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Le piazze sono i cuori pulsanti delle città , dall'agorà greca simbolo della democrazia fino alle piazze del '900 fra stragi e rivoluzioni, le piazze non sono scenari inanimati della storia ma simboli di epoche e ideali.
Materie trattate: latino, greco, italiano, storia, storia dell'arte.
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Premessa
La memoria di piazze e città. Milano
Fra le tue pietre e le tue nebbie faccio villeggiatura
Mi riposo in piazza del Duomo
Invece di stelle
Ogni sera s’accendono parole
Nulla riposa nella vita come la vita
U.Saba “Il Canzoniere” Torino 1961
L’architetto William Morris ha scritto nel 1881 :
“l’architettura abbraccia la considerazione di tutto l’ambiente fisico che
circonda la vita umana; non possiamo sottostarci ad essa , fino a che facciamo
parta della civiltà, poiché l’architettura è l’insieme delle modifiche e alterazioni
introdotte sulla superficie terrestre in vista delle necessità umane, eccettuato il
solo puro deserto.
Né possiamo confidare i nostri interessi nell’architettura a un piccolo gruppo
di uomini istruiti, incaricarli di creare, di scoprire, di foggiare l’ambiente dove
poi dovremo stare noi, e meravigliarcene apprendendolo come una cosa bell’e
fatta ; questo spetta invece a noi stessi , a ciascuno di noi, che deve sorvegliare
e custodire il giusto ordinamento del paesaggio terrestre, ciascuno con il suo
spirito e le sue mani, nella porzione che gli spetta.”
L’anima di una città la si può scorgere fra i suoi edifici , nei suoi monumenti e
nelle sue piazze, ma ciò che compone maggiormente il carattere di un luogo
sono le persone e la storia degli abitanti del passato che hanno lasciato la loro
traccia indelebile nell’atmosfera di quel luogo.
Le città non sono fatte dagli architetti, ma da tutte le persone comuni, i
cittadini, che in quella città ci hanno vissuto o ci stanno tuttora vivendo.
Se si vuole ascoltare si può capire che le città hanno un’anima composta da
tutte le anime che questa ha raccolto e tuttora raccoglie in sé.
Lo spirito di ogni città è in grado di dialogare con chiunque, con i suoi abitanti
che conoscono quello spirito da sempre e con i viaggiatori che entrano in
contatto con esso per la prima volta.
Di una città ci si può innamorare perdutamente ma la si può anche odiare e
detestare, alle città sono rivolti gli stessi sentimenti che si rivolgono ad un
essere umano, perché le città non sono solo cemento ma sono soprattutto
anima, le città vivono grazie alle persone che le vivono, le abitano ogni giorno,
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soffrono, gioiscono, offrono la vita a palazzi e strade che disabitati sarebbero
solo mattoni e calce.
Le piazze in particolare sono i cuori pulsanti delle città, i luoghi in cui si dà più
spazio alla gente e dove sono veramente le persone a comporre il paesaggio,
per questo le piazze sono luoghi aperti, per dare la possibilità di esprimersi e di
relazionarsi con gli altri pubblicamente.
La piazza è il luogo dove l’uomo si mette in gioco e vive il mondo, dove il
cittadino crea e si mette in mostra come se all’interno della piazza lo spazio
architettonico facesse un passo indietro per lasciare all’uomo la possibilità di
diventare egli stesso parte dello spazio urbano.
L’architettura è una creazione inscindibile dalla vita civile e dalla società in cui
si manifesta, essa è per sua natura collettiva che si è connaturata al formarsi
della civiltà e col tempo è nata una ricerca di funzionalità e di intenzionalità
estetica che sono i caratteri stabili dell’architettura..
L’architettura sia quella pubblica che quella privata è parte integrante
dell’uomo, è la scena fissa delle vicende umane; carica di sentimenti di
generazioni, di eventi pubblici , di tragedie private , di fatti nuovi e antichi.
L’elemento collettivo e quello privato, società e individuo si contrappongono e
si confondono nella città.
L’architetto a capo del movimento Bauhaus Walter Gropius, nel suo libro
“Discussione sulle piazze italiane (Milano 1954)” racconta di essere tornato da
un viaggio in Messico e di essere rimasto affascinato dalle piazze:
“Ero rimasto molto colpito dall’intensa vita nel cuore dei villaggi messicani.
Ognuno di essi possiede una piazza piuttosto grande con portici tutto intorno,
e la gente è sempre lì a comprar nelle botteghe, a pettegolare, mentre i giovani
fanno la corte alle ragazze. Questo è il vero centro della vita del villaggio”
Gropius sostiene la fondamentale importanza dei luoghi pubblici come le piazze
circondate da porticati, luoghi in cui le persone si realizzano dal punto di vista
sociale, luoghi di incontro e di arricchimento culturale, per Gropius è
importante studiare la piazza come luogo d’incontro dal punto di vista
sociologico per creare nelle nuove città luoghi in cui la gente possa realizzare lo
stesso spirito di comunità e di scambio che v’era nelle piazze del passato, come
luoghi di unione e di memoria.
Così mi propongo di ripercorrere il tempo dal punto di vista fermo e inerte delle
piazze che hanno “subito” e “osservato” in prima persona i tumulti della storia .
Tuttavia sarebbe impossibile affrontare in poche pagine un argomento così
vasto quindi mi limiterò a proporre degli esempi di piazze che hanno
simboleggiato un’epoca e che sono state il punto di riferimento di importanti
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avvenimenti storici, ogni secolo ha avuto le sue piazze-simbolo, luoghi
“parlanti” che sintetizzano il modo di pensare e le idee di un intero periodo.
Con l’evolversi della storia anche il volto delle piazze è cambiato perché è
cambiata l’idea di centralità, il foro poteva essere per i romani il luogo dove
comunicare come oggi giorno la piazza mediatica della rete serve per parlarsi,
scambiarsi informazioni e merci, dai luoghi a non luoghi, partendo da questa
idea cercherò di approfondire gli avvenimenti storici che hanno caratterizzato e
modificato il ruolo sociologico e culturale di alcune piazze.
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Agorà
ἀγορά è il termine con il quale nella Grecia antica si indicava la piazza principale della polis, con
l'andare del tempo l'agorà divenne il centro stesso della polis sia dal punto di vista economico e
commerciale (in quanto sede del mercato) che dal punto di vista religioso, poiché vi si
i luoghi di culto del fondatore della città o della protettrice.
divinità
trovavano
Tuttavia nella mentalità greca l'agorà rappresentava anche il luogo della democrazia per
antonomasia, essendo sede delle assemblee cittadine. Era lì che si svolgevano molte attività
civili: vi si mantenevano o si creavano numerose relazioni interpersonali e vi si prendevano
numerose decisioni, da cui però venivano escluse le donne. Essendo il cuore pulsante di ogni
attività era situata “nell'Astu”, la città bassa; la sua funzione politica venne acquisita quando,
terminata l'epoca micenea che vedeva un re al comando così le istituzioni furono spostate
appunto nella città bassa, mentre precedentemente si trovavano nel palazzo reale situato
sull'acropoli.
Nella polis tutti coloro che possedevano la qualifica di cittadini avevano gli stessi diritti e gli
stessi doveri; si riunivano in assemblea ed eleggevano i magistrati, cioè gli esecutori del volere
collettivo. Le Polis erano principalmente delle città-stato. Già gli antichi sostenevano che La
Polis ad Atene era un luogo con case, mercati, templi, teatri, ma erano gli Ateniesi stessi a fare
la Polis.
All'interno della Polis vi era poi un'altra netta divisione che era quella tra Acropoli e Agorà. In
breve l'Acropoli era la parte "alta" della città dove si trovavano i templi e i luoghi del culto. Qui
si viveva la vita religiosa e vi era spesso un clima silenzioso di meditazione e spesso questa
parte della città era su un monte o, comunque, lontana dal centro città, l'Agorà e l'Acropoli
erano collegate da una lunga cinta muraria che le difendeva da attacchi esterni.
La Polis gravitava attorno all'Agorà, che è la piazza in cui i cittadini si riuniscono in assemblea
per discutere i problemi della comunità e decidere collegialmente sulle leggi che occorrono;
essa è contemporaneamente il luogo del mercato e il centro economico e politico, e perciò vi
sorgono gli edifici pubblici, gli uffici, i teatri.
L'agorà è un'autentica invenzione urbanistica, che non trova riscontro né nei centri del Vicino
Oriente né in quelli micenei dove tutto dipendeva dal re e non c'era bisogno di un luogo dove
tenere l'assemblea. Questa innovazione fu inserita grazie alle grandi modifiche urbanistiche
iniziate durante l'età di Pericle intorno al V secolo a.C.
Proprio nel momento di trapasso fra l’età classica e l’ellenismo si compie il tentativo legato al
nome di Ippodamo da Mileto di applicare i concetti di regolarità geometrica ad una intera città,
quindi c’è la presenza di un razionale programma di sviluppo, che vincola in una certa misura la
crescita futura della città: un piano regolatore, come diciamo noi oggi.
Ippodamo da Mileto e altri ignoti progettisti hanno tentato di estrarre dal corpo della città
alcune caratteristiche: l’orientamento, la forma, la dimensione dei lotti, la collocazione degli
edifici pubblici e di formularle razionalmente a priori.
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La piazza in età Ellenistica
Teocrito: la confusione della vita cittadina
“ω θεοι, οσσος οχλος. πωσ και ποκα τουτο περασαι
χπη το κακον; µυρµακες αναριθµοι και αµετροι”
Teocrito nelle Siracusane non ci descrive una scena di piazza, ma la confusione
di una città: le due protagoniste Gorgo e Prassinoa si accalcano per la strada
affollata, cercano di arrivare a Palazzo per assistere al conto di Adone, le
Siracusane è uno dei mimi urbani più vivaci che Teocrito abbia scritto in cui le
due protagoniste discutono sulla difficoltà di vivere in periferia, la confusione
per la strada, il rapporto con i mariti.
A mio parere da come Teocrito descrive la vita cittadina si può immaginare
come fosse la piazza del mondo ellenistico; le strade gremite di gente, venditori
ambulanti, schiamazzi e confusione.
Le Siracusane è ambientato in una città cosmopolita come Alessandria d’Egitto
nel III sec. a.C., radicalmente diversa dalla Polis Greca: le piazze dell’epoca
ellenistica infatti avevano perso la funzione di accogliere le assemblee e di
essere il simbolo della Democrazia come era per l’Agorà della Polis, infatti
nell’ellenismo era cambiato il sistema politico e la democrazia era stata
sostituita dalla monarchia, ciò nonostante le piazza ha mantenuto il ruolo di
luogo affollato sede dei commerci e del mercato.
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L’ATTIVITà UMANA E MERCANTILE NEL FORO ROMANO
(Parabasi del gorgoglione di Plauto)
Ibidem erunt scorta exoleta quique stipulari solent;
Symbolarum collatores apud forum piscarium.
In foro infimo boni homines atque dites ambulant;
In medio propter canalem ibi ostentatores meri.
Confidentes garrulique et malevoli supra lacum,
Qui alteri de nihilo audacter dicunt contumeliam
Et qui ipsi sat habent quod in se possit vere dicier.
Sub veteribus ibi sunt qui dant quique accipiunt fenore
Pone aedem Castoris ibi sunt subito quibus credas male
In tusco vico ibi sunt homines qui ipsi sese venditant
(In Velabro vel pistorem, vel lanium, vel aruspicem);
Vel qui ipsi vortant, vel qui aliis ubi vorsentur parebeant.
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Fori Imperiali
I Fori Imperiali costituiscono una serie di piazze monumentali edificate nel corso di un secolo e
mezzo (tra il 46 a.C. e il 113 d.C.) nel cuore della città di Roma dagli imperatori.
Di essi non fa invece parte il Foro Romano, ossia la vecchia piazza repubblicana, la cui prima
sistemazione risale all'età regia (VI secolo a.C.) e che era stato per secoli il centro politico,
religioso ed economico della città. Nonostante i molti nuovi edifici e le ricostruzioni di quelli più
antichi, e nonostante i molti monumenti che lo andarono abbellendo, il Foro Romano non ebbe
mai un carattere unitario. Sotto Cesare e Augusto, la costruzione della Basilica Giulia e il
rifacimento della Basilica Emilia, che delimitavano i lati lunghi della piazza, diedero tuttavia al
Foro una certa regolarità Foro Boario
Forum Boarium Bovarium
o ) il più antico, era un'area dell'antica Roma
Il Foro Boario (latino:
lungo la riva sinistra del fiume Tevere, tra Campidoglio e Aventino. Lo stesso nome era
attribuito anche ad una piazza entro tale area, in cui si teneva il mercato del bestiame .