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Sintesi
Filosofia: la sacralità e la socialità della verità; il linguaggio in Wittgenstein

Fisica: dalla relatività alla teoria delle stringhe

Matematica: i teoremi di Godel

Inglese: John Keats (Truth is beauty)
Estratto del documento

5. Verità intersoggettiva e socialità della verità

Giungiamo così a una conclusione apprezzabile del confronto tra verità oggettiva e soggettiva.

Definiamo dunque doxa e episteme:

doxa: verità relativa e soggettiva

• episteme: verità assoluta e oggettiva

Dall'episteme si ha un PESSIMISMO ANTROPOLOGICO in cui la doxa è subalterna e vi è una

disumanizzazione dell'uomo in cui le opinioni sono sottomesse alla scienza.

L'essere si nasconde per manifestarsi come verità (aletheia) e si annuncia all'uomo che non ha

potere su di essa. Possiamo quindi recuperare Heidegger: la AUTORIVELAZIONE della verità e

l'IRRESPONSABILITA' dell'uomo segnano la fine dell'”astuzia della ragione”.

In realtà se consideriamo ogni doxa come una certa “quantità di verità” seppur parziale, arriviamo a

una nuova e interessante definizione di verità come “INFINITE INTERRELAZIONI

COPMRENSIVE DELLE DOXAI” (essenza dialogico-socratica della verità)

Gorgia diceva che “ la verità ha il suo termine nel mio e nel tuo consenso” e in questo modo

abbiamo questa concezione di verità come CRITERIO di ORGANIZZAZIONE delle DOXAI.

Capiamo così che i pregiudizi di razionalismo e empirismo sono infondati, in quanto:

razionalismo: non c'è doxa, ma in tal modo la verità non può essere rappresentata;

• empirismo: verità coincide con la doxa, ma in tal modo non c'è più alcuna verità.

Quindi la conclusione è che la verità non può essere né puramente oggettiva, né puramente

soggettiva.

Noi non pensiamo la verità, ma pensiamo SECONDO VERITA' quando riusciamo a trovare le

interrelazioni tra i nostri pensieri e quelli degli altri, e la verità diviene sistemazione organica, ossia

criterio di organizzazione di un sistema aperto. Le doxai per diventare verità predicative devono

essere DISCUSSE secondo le esigenze esistenziali di ognuno perché risultino efficaci nei confronti

degli altri e del mondo. Questo è il concetto di SOCIALITA' DELLA VERITA'.

La messa in pratica di ciò si vede nel pensiero di Carnap ad esempio: la conoscenza viene così

definita come “esperienze della vita messe in relazione tra loro, collegate ed elaborate. Infatti egli

dice: “Alla verità non si arriva mai da soli”, ossia non esiste doxa solitaria, ma essa deve

trasformarsi con questo processo in episteme.

Anche Ponty usa la socialità della verità: per lui: Me e me stesso IO

la verità è criterio di relazione tra Me e gli altri ALTRI

Me e il mondo VERITA'

Ossia diviene un processo mediante il quale le doxai sono riconosciute in loro stesse, la relazione

tra le varie doxai crea comunicazione e vi è infine il riconoscimento della verità UNIVERSALE.

Caratterizzata la verità universale come DIALOGICA non scordiamo l'importanza che su essa ha il

mondo della vita: ricordiamo infatti che l'universo non deve essere esemplificato sul modello dei

nostri ideali, ossia di verità assunte a priori. Prima del CONCETTO c'è il MONDO DELLA VITA

Marco Olivieri VE l.s.s. E.Majorana anno 2010/2011 tesi di maturità

(o Lebenwelt): il già fatto può essere riproblematizzato nell'AVVENIRE. La verità è partecipe alla

consecuzione temporale, ossia è FENOMENOLOGICA.

Abbiamo quindi trovato i due caratteri fondamentali della verità :

FENOMENOLOGICA

VERITA' DIALOGICA

che rendono la verità universale senza entrare in contraddizione trascurando il mondo della vita o

essendo troppo attaccati a esso.

Trovata la struttura della verità, il suo “come”, ci chiediamo ora se noi uomini possiamo veramente

trovarla e parlarne. Di ciò si è occupato Wittgenstein con una visione rivoluzionaria su ciò che

possiamo e ciò che non possiamo dire, lasciando un contributo alla ricerca della verità non

tralasciabile da chiunque voglia accingersi a tale compito.

6. La questione del linguaggio: Wittgenstein

La filosofia di Wittgenstein è una TEORIA DEL LINGUAGGIO

• La sua maggiore opera è il “Tractatus Logico-Philosophicus” in cui espone le sue teorie

sulle relazioni tra parole e cose in ogni linguaggio.

Temi trattati: (corrispondono alle 6 sezioni, tranne la 7 che è la conclusione)

• 1. STRUTTURA LOGICA DELLE PROPOSIZIONI

2. NATURA DELL'INFERENZA LOGICA

3. GNOSEOLOGIA

4. PRINCIPI DELLA FISICA

5. ETICA

6. MISTICO

Obiettivo: trovare le condizioni affinché un linguaggio sia logicamente perfetto

• Sintassi che prevenga il non senso

LINGUAGGIO PERFETTO Simboli con significato univoco

Problemi riguardo il linguaggio:

• 1. PSICOLOGIA : il significato del linguaggio

2. EPISTEMOLOGIA: relazione tra il linguaggio e il significato

3. SCIENZA : come usare gli enunciati

4. LOGICA: relazione tra gli enunciati ====> unica parte di cui si occupa

Marco Olivieri VE l.s.s. E.Majorana anno 2010/2011 tesi di maturità

Wittgenstein utilizza uno stile assiomatico per arrivare al suo scopo e costruisce il proprio sistema

matematicamente, partendo da postulati presupposti veri per ricavarne poi conseguenze e

specificazioni . Per questo la struttura del tractatus rispecchia anche i vari argomenti trattati: ogni

enunciato ha un numero o indice che ne dichiara la gerarchia, ossia le proposizioni n.1 e n.2 ad

esempio commentano la proposizione n e così via. Per cui risulta semplice il commento al suo

sistema seguendo questa struttura.

1. “ Il mondo è tutto ciò che accade”

(struttura logica delle proposizioni)

2. “ Ciò che accade, il fatto, è il sussistere di stati di cose”

(natura dell'inferenza logica)

Sinteticamente: il mondo è costituito da FATTI (tutto ciò che accade) raffigurati nel linguaggio da

PROPOSIZIONI. Ogni fatto può essere COMPOSTO da altri fatti, oppure ATOMICO(indivisibile)

e in questo caso si parla in realtà di uno STATO DI COSE (SACHVERHALTE), ossia una relazione

tra OGGETTI. Ogni oggetto è rappresentato nel linguaggio dai NOMI che formano le proposizioni(

ossia sussiste la corrispondenza 1 NOME = 1 ESSERE). In tal modo il linguaggio nelle sue

relazioni tra i nomi deve rispecchiare e rispettare le relazioni tra gli oggetti. Questo aspetto formale

del linguaggio è detto capacità di RAFFIGURAZIONE, e la raffigurazione deve essere in accordo

col mondo (e noi diciamo che è in questo caso dotato di senso)

Raffigurati in Linguaggio

Mondo PROPOSIZIONI

FATTI Formate da

Formati da Raffigurati in

OGGETTI NOMI

Proposizioni significative:

2.06 il sussistere e il non sussistere di stati di cose è la realtà

• 2.1 noi ci facciamo immagini dei fatti

• 2.12 l'immagine è un modello della realtà

Marco Olivieri VE l.s.s. E.Majorana anno 2010/2011 tesi di maturità

2.21 l'immagine concorda o non concorda con la realtà essa è corretta o scorretta, vera o

• falsa.

Soprattutto quest'ultima proposizione ci fa capire la concezione di Wittgenstein di verità di un

enunciato: una proposizione è vera se e solo se concorda con la realtà.

3. “ L'immagine logica dei fatti è il pensiero”

(gnoseologia)

In questa parte si affronta la teoria dei nomi

NOMI =====> ENTITA' SEMPLICI

Quando due nomi sono uguali? Wittgenstein rifiuta il concetto di IDENTITA' per cui

x = y se p(x) = p(y) con p indicante tutte le proprietà degli oggetti

e si affrontano i problemi riguardanti i paradossi: Wittgenstein dice che nessuna proposizione può

enunciare qualcosa sopra sé stessa

Importante segnalare la proposizione

3.1432 Non “ il segno complesso <aRb> dice che a sta in relazione R con b” ma “ Che a

• stia in una certa relazione con b dice che <aRb>”

4. “ Il pensiero è la proposizione munita di senso”

Vi si affronta il problema dell'identità della filosofia e di verità:

4.0031 tutta la filosofia è critica del linguaggio.

• 4.06 la proposizione può essere vera o falsa solo in quanto immagine della realtà

Dall'esempio fatto da Wittgenstein nella proposizione 4.063 si desume che il suo concetto di verità

non corrisponde a quello di vero o falso: la verità è che noi potremmo indicare un oggetto, e senza

dir nulla su di esso saremmo ugualmente convinti della sua esistenza. Ma non potremmo dir nulla

riguardo a quell'oggetto senza verificare la verità della nostra affermazione, altrimenti si andrebbe

incontro a una proposizione non munita di senso. Perciò la verità è la REALTA' (qui comunque si

intende sempre verità logica, come principio regolatore di valore di verità degli enunciati, non il

concetto di verità come principio fondante del mondo)

4.11 la totalità delle proposizioni vere è la scienza naturale tutta .

Si delineano anche le interessantissime definizioni di TAUTOLOGIA e CONTRADDIZIONE:

Tautologia: proposizione vera a priori, ammette qualsiasi situazione e non ha bisogno della

• verifica dei fatti. E' quindi priva di senso. Es. “Piove o non piove”

Contraddizione: al contrario proposizione falsa a priori che non ammette nessuna situazione

• e come la tautologia è priva di senso. Es. “Piove e non piove”.

Marco Olivieri VE l.s.s. E.Majorana anno 2010/2011 tesi di maturità

5. “ La proposizione è una funzione di verità delle proposizioni elementari”

Parte importantissima, parla del rapporto tra logica e il mondo. Il sunto è che :

5.6 i limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo.

• 5.61 la logica pervade il mondo; i limiti del mondo sono anche i limiti di essa. Noi non

• possiamo, dunque, dire nella logica: questo e quest'altro v'è nel mondo, quello no. Infatti ciò

parrebbe presupporre che noi escludiamo certe possibilità, e questo non può essere, poiché

richiederebbe che la logica trascendesse i limiti del mondo; solo così essa potrebbe

contemplare questi limiti anche dall'altro lato. Ciò che noi non possiamo pensare non lo

possiamo pensare; né di conseguenza, noi possiamo dire ciò che noi non possiamo pensare.

5.621 il mondo e la vita sono un tutt'uno

• 5.63 io sono il mio mondo ( il microcosmo)

• Non si può quindi dire qualcosa intorno al tutto

• Tutto ciò che si può dire è su una parte limitata del mondo.

• Potremmo parlare del mondo solo a patto di uscirne.

6. “ La forma generale della funzione di verità è

Dopo pagine in cui Wittgenstein si è dilungato a parlare della logica attraverso la potenza e efficacia

della logica e ha costruito un sistema fondato su proposizioni logiche, ecco che esordisce dicendo:

6.11 le proposizioni della logica non dicono nulla.

• 6. 54 Le mie proposizioni illuminano così: colui che mi comprende, infine le riconosce

• insensate, se è asceso per esse – su esse – oltre esse. (Egli deve, per così dire, gettar via la

scala dopo essere asceso su essa.) Egli deve trascendere queste proposizioni; è allora che

egli vede rettamente il mondo.

Quest'ultima proposizione (la “metafora della scala”) rappresenta quanto di più controverso in

Wittgenstein ci possa essere. Forse rappresenta il preludio al sentimento del Mistico e alla sua

accettazione come verità. Egli dice che esiste l'ineffabile e esso è il Mistico, di cui non si può

proferire parola alcuna, ma il quale solo si può mostrare. Il Mistico è ciò che è il mondo non come

esso è. Quindi giunge a dire che compito della filosofia è proprio quello di non parlare del Mistico,

ossia non parlare di filosofia, cosa che rappresenta l'unico modo di fare filosofia. E' per questo che

infine Wittgenstein spingendosi ai limiti di quello che l'umana comprensione può cogliere si decide

a parlare di metafisica pur dicendo di non parlarne. Infatti in un linguaggio i può essere qualcosa

che non può essere detto, ma può esistere n altro linguaggio che tratti la struttura del primo in una

gerarchia infinita. E' per questo tendere all'infinito che lui intende il mistico come comunque

irraggiungibile (l'uomo è finito) ma percepibile e esistente, e ne riconosce la verità. Ma è dimostrato

con ciò che gli uomini non ne possono parlare. Perciò egli conclude:

7. “ Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”

Marco Olivieri VE l.s.s. E.Majorana anno 2010/2011 tesi di maturità

2. I teoremi di incompletezza di Gödel (MATEMATICA)

Il teorema di incompletezza di Gödel del 1931 è ritenuto il più importante risultato della logica del

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