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descrivo il processo del cambiamento nelle diverse discipline scolastiche, evidenziandone talvolta i lati negativi.
Con la perdita delle rendite mutò anche la condizione sociale di Pirandello,
che fu costretto ad integrare il non lauto stipendio di professore
intensificando la sua produzione di novelle e romanzi. Lavorò anche per
l’industria cinematografica scrivendo soggetti per film.
Anche l’esistenza di Pirandello, come quella di altri scrittori del novecento,
fu segnata dall’esperienza della declassazione, del passaggio da una vita di
agio borghese ad una condizione di piccolo borghese. Tale esperienza influì
molto sui temi trattati dall’ autore, in particolare in molte opere affronta il
grigiore soffocante della vita del piccolo borghese.
1910 Pirandello ebbe i primo contatto con il mondo
teatrale, con la rappresentazione di due atti unici,
e
lumie di Sicilia la morsa.
1915 La sua produzione teatrale si intensificò. In
quell’anno venne messa in scena a Milano la prima
commedia in tre atti , Se non così.
Dal 1916 al 1918 scrisse e fece rappresentare una serie di drammi: pensaci
Giacomino! e liolà, Così è se vi pare, il berretto a sonagli, il piacere
che suscitarono nel pubblico e nella critica
dell’onestà, il giuoco delle parti
reazioni sconcertate. Erano anche gli anni della guerra: Pirandello aveva
visto con favore l’intervento, considerandolo come una sorta di compimento
del processo risorgimentale, ma la guerra incise profondamente sulla sua
vita: il figlio fu fatto prigioniero, e a causa di ciò la malattia della moglie
peggiorò a tal punto da spingere Pirandello a farla ricoverare in una casa di
cura, dove restò fino alla morte.
1920 Il teatro di Pirandello cominciò a conoscere il
successo pubblico .
1921 Sono i che
sei personaggi in cerca d’autore
rivoluzionavano radicalmente il linguaggio
drammatico, suscitando dapprima reazioni
furibonde, ma andando poi incontro ad un successo
trionfale.
L’esperienza del teatro d’arte fu resa possibile grazie al finanziamento da
parte dello stato. Nel 1924 Pirandello si iscrisse al partito Fascista al fine di
ottenere appoggi dal regime. La su adesione a fascismo ebbe però caratteri
ambigui e difficilmente definibili. Da un lato il suo conservatorismo politico e
sociale lo spingeva a vedere nel fascismo una garanzia di ordine; dall’altro
invece il suo spirito antiborghese lo induceva lo induceva a scoprirvi
l’affermazione di un’energia vitale che spazzava via le forme fasulle e
soffocanti della vita sociale dell’Italia post unitaria. Ben presto però dovette
rendersi conto del carattere di vuota esteriorità del regime, e in maniera
molto cauta accentuò il suo distacco.
Negli ultimi anni lo scrittore seguì particolarmente la pubblicazione organica
delle sue opere, in diversi volumi: le che
novelle per un anno,
raccoglievano la sua produzione novellistica, e le in cui
maschere nude
venivano sistemati i testi drammatici.
1934 Gli venne assegnato il premio nobel per la
letteratura, a consacrazione della sua fama
mondiale.
Morì di polmonite nel 1936, lasciando incompiuto il suo ultimo capolavoro, i
giganti della montagna,
La visione del mondo
e la poetica
Alla base della visione del mondo pirandelliana, che è affine a quella di
varie filosofie contemporanee: la realtà è tutta vita, perpetuo movimento
vitale, inteso come eterno divenire, incessante trasformazione da uno stato
all’altro, flusso continuo, incandescente e indistinto, come lo scorrere di un
magma vulcanico. Tutto ciò che si stacca da questo flusso e assume
“forma” distinta e individuale, si irrigidisce, comincia, secondo Pirandello, a
morire. Questo processo avviene anche nella nature umana:
Noi siamo una parte indistinta nell’’universale ed eterno fluire della vita,
ma tendiamo a cristallizzarci in forme individuali, a fissarci in una realtà
che noi stessi ci diamo.
Anche gli altri, con cui viviamo in società, vedendoci ciascuno secondo la
sua prospettiva particolare ci danno diverse forme.
Noi crediamo di essere uno per noi stessi e per gli altri, mentre siamo
tanti individui seconda della visione di chi ci guada.
Ciascuna di queste forme è una costruzione fittizia, una maschera che
noi stessi ci imponiamo e che ci impone il contesto sociale; sotto questa
maschera non c’è un volto definito, immutabile: non c’è nessuno, o
meglio vi è un fluire indistinto e incoerente di stati in perenne
trasformazione, per cui un istante più tardi non siamo più quelli che
eravamo prima.
Pirandello fu influenzato dalle teorie dello psicologo Alfred Binet sulle
alterazioni della personalità ed era convinto che nell’uomo coesistessero più
persone, ignote a lui stesso che possono emergere inaspettatamente.
Nella civiltà novecentesca entra in crisi l’idea di una realtà oggettiva,
organica e definita, univocamente interpretabile con gli schemi della
ragione. L’io si disgrega e si va verso la negazione dell’individuo.
In questo clima di incertezza, presero il via tendenze spersonalizzanti,
come per esempio l’instaurarsi del capitale monopolistico, che annulla
l’iniziativa individuale e nega la persona in grandi apparati produttivi.
Il formarsi delle grandi metropoli, in cui l’uomo smarrisce il legame
personale cogli altri e diviene una particella isolata e alienata nel
mondo.
nei personaggi Pirandelliani, la presa di coscienza di non essere
nessuno genera dolore e smarrimento.
L’individuo soffre anche ad essere fissato in forme dagli altri in cui non
può riconoscersi; l’uomo si vede vivere, si esamina dall’esterno nel
compiere gli atti abituali che gli impone la sua maschera.
Queste forme sono sentite come una trappola, come un carcere, in cui
l’individuo si dibatte, lottando invano per liberarsi.
La società gli appare come un’enorme pupazzata che isola
irreparabilmente l’uomo dalla vita, lo impoverisce e lo irrigidisce, lo
conduce alla morte anche se egli apparentemente continua a vivere.
Alla base di tutta l’opera pirandelliana si può scorgere un rifiuto delle
forme della vita sociale, dei suoi istituti, dei ruoli che essa impone.
Il campione di società che Pirandello inserisce è la compagine sociale
dell’età giolittiana e post bellica: in particolare pone l’attenzione sulla
condizione del piccolo borghese nella stesura delle novelle; al contrario
in ambito teatrale predilige il contesto alto-borghese.
L’istituto per eccellenza dove si manifesta la trappola che imprigiona
l’uomo è la famiglia; Pirandello è acutissimo nel cogliere il carattere
opprimente dell’ambiente familiare, il suo grigiore avvilente, le tensioni
segrete, gli odi e i rancori.
L’altra trappola è quella economica, costituita dalla condizione sociale e
dal lavoro, almeno a livello piccolo borghese: i suoi eroi sono prigionieri
di una condizione misera e stentata, di lavori monotoni e frustranti, di
un’organizzazione gerarchica oppressiva.
Da questa trappola non si da una via d’uscita: il suo pessimismo è
totale, non gli consente di vedere altre forme diverse. Per lui è la
società in quanto tale che è condannabile, in quanto negazione del
movimento vitale.
L’unica via di relativa salvezza che si da ai suoi eroi è la fuga
nell’irrazionale o nella follia
Il rifiuto della vita sociale dà luogo nell’opera pirandelliana ad una figura
ricorrente ed emblematica: “il forestiere della vita”, colui che ha capito il
giuoco fittizio del meccanismo sociale e si isola, guardando vivere gli
altri dall’esterno della vita e dall’alto della sua superiore
consapevolezza, rifiutando di assumere la sua parte, osservando gli
uomini imprigionati dalla trappola con un atteggiamento umoristico, di
irrisione e pietà.
È quella che Pirandello definisce anche filosofia del lontano: essa
consiste nel contemplare la realtà come da un’infinita distanza in modo
da vedere in una prospettiva straniata tutto ciò che l’abitudine ci fa
considerare normale, e in modo da coglierne l’inconsistenza e la
mancanza totale di senso. In questa figura di eroe estraniato si proietta
la condizione stessa di Pirandello come intellettuale, che rifiuta il ruolo
politico attivo. Il fascismo
Alla base della nascita del movimento fascista è possibile riscontrare
numerose cause. Per esempio cause di natura economica:
Deficit del bilancio dello stato (spese di guerra)
Svalutazione della lira
Aumento del costo della vita
Aumento delle tasse
Cause di natura sociale:
Delusione degli ex combattenti
Malumore della piccola borghesia
Disoccupazione soprattutto dei reduci
Aumento di scioperi
Cause di natura politica:
Lotta tra partiti di destra(nazionalisti) per come si era concluso il
contratto di S. Germain e i partiti di sinistra(socialisti) che si erano
opposti all’entrata in guerra dell’italia.
1919 Prime elezioni dopo la guerra; i socialisti ottengono
156 deputati, i popolari 100; insieme hanno la
maggioranza alla camera
N.B : il partito popolare che attualmente si chiama D.C. fu fondato
da un sacerdote, Don Luigi Sturzo, nel 1919. Esso segnò
praticamente l’ingresso dei cattolici nella vita politica con propri
Rappresentanti. Il Partito Popolare era un partito di massa e aveva
tra i punti fermi del suo programma:
a) Politica interna: ampie libertà religiose e civili, riforma agraria e
scolastica, leggi che proteggessero il lavoro
b) Politica estera: contrarietà alle avventure imperialistiche
L’altro partito di massa era il Partito Socialista, il quale si era schierato
contro la guerra e contro i responsabili dell’ingresso in guerra dell’Italia. In
questa accusa aveva accomunato anche i soldati, sui quali disorientati, alla
fine della guerra farà presa la propaganda fascista. Il Partito socialista era
diviso in due correnti: Massimalista(rivoluzionaria) e riformista(moderata).
Si può dire che il fascismo nacque in primo luogo a causa della crisi del
Dopoguerra, ma soprattutto riuscì ad espandersi perché appoggiato dai
reduci più arrabbiati e dal capitalismo agrario e industriale.
1919 Fondazione dei fasci di combattimento. Capo di
questo movimento era Benito Mussolini(ex socialista
contro la guerra)
Programma del movimento fascista:
Abolizione del senato nomina regia
Giornata lavorativa di 8 ore
Scuola laica.
Imposta straordinaria sul capitale
Sequestro dei beni delle corporazioni religiose
Assegnazione di terre non coltivate a cooperazioni di contadini.
Avendo subito un grosso
insuccesso alle elezioni del 1919, i
fascisti per arrivare al potere
cominciarono ad usare la violenza,
soprattutto nei confronti delle
associazioni religiose e socialiste
attraverso gli squadristi( bande di
delinquenti veri e propri). Il
governo, debole come era, stava a
guardare.
A lato: Benito Mussolini
1921 Nelle elezioni di quest’anno i fascisti, che
cominciavano ad avere seguito nella borghesia a
causa delle loro idee(patriottismo, ordine, proprietà,
religione e monarchia) con l’appoggio di Giolitti che li
voleva usare contro i popolari e i socialisti,
manderanno alcuni deputati alla camera.
1921 (dicembre) il movimento fascista diventò partito
(P.N.F.). Tentarono la conquista del potere cercando
di abbattere le organizzazioni operaie e il vecchio e
debole stato liberale
1922 Marcia dei fascisti(camicie nere) su Roma. Sarebbe
bastato l’intervento dell’esercitò per disperderli, ma il
re Vittorio Emanuele III si rifiutò di dare tale ordine,
anzi chiamò Mussolini per formare un nuovo
Il fascismo al governo
Del 1° ministero Mussolini facevano parte oltre ai fascisti, i nazionalisti, i
liberali e i popolari. Anche se i fascisti erano in minoranza, Mussolini
ottenne i pieni poteri. L’unica opposizione al fascismo venne dai comunisti e
dai socialisti massimalisti; gli altri partiti, per paura del comunismo,
appoggiarono il governo. Intanto continuavano le violenze fasciste; il partito
popolare avrebbe voluto passare all’opposizione, ma la chiesa non volle,
poiché si sarebbe trovato a fianco dei socialisti. Don Sturzo si dimise dal
partito popolare e Mussolini mandò via dal governo i ministri del partito
Popolare. Il fascismo per acquistare il controllo del parlamento, fece