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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: La Natura tra evoluzione e umana saggezza

Autore: Casula Giovanni

Descrizione: lanalisi intende presentare, con lausilio di un testo che ho avuto modo di leggere durante il corrente anno scolastico (la natura dopo darwin di orlando franceschelli, edizioni donzelli 2007), la cronologia filosofica che precede lapprodo a

Materie trattate: Filosofia, Letteratura Italiana, Letteratura Latina, Geografia Astronomica, Storia Dell'Arte

Area: umanistica

Sommario: Filosofia: Naturalisti greci, Platone, Aristotele, S. Agostino, Tommaso d'Aquino, Cartesio, Newton, Spinoza, Hume, Darwin Letteratura italiana: Giacomo Leopardi Letteratura Latina: Lucio Anneo Seneca Geografia Astronomica: Evoluzione delle stelle Storia dell'Arte: Frank Lloyd Wright

Estratto del documento

soggettività (dal Demiurgo, per l’appunto) rispetto a ciò che è invece prodotto

dalla natura.

Quella di Aristotele (che l’Autore definisce come “terza

via”) è una natura artigiana, auto-poietica, che ha in sé

telos ) che agisce in vista di un fine.

un principio interno (

Egli, contro i presocratici, li accusa di aver indagato solo

sulla causa materiale, dimenticando di fatto quella

formale-finale-efficiente; contro Platone, invece, egli

sottrae al mondo intellegibile sia la formalità che la

finalità degli enti. La causa formale-finale-efficiente in

Aristotele si riduce ad una sola: quella finale.

La Natura di Aristotele è una natura artigiana che genera senza deliberare (poiché

il finalismo che opera in essa non è quello della deliberazione cosciente, bensì

quello della superiorità della causa finale-formale-efficiente in quanto causa

stessa dei fenomeni naturali). Una natura che se produce senza deliberare, non

può che risultare denaturalizzata in quanto, ancora una volta, le è negata la sua

prerogativa auto-organizzatrice.

II. Dalla “Creatio ex Vetere” alla “Creatio ex Nihilo” cristiana

creatio ex-vetere

Passaggio cruciale è dunque quello già accennato dalla alla

creatio ex-nihilo di tradizione biblica: Dio, secondo quest’ultima, crea dal nulla il

. Quest’ultimo rappresenta il vertice della creazione, ma non lo

cosmo e l’uomo 4

scopo, poiché il fine della creazione rimane pur sempre la gloria di Dio. Un uomo

che ha la funzione di amministrare, anzi tutelare, il creato, ed è peraltro vincolato

restituito in integrum

dalla dello stesso.

Agostino a Tommaso, risulta evidentemente in

Tutta la tradizione cristiana, da 5

linea con tale concezione creazionistica del cosmo, che consegna l’origine del

cosmo –chi più, chi meno- all’intervento divino. La natura non può risultare

autonoma in tale concezione, o meglio, se lo è, deve la sua autonomia alla volontà

di Dio e il suo fine è comunque dato da un’intrinseca predisposizione della stessa

esercitata dal creatore onnipotente.

Genesi 1,1

Bibbia,

4 Tu eras et aliud nihil, unde fecisti caelum et terram, duo quaedam, unum prope

5

te […] ” (C’eri tu e null’altro. Da questo nulla creasti il cielo e la terra, due creature,

Confessiones, XII, 8

una prossima a te […]), Agostino, 7

III. Modernità e disegno della creazione

Con il graduale abbandono delle cause finali, conseguente all’affermazione del

metodo galileiano, si delinea definitivamente l’approdo sperimentale degli studi

sui fenomeni naturali.

Da ciò il passaggio dalla concezione del Dio-persona alla concezione del Dio-

orologiaio, che concepisce il mondo come una grandiosa macchina messa in moto

grazie all’intervento divino. Le più grandi espressioni di tale pensiero le possiamo

ricercare in Cartesio (e Leibeniz) da una parte, e in Newton, dall’altra. Il primo

6

consegnava all’intervento divino soltanto la “prima mossa”, con cui il cosmo

acquisisce il movimento e continua indefinitamente il suo corso. Newton, al

contrario, assegna a Dio una presenza ben maggiore nel governo del mondo: una

natura che non solo è creata da Dio (e quindi ontologicamente non-autarchica),

ma è anche una realtà ben lontana dall’essere capace di generare da sé e ospitare

la vita. Al punto che proprio la filosofia sperimentale di Newton finisce per far

dipendere la realtà fisica dall’azione divina .

7

L’universo prospettato da Newton risulta così essere denaturalizzato in quanto gli

sono negate le due prerogative essenziali che rendono possibile concepirlo come

totalità biocosmica puramente naturale: l’autarchia ontologica e la capacità di

generare da solo la varietà delle cose in esso ospitate.

Con Kant mondo e cosmo sono invece diretta conseguenza di una nebulosa

caotica iniziale, la cui rotazione generò le galassie, i pianeti e gli elementi

dell’universo, (secondo l’ipotesi ripresa da Laplace). Kant ritiene che questa

complessa cosmologia altro non sia che l’effetto dell’iniziale creazione divina delle

particelle elementari e delle leggi naturali.

L’uomo, in questo contesto, non è più concepito né come creazione di un Dio-

persona della tradizione biblica, né come prodotto dell’evoluzione naturale, ma

bensì come un “Io” posto fra Dio e natura ; il mondo, proprio allo sguardo di un

8

simile uomo, è destinato a diventare un universo spiritualizzato.

I principi della Filosofia, III

Cartesio,

6 “Questa elegantissima compagine di Sole, pianeti e comete non potè nascere

7 Scolio Generale

senza il disegno di un ente intelligente”, Newton,

Con la rivoluzione copernicana operata da Kant, il rapporto uomo-natura è

8

inquadrato non più secondo il modello maestro-scolaro, ma secondo quello

giudice-testimone: la natura deve attenersi alle condizioni poste dall’uomo che la

conosce, come un “giudice che costringe i testimoni a rispondere alle domande

che egli loro rivolge” e, dopo la rivoluzione copernicana, essa diviene solo “ciò che

noi chiamiamo natura”. Le leggi infatti non esistono nei fenomeni, ma soltanto in

relazione all’intelletto del soggetto trascendentale che conosce. L’intelletto, di

8

Da qui il soggettivismo kantiano: partire dall’uomo per arrivare al mondo

(l’atteggiamento che assolutizza l’io e fornisce il primato alla soggettività).

Per l’Autore quella di Kant è la strada della non-saggezza in primo luogo perché

denaturalizza l’uomo e il mondo, e poi perché nega che i processi possano

spiegarsi senza ricorso al disegno di un creatore.

Kant si avvicinerà ben presto alle teorie di Newton, in particolare alla concezione

meccanicistica e deterministica della natura. Con il determinismo si fa strada l’idea

secondo cui, conoscendo le cause di un fenomeno, è possibile programmarne gli

effetti: conoscendo le condizioni iniziali di un fenomeno non solo si possono

descrivere le successive modificazioni, ma anche come questo andrà a

concludersi.

Perciò il determinismo implica una visione della natura che è priva di qualsiasi

aspetto qualitativo: risulta essere una visione profondamente anti-essenzialistica

ed anti-finalistica (la natura, a differenza della concezione Aristotelica che tendeva

ad identificare la causa formale con quella finale, non è orientata ad alcun fine).

Ma, se il meccanicismo è determinato da una ferrea necessità, in quanto le leggi

fisiche sono di tipo necessario, la natura in Kant è una natura in cui predomina la

necessità: questo entrerà in contrasto con la sua antropologia umana. In Kant,

infatti, prevale la convinzione che esista, scolpita nell’uomo, una “legge morale”:

una legge etica assoluta, a priori, che è autonoma, universale e necessaria, nonché

formale.

Tale legge risulta però essere intimamente legata alla libertà umana: l’uomo, dal

canto suo, non sempre riesce a coniugare impulsi e ricerca del piacere con la

razionalità e l’adesione alle norme.

Com’è possibile dunque, che libertà umana e necessità naturali si possano

Il cielo stellato sopra di me, la legge morale

coniugare? Con il noto aforisma “

dentro di me ” Kant considera la natura come un qualcosa di esterno all’uomo: è

qui che emerge il dualismo kantiano.

Dualismo superato con la concezione darwiniana uomo-natura: l’uomo diviene

integralmente parte della natura e le facoltà che ne derivano sono il frutto

dell’evoluzione fisica (anche detta “co-evoluzione”). La legge morale, poiché

l’uomo evolve in sé anche le proprie capacità, è dunque il risultato di questa

evoluzione.

fatto, non attinge le sue leggi dalla natura, ma le prescrive ad essa. In questo

senso l’uomo, per Kant, è posto fra Dio e Natura.

9

IV. La rinaturalizzazione di uomo e mondo: Spinoza e Hume

La progressiva cessione di sovranità patita dal creatore onnipotente, citata

all’inizio, sfocia definitivamente nella sostituzione dell’universo del Dio-

frutto di leggi e meccanismi puramente

persona/orologiaio nell’universo-natura,

naturali. Le espressioni più significative di ciò le

Deus sive Natura

abbiamo con il “ ” di Spinoza

e con la concezione Humeiana.

Spinoza, infatti, aveva identificato il Dio con

la natura (Deus sive natura) considerandola

Natura Naturans Natura

come , quale causa, e

Naturata , in quanto effetto.

Nel Deus sive natura non vi è alcuna traccia

di volontà o intelletto: chi pensa che nel

cosmo le cose naturali siano dirette da un Dio cade nell’asilo dell’ignoranza,

perché rifarsi alle cause finali, secondo Spinoza, altro non sarebbe se non un

pregiudizio dovuto alla costituzione dell’intelletto umano. L’uomo è anch’esso

9 particula naturae .

parte integrante dell’universo come 10

Proprio tale teoria colloca il filosofo lungo quella via,

oggi dominante, di rinaturalizzazione della mente;

via nella quale si è spinto, radicalmente, Hume.

Hume ritiene infatti inutile il ricorso ad una mente

divina . Ciò porterebbe inevitabilmente a chiedersi

11

donde dovrebbe provenire tale mente, e da qui

all’infinito. Pur ammettendo l’ipotesi che il mondo sia

il risultato di un disegno divino, non si può non

evidenziare la difficoltà che si pone di fronte al

riconoscimento dell’artefice della natura con una

“Divinità perfetta”, considerando le innegabili imperfezioni e difetti presenti nel

mondo: sarebbe più credibile, sostiene Hume, parlare di un Dio infantile, date le

catastrofi naturali e le imperfezioni del cosmo. La materia-natura che ci illustra il

filosofo è dunque ontologicamente autarchica, non più guidata da Dio o da un suo

disegno. Etica, Parte I

Spinoza,

9 Trattato Politico, II, 8

Spinoza,

10 Dialoghi sulla religione naturale

David Hume,

11 10

V. Le teorie Darwiniane

L’evoluzionismo darwiniano mette a disposizione della “rinascita moderna del

sine

naturalismo” proprio quei meccanismi disegno rimasti sconosciuti alla

mutazione casuale e selezione naturale.

teologia naturale:

Così: il carattere apparentemente progettuale del vivente si spiega attraverso

 l’azione impersonale, graduale e cumulativa della selezione naturale.

la finalità del vivente si tramuta in semplice adattamento. Agli occhi di

 Darwin, una tale prospettiva era destinata a far luce perfino sulle capacità

più alte della specie umana, come il linguaggio e lo stesso senso morale.

Due risultati fondamentali del naturalismo non-riduzionistico dell’antropologia

darwiniana sono:

1) che la specie umana si è sviluppata, al pari delle altre, a partire da forme

inferiori, e occupa la cima dell’albero della vita solo momentaneamente e

«senza alcuna ragione per vantarsene» (Duve)

2) il processo selettivo stesso «ha provvisto Homo sapiens di istinti divenuti

poi ragione, senso morale, capacità morali ed etiche».

Con Darwin lo stesso sviluppo culturale della specie umana si inscrive in un

intreccio costitutivo con il portato biologico della specie, sottraendo questa ad

appartenenze metafisiche, ma senza farla precipitare negli abissi del riduzionismo.

E’ grazie a queste premesse che si può delineare il compimento del cosiddetto

Disincanto Moderno. (Franceschelli, 2007)

VI. Evoluzione stellare e neuroscienze

In un capitolo interamente dedicato

all’evoluzione stellare e

all’evoluzione mentale dell’uomo

l’Autore esamina la necessità di

porre in evidenza che il considerare,

quale frutto di un orientamento

finalistico, la precisione con cui

parametri quali la densità e la

temperatura dell’universo siano

‘sintonizzati’ a rispondere a quelle

che sono le esigenze naturali che

hanno consentito (e consentono) la vita nel nostro pianeta, risulta essere un

approccio che, evidentemente, non può offrire alcuna spiegazione in termini di

cause reali, e significa pertanto abbandonare del tutto il piano delle ricerca

scientifica, per rifugiarsi nello spinoziano asilo dell’ignoranza.

11

Sui rapporti psicologia-evoluzione e

uomo-natura, invece, l’antropologia

darwiniana contrasta ogni regressione

creazionistica alla Wallace, interessata

cioè a riproporre un’origine

sovrannaturale delle capacità dell’uomo di

produrre linguaggio, coscienza, morale ed

etica.

E’ precisamente quest’opera preziosa

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