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Storia e Sc. delle finanze: Storia del sistema tributario italiano;
Diritto: Costituzione, Riforma Vanoni e principi giuridici delle imposte.
Anche i governi della “sinistra storica”, a partire dal governo di Agostino
Depetris, affrontarono il problema dell’imposizione fiscale partendo da una sua
riduzione e con l’introduzione del Catasto (terminato solo nel 1955) e inserendo,
nel 1893, l’imposta sul nucleo familiare.
Con il fascismo il ministro De Stefani avviò, nel 1923, una riforma del sistema
tributario che introdusse l’imposta complementare sul reddito e l’imposta unica
sugli scambi commerciali. Poi vennero inserite una serie di imposte per
incentivare la natalità in un Paese che aveva dato un notevole contributo di
caduti durante la Grande guerra, un esempio ne è la “tassa sul celibato”,
introdotta nel 1927 per incrementare il numero dei matrimoni e le nascite, che
colpiva i celibi di età compresa tra i 25 e i 65 anni, e dava agevolazioni fiscali e
premi in favore delle famiglie numerose.
Venne introdotta l’Ige (imposta generale sulle entrate), che sostituì l’imposta
unica sugli scambi commerciali e rimase in vigore fino al 1972, anno di nascita
dell’Iva.
LA COSTITUZIONE ITALIANA
Con l’emanazione della Costituzione italiana, entrata in vigore il 1° gennaio del
1948, vengono fissati anche i principi che regolano l’apporto fiscale-tributario
dei cittadini al buon andamento delle entrate del Paese.
In particolare, nell’articolo 2 viene stabilito “… l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” e l’articolo 23, in cui si
ribadisce che “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta
se non in base alla legge”.
L’articolo 53 prescrive che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche
in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a
criteri di progressività”.
L’articolo 119, modificato dalla legge costituzionale 3/2001, è il principio
ispiratore della attuale legge sul federalismo fiscale, che prevede l’autonomia
impositiva degli enti locali.
LA RIFORMA VANONI
La legge Vanoni entrò in vigore l’11 gennaio del 1951e fece la prima revisione
sistematica dell’ordinamento tributario.
Realizzò la riforma tributaria, introducendo un sistema di tassazione più
moderno ed equo: introdusse la dichiarazione annuale dei redditi, che divenne
obbligatoria per tutti i contribuenti, sia lavoratori dipendenti che autonomi, la
riduzione delle aliquote e la progressività per classi, oltre all’imposta sulle
società e le obbligazioni.
1974
La riforma del sistema tributario del 1974, attuata nel periodo in cui c’era il
ministro Luigi Preti istituì l’Irpef, l’Irpeg, l’Ilor, l’Invim e l’Iva.
L’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche), istituita dal Dpr 597/1973, è
un’imposta personale, progressiva ed è obbligatoria da tutti i cittadini residenti
sul territorio dello Stato per tutti i redditi posseduti anche se prodotti all’estero.
Viene determinata in base ad aliquote progressive applicate per scaglioni di
reddito. Alla nascita l’imposta aveva 32 aliquote (dal 10 al 72%) e agiva per
scaglioni di reddito dai 2 fino ai 500 milioni di lire.
L’Irpeg (imposta sul reddito delle persone giuridiche, sostituita nel 2004
dall’Ires) era un’imposta personale e proporzionale e colpiva il possesso, da
parte di una persona giuridica o di un ente, di ogni forma di reddito, continuativo
o occasionale, proveniente da qualsiasi fonte: l’unica aliquota applicabile (37%)
era proporzionale e non progressiva e ne erano esclusi gli organi e le
amministrazione dello Stato. La differenza sostanziale rispetto l’attuale IRES
riguarda la tassazione dei dividendi.
L’Ilor (imposta locale sui redditi) aveva il suo presupposto del possesso di
redditi fondiari, di capitale, d’impresa e diversi, prodotti nel territorio dello
Stato; aveva una sola aliquota (16,2%), che ne determinava la proporzionalità.
Inizialmente era previsto che il gettito fosse destinato agli enti locali ma, dopo il
tributo venne riscosso dallo Stato centrale.
L’Invim (imposta sull’incremento del valore degli immobili) era un’imposta
comunale (soppressa dal 2002) che agiva in caso di trasferimento a qualunque
titolo e da chiunque,di terreni e fabbricati: colpiva la differenza tra il valore
iniziale e quello di trasferimento del bene. Era un’imposta a scaglioni basati su
percentuali del valore di riferimento. Anche per l’Invim , così come per l’Ilor, il
gettito tributario fu inizialmente a favore degli enti locali ma in seguito fu
trasferito nelle casse dello Stato.
L’Iva (imposta sul valore aggiunto), sostituì l’Ige, è un’imposta sui consumi che
colpisce il valore aggiunto di un bene o servizio acquisito nelle diverse fasi di
passaggio economico, dalla produzione fino al consumo del bene o del servizio.
LE RIFORME FINO AD OGGI
Fino ai giorni nostri i diversi ministri delle Finanze hanno modificato
continuamente le imposte per riuscire a combattere l’evasione e permettere
maggiore equità. Con il Dl 66/1989 fu introdotta l’Iciap (imposta comunale per
l’esercizio di imprese e di arti e professioni), con lo scopo di garantire maggiori
risorse agli enti locali. Fu sostituita nel 1998 con l’Irap (imposta regionale sulle
attività produttive), che portò all’eliminazione anche dell’Ilor, dell’imposta sul
patrimonio e del contributo al Servizio sanitario nazionale.
Con il Dlgs 504/1992 fu istituita l’Ici (imposta comunale sugli immobili), che
grava sul valore dei fabbricati con una percentuale fissata, di anno in anno, dalle
delibere dei Consigli comunali. Rimase in vigore per tutti gli immobili ubicati
sul suolo italiano fino all’entrata in vigore del Dl 93/2008, che ne abolì
l’imposizione sulla prima casa.
Oggi è in concreta realizzazione il federalismo fiscale.
PRINCIPI GIURIDICI DELLE IMPOSTE
Le imposte devono essere ripartite fra i contribuenti in modo da rispettare le
esigenze della giustizia tributaria. Queste trovano fondamento nella Costituzione
della Repubblica italiana, che stabilisce i principi giuridici cui si deve attenere
l’attività impositiva dello Stato.
Art. 2
<<La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come
singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e
sociale”.>>.
Nell’articolo due della Costituzione italiana viene espresso il principio della
solidarietà economica e sociale, in base al quale tutti gli appartenenti alla
comunità statale devono adempiere ai doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale: quindi tutti i cittadini devono pagare le imposte per una più
equa distribuzione del reddito, al fine di ridurre le sperequazioni sociali.
Art. 23
<<Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in
base alla legge.>><
Nell’articolo ventitre della Costituzione italiana viene espresso il principio
della riserva di legge, secondo il quale la disciplina dell’imposizione tributaria
viene rinviata ad una legge dello Stato, prodotto dagli organi titolari del potere
impositivo: il Parlamento, che esercita al funzione legislativa, e il Governo che
emana decreti-legge e decreti legislativi. L’imposizione tributaria non deve
infatti essere arbitraria ma deve derivare da una legge.
Art. 53
<<Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.>>.
Nel primo comma dell’articolo cinquantatre della Costituzione italiana viene
evidenziato il principio della capacità contributiva. La capacità contributiva è
la capacità che il contribuente ha di far fronte all’obbligo tributario e si realizza
attraverso varie disposizioni. Viene chiarito anche che TUTTI pagano, non solo
i residenti in Italia ma tutti coloro che lavorano o hanno un patrimonio nel nostro
territorio.
Nel secondo comma viene richiamato il criterio della progressività su cui si basa
la più importante delle imposte italiane cioè l’IRPEF.
2
Art. 75
<<Non è ammesso il referendum per le eleggi tributarie e di bilancio, di
amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare i trattati internazionali.>>.
Nel secondo comma dell’articolo settantacinque viene evidenziato che le norme
tributarie non posso essere soggette a Referendum.
TEMA DI CARATTERE GIURIDICO-
AZIENDALISTICO PER IL CONOCORSO
PROMOSSO DALL'ASSOCIAZIONE
"TRIBUTARISTI"
P
er il progetto richiesto il nostro team ha deciso di costituire una società in
accomandita semplice (s.a.s.) perché ci sembrava la più appropriata tra le
diverse tipologie di società.
Una società si costituisce mediante un contratto, che è un accordo tra due o più
parti, che conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di una attività
economica allo scopo di dividerne gli utili.
Le società possono essere di persone o di capitali:
Le società di persone non hanno personalità giuridica e hanno autonomia
1
patrimoniale imperfetta ;
Le società di capitali hanno personalità giuridica e autonomia
2
patrimoniale perfetta .
Tra le due tipologie di società abbiamo deciso che quella più adatta a questo
progetto sia la società di persone perché oltre ad essere facilmente realizzabile è
anche soggetta a minori obblighi.
Abbiamo deciso inoltre di costituire una s.a.s. perché questo tipo di società ha
due tipologie di soci: gli accomandatari e gli accomandanti. Come citato nell’art.
1
2313. c.c. i soci accomandatari rispondono solidalmente e illimitatamente per le
obbligazioni sociali, e i soci accomandanti rispondono limitatamente alla quota
conferita.
I soci accomandatari, inoltre, hanno gli stessi diritti e gli stessi obblighi dei soci
1
di una società in nome collettivo (art. 2318 ).
I ragazzi che hanno deciso di costituire la società sono quattro:
Marco è proprietario di un immobile, del valore di 1 milione di euro;
Giovanni possiede una quota di un pub a gestione familiare;
Giacomo e Sabrina sono nullatenenti.
Per tutelare i capitali di Marco e Giovanni abbiamo deciso di renderli soci
accomandanti, invece Giacomo e Sabrina che non rischiano capitali, soci
accomandatari e assumeranno anche l’amministrazione e la rappresentanza della
2
società (art. 2318 ).
Giovanni possedendo già una quota in una s.n.c. deve rispettare il divieto di
concorrenza, il quale afferma che senza il consenso degli altri soci non può
esercitare in proprio o per conto di terzi un’attività concorrente con quella della
società o assumerne la qualità di socio illimitatamente responsabile(art. c.c.
1
2301 ).
La s.a.s. può utilizzare la contabilità semplificata se il fatturato non supera
309.974,14€ per le imprese che esercitano attività di prestazione di servizi o di
arti e professioni, e 516.456,90€ per le imprese esercitanti altre attività.
Non ha l’obbligo di tenuta dei libri sociali e quindi non ne paga la vidimazione,
inoltre il bilancio non deve essere depositato in camera di commercio e questo è
un vantaggio molto interessante perché gli scopi e gli obbietti della società non
sono resi pubblici.
Non è previsto un capitale sociale minimo e le spese di costituzione, per la
gestione e l’organizzazione sono ridotte, inoltre non sono richiesti organi
sociali.
Dal punto di vista fiscale, il reddito d’impresa prodotto dalle s.a.s. è tassato
come reddito personale dei soci e quindi quest’ultimo e le eventuali ritenute
saranno ripartite tra i soci in base alla loro partecipazione, seguendo gli
scaglioni Irpef.
I pochi svantaggi della s.a.s. sono:
Il fallimento della società comporta il fallimento dei soci accomandatari
che rispondono solidalmente ed illimitatamente agli impegni assunti dalla
società e quindi in caso di insolvenza sono soggetti a procedure
concorsuali;
I soci accomandanti sono limitati nell’amministrazione della società.
La denominazione sociale della società è “di Sabrina & Co. s.a.s” e come
capitale iniziale abbiamo stabilito un importo di 80.000,00 € diviso tra i soci nel
seguente modo: 80.000,00€