Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Introduzione Intermittenze della Morte - Tesina
La seguente tesina di maturità descrive il tema della morte. La tesina permette inoltre i seguenti collegamenti interdisciplinari: in Italiano la morte dell'uomo di Leopardi, Pascoli, D'Annunzio, Ungaretti e Pavese; l'ineffabilità nel Paradiso di Dante, in Filosofia la morte di Dio di Nietzsche e la critica di Heidegger, in Storia i Sessantottini, in Latino il Satyricon di Petronio, in Inglese The Waste Land di Eliot, in Scienza l'evoluzione e la morte delle stelle, in Matematica la matematica non euclidea, in Fisica la teoria dei Quanti, in Arte il decostruttivismo di Gehry e la Merda d'Artista di Piero Manzoni.
Collegamenti
Intermittenze della Morte - Tesina
Italiano - La morte dell'uomo di Leopardi, Pascoli, D'Annunzio, Ungaretti e Pavese; l'ineffabilità nel Paradiso di Dante.
Filosofia - La morte di Dio di Nietzsche e la critica di Heidegger.
Storia - I Sessantottini.
Latino - Satyricon di Petronio.
Inglese - The Waste Land di Eliot.
Scienza - Evoluzione e morte delle stelle.
Matematica - Matematica non euclidea.
Fisica - Teoria dei Quanti.
Arte - Decostruttivismo di Gehry e la Merda d'Artista di Piero Manzoni.
III.
Il fiore simbolo dell’eros e della perdizione che ha un richiamo fortissimo sulla donna bruna, ovvero
l’immagine del demonio, dell’inquieto, di una vita torbida, contrapposta alla donna bionda,
l’angelo, che pur convive col fior di morte, la cui presenza però non le ha mai fatto dimenticare la
proibizione ad esso concernente. Si ha dunque l’istinto alla morte, ad avvicinare quelle dita
insanguinate del fiore, a sentirne il profumo inebriante, velenosamente vitale. Dunque una reale
autenticità l’ha Rachele, che però si farà sopraffare. Pascoli infatti chiuderà col SI MUORE, così
dibattiti in cui prevale l’interpretazione secondo la quale
ambiguo che porterà la critica a numerosi
quello fu l’inizio di una lunga serie di “peccati mortali”. Quindi anche questa volta un personaggio
decadente esce sconfitto. La sua esistenza sarà inautentica in quanto abbraccia la morte, non
per creare nuova vita.
l’avvicina
Poesia pascoliana in cui però è maggiormente evidente la sintesi, la simbiosi, la totale
omologazione tra Amore e Morte, ovvero la non riconoscibilità dell’una e dell’altra forza è Solon.
intitolato “Solon”. Solone è un legislatore ateniese, il
Pascoli presenta Saffo nel poema conviviale
quale ha creato la costituzione timocratica, cioè basata sul censo. È ricordato per le sue elegie,
soprattutto quella del buon governo e quella della giusta misura, moderazione. Un giorno durante un
banchetto avendo udito suo nipote Phoco cantare un carme di Saffo, se ne dilettò e chiese al giovane
d'insegnarglielo. Per questo motivo la poetessa sarà invitata a recitare di persona un canto durante
un simposio.
Triste il convito senza canto, come sibila il vento.
tempio senza votivo oro di doni; Mugghia il vento, strepita tra le forre,
ché questo è bello: attendere al cantore su le quercie gettasi... Il mio non sembra
che nella voce ha l'eco dell'Ignoto. che un tremore, ma è l'amore, e corre,
Oh! nulla, io dico, è bello più, che udire spossa le membra!
un buon cantore, placidi, seduti M'è lontano dalle ricciute chiome,
l'un presso l'altro, avanti mense piene quanto il sole; sì, ma mi giunge al cuore,
di pani biondi e di fumanti carni, come il sole: bello, ma bello come
mentre il fanciullo dal cratere attinge sole che muore.
vino, e lo porta e versa nelle coppe; Dileguare! e altro non voglio: voglio
e dire in tanto grazïosi detti, farmi chiarità che da lui si effonda.
mentre la cetra inalza il suo sacro inno; Scoglio estremo della gran luce, scoglio
o dell'auleta querulo, che piange, su la grande onda,
godere, poi che ti si muta in cuore dolce è da te scendere dove è pace:
il suo dolore in tua felicità. scende il sole nell'infinito mare;
- Solon, dicesti un giorno tu: Beato trema e scende la chiarità seguace
chi ama, chi cavalli ha solidunghi, crepuscolare.
cani da preda, un ospite lontano. La Morte è questa! il vecchio esclamò.
Ora te né lontano ospite giova Questo,
né, già vecchio, i bei cani né cavalli ella rispose, è, ospite, l'Amore.
di solid'unghia, né l'amore, o savio. Tentò le corde fremebonde, e disse:
Te la coppa ora giova: ora tu lodi Togli il pianto. È colpa! Sei del poeta
più vecchio il vino e più novello il canto. nella casa, tu. Chi dirà che fui?
E novelle al Pireo, con la bonaccia Piangi il morto atleta: beltà d'atleta
prima e co' primi stormi, due canzoni muore con lui.
oltremarine giunsero. Le reca Muore la virtù dell'eroe che il cocchio
una donna d'Eresso - Apri: rispose; spinge urlando tra le nemiche schiere;
alla rondine, o Phoco, apri la porta. - muore il seno, sì, di Rhodòpi, l'occhio
Erano le Anthesterïe: s'apriva del timoniere;
il fumeo doglio e si saggiava il vino. ma non muore il canto che tra il tintinno
Entrò, col lume della primavera della pèctide apre il candor dell'ale.
e con l'alito salso dell'Egeo, E il poeta fin che non muoia l'inno,
la cantatrice. Ella sapea due canti: vive, immortale,
l'uno, d'amore, l'altro era di morte. poi che l'inno (diano le rosee dita
Entrò pensosa; e Phoco le porgeva pace al peplo, a noi non s'addice il lutto)
uno sgabello d'auree borchie ornato è la nostra forza e beltà, la vita,
ed una coppa. Ella sedé, reggendo l'anima, tutto!
la risonante pèctide; ne strinse E chi voglia me rivedere, tocchi
tacita intorno ai còllabi le corde; queste corde, canti un mio canto: in quella,
tentò le corde fremebonde, e disse: tutta rose rimireranno gli occhi
Splende al plenilunïo l'orto; il melo Saffo la bella.
trema appena d'un tremolio d'argento... Questo era il canto della Morte; e il vecchio
Nei lontani monti color di cielo Solon qui disse: Ch'io l'impari, e muoia.
In questa poesia Pascoli affronta due temi: il primo è quello dell'Amore contrapposto alla Morte, il
secondo è quello della poesia, o meglio delle canzoni, eternatrici.
Nel canto di Amore, Saffo descrive un amore sublime, potente, forte come il vento che squarcia la
quercia e bello come il sole. Aggiunge però subito dopo, amaramente, che è, sì, bello come un sole,
ma come un sole che muore al tramonto. Saffo dice che l'amore è come l'incontro con la pace, il
nulla eterno, ed è a causa di questo equivoco che Solone pensa si riferisca alla morte, piuttosto che
all'amore stesso. Parlando della morte invece, Saffo spiega a Solone che non deve piangere per il
suo canto, piuttosto per la morte di un atleta, di un eroe o di un timoniere, perché insieme ad essi
morirebbero tutte le loro migliori qualità. Inoltre afferma che un poeta non muore mai. Il suo corpo
semmai perisce, ma la sua anima rinasce ogni volta che viene intonato un suo canto. Questo perché
nel canto è intrisa tutta la forza, la potenza, l'energia, le emozioni, i pensieri e la vita medesima del
poeta! noteremo come si ha l’attuazione
Se invece prendessimo in esame Ungaretti e in particolare Veglia
di quel principio heideggeriano per cui la vicinanza della morte non comporta che un’esistenza
autentica.
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Difatti il poeta quel 23 dicembre 1915 sulla cima Quattro scriverà, nel silenzio della morte, lettere
piene d’amore. Amore oltraggiato dalla guerra che lacera anche la muta origine dell’esistenza.
Questa può riconquistare valore in un’umana solidarietà istintivamente espressa in quella che per
Leopardi era la potente sorella della Morte.
A chiudere questo excursus tra esistenze autentiche e in autentiche, morte e amore, vi è Pavese con
la cui autenticità è emblematica: l’anticipazione della morte è
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi,
palese.
Tanto è vero che il poeta afferma che il pensiero della morte, il fascino cioè del suicidio, per uscire
dalla incomunicabilità e dall’angoscia esistenziale, lo ha accompagnato
dalla solitudine,
ininterrottamente per tutta la vita.
La poesia è rivolta, in forma di dialogo ideale, alla donna amata.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti l’uso del plurale, sia del pronome (ci accompagna) che dei
In Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
verbi (sapremo, scenderemo) riferiti al poeta, conferisce un significato universale alla propria
meditazione, valida per lui e per tutti coloro che hanno le sue stesse angosce esistenziali.
Il legame tra Eros e Thanatos, ossia tra Amore e Morte, Pavese lo vede allo stesso modo del
Leopardi il quale li aveva considerati entrambi fratelli e benefattori dell’uomo, perché l’uno e l’altro
lo liberano dal male di vivere; con la differenza, però, che la liberazione operata dalla morte è
eterna, mentre quella operata dall’amore è momentanea, viva solo nel momento magico
dell’innamoramento, per il bene che promette. Il bene promesso, tuttavia, si rivela un miraggio
illusorio; in quanto tale, prima o poi si dissolve, e lascia l’uomo indissolubilmente legato al suo
destino di dolore.
Per la stessa ragione, Pavese dice che la speranza di felicità da lui identificata nella donna è nello
stesso tempo la vita e il nulla: la vita per la felicità che sembra promettere, il nulla per quello che
realmente mantiene, cioè nulla, lasciando l’uomo nella sua condizione reale di angoscia e di
miseria.
La conferma di questa sua visione dell’amore ce la dà una nota di Diario scritta dallo stesso pavese
il 25 Marzo, tre giorni dopo la stesura della poesia: “ Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si
uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inanità, nulla”.
La poesia è orfica e oscura, riecheggia accostamenti cari alla poesia simbolista molto diffusa negli
anni fra le due guerre. Egli crea, pertanto, una poesia che lascia sì intravedere il suo dramma
esistenziale e le angosce che lo turbavano, ma sceglie di non farcele comprendere pienamente in
accostamento, forse, al manto nero dell'autodistruzione, alla sua impenetrabile e nevrotica oscurità.
L’Articidio di Piero Manzoni
All’interno di una tematica vasta e poliedrica quale la morte di ogni costruzione o istituzione o, per i
dell’uomo, anche l’Arte ovviamente ha il suo cantuccio.
più romantici, essenza
Anch’essa infatti deve fare i conti con l’inesorabile Mietitrice. Di estrema importanza per capire i
motivi e soprattutto le conseguenze di questo brutale assassinio è analizzare le sembianze assunte
dalla Signora Morte nell’ambito forse