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Filosofia - Marx e Feuerbach
Storia - Il Dopoguerra Italiano
Riva nel 1995 La nascita del quarto importante stabilimento siderurgico
<<“Questo posto è bellissimo, è come stare ai tropici”. Otto mesi prima d'essere ucciso Walter
Tobagi guardò il cielo colorato di rosso e il sole infilarsi lentamente sotto la linea del mare. Dietro
di lui c'erano gli impianti industriali e il fumo delle ciminiere, davanti lo spettacolo del tramonto.
Dove si può trovare una cosa del genere? Dove una fabbrica è più grande della città in cui fu
costruita? Dove è avvenuto un miracolo economico di queste proporzioni e sono state tradite tante
speranze? Dove centinaia di migliaia di persone hanno osservato, senza muovere un dito, uno
stravolgimento così grande?>> Tonio Attino - Generazione Ilva
Piano Sinigaglia
Prima della nascita, nel 1961, dello stabilimento tarantino, il punto di massimo di produzione
dell'acciaio in Italia si era avuto nel 1938. Il triennio successivo ha visto un continuo calo della
produzione dell'acciaio, fino ad un crollo nel 1945, ed un parallelo aumento della produzione di
ghisa. E' in questi anni, quindi, che matura nel Paese un dibattito sul rilancio della produzione
siderurgica che porterà all'attuazione del cosiddetto Piano Sinigaglia nel 1948. Il piano prende il
nome da Oscar Sinigaglia, ingegnere ed ex-presidente della Finsider. Egli, per mantenere bassi i
costi di produzione, puntava a produrre in stabilimenti dalle grandi dimensioni. Il governo
democristiano e gran parte della sinistra comunista, incluso Giorgio Napolitano, era favorevole alla
proposta. Soltanto Italia Nostra (nata nel 1955 a Roma, l'avanguardia dell'associazionismo
ambientalista nel Paese) e Giorgio Amendola (proveniente dalla sinistra comunista) erano contrari
ai grandi impianti industriali e più favorevoli ad una politica d'investimenti sull'agricoltura. Tuttavia
l'opposizione era insufficiente e il Piano Sinigaglia fu notevolmente accolto.
Nel 1948 c'erano tre grandi centri siderurgici:Bagnoli, Piombino, e Cornigliano (Genova). Questi
vennero ammodernati e potenziati. Tuttavia la grande impresa del piano Sinigaglia sta nell'aver
costruito da zero un nuovo grande centro siderurgico, l'Italsider di Taranto, che dopo soli dieci anni
sarebbe diventato il più grande d'Europa esteso per più di 1500 ettari, che corrispondono a 2100
campi da calcio. Due volte più grande della città stessa.
Perché costruire un nuovo centro?
La creazione di un nuovo stabilimento si è resa necessaria principalmente per due significative
ragioni: un forte aumento dei consumi nel Paese (la FIAT viveva i suoi migliori anni di crescita e
di sviluppo) e la necessità di un nuovo ciclo di investimenti statali per poter rinnovare il sistema
economico italiano. Questi due presupposti si intrecciano con i problemi associati al contesto socio-
economico del Mezzogiorno e in particolare a quello di Taranto.
La questione del Quarto Centro Siderurgico fu ampiamente dibattuta alla fine degli anni ‘50. Gli
imprenditori del Nord non erano favorevoli alla nascita di un nuovo stabilimento, perché ritenevano
la domanda futura non tanto sufficiente da giustificare la costruzione di un nuovo impianto.
Favorevoli erano invece moltissimi parlamentari meridionali, i partiti della sinistra e i sindacati, i
quali riponevano in questa nuova industria tutte le speranze per una industrializzazione nel
Mezzogiorno. Per risolvere la questione nel 1959 fu nominato un Comitato Tecnico Consultivo
presso l’IRI. L’indagine condotta da questo organismo portò alla seguente conclusione: “Il
Comitato, tenuto conto dei piani di ammodernamento degli impianti siderurgici in corso e delle
prospettive economiche che occorre conseguire, unanimemente ritiene che alla Finsider non
convenga avviare immediatamente la costruzione di un Quarto Centro Siderurgico ovunque
ubicato. ”. Nonostante il parere del comitato, il 20 giugno 1959 il Presidente del Consiglio deliberò
in via definitiva la nascita del Quarto Centro Siderurgico e la scelta della localizzazione
dell’impianto ricadde su Taranto. Il 9 luglio 1960 iniziarono i lavori di realizzazione del centro, a
cura di due maggiori società della Finsider, l’Ilva e la Cornigliano, fuse nel 1961 nell’ITALSIDER.
Perchè proprio Taranto?
La scelta di costruire il quarto centro siderurgico a Taranto sembrò ovvia alla maggior parte dei
parlamentari per diverse ragioni:
1)Attracco diretto al porto
2)La presenza di ampi spazi dove poter edificare un centro a ciclo integrale (furono disboscati
40.000 ulivi)
3)La tragica situazione socio-economica di Taranto.
Le due più grandi industrie che Taranto aveva in quel periodo erano l’Arsenale Militare e i Cantieri
Navali Tosi. Si occupavano rispettivamente della manutenzione e della costruzione di navi da
guerra. La città si era dunque sviluppata economicamente all’ombra dell’apparato militare, dal
quale era del tutto dipendente. In effetti i periodi più prosperi si erano sempre registrati durante le
guerre. Fu inevitabile il tracollo della produzione dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale:
l'Arsenale passò da 12.500 dipendenti nel 1947, a 6500 nel 1957 mentre i Cantieri da 3600 nel
1949, a 1200 nel 1960.
Taranto aveva un enorme bisogno di un nuovo ciclo di investimenti. Tonio Attino, autore del libro
“Generazione Ilva”, riassume in queste semplici parole la situazione di Taranto prima e dopo il
1961:
Prima del 1961
Taranto era composta solo da: “pescatori, coltivatori di cozze, contadini, tutt'al più operai
del'Arsenale Militare e dei cantieri navali Tosi; almeno finché questi non entrarono in crisi. Le
campagne ed il mare lo erano già.” […]. Il numero di disoccupati non era mai stato sotto 25 000
persone” (12,5%) . “Risulta che ben 3.228 nuclei familiari vivevano in grotte, baracche, o
abitazioni improprie e il tasso di analfabetismo era altissimo.”
Tuttavia dopo il 1961
“Quando l'economia italiana cominciò a crescere dopo il disastro del dopoguerra, non era
abbastanza veloce da starci dietro […] il reddito salì del 374% rispetto al 269% del resto
d'Italia[...] Diventammo un caso. Il caso Taranto”
Quanto l'economia non è morale
“Chi vive a Taranto non può neanche permettersi il lusso di fumare, perchè i tarantini fumano in
media mille sigarette l'anno anche se non ne hanno mai accesa una in tutta la loro vita”
Tonio Attino - Generazione Ilva
Il questo piccolo paragrafo vorrei evidenziare come le politiche adottate per costruire lo
stabilimento non abbiano preso in considerazione l'impatto, sull'ambiente e sui cittadini, che un
centro di tali dimensioni avrebbe potuto portare. Alcune di quelle decisioni sono figlie di ondate di
sensibilità temporanee e legate all'improrogabilità di una presa di posizione dinanzi alle evidenze.
Infatti è mancata assolutamente l'ottica della previsione/prevenzione di lungo periodo. La nascita
dell'Italsider di Taranto è un esempio di come l'economia, di un contesto sociale, influenzi in
maniera repentina le decisioni politiche e giuridiche.
“La struttura economica della società è la base reale sulla quale si eleva la sovrastruttura
giuridica e politica. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo
sociale, politico e spirituale della vita” Karl Marx - Per la critica dell'economia politica di Hegel
In queste poche parole Karl Marx afferma una realtà che sembra tutt'ora valida: non sono le leggi,
lo Stato, le religioni, le forze politiche, le filosofie...ecc che determinano la struttura economica di
un Paese, ma è la struttura economica a determinare tutto il resto. Trovo assolutamente
indispensabile soffermarsi un momento e spendere qualche parola per l'accaduto che sto per
riportarvi, perché ci ritornerà molto utile nelle analisi statistiche di morte tumorale riportate
successivamente. Lo stabilimento, che inizialmente contava “solo” 528 ettari (840 campi da calcio),
è separato dalle prime abitazioni dell'adiacente quartiere “Tamburi” solo da una strada statale. Ai
lati opposti di questa possiamo trovare bambini che giocano e operai, ben più equipaggiati per stare
a contatto con gli inquinanti del centro, che lavorano. E' paurosa la vicinanza tra l'immensità della
fabbrica e la semplicità delle abitazioni.
L'eccessiva vicinanza dello stabilimento con il quartiere Tamburi provoca un accumulo quotidiano,
ai margini delle strade, della volgarmente nominata “polvere rossa”. Questa non è altro che carbon
fossile proveniente dai parchi minerali della fabbrica. I parchi minerali sono enormi spazi dove il
carbon fossile, indispensabile per la produzione di ghisa e acciaio, viene depositato e raggruppato in
enormi montagne. La mancanza di strutture, che possano proteggere questi accumuli, genera
notevoli disagi agli abitanti del quartiere Tamburi. Quotidianamente i cittadini sono costretti a
spazzare questa polvere dai balconi delle proprie abitazioni. La perizia chimica del 2010, che poi ha
causato l'intervento della Magistratura nel 2012, ha calcolato che l'Ilva nel 2010 ha emesso nell'aria
4.159 tonnellate di polveri. Inoltre si sono riscontrati enormi quantità di piombo nelle urine dei
tarantini pari a 10,8 microgrammi/litro contro i 3,5 massimi di riferimento (nei successivi paragrafi
ho riportato uno studio epidemiologico che conferma come queste emissioni abbiano notevolmente
alzato le percentuali di mortalità e d'incidenza di specifiche patologie).
L'Italsider inquina dal 1961 e questi studi risalgono alla perizia della Usl del 2010. In 51 anni
nessuno si è mai chiesto se l'esagerata vicinanza della fabbrica potesse creare disagi e malattie tra
gli abitanti. Tuttavia la scelta di posizionare l'Italisider nelle
vicinanze dei Tamburi è stata tempestivamente ponderata e
ben studiata. Ovviamente dal solo punto di vista economico.
La posizione attuale della fabbrica garantisce un attracco diretto con il porto, per cui i costi di
trasporto delle merci sono da considerarsi azzerati. In queste logiche non è possibile non sentire
l'eco delle eloquenti parole di Karl Marx. Anche con la gestione statale, l'Italsider nasce come un
ente dedicato principalmente al suo profitto, non ha mai mostrato alcuna cura sull'impatto
ambientale, urbanistico e cittadino. Tuttavia questo è solo l'inizio del caso Italsider-Ilva. Infatti con
il brusco cambiamento gestionale (1995), da statale a privato, la situazione peggiorerà ancor di più
fino a rendere necessario l'intervento delle autorità e l'arresto di Fabio Riva (5 giugno 2015)
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