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Italiano: Pirandello
Inglese: Edgar Allan Poe, Virginia Woolf
Arte: Simbolismo
Questa topica tende a mettere in primo piano, per la comprensione del sogno e dell’intera psiche, il
sistema inconscio di cui la coscienza e il preconscio non sono altro che la punta di un iceberg. Gli
elementi inconsci non sono inattivi, ma anzi condizionano la vita vigile dell’individuo. Azioni,
pensieri, parole, sogni, nevrosi sono riconducibili all’inconscio e alla sua azione. Per Freud il sogno
è “la via regia” per conoscere l’inconscio.
Il conscio si identifica con la nostra coscienza o, meglio, con la nostra attività diurna e consapevole,
ed è, per forza di cose, una situazione alquanto fluida: mai infatti siamo perfettamente consapevoli
di tutto quello che facciamo e che vogliamo.
Nell’opera L’Io e l’Es del 1923, Freud individua tre istanze dell’apparato psichico che non chiama
più conscio, preconscio e inconscio come aveva fatto nella prima topica, ma Io, Es e Super Io.
In questo saggio Freud tenta di definire un modello strutturale del funzionamento psichico umano.
Il presupposto che governa tale modello è la distinzione dello psichico, fondamentale in
psicoanalisi, "in ciò che è cosciente e ciò che è inconscio" . L'inconscio è di due specie:
"il latente che è tuttavia capace di diventare cosciente e il
rimosso che in quanto tale e di per sé non è capace di divenire
cosciente… diciamo preconscio ciò che è latente, e cioè
inconscio solo dal punto di vista descrittivo e non in senso
dinamico; riserviamo invece a ciò che è rimosso e
dinamicamente inconscio la denominazione di inconscio.
Abbiamo in tal modo tre termini: cosciente (c), preconscio
(prec) e inconscio in senso non meramente descrittivo (inc)"
Questa organizzazione topica della mente, che Freud ha già
illustrato in precedenza, non è ritenuta però più adeguata allo
sviluppo del pensiero psicoanalitico. Freud infatti ha scoperto che anche l'Io, solitamente.
identificato con la coscienza, o almeno una sua porzione "può essere, e anzi indubitabilmente è inc"
Da ciò discende che l'inconscio non è una regione della mente, bensì una qualità di alcuni processi
psichici, e che "la proprietà dell'essere o no cosciente rappresenta l'unico faro nella tenebra della
psicologia del profondo" .E' evidente che ciò rende necessario sormontare il modello preesistente,
fondato sulla distinzione tra c, prec e inc, e addivenire ad un altro che definisca il carattere conscio
o inconscio delle funzioni psichiche.
L'io rappresenta l'interfaccia tra mondo esterno e mondo interno. Ma, per quanto si debba
ammettere che l'Io funzioni anche a livello inconscio, è chiaro che esso non lo esaurisce. La realtà
primaria dell'inconscio che interagendo con il mondo esterno, si origina e si differenzia l'Io è l’Es :
"Un individuo è per noi un Es psichico, ignoto e inconscio, sul quale poggia nello strato superiore
l'Io, sviluppatosi dal sistema P come da un nucleo… L'Io non è nettamente separato dall'Es, ma
sconfina verso il basso fino a confluire con esso"
Il rapporto tra l'Io e l'Es è un rapporto dinamico:
"l'Io si sforza di far valere l'influenza del mondo esterno sull'Es e sulle sue intenzioni tentando di
sostituire il principio di realtà al principio del piacere, che nell'Es esercita un dominio
incontrastato"
Si pone a questo punto un problema ovvio. Se l'io riconosce la sua matrice nell'Es, in nome di che
tenta di civilizzare l'Es? Per effetto delle influenze esterne, sostiene Freud. Si tratta evidentemente
delle influenze esercitate dall'ambiente sociale e culturale. Ma come esse riescono ad incidere
sull'Io. Interviene a questo punto la focalizzazione di una nuova funzione, che in precedenza
(Introduzione al narcisismo, Psicologia delle masse e analisi dell'Io) è già stata adombrata: il Super-
io. L'esistenza di questa funzione è imposta dall'esperienza terapeutica:
"Apprendiamo dalle nostre analisi che vi sono persone nelle quali l'autocritica e la coscienza
morale - e cioè prestazioni della psiche alle quali viene attribuito un valore grandissimo - sono
inconsce, e producono proprio in quanto tali i loro effetti più rilevanti… La nuova esperienza, che
ci costringe - a dispetto della nostra migliore consapevolezza critica - a parlare di un "senso di
colpa inconscio", è molto più imbarazzante e ci propone un nuovo enigma, specialmente se ci
finiamo col renderci conto che un tale senso di colpa inconscio svolge in un gran numero di nevrosi
una funzione decisiva da un punto di vista economico, opponendo i più potenti ostacoli sul
cammino della guarigione"
"Mentre l'io è essenzialmente il rappresentante del mondo esterno, il Super-Io gli si erge contro
come avvocato del mondo interiore, dell'Es. I conflitti tra l'io e l'ideale… rispecchieranno, in
ultima analisi, il contrasto tra reale e psichico, fra mondo esterno e mondo interno"
"Le vicende che caratterizzano la genesi del Super-Io ci permettono di comprendere come gli
antichi conflitti dell'Io con gli investimenti oggettuali dell'Es possano continuarsi nei conflitti con il
Super-io che di tali investimenti è l'erede"
"L'ideale dell'io, per le vicende che hanno condotto alla sua formazione, si riallaccia sotto
molteplici aspetti alle acquisizioni filogenetiche, e cioè all'eredità arcaica dell'individuo singolo.
Ciò che ha appartenuto alla dimensione più profonda della vita psichica individuale, si trasforma,
mediante la formazione dell'ideale, in quelli che noi riteniamo i valori più alti dello spirito umano"
Alla luce del pensiero psicanalitico l’Arte assume connotati diversi. Per cominciare si può dire che
l’artista è mosso dagli stessi conflitti che portano altre persone alla nevrosi: l’Arte è un’
“attività che si propone di temperare desideri irrisolti, […] in primo luogo nello stesso artista
creatore e in seguito nell’ascoltatore o nello spettatore”
L’interesse estetico della psicoanalisi
L’Arte è, almeno per un verso, una specie di terapia che riesce a mediare il desiderio e la realtà, un
regno di mezzo nel quale l’uomo può vedere realizzate istanze inconsce altrimenti inesprimibili.
l’inconscio però è lungi dall’essere presentato “così com’è” infatti esso arriva ad essere
“opera d’arte solo attraverso una trasformazione che (ne) mitiga l’aspetto urtante […], ne cela
l’origine personale e offre agli altri, rispettando regole estetiche, seducenti premi di piacere”
Ibidem
L’Arte ha una scorza esterna che porta piacere, approvazione, che la fa accogliere alla percezione
umana, ed un velato interno di contenuti forti, pulsioni o angosce, fantasie o drammi.
In un breve saggio intitolato Il poeta e la fantasia, Freud, mette in luce la connessione tra la
produzione poetica e il gioco, il gioco che crea un mondo fantastico.
“Anche il poeta fa quello che fa il bambino giocando: crea un mondo di fantasia, che prende molto
sul serio; che, cioè, carica di forti importi d’affetto, pur distinguendolo nettamente dalla realtà”
Gli artisti hanno una dote speciale: riescono a portare alla luce le loro fantasie senza provocare
disprezzo, ironia. Le loro espressioni destano grande approvazione attraverso quel «piacere
preliminare», o «premio di seduzione» .
“il poeta ci mette in condizione di gustare d’ora in poi le nostre fantasie senza rimprovero e senza
vergogna” Ibidem
svolgendo il suo ruolo di medico che è al contempo paziente e farmacista. L’artista è architetto di
quella cattedrale che sa ospitare la nostra interiorità donandole una casa, un luogo di gioco e di
fantasia nel quale è lecito liberare il nostro essere più profondo. Una casa comune, che ci è
appartenuta e di cui abbiamo poco a poco perso l’indirizzo.
Freud tributa all’artista un dono particolare, che non è, come una lettura troppo sbrigativa del suo
pensiero vorrebbe affermare, una “malattia mentale”, una patologia; certo, è vero, come si è già
affermato, che l’opera d’arte è mossa da forze che portano altre persone alla nevrosi, ma essa ha
anche una componente effusiva: l’artista “nelle conoscenze dello spirito sorpassa di gran lunga noi
comuni mortali, poiché attinge a fonti che non sono state ancora aperte alla scienza”.La sua non è
una debolezza, è una super-abbondanza di energia unita ad una singolare capacità di forgiarla
costruttivamente; grazie ad essa acquista poteri vedere “oltre” e di far vedere “oltre”: Il medico e il
poeta hanno in egual modo frainteso l’inconscio o entrambi lo hanno compreso esattamente. L’Arte
è un via costruttiva per tornare alla realtà tramite la quale l’artista ottiene per mezzo della fantasia,
ciò che prima aveva ottenuto solo nella fantasia. Sembra uscire forte in queste pagine il significato
sociale della produzione artistica, quasi che la società riconosca in essa un isola di felicità, dove la
fantasia può aprirsi come un fiore a primavera; questo fiore attirerà gli ascoltatori, gli spettatori i
lettori, che si poseranno sui suoi petali, richiamati dalle “belle forme”: essi si nutriranno di un
polline speciale, in grado di liberare le proprie pulsioni, paure, fantasie, desideri, dischiudendo
nuovi orizzonti di comprensione.
L’artista scende a patti con l’inconscio, stabilisce regole; con la forma dei suoi quadri, delle sue
poesie, lo nasconde. Ma nascondendolo lo fa trovare. Di nuovo possiamo scorgere un velo di
similitudine tra l’artista e lo psicoanalista; la sola differenza sta nel fatto che l’artista è guidato a
questo ritorno al reale da un istinto artistico – una proprietà che, come Freud ripeterà, la scienza non
è in grado di spiegare – mentre lo psicoanalista procede con un metodo costruito a priori: a guidarlo
è un presupposto teorico.
Freud usa una parola per descrivere la tensione racchiusa nell’opera d’Arte: Unheimlich,
Perturbante.
“Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che
ci è familiare”
il Perturbante è ciò che porta angoscia è un non-familiare, qualcosa che assomiglia al nostro
ambiente domestico ma che in realtà cela in sé un che di straniero, sconosciuto, enigmatico.
“L’opera d’Arte sa spezzare l’incatenamento della familiarità più prossima sa scuoterci dal sonno
dell’io per risvegliarci al reale”
LA TRAPPOLA DELLA VITA SOCIALE:
L’IO IN CRISI
In Italia le teorie freudiane e lo slancio vitale di Bergson furono colte da scrittori della levatura di
Italo Svevo, Pirandello, Ungaretti. Pirandello fu forse l’autore che con la sensibilità critica, con la
sua visione della vita come “flusso continuo, incandescente, indistinto” riuscì a cogliere l’origine
del male di vivere dell’uomo moderno (diviso tra ciò che “realmente è” e la forma in cui viene
rinchiuso) e a teorizzare le sue teorie anche in saggi. Infatti già nelle figure dell’inetto di Svevo si
poteva cogliere il dissidio della maschera di “sanità borghese” imposta al personaggio che cercava
di sfuggirle anche se inconsciamente. Una forma imposta e non voluta era già quella del tragico
eroe manzoniano Adelchi: egli era posto per nascita tra gli oppressori ma questo in realtà era in
totale disaccordo con il suo progetto di vita che lo portava a compiere imprese magnanime ed
eroiche. D’Annunzio stesso si costruiva delle maschere (dall’esteta al superuomo) per sfuggire al
grigiore a cui erano condannati molti artisti in un età in cui l’arte era asservita all’utile. Le pratiche
maledette degli scapigliati non erano che tentativi di liberarsi dall’oppressione di etichette che non
sentivano loro. Si potrebbe anche azzardare l’ipotesi che il paradosso dell’uomo moderno, il
dissidio, la fuga nell’irrazionale di tanti poeti, artisti e romanzieri non sia che il risultato di una
coscienza dilaniata da ciò che “deve essere”, ciò che “potrebbe essere” e ciò che “realmente è”.
LUIGI PIRANDELLO Luigi Pirandello (Agrigento, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre
1936) fu un drammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del
premio Nobel per la letteratura nel 1934.