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Introduzione Taranto, tesina
Ho deciso di intitolare così la mia tesina poiché credo che in questo slogan scelto per il dossier con cui Taranto si è candidata al titolo di Capitale Europea della Cultura 2019, vi sia lo spirito, il messaggio, la conoscenza, da cui dobbiamo ripartire per poter ritornare a vivere, a lavorare, ad essere felici nella nostra città, senza essere costretti a lasciarla, abbandonando anche un frammento della nostra identità.
A tal proposito non si può non ricordare Vito Forleo, nato a Taranto nel 1878, divenuto direttore della biblioteca Acclavio, scrittore e pubblicista. Fra i tanti libri scritti, Forleo fu autore del libro “Taranto dove lo trovo” , nel quale porta avanti la sua opera di tutela della memoria di una civiltà da consegnare alle nuove generazioni. Forleo pubblicò per la prima volta nel 1929 questo libro, i quali episodi sono collegati dal filo invisibile della storia culturale tarantina, fin dagli anni della Magna Grecia.
Commento del capitolo sesto e settimo “Il volto della città” e “Il poeta dei pesci”. Nel 1921 il Consiglio Comunale di Taranto fece della storia senza accorgersene, approvò infatti un numero dell’ordine del giorno che parlava di un nuovo piano regolatore per Taranto. La questione per i nostri fondatori dell’antica città, fu molto complessa: dovettero studiare i venti, le particolarità del terreno per decidere che forma avrebbe avuto la città, dove collocare templi, palazzi del governo e case popolari. Giovanni Giovine in un’opera del 1585 narra della fondazione di Taranto, tuttavia si tratta di un documento a cui non possiamo attenerci fedelmente. Certo è che nel Medioevo della città restavano rovine dopo il macello saraceno e chi procedette ad ampliarne la parte bassa fu l’imperatore Niceforo Foca. Anche in questo caso Giovine riporta un’iscrizione greca e fa parlare la città: “..Fortunatamente ora risorgo. Fu il pio e potente imperatore Niceforo che volle che tornassi sontuosa..”. Venne costruito il ponte, le due fortezze, il Castello e la Torre Quadrata di Raimondello Orsini, i nobili templi, San Cataldo e San Pietro, un sopraffarsi di casa popolari e la Fontana in Piazza Maggiore. Il conte Carlo Ulisse de Salis lodò Taranto per la sua posizione geografica, “Una delle più belle d’Europa”, disse; ma si scandalizzò per le strade strette, ventose e affollate. Per motivi di sovrappopolazione si decise per l’ampliamento della citta: l’avvocato Domenico Savino fu il primo ad iniziare l’opera del Borgo con la costruzione della sua casa. Appena le prime strade della città presero forma, si pensò a battezzarle; una di queste, oggi la più curata e popolata, fu intitolata a Tommaso Niccolò d’Aquino: un poeta tarantino che dedicò alle tradizioni e alla cultura della città la sua arte. L’opera più famosa è sicuramente il poema Deliciae Tarantinae, di cui dobbiamo l’edizione postuma a Cataldantonio Carducci, la quale venne apprezzata dai più illustri storici dell’epoca. Del poema ricordiamo in particolare un pezzo nel quale d’Aquino paragona un cefalo, prossimo a morire ma “...felice di pacificar nella morte quella smania d’amore”, agli esseri umani che in analoghe circostanze, perdono il senno a causa dell’innamoramento.
I motivi da cui ripartire vanno ricercati nelle radici antiche di Taranto, che racchiude una storia millenaria, una storia che ha inizio nel 706 a.C. quando la città, fondata dagli Spartani, diventa una delle polis greche più importanti. Una storia fatta di gloria, di guerre, di morti, di lotta, di progressione, di regressione… Una storia che arriva fino ai nostri giorni e ci presenta una Taranto non del tutto diversa da allora. Una città, la nostra, fondata sul mare: il regalo più prezioso donatoci da Dio. E sono le acque della città ad averne ispirato la forza e la gloria, i poeti e i letterati, fra cui Virgilio, Properzio, Seneca e Orazio. Quest’ultimo in particolar modo passò la maggior parte della sua vita a Taranto e la descrive come località ridente e fertile, particolarmente idonea alla realizzazione dell’ideale di vita oraziano; ne descrive i meravigliosi paesaggi, il mite clima e i frammenti di storia presenti in ogni scultura, in ogni palazzo, in ogni angolo e in ogni via. Orazio è talmente innamorato di Taranto che arriva a dire: “Se un giorno non potessi morire nella mia terra voglio morire a Taranto, nella terra che fu di Falanto Lo Spartano perché non esiste al mondo posto più bello, perché non esiste al mondo posto che più mi allieti”
Collegamenti
Taranto, tesina
Italiano:
"Taranto dove la trovo" di Vito Forleo e Gabriele D'Annunzio
.Latino:
Orazio e Seneca
.Filosofia:
Hannah Arendt e le origini del totalitarismo
.Greco:
Leonida di Taranto
.Divina Commedia:
Canto VIII del Paradiso
.Arte:
Il Razionalismo in Italia e l'urbanistica fascista
.Storia:
Il miracolo economico e l'età del centro-sinistra
.Matematica:
La statistica
.I POETI E GLI ARTISTI DI TARANTO
Colui che odiò Taranto, Raffaele Carrieri: nato a
Taranto nel 1905, figlio di una ragazza madre ed
educato dai nonni. Visse un’infanzia tormentata dalla
mancanza del padre, a causa della quale veniva
deriso dai suoi compagni di scuola. Lasciò presto la
sua città Natale e visse in Albania e altri paese
balcanici, vivendo di lavori occassionali. Solo nel
1923 si stabilì a Parigi dove entrò in contatto con
importanti intellettuali d’avanguardia e grazie ad
alcune conoscenze, ritornato a Milano inizio a
scrivere per Il Corriere Della Sera. Morì nel 1984.
Carlo Belli di Loreto: si innamorò di Taranto e viene
ricordato per aver istituito i convegni della Magna
Grecia che resero la città famosa in tutto il mondo
nello stesso periodo in cui, negli anni 60’, nasceva
l’Italsider. E’ considerato il padre dell’arte astratta.
Nicola Carrino: nel 1983 immaginò una
riqualificazione dell’antica piazza della sua città
natale e progettò Piazza Fontana, una struttura
modulare che presenta una piattaforma metallica, la
quale simbolicamente, collega passato e presente.
Michele Pierri:Nacque a Napoli nel 1898 e sembra
essere avviato nel settore della magistratura .A
diciotto anni si arruolò come volontario nell'esercito
e in Dalmazia partecipò al primo conflitto mondiale,
memorabile è la scelta di combattere disarmato.Il
gesto derivante da profonde convinzioni pacifiste
indicò il suo essere ben saldo ai propri ideali. Nel
1925 incontrò la sua futura moglie Aminta Banfi, la
quale studiava medicina a Taranto, città in cui si
sposarono e dove Michele svolse l'attività di chirurgo
per quarant'anni. Poeta ermetico, esoterico,
compose numerose liriche, uno dei libretti più
Chico ed io;qui
importanti è l'autore descrive una
bellissima gazza blu che apparì ai suoi occhi libera e
felice in grado di coinvolgere il poeta stesso in tali
sensazioni. Pierri attraverso l'affetto per tale animale
suggerì un sentimento d’amore universale.Dopo la
morte dell’amata moglie, Michele Pierri sposa la
poetessa milanese Alda Merini, con la quale c’erano
trant’anni di differenza. Questa unione coronata con
il matrimonio condusse la Merini, la quale era affetta
da disturbi mentali, a riprodurre in versi sentimenti
sopiti nei tempo. Michele Pierri muore nel 1988.
LE ORIGINI DELLA CITTA’
Riguardo le origini della città le fonti antiche parlano
del trasferimento di coloni Spartani, i quali
approdarono sul promontorio di Saturo e fissarono i
primi insediamenti portando una nuova linfa di
civiltà e di tradizioni. La struttura sociale della
colonia sviluppò nel tempo una vera e propria
cultura aristocratica, la cui ricchezza proveniva,
probabilmente, dallo sfruttamento delle risorse del
fertile territorio. A differenza delle altre città della
Puglia (come Bari e Brindisi), Taras non fu annessa
all'impero romano se non centinaia di secoli dopo la
fondazione, anzi numerose guerre riportano eventi
durante i quali l'esercito romano si ritirò (Battaglia di
Heraclea 280 a.C., Pirro). Dopo secoli e precisamente
nel 272 a.C. Taranto cadde nelle mani dei Romani;
qualsiasi oggetto di valore fu inviato a Roma,
assieme ai filosofi, ai poeti e ai letterati, fra questi
Leonida, il quale riuscì a fuggire prima della
capitolazione della città, ma da quel momento visse
un'esistenza miserrima, morendo in esilio. Con la
caduta dell’Impero Romano D’Occidente, Taranto si
avviò verso un periodo di decadenza lungo ed
inesorabile; la popolazione assistette all'avvicendarsi
dei Goti, dei Bizantini e dei Longobardi di cui la città
conserva ancora testimonianza nei reperti di
inestimabile valore.
IL PRINCIPATO DI TARANTO
Conquistata dai Normanni, Taranto si accinse a
diventare la capitale di uno dei più vasti e più
potenti domini feudali del Regno di Sicilia. Il primo
reggente fu Boemondo I D’Antiochia,
successivamente con l’arrivo degli Svevi,
l’imperatore Federico II nominò come principe di
Taranto suo figlio Manfredi, il quale morì nella
Battaglia di Benevento (1266) per mano di Carlo I
D’Angiò. Taranto venne quindi affidata agli angioini
e divenne principe Filippo I D’Angiò (il primo principe
effettivo), nonché fratello di Carlo Martello, spirito
amante del terzo cielo di Venere. Filippo costruì la
caserma Rossarol, oggi polo ionico dell’università,
allora convento francescano. Intorno al 1380
Raimondello del Balzo Orsini ritornò dall'Oriente,
occupò alcune terre appartenute al padre e sposò la
contessa di Lecce Maria D’Enghien. Grazie a questo
matrimonio Raimondello divenne uno dei più potenti
feudatari del mezzogiorno; a lui si deve la
1404
costruzione nel della Torre di Raimondello,
situata all'ingresso della città dal Ponte di Porta
Napoli e la costruzione della Basilica di Santa
Caterina (struttura gotica, novità dell’arte europea,
affidata ai francescani, contenente affreschi
giotteschi).
Ferdinando V D’Aragona, figlio di Alfonso D’Aragona
re di Napoli, nel 1444 si sposò con l’ereditiera
Isabella Di Taranto, figlia di Caterina Del Balzo Orsini,
Giovanni Antonio Orsini
erede designata del principe
Del Balzo , suo zio materno, che non aveva figli.
Isabella era anche nipote della regina Maria
D’Enghien, che avendo sposato un D’Angiò era stata
pertanto regina di Napoli, di Sicilia e del Regno di
Gerusalemme. Giovanni D’angio, rivale di Ferrante,
tentò di riconquistare il trono dei suoi antenati e
occupò Napoli. Dopo le prime sconfitte, l’esito della
guerra si volse a favore di Ferdinando I, il quale dopo
la morte di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo
principe di Taranto, fece della città il Principato
cardine nelle sue mani e in quelle dei suoi eredi.
TARANTO NEL PERIODO NAPOLEONICO
Fu nel periodo napoleonico e grazie all'opera di Giuseppe
Bonaparte e Gioacchino Murat , che la città riacquistò importanza
marittima e militare. Nel 1806, Napoleone Bonaparte istituì il Ducato di Taranto e fu in questi anni
che si iniziò a riflettere sulle possibilità strategiche della città e a considerarla non solo come “una
dei tre propugnacoli della Penisola” ma si arriva a prevederle una funzione di “seconda Gibilterra”.
Sono questi gli anni delle guerre contro la Francia e del generale Pietro Choderlos de Laclos, il
quale iniziò l’opera di fortificazione dell’isola di San Paolo. Negli anni a venire, con il ritorno dei
Borbone, venne istituita la Base Navale con l’Arsenale Militare, venne abbattuta la parte
occidentale del Castello Aragonese e trasformato l’antico fossato in un canale navigabile, le cui due
sponde saranno congiunte dal Ponte Girevole (ponte di San Francesco di Paola, innaugurato nel
1887 dall’ammiraglio Acton). D’Annunzio ne parla nel IV libro delle Laudi(1912) che si intitola
Merope, conosciuto anche come Canti della Guerra D’Oltremare. (celebra l’impresa dell’Italia in
Libia nei primi anni del 900)
Taranto, sol per àncore ed ormeggi
assicurar nel ben difeso specchio,
di tanta fresca porpora rosseggi?
A che, fra San Cataldo e il tuo più vecchiomuro che sa
Bisanzio ed Aragona,che sa Svezia ed Angiò, tendi l'orecchio?
Non balena sul Mar Grande né tuona.Ma sul ferrato
cardine il tuo Pontegira e del ferro il tuo Canal rintrona.
Passan così le belle navi pronteper entrar nella darsena
sicura,volta la poppa al jonico orizzonte. »
Laudi del Cielo del
(Gabriele D’Annunzio-
Mare della Terra e degli Eroi, libro IV)
Come non ricordare alla fine dell’800 l’opera di Luigi
Viola, professore ed archeologo, il quale avviò una
ricerca scientifico-archeologica sull’antica Taras e
fondò il Museo Archeologico tentando di modificare
le sorti di una città grandissima nel passato e misera
nel presente.
TARANTO NEL ‘900
Agli inizi del 900, quando si afferma in Italia la
dittatura fascista, quest’ultima opera a Taranto
attraverso Grassi che viene nominato prefetto e si
impegna in varie battaglie culturali a favore degli
ideali fascisti. La presenza del fascismo a Taranto è
testimoniata anche dall’urbanistica e in particolar
modo dal Palazzo del Governo, sede della Prefettura
e dell’amministrazione provinciale. Fu costruito sulle
rovine del teatro Politeama Alhambra appositamente
demolito, e fu inaugurato il 7 settembre 1934 da
Benito Mussolini, di fronte ad una folla di cittadini.La
struttura fu realizzata in quattro anni su progetto
dall’architetto Armando Brasini, il quale si ispirò
all’architettura romana per l’utilizzo dei mattoni,
degli archi e delle volte e terminò il progetto con la
costruzione della rotonda antistante alla facciata
principale. Il palazzo è alto 52 metri, ma raggiunge
l'altezza di 85 metri sul livello del mare con le due
antenne di bronzo poste alla sommità. È formato da
una grandiosa struttura ad arcate, che si ispira ad
una fortificazione portuale, realizzata interamente in
pietra carparo color marrone.Sulla facciata che
guarda sulla rotonda c'è una grandiosa loggia nella
quale trovano posto due aquile in bronzo poste su
piedistalli cilindrici, mentre ai lati del portone
principale si possono notare rilievi con figure nude
armate, nonché due trofei romani giganti con
stemmi. Sulle due torri laterali furono sistemate due
grandi campane, destinate a suonare in particolari
circostanze. All'interno del palazzo che si sviluppa su
sei piani, esistono saloni arredati con mobili
elegantemente affrescati e decorati, tra i quali il
salone di Rappresentanza. Il palazzo inoltre ospitava
temporaneamente alcune tele di Bernardo
Leonardo Olivieri.
Cavallino,Paolo de Matteis,
Attualmente la rotonda è intitolata ai "Marinai
d'Italia".
A parlare della città industrializzata e Dickens nella
sua opera “Hard Times”. In this work Dickens critics
union and the gap between owners of industries and
workers underpaid during the Victorian Age in Great
Britain. The novel takes place in Coketown which
represent Preston. Coketown is a town of red brick
and it blackened by smoke and ash. There are a lot
of machinery and tall chimneys emitting sm