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Sintesi

Introduzione Inferno di Pasolini - Tesina



La scelta del film “Salò o le 120 Giornate di Sodoma”, come traccia per la tesina di maturità, è avvenuta subito dopo la visione del film al cineforum della Sala Ratti di Legnano, consigliato quest’anno dal professore di discipline plastiche F. Marelli durante il primo quadrimestre. La quasi totale ed immediata incomprensione del film ha suscitato in me la curiosità di approfondire l’argomento, scoprendo così il genio di Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore e regista di questa opera d’arte, completa ed unica nel suo genere. Il film è intriso di collegamenti al mondo dell’arte futurista e della letteratura; il mio fine è quello di approfondirli, specialmente la connessione tra la trama del film e l’Inferno della Divina Commedia. A tal proposito ho ideato, nella tesina, un unico progetto fotografico, che potesse in qualche modo convogliare le caratteristiche e rendere omaggio ad entrambe queste due opere d’arte in egual modo.

Collegamenti


Inferno di Pasolini - Tesina



Italiano - La Divina Commedia di Dante Alighieri.
Storia dell'arte - L'arte futurista.
Discipline Pittoriche/Plastiche - Elaborato Fotografico + Costruzione di una Maschera.
Estratto del documento

INDICE

Introduzione e premessa ………………… ……………………………………..........3

Trama………………………………………………………………………………….4

Significato…………………………………………………..…………………………6

Storia dell’arte………………………………………………………………………...8

Italiano……………………………………………………………………………...10

Relazione della fotografia……………………………………………………………12

Relazione sulla costruzione della maschera………………………………………....13

Bibliografia…………………………………………………………………………..14

Fonti multimediali……………………………………………………………….......14

Ringraziamenti………………………………………………………………...……..15

2

INTRODUZIONE E PREMESSA

La scelta del film “Salò o le 120 Giornate di Sodoma”, come traccia per la tesina di

maturità, è avvenuta subito dopo la visione del film al cineforum della Sala Ratti di

Legnano, consigliato quest’anno dal professore di discipline plastiche F. Marelli

durante il primo quadrimestre. La quasi totale ed immediata incomprensione del film

ha suscitato in me la curiosità di approfondire l’argomento, scoprendo così il genio di

Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore e regista di questa opera d’arte, completa ed unica

nel suo genere. Il film è intriso di collegamenti al mondo dell’arte Futurista e della

letteratura; il mio fine è quello di approfondirli, specialmente la connessione tra la

trama del film e l’Inferno della Divina Commedia. A tal proposito ho ideato un unico

progetto fotografico, che potesse in qualche modo convogliare le caratteristiche e

rendere omaggio ad entrambe queste due opere d’arte in egual modo.

3

TRAMA

Per l'uomo non c'è altro inferno che la stupidità o la malvagità dei suoi simili.

Marchese De Sade

I quattro personaggi che chiameremo “i Signori”, rappresentanti dei poteri della

Repubblica Sociale Italiana sono: il Duca (potere di casta), il Vescovo (potere

ecclesiastico), il Presidente della Corte d'Appello (potere giudiziario) e il Presidente

della Banca Centrale (potere economico); essi incaricano le SS e i soldati

repubblichini di rapire un gruppo di ragazzi e ragazze di famiglie partigiane o

antifasciste.

Dopo una severa selezione, si chiudono con loro in una villa di campagna, arredata

con capolavori d'arte moderna e presidiata da un manipolo di soldati nazifascisti. Con

l'aiuto di quattro Megere, ex meretrici di bordello, instaurano per centoventi giornate

una dittatura sessuale regolamentata da un puntiglioso codice, che impone ai ragazzi

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assoluta e cieca obbedienza. Le Megere (tre narratrici e una pianista) guideranno le

giornate raccontando le proprie specialità sessuali nella “Sala delle Orge”.

Nell'Antinferno i Signori sottoscrivono con il sangue le norme del codice, sposando

ciascuno la figlia di un altro; quindi suddividono le giovani 'prede' in quattro gruppi:

vittime, soldati, collaborazionisti, servitù.

Nel Girone delle Manie, eccitati dai racconti feticisti della Signora Vaccari, seviziano

ripetutamente i ragazzi, fino a farli stare nudi a quattro zampe, latranti come cani,

dando loro in pasto polenta riempita di chiodi.

Nel Girone della Merda, affidato alle perversioni anali della Signora Maggi, le

vittime apprendono l'arte di farsi sodomizzare con gratitudine e partecipano a un

pantagruelico pranzo la cui portata principale è costituita dalle proprie feci.

Nel Girone del Sangue, instillando un meccanismo di mutua denuncia segreta tra i

ragazzi, i Signori designano le vittime dello strazio finale: un'orgia di efferatezze e riti

profani tra torture, sevizie, amputazioni e uccisioni perpetrate sulla base di una sorta

di dantesca pena del contrappasso. Signori e collaborazionisti si cimentano in

balletti isterici e atti di sesso necrofilo.

Mentre la carneficina è in corso, due giovani guardie, sulle note d'una canzonetta

trasmessa dalla radio, accennano timidamente qualche passo di valzer, parlano del

mondo di fuori, delle ragazze che li aspettano, della vita.

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SIGNIFICATO

Il sadomasochismo è una categoria eterna dell’uomo. […] Ma il reale senso del

sesso nel mio film è una metafora del rapporto del potere con chi vi è sottoposto […]

è un potere che manipola i corpi in un modo orribile, trasformandone la coscienza,

cioè nel modo peggiore.

P. P. Pasolini in “Pasolini prossimo nostro” di Giuseppe Bertolucci

Uscito postumo a poche settimane dall'oscuro omicidio del regista, da tanti

considerato il testamento poetico di Pier Paolo Pasolini, “Salò o Le 120 giornate di

Sodoma” è un'opera strutturalmente complessa, fondata su un realismo allegorico

dove la presunta oggettività della rappresentazione attinge a una ricca quantità di

citazioni e riferimenti diretti e indiretti ad altre forme espressive (pittura, musica,

letteratura, finanche filosofia) da raggiungere sovente uno spessore metatestuale.

Le situazioni moralmente inaccettabili messe in scena dal film, unite al distaccato

documentario delle modalità di ripresa e alla vuota freddezza delle scenografie,

rispecchiano in modo preciso lo stile nudo e ossessivo della narrazione sadiana, al

tempo stesso squallida e solenne. La nefandezza sadiana, che dissacra la vita

negandone l'autonomia e la priva della spontaneità, accusandola di infrazione alla

norma in un clima permanente di terrore e di peccato, si colloca sullo stesso piano

dell'autoritarismo 'fascista' dello spettacolo televisivo. La farsesca e provinciale

Repubblica di Salò diviene lo spazio storico ideale dove far coincidere la tirannica

legge sadiana con l'autoritarismo volgare e meschino dei mezzi di comunicazione di

massa: i Quattro Signori sono registi e attori di uno spettacolo osceno che aggredisce

il desiderio delle vittime fino a mortificarlo e renderlo schiavo.

La scelta di quest’ambientazione nasconde in realtà due spiegazioni, a detta di

Pasolini: la prima da un punto di vista tecnico ed estetico, perché non era attratto

dall’idea delle scenografie e dai costumi ottocenteschi del contesto storico di De

6

Sade, la seconda e più importante è legata alla metafora del potere anarchico che mai

fu più forte e intensa come nella Repubblica nazifascista di Salò, anche se il suo

intento non era di rievocarne la storia, ma solo l’atmosfera (che Pasolini tra l’altro

visse in prima persona).

Il progetto di Pasolini fu quello di mettere in corto circuito la retorica del mezzo

cinematografico attraverso sé stesso: fornendo concretezza corporea alle fredde

descrizioni verbali del romanzo, rendendo la strage gesto quotidiano e normalizzato,

trasformando il cinema da sogno a occhi aperti in un incubo, per suscitare la reazione

attiva della merce culturale a cui è ridotto lo spettatore. Come in de Sade, la posizione

di distacco dai soggetti attivi del racconto, di cui l'autore gode, denuncia inoltre la

finta neutralità della coscienza e della cinepresa, non solo testimoni ma anche

complici dei fatti descritti. 7

STORIA DELL’ARTE

Ci ribelliamo alla supina ammirazione delle vecchie tele, delle vecchie statue, degli

oggetti vecchi e all'entusiasmo per tutto ciò che è tarlato, sudicio, corroso dal tempo,

e giudichiamo ingiusto, delittuoso, l'abituale disdegno per tutto ciò che è giovane,

nuovo e palpitante di vita Manifesto dei Pittori Futuristi 11 febbraio 1910

Pasolini non avrebbe potuto arricchire

meglio la sua opera se non con l’inclusione

dell’arte futurista, per alimentare il

prestigio della metafora che sta alla base di

tutto il film.

La scelta di arredare Villa Aldini con i

dipinti di Balla, Boccioni, Leger,

Marinetti, Sironi potrebbe sembrarci solo

una scelta prettamente cronologica in

quanto fascismo e futurismo convivono

durante lo stesso periodo, ma ha anch’essa

una funzione simbolica, quale

manifestazione di una volontà che si pone al di sopra dei valori etici

tradizionalmente acquisiti e tende, proprio come fanno i libertini sadiani e i fascisti

di Pasolini, all’imposizione di un nuovo ordine morale.

In effetti il Manifesto futurista della pittura, disdegnava ogni forma di nostalgia verso

un passato “sudicio e troppo tarlato” per far fronte alle novità di inizio 900.

8 Tra i quadri appesi che possiamo

scorgere durante la scena del valzer

finale improvvisato in modo

impacciato dai due ragazzi, spicca in

alto a sinistra “Il ciclista” di Sironi,

dipinto nel 1916 (immagine alla

pagina precedente). Un elogio ad uno

dei temi fondamentali e più cari ai

futuristi: la velocità. Quest’ultima

diventa simbolo non solo come

semplice elemento artistico da

raffigurare, ma essendo legata indissolubilmente all’automobile, rappresenta

l’inevitabile cambiamento che le nuove generazioni, secondo i futuristi, sono

destinati a compiere.

Qui sopra è riportato “Bandiere all’Altare della Patria”, dipinto da Giacomo Balla

durante il periodo che lui dedicò alla realizzazione di opere “interventiste”, nel 1915.

9

ITALIANO

il film era stato offerto da Sergio Citti, e il mio principale apporto alla sceneggiatura

&egra

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