con esso. Nella contemplazione estetica diventa la percezione delle proprie forze emotive trasferite in un oggetto. Secondo tale
teoria questo fenomeno si manifesta specialmente nei confronti delle opere d’arte, in quanto esse sono già connotate per offrirsi
al fruitore come oggetti emozionali. 7
in esso. In questo caso, il finito non appare più la realtà stessa dell'Infinito, ma come la
sua manifestazione più o meno adeguata. Per cui, se il primo modello, sostiene l'identità
tra finito e Infinito, il secondo modello, afferma la distinzione tra i due, ammettendo la
trascendenza dell'Infinito rispetto al finito e considerando l'Infinito stesso come un Dio
che è al di là delle sue manifestazioni.
Il riferimento dell’infinito nel Romanticismo ricorre spesso ad alcuni essenziali punti
cardine come:
Assoluto titanismo:
e caratteristica inequivocabile del romanticismo è la
• teorizzazione dell'assoluto, l'infinito immanente alla realtà (spesso coincidente
con la natura) che provoca nell'uomo una perenne e struggente tensione verso
l'immenso, l'illimitato. Questa sensibilità nei confronti dell'assoluto si identifica nel
titanismo: viene paragonata dunque allo sforzo dei Titani che perseverano nel
tentativo di liberarsi dalla prigione imposta loro da Zeus, pur consapevoli di essere
stati condannati a restarci per sempre.
Sublime: secondo i romantici, l'infinito genera nell'uomo un senso di terrore e