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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: Scienza,etica e la padronanza dell'esistenza umana

Autore: Cacciati Marco

Descrizione: la tesina tratta in modo scientifico e analitico il tema "bioetica", fornendo però anche una valutazione d'opinione della disciplina

Materie trattate: Biologia, Filosofia, Diritto, Religione, Politica

Area: scientifica

Sommario: la tesina non tratta autori in particolare. Vi sono riferimenti ad epistemologi, medici, filosofi e politici

Estratto del documento

Di certo i primi strumenti della genetica vennero utilizzati per cercare di creare artificialmente la

“razza ariana perfetta”: storie raccapriccianti di espianti uterali e grossolane manipolazioni

dell’ovulo fecondato evolutesi in feti gravemente malformati e quindi abortiti o, purtroppo nella

maggior parte dei casi, soppressi una volta partoriti.

Il programma eugenetico “Aktion T4”, meglio conosciuto, prevedeva l’eliminazione dei bambini

affetti da paralisi cerebrale infantile o disabili, ed alla conduzione dell'eutanasia sugli adulti

ricoverati o portatori di malformazioni congenite. La sede prediletta era la sinistramente nota clinica

psichiatrica di Hadamar, utilizzata anche per la soppressione di omosessuali e “inetti in genere”.

Ma l’eugenetica trovò spazio anche nel programma americano del presidente repubblicano

Theodore Roosevelt (da non confondersi col successivo e ben più noto parente “democratico”

Franklin Delano).

Egli pronunciò, in un discorso durante la Grande Depressione:

« Non è di alcun vantaggio consentire una perpetuazione di cittadini di razza sbagliata. Il grande

problema della civiltà è riuscire ad ottenere nella popolazione l’aumento degli elementi di valore

rispetto a quelli di poco valore o che risultano addirittura nocivi… Spero ardentemente che agli

»

uomini disonesti venga impedito del tutto di procreare…

Il darwinismo sociale fu elaborato da Galton (cugino di Darwin) nel 1883; vennero formulate le

leggi della regressione filiale e dell’eredità ancestrale. In voga negli anni ’20 in Inghilterra, il

pensiero pseudoscientifico non esitò ad approfittare del clima di sconforto generale imperante nella

popolazione americana, causato dalla crisi economica del ’29, per approdare oltreoceano, dove

assunse derive pericolosamente dogmatiche. Si cominciò a credere che i legami di sangue e

l’ereditarietà sono più determinanti, nel formare il comportamento e determinare lo stato di varie

etnie, degli aspetti socio-culturali ed economici.

La sofferta riflessione post-bellica sull’eugenetica nazista, unita alla tragedia della bomba atomica

di Hiroshima e Nagasaki – in cui anche la fisica, che indagando l’intima struttura della materia

arrivò a liberare l’energia distruttiva dell’atomo - portò fortunatamente ad una predominanza di

posizioni critiche, accordando la maggior parte delle posizioni laiche e deistiche verso una

direzione di maggior controllo morale sui fini ultimi della scienza.

Anche la scoperta della struttura del DNA compiuta da Watson e Crick nel 1953, che rivelò

all’uomo i suoi fondamenti biologici mettendolo in condizione di manipolarli, mosse diverse

domande alle coscienze.

Cosa possiamo fare ora che conosciamo – quasi alla perfezione – i 30.000 geni che ci costituiscono?

Un enigma di non facile soluzione, anzitutto alla luce di alcuni decisamente inquietanti fatti di

cronaca.

Per citarne solo uno dei più evidenti, l’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti ha rilasciato brevetti a

società private, università e agenzie governative per circa il 20% dell’intero genoma umano

(mappato integralmente nel 2000, con il completamento del “Progetto Genoma”).

Si arriva quindi ad una contraddizione di fondo: l’uomo, in preda ad un delirio di estremismo

liberista, arriva a privatizzare e mettere il copyright sui suoi stessi geni. Che ne sarà del progresso e

della libertà di ricerca se la metà di tutti i geni tumorali è coperta da brevetto?

Al di là degli strascichi legali della vicenda, che fortunatamente sembra essere giunta verso una

conclusione più razionale, avendo la Corte federale stabilito dei limiti definiti alla privatizzazione

della genomica, il fatto lascia un sapore amaro.

E la certezza che non resterà un caso isolato.

L’uomo ha provato a rendere commerciabile la sua stessa essenza biologica: non è forse ciò indizio

di una vera e propria esasperazione della logica di mercato?

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Di chi è la mia vita?

Questo è uno degli interrogativi che più attanaglia il pensiero postmoderno.

La risposta, personale e schiettamente istintiva è: “La vita è mia e di nessun altro!”

Ma evidentemente non tutti la pensano allo stesso modo.

La bioetica vede sostanzialmente due posizioni-limite, schierate su fronti opposti con giustificazioni

il più delle volte prettamente ideologiche o religiose; è però doveroso sottolineare che queste

annoverano al loro interno un composito ventaglio di orientamenti. Sarebbe quindi troppo

semplicistico articolare l’analisi del problema cercando di raggruppare tutte le posizioni sotto due

sole bandiere.

Le due correnti preminenti sono l’etica della sacralità della vita e l’etica della qualità della vita.

La prima considera la vita umana come bene assoluto, pertanto come bene inviolabile e intoccabile;

essa viene normalmente giustificata sulla base di una dottrina religiosa.

La seconda prospettiva pone, invece, l’accento sulla qualità della vita, non richiamandosi quindi ad

un valore assoluto e trascendente, ma riferendosi al valore supremo della volontà umana, intesa

come volontà razionale, oppure su criteri di utilità o conformità a criteri qualitativi (ad esempio il

grado di benessere dell’individuo).

Spesso, nell’ambito della discussione politica, i partiti portatori di ideali conservatori e di

ispirazione cattolica si rifanno alla prima, mentre i più riformisti, liberali o radicali si ispirano alla

seconda concezione.

Il dibattito sull’argomento, in Italia, è di conseguenza piuttosto animato, ma decisamente incostante.

Infatti non molti partiti (tra i quali è doveroso ricordare il Partito Radicale, che opera sulla questione

attraverso l’Associazione “Luca Coscioni”) assumono il problema come costante principio di

azione politica. I più si limitano a dare considerazioni sommarie e spesso intrinsecamente

contraddittorie, per cercare di conciliare le diverse anime interne, spesso assecondando sordamente

i pareri ufficiali (del tutto schierati su una linea intransigente della sacralità della vita) della Chiesa.

Quest’ultimo è, secondo me, uno dei più gravi problemi della democrazia italiana.

E’ abbastanza vergognoso che uno stato estero (quale è di fatto il Vaticano) si permetta di inferire

sulle decisioni politiche di uno stato laico quale l’Italia (il principio di laicità è sancito chiaramente

dalla Costituzione), portando un controllo autoritario su tutti coloro che non credono nella religione

cristiana, o più semplicemente non condividono le idee della Chiesa Cattolica.

« Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di

»

sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali…

(art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana)

« »

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani…

(art. 7 della Costituzione della Repubblica Italiana)

Cosa autorizza, dunque, la Chiesa ad imporre la sua miope visione del rapporto scienza-vita-

progresso a tutti i cittadini di uno stato democratico, laico e indipendente?

Questa domanda paradossalmente dà molte risposte.

Per questi motivi siamo uno dei pochi paesi europei (forse l’unico a non aver mai seriamente

sviluppato un dibattito parlamentare) a non legiferare sul testamento biologico.

4

L’attuale governo ha provato a elaborare una proposta, fortunatamente archiviata in quanto

discretamente inutile (non permetterebbe sostanzialmente in alcun caso l’interruzione

dell’alimentazione forzata, pur in presenza di un testamento autografo e notificato).

In conclusione a questa piccola digressione di opinione, tengo a sottolineare che la libertà

individuale deve prescindere dal credo religioso del cittadino.

Nessuno può dirsi contrario ad una legge che dia una libertà di scelta all’individuo: questo

accorderebbe ogni pensiero, nel rispetto di tutti i credi, gli ideali e le opinioni.

Proprio quest’ultimo concetto di dialogo e confronto anima la bioetica postmoderna, che cerca

infatti di evitare contrapposizioni frontali, basandosi su un principio universalmente riconosciuto di

libertà di scelta individuale. E’ inutile, se non distruttivo, demonizzare questa piuttosto che l’altra

linea. Ma distruttivo è anche imporre una sola prospettiva ad un’intera nazione, togliendo ogni

possibilità di scelta, di obiezione. Di libertà.

I limiti della scienza

Un approccio razionalmente libertario alle innovazioni scientifiche in grado di migliorare la qualità

di vita dell’uomo non equivale a pensare ad una scienza positivista come “panacea di tutti i mali”,

assoluta, infallibile e illimitabile. Molti pensatori, a partire da Nietzsche per giungere al padre

dell’epistemologia moderna Karl Popper - fondatore del falsificazionismo -, mossero profonde

critiche a questa concezione dogmatica (“Metafisica nella fisica” asseriva Nietzsche) della scienza,

che in qualche misura trova purtroppo ancora oggi molti adepti.

La condizione ideale sarebbe l’autodeterminazione degli scienziati, in virtù non semplicemente di

principi morali ma di effettiva utilità e di beneficio per la specie; questa può essere data solo da una

sufficiente preparazione umanistica.

Il rischio che oggi si corre con la promozione di facoltà prettamente scientifiche, che non

comprendono più alcun accenno di materie in qualche misura concernenti l’etica (storia, psicologia,

sociologia o anche semplicemente letteratura) è decisamente elevato in termini di coerenza etica.

I futuri laureati avranno in mano una serie di leggi particolari riguardanti a tutto tondo il

funzionamento della Terra; si sentiranno imperatori del mondo, dell’Universo, del cosmo.

Personalmente trovo tutto ciò alquanto inquietante: quando l’uomo aspira, avendone tutte le

potenzialità, ad acquistare troppo potere non persegue mai strade troppo virtuose; finisce –

seguendo il naturale egoismo – per ottenerlo davvero, in qualche modo. Quindi la ricerca va

ragionevolmente limitata, non moralizzata.

Il problema nasce proprio dal rischio (opposto all’estremizzazione della scienza) di un moralismo

radicale, mosso da principi religiosi o peggio fobici e irrazionali.

Per meglio identificare il “moralismo laico” è sufficiente portare ad esempio il terrorismo

psicologico che da diversi anni alcune associazioni ambientaliste perseguono sulle masse

mediatizzate, sul tema degli organismi geneticamente modificati.

Se non è ancora scientificamente provato, cosa ci porta a pensare agli OGM come terribili minacce

per la nostra salute? Tanto per citare una delle varie e diffuse nefandezze, nel 1998 iniziarono a

girare voci su partite di fragole geneticamente modificate provenienti dalla Catalogna, contenenti

geni di scorpione e, secondo questi simpatici signori, aventi gusto e consistenza propri dell’animale!

Nulla di più scellerato poteva essere inventato: le fragole avevano sì geni di scorpione, ma solo

quelli che consentono all’animale di vivere a basse temperature. Il prodotto era quindi

assolutamente salubre, avendo però una maggiore resistenza e risultando più economico.

L’idea distorta sulle biotecnologie, che queste ingiustificate fobie hanno contribuito ad alimentare

fra l’opinione pubblica, è dunque un evidente esempio di moralismo laico, dannoso e retrogrado

parimenti a quello religioso. 5

Un esempio palese: la “Legge 40”

La legge n°40 del 19 febbraio 2004, altresì nota come “Legge 40” legifera in materia di

procreazione medicalmente assistita. Stabilisce un insieme di artifici “medico-chirurgici” atti a

«favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall'infertilità umana [...]

qualora non vi siano altri metodi efficaci per rimuovere le cause di sterilità o di infertilità».

La legge, oggetto di forti critiche, è da spesso definita “ambigua” in quanto, oltre a stabilire

eccessive limitazioni alle tecniche legalmente applicabili, non è in grado di assicurare la copertura

gratuita del Servizio Sanitario Nazionale.

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