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Sintesi

Con questa tesina ho voluto analizzare alcuni ambiti in cui troviamo la matematica come la natura, la teconlogia e la Divina Commedia in modo particolare. In seguito ho trattato delle varie filosofie della matematica in quanto reputo importante conoscerle.

Materie trattate: Matematica, Scienze della terra, Italiano, Filosofia

Estratto del documento

sua perché gli trema la mano. Ma se Dio, per mezzo dello spirito Santo, crea direttamente,

nella cosa creata si ha tutta la perfezione possibile; e poiché in tal modo fu creato Adamo e fu

resa madre della Vergine, ha ragione Dante di credere che la natura umana non fu mai e non

sarà mai così perfetta come lo fu in Adamo e in Cristo. Quanto a Salomone, bisogna riflettere

quale era la condizione di lui e quale fu la cagione che lo spinse a domandare a Dio il dono della

sapienza. Egli era re e chiese a Dio il senno necessario per governare il popolo e non per

conoscere la teologia, l’astrologia, la metafisica o la matematica.

Qualche breve commento

Dante opera in queste terzine una distinzione fra la sapienza propria del re, che deve

governare il suo popolo secondo giustizia, e il sapere teologico, logico, metafisico, geometrico:

Salomone chiese a Dio la saggezza politica e, in questo campo, non ci fu nessuno che lo

eguagliasse. La discussione sulla sapienza di Salomone serve per altro al poeta per ampliare e

precisare il suo concetto di sapienza, estendendolo alla sapienza dell’agire, segnandone nel

contempo i confini: piena è la sapienza solo di Adamo e di Cristo-uomo; non quella di qualsiasi

altro uomo.

Il riferimento

Esaminiamo le due affermazioni di carattere scientifico:

- è possibile che vi sia un moto primo, cioè a sua volta non causato da un altro moto;

- è possibile che esista un triangolo inscritto in una semicirconferenza ma non rettangolo.

Ebbene, Dante le prende come esempi palesi di qualche cosa di falso perché contraddicono alla

modalità della necessità logica:

- se c’è un moto, allora c’è anche necessariamente qualche cosa che l’ha generato, una causa

- se un triangolo è inscritto in una semicirconferenza, allora necessariamente quel triangolo è

rettangolo cioè ha un angolo retto.

Ora, mentre l’affermazione di carattere fisico è legata al discorso che si sta facendo (che

porta, com’è ben noto, alla esistenza di un unico Ente in grado di causare senza precedente

causa, un Motore a sua volta Immobile), come campo di riferimento analogico, per prelevare un

esempio di qualche cosa di altrettanto necessario, Dante avrebbe potuto scegliere qualsiasi

altro dominio, anche e soprattutto del mondo dell’esperienza, ma sceglie la geometria perché

gli è facile, consono, immediato, ... E forse perché, insisto, quel tipo di competenze era diffuso

ed ovvio tra i letterati dell’epoca e tra le persone colte. (Si noti anche lo stile di queste due

affermazioni, pedante e scolastico, ripetitivo: sembrano voler richiamare alla mente un

insegnamento accademico cattedratico; ed è verosimile che questioni di filosofia e di teologia

venissero davvero insegnate così; la geometria sembra più pertinente a quei campi che non ad

altri).

Dimostrazione dell’enunciato matematico secondo cui un triangolo inscritto in una

semicirconferenza è necessariamente un triangolo rettangolo:

noi sappiamo che un angolo alla circonferenza è la metà dell’angolo al

centro che sottende lo stesso arco di circonferenza. Nel caso

particolare in cui l’angolo al centro è un angolo di 180°, poichè

sottende una semicirconferenza, il suo rispettivo angolo alla

circonferenza sarà di 90°. Da ciò si può affermare che un qualsiasi

triangolo inscritto in una semicirconferenza questo sarà un triangolo

rettangolo.

Paradiso, XVII, 13-15

“O cara piota mia, che sì t’insusi, O cara radice della mia famiglia, che

che come veggion le terrene menti t’innalzi così in alto, che, come la mente dei

non capere in triangol due ottusi, mortali vede che due angoli ottusi non

possono essere contenuti in un triangolo,

così vedi le cose contingenti con la stessa chiarezza discerni le cose che

anzi che sieno in sé, mirando il punto possono essere o non essere prima che

a cui tutti li tempi son presenti; esistano in atto contemplando la divina

essenza, il punto in cui tutti i tempi sono

presenti

Dove siamo

Siamo all’inizio del canto XVII, Cacciaguida, alla fine del canto precedente, ha accennato alla

divisione di Firenze in Guelfi e Ghibellini, Dante sente il vivo desiderio di conoscere la verità

intorno alle future vicende della sua vita, e paragona il suo stato d’animo a quello di Fetone,

quando corse da sua madre per conoscere se egli fosse o no veramente figlio di Apollo.

Beatrice e Cacciaguida si accorgono di questo desiderio, e la donna lo invita ad esprimerlo, non

perché esso sia a loro ignoto, ma perché egli si abitui a manifestare ciò che desidera, in modo

da esser soddisfatto. Dante prega allora il trisavolo, poiché egli vede in Dio con certezza

matematica le cose che dovranno avvenire, di chiarirgli ciò che, durante il suo viaggio

attraverso l’Inferno e il Purgatorio, ha udito intorno alle future vicende della sua vita.

Qualche breve commento

Dante spiega che Cacciaguida può vedere gli eventi prima che siano accaduti con la stessa

chiarezza con cui la mente umana capisce che in un triangolo non può avere due angoli ottusi.

L’Assoluta certezza che hanno i beati su quello che dicono riguardo gli eventi futuri è simile

ad un’indubitabile certezza geometrica.

Il riferimento

Dante si riferisce al teorema XVII del I libro degli “Elementi” di Euclide.

Dimostrazione che un triangolo non può avere due angoli ottusi.

Questo teorema è un corollario del teorema che afferma: in ogni

triangolo, la somma degli angoli interni è un angolo piatto. Per il

γ teorema dell’ angolo esterno è un angolo piatto

β α = δ + γ, δ + γ

+

perché l’angolo esterno è, per definizione, supplementare al relativo

interno. Da queste due considerazioni ne segue la tesi per la

transitività dell’uguaglianza. In base a questo teorema ogni triangolo

δ

β può avere al più un solo angolo ottuso (cioè maggiore dell’angolo

α retto).

Paradiso, XXXIII, 133-141

Qual'è 'l geomètra che tutto s'affige Come lo studioso di geometria si concentra

per misurar lo cerchio, e non ritrova, con tutte le sue facoltà mentali per

pensando, quel principio ond'elli indige, risolvere il problema della quadratura del

cerchio, e non riesce a trovare quel

principio di cui avrebbe bisogno,

tal era io a quella vista nova: tale ero io dinanzi a quella straordinaria

veder voleva come si convenne visione, che invano volevo capire come

l'imago al cerchio e come vi s'indova; l'effigie umana si adattasse alla forma del

cerchio e potesse trovarvi luogo;

ma non eran da ciò le proprie penne: ma le mie ali non erano capaci di farmi

se non che la mia mente fu percossa volare tanto in alto: se non che la mia

da un fulgore in che sua voglia venne. mente fu percossa da una folgorazione,

grazie alla quale il suo desiderio si compì.

Dove siamo

Siamo alla conclusione dell'ultimo canto della Commedia: lo slancio creativo di Dante si tende

in un supremo sforzo di esprimere l'inesprimibile. Ma, per dirlo con Salvatore Battaglia,

"...considerando la molteplicità e la gravità dei problemi che il poeta-teologo aveva a

disposizione, e che forse l'assediavano con la loro ardua responsabilità, ci colpisce l'apparente

semplicità, si direbbe l'asciutta ed elegante trasparenza, con cui Dante ha ideato il 'capitolo'

finale della sua 'Commedia'. E' sorprendente, come sempre d'altronde, ma qui in maniera

singolare, il valore essenziale dell'espressione dantesca, la limpidezza del disegno, e

soprattutto la severa selezione dei suoi elementi".

Qualche breve commento

I versi citati tentano di spiegare la presenza contemporanea, nel Verbo, della natura umana e

di quella divina. La difficoltà di questa spiegazione è paragonata a quello che può essere

considerato il problema principe della geometria classica: la quadratura del cerchio. Forse

proprio per questo Dante aveva riservato questa citazione al momento più complesso e

delicato della sua opera.

"s'indova": uno dei tanti neologismi di Dante, a partire da un avverbio usato come sostantivo,

del tipo "insemprarsi" o "insusarsi".

Il riferimento

La quadratura del cerchio è un classico problema di matematica, o più precisamente di

geometria.

Il problema è quello di costruire, usando solo riga e compasso, un quadrato con la stessa area

di un dato cerchio. Il problema risale all'invenzione della geometria, e ha tenuto occupati i

matematici per secoli. Non fu che nel 1882 che l'impossibilità venne provata rigorosamente,

anche se i geometri dell'antichità avevano afferrato molto bene, sia intuitivamente che in

pratica, la sua intrattabilità. Si deve notare che è solo la limitazione ad usare una riga (non

graduata) e un compasso che rende il problema difficile. Se si possono usare altri semplici

strumenti, come ad esempio qualcosa che può disegnare una spirale archimedea, allora non è

così difficile disegnare un quadrato ed un cerchio di area uguale.

Una soluzione richiede la costruzione del numero

, e l'impossibilità di ciò deriva dal fatto che π è

un numero trascendente, ovvero non-algebrico, e

quindi non-costruibile. La trascendenza di π

venne dimostrata da Ferdinand von Lindemann

nel 1882. Risolvere il problema della quadratura

del cerchio, significa aver trovato anche un

valore algebrico di π - il che è impossibile. Ciò

non implica che sia impossibile costruire un

quadrato con un'area molto vicina a quella del

cerchio dato.

La prova matematica che la quadratura del

cerchio è impossibile non ha impedito a molti

"spiriti liberi" di spendere anni sul problema. La

futilità di dedicarsi a tale esercizio ha portato

ad usare il termine in contesti totalmente

slegati, dove è usato semplicemente per indicare

qualcosa di senza speranza, senza significato o

un'impresa vana.

Leonardo comunque credeva che la soluzione stesse proprio nel corpo umano: si legge infatti,

in uno scritto di Leonardo riguardo la sua opera:

«Vetruvio architetto mette nella sua opera d'architettura che le misure dell'omo sono dalla

natura distribuite in questo modo. Il centro del corpo umano è per natura l’ombelico; infatti,

se si sdraia un uomo sul dorso, mani e piedi allargati, e si punta un compasso sul suo ombelico,

si toccherà tangenzialmente, descrivendo un cerchio, l’estremità delle dita delle sue mani e

dei suoi piedi.»

Leonardo è riuscito a costruire, partendo da questo cerchio anche un quadrato (che tocca

piedi e mani del suo "uomo vitruviano"). In questo modo, il famoso disegno di Leonardo, che

fino ad oggi è sempre stato collocato nell´ ambito dei tradizionali studi sulle proporzione

umane, viene a rivelarsi un disegno matematico. La centralità dell'uomo nel pensiero

dell'artista è punto focale di quest’opera.

FILOSOFIA DELLA MATEMATICA

La filosofia della matematica cerca di rispondere a domande come: perché la matematica è

importante per la descrizione del mondo o per quale ragione e in che misure gli enunciati

matematici sono veri. I matematici e i filosofi, per rispondere a codeste domande,

utilizzarono vari approcci e nel XX secolo nacquero 3 scuole: logicismo, intuizionismo e

formalismo. Proprio in questo periodo si ha una forte esigenza di rigorizzare la matematica

ossia di rendere espliciti i concetti delle varie teorie, ma soprattutto eliminare l’evidenza

come criterio di fondazione e accettazione dei concetti.

Il riduzionismo

Il riduzionismo cerca nell’aritmetica il fondamento ultimo della matematica: i vari insiemi

numerici sembrano solo un’estensione dei numeri naturali utile. Il problema principale

dell’aritmetizzazione (fenomeno che vuol ridurre tutta la matematica all’aritmetica) è

rappresentato dall’analisi, in particolare dal concetto di continuità (si dice f(x) continua in x 0

se lim f(x)=f(x )). Questo processo raggiunge il suo culmine nel 1872 con le due fondazioni

x->x0 0

classiche del sistema dei numeri reali da parte di Gorge Cantor e Richard Dedekind: questi,

insieme a Weierstrass, avevano dimostrato che la teoria dei numeri reali deriva in maniera

rigorosa dal concetto e dalle proprietà dei numeri naturali. In seguito alla teoria dei numeri

reali, ad alcuni studiosi il numero naturale apparve come il materiale originario capace di stare

a fondamento dell’intera matematica.

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