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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2008

Titolo: Il passato: complessità  dell'interpretazione

Autore: Vittorio Rusconi

Scuola: Liceo classico

Descrizione: L'oggetto della storia - il passato- non c'è, non si presenta ai nostri occhi se non attraverso tracce, resti, testimonianze, documenti. La narrazione storica è sempre (o spesso) segnata dal punto di vista dello storico, il quale, nella ricostruzione del passato, non può prescindere dalle domande che il suo tempo gli suggerisce. Come afferma Benedetto Croce, la storia è sempre "storia contemporanea". La storiografia tradizionale, dominata dal mito della oggettività , si fondava su una nozione ristretta del fatto storico: il fatto era per essa l'evento in sé significativo, da ricostruire nella sua oggettività . Ad innovare la prospettiva storica è stata soprattutto la scuola di storici francesi raccolta a Strasburgo intorno alla rivista Annales (siamo verso la fine degli anni '20): tra i suoi maestri Marc Bloch e Fernand Braudel. Scopo della ricerca storica è la ricostruzione del passato al fine di comprenderlo, non di giudicarlo. Il giudice - ricorda B. Croce- valuta uomini che sono in grado di difendersi, mentre lo storico ha di fronte a sé "uomini entrati nella pace del passato che non sopportano altro giudizio che quello che penetra nello spirito dell'opera loro e li comprende".

Materie trattate: storia (il Fascismo, il culto della romanità ), filosofia (l'Ermeneutica di Gadamer), latino (Senca, Tacito), greco (Plutarco, Aristide), italiano (Dante), arte (Urbanistica fascista, Bottai)

Area: umanistica

Estratto del documento

VALORE DELLA TRADIZIONE

• Il progetto di Schleiermacher di comprendere il vero significato di un testo partendo

dai presupposti storici oggettivi alla base della produzione del testo da comprendere

è, come si è visto, impraticabile. Vi è infatti una pre-comprensione ineluttabile alla

quale non ci si può sottrarre.

• Questa pre-comprensione consiste in un pre-giudizio che si forma storicamente nella

mente degli uomini, per cui il passato non è mai rivissuto oggettivamente, ma è pur

sempre una visione presente, un "guardare il passato con gli occhi del presente". Il

circolo ermeneutico è questo movimento circolare della comprensione per cui si

comprende il passato sulla base di una pre-comprensione posta nel presente e

fondata storicamente.

• Se si aggiunge a questo che per Gadamer l'interpretazione è l'essenza e il significato

si comprende come per l'uomo ogni nozione che si forma

stesso dell'esistenza,

nel suo intelletto sia irrimediabilmente non solo una forma di pre-comprensione

e pre-giudizio (ovvero un insieme di nozioni già formate prima ancora di fondare

ma anche un insieme di nozioni che non possono prescindere dal

un'esperienza)

contesto di tradizioni entro le quali si sono formate.

rivalutazione della tradizione, non più

• Gadamer auspica e mette in opera una

vista come ostacolo ad una comprensione oggettiva, ma come condizione stessa

per produrre la verità. In sostanza il rapporto che sussiste tra passato e

comprensione presente di quel passato è un rapporto dialettico continuo tra la

tradizione dei testi e l'interpretazione dello studioso. 10

Questo movimento della comprensione, questo continuo rapportarsi del soggetto

• che interpreta con l'esperienza storica del testo che giunge fino a noi dal passato,

è il solo modo per arrivare alla verità come evento che scaturisce dalla dialettica

tra pre-comprensione presente e testimonianza del passato (Gadamer rivaluta

fortemente il dialogo platonico come forma di conoscenza che produce la verità per

mezzo del confronto dialettico).

Nell'ermeneutica di Gadamer, la verità scaturisce quindi da un continuo

movimento delle esperienze: quelle stratificate nelle interpretazioni precedenti

di un testo che vengono ad incontrarsi con con quella del lettore del testo, il

quale, a sua volta, aggiungerà la sua interpretazione agli strati di interpretazioni sui

quali verranno operate le interpretazioni successive.

LA FUSIONE DI ORIZZONTI

• Dunque chi si pone dinanzi a un testo di un filosofo cercando di comprenderlo entra

nel circolo ermeneutico, nel tessuto stesso del cammino circolare della conoscenza

come sistema stratificato di interpretazioni storiche. Questo entrare nel movimento

fusione di orizzonti: nel

storico della comprensione è chiamato da Gadamer

processo che porta lo studioso entro il circolo ermeneutico si fondono due

orizzonti, quello dello studioso, formatosi entro la tradizione e la pre-

comprensione del presente, e quella del testo da comprendere, il quale si porta

con sé l'insieme di tutte le comprensioni e di tutte le tradizioni che ha vissuto. 11

• In questo contesto, la tradizione non è qualcosa che impedisce la reale conoscenza, è

invece quel cammino fruttuoso e fecondo entro il quale il testo si carica di significati

sempre maggiori. Diversamente dall'ermeneutica di Schleiermacher, il cui significato

era quello di interpretazione oggettiva e fedele del testo mediante un ritorno oggettivo

l'ermeneutica contemporanea di Gadamer non solo comprende il testo,

al passato,

ma lo arricchisce anche di quelle problematiche che non erano state prese in

considerazione dall'autore stesso del testo, ma che vengono portate alla luce

grazie al lavoro continuo dei diversi interpreti, che sempre aggiungono quesiti e

risposte diverse ai diversi significati che scaturiscono dal testo in relazione al

presente.

• Il testo non possiede quindi una sola verità oggettiva e data una volta per tutte da

riportare alla luce il più fedelmente possibile, in realtà, secondo Gadamer, il testo è un

"recipiente" di significati che dialogano continuamente con il presente, rappresentato

La conoscenza ermeneutica è quindi una

dall'interprete che si pone di fronte al testo.

forma di dialogo platonico, i cui due interlocutori sono il testo da una parte e

l'interprete dall'altro: il testo non è quindi immobile entro un solo significato, ma

è portatore di una varietà di significati che si innescano dal dialogo tra opera e

lettore. 12

IL FASCISMO E IL CULTO

DELLA ROMANITA’ 13

1.PORCA ROMA

Porca città veramente, questa Roma,

fiacca, inerte, senza midollo, vile; e ha

ragione il Popolo d’Italia quando batte e

ribatte sul danno che la Cloaca Massima

ha fatto e fa all’Italia, e qui si ha la

sensazione netta, quanto di marcio, quanta

pantofolaia lentezza, quanta corruttela,

quanto degenere meridionalismo, opprime

il cuore della patria. Mommsen ha detto

che Roma non si può tenere senza un’idea

imperiale? Se questo fosse vero gli attuali

reggitori dovrebbero averla già perduta,

perché di imperiale non ci sono rimasti

altro che questi ruderi romani che si

debbono vergognare di tanta decadenza.

Piazzesi, Diario pp.199-200 14

• I fascisti che il 28 ottobre 1922 si accingevano a marciare sulla capitale per

conquistare il potere, avevano un profondo disprezzo per la Roma reale, la città e i

suoi abitanti.

• Nella capitale il fascismo aveva difficoltà ad attecchire. A Roma c’erano

nazionalisti, arditi e futuristi, che avevano operato in vari circoli d’avanguardia,

con manifestazioni artistiche e teatrali che dissacravano il culto della tradizione ed

esaltavano il nuovo orgoglio italiano rinvigorito dalla guerra.

• Di fronte a Milano, capitale morale della nazione contrapposta alla capitale

politica, Roma continuava a sfigurare, essa sfigurava nel confronto con Napoli,

culla della rinascita idealistica promossa da Croce e pure con Firenze, che vantava

riviste d’avanguardia come “Il Leonardo” e “La voce”.

• C’erano, certo, i ruderi monumentali dell’antica Roma, di cui andare orgogliosi,

ma erano appunto ruderi: i resti di un glorioso passato remoto, che rendeva ancora

più umiliante il confronto con la Roma attuale.

• Il monumento a Vittorio Emanuele II, iniziato a metà degli anni ’80 dell’Ottocento,

inaugurato incompiuto nel 1911 e neppure completato nel 1921, quando accolse la

salma del Milite Ignoto, appariva ai fascisti convenuti a Roma per il congresso una

patetica conferma dell’inettitudine della classe dirigente liberale a realizzare grandi

imprese. 15

2.MUSSOLINI ANTIROMANO

Roma è la sanguisuga centrale dell’Italia, il Paese meno produttivo, il ritrovi di

fannulloni e gli sbafatori, il centro della corruzione e della meschineria di spirito;

(…). Roma rappresenta la causa fondamentale di ogni nostra deficienza

economica, morale e intellettuale(…). Il miglior modo di festeggiare l’unità italiana

sarebbe quello di togliere a Roma tre quarti del potere mafioso che ha.

G.Prezzolini, in “La voce” 16

• Al coro di invettive contro la “influenza

nefasta che Roma esercita sulla vita

nazionale” partecipò nel 1910 il giovane

Mussolini che in un articolo su “La Voce”

definisce Roma il focolare d’infezione della

vita politica nazionale, la città vampiro che

succhia il miglior sangue della nazione.

• Più tardi, all’inizio della grande guerra

Mussolini, dopo aver abbandonato il

socialismo per convertirsi all’interventismo, si

schierò con i fautori di una nuova romanità e

al mito di Roma. 17

3.NUOVA ROMANITA’

Compagni, è l’alba. La nostra vigilia è

finita. La nostra ebbrezza incomincia (…).

Il confine è valicato, il cannone tuona. La

terra fuma (…). Si combatte con armi, si

guerreggia la nostra guerra, il sangue

sgorga dalle vene d’Italia! (…). Roma fa

una potenza nuova, potenza vivente e

formidabile. Tra i monumenti che la

torbida notte rendeva più vasti e più

solenni, la volontà del popolo sembrava

innalzarsi come il più vasto e il più solenne

dei monumenti. Roma ridiventava romana,

come al tempo austero della sua

repubblica. Stanotte, ad un tratto, noi

abbiamo riavuto coscienza della romanità,

nel senso più ampio di questa parola

superba. 18

G. D’Annunzio, Per la più grande Italia

• D’Annunzio fu il maggiore promotore della nuova romanità, di cui annunciava la

rinascita all’indomani dell’entrata in guerra il 24 Maggio.

• Il movimento fascista non nacque all’insegna del mito di Roma. Il termine fascismo

non aveva ascendenze romane, perché derivava non dal fascio littorio, ma dal termine

“fascio” inteso come sinonimo di associazione, in uso nel linguaggio della sinistra. Lo

stesso simbolo del fascio di verghe legate insieme e sormontate da un’ascia, adottato

come emblema del nuovo movimento, si richiamava alla foggia del fascio

repubblicano reso popolare dalla rivoluzione francese. Nella testata dell’organo

ufficiale del movimento fascista, “Il fascio”, non vi era l ‘emblema del fascio littorio,

ma un pugno chiuso che serrava spighe di grano. Neppure l appellativo di “duce”,

attribuito a Mussolini, era un richiamo alla romanità, ma apparteneva alla tradizione

repubblicana come generico sinonimo di guida. 19

• Soltanto nel corso del 1921 la romanità divenne la principale fisionomia simbolica

del fascismo, che l’adottò per definire la sua individualità politica, la sua

organizzazione, il suo stile di vita e di lotta, e gli obiettivi stessi della sua azione.

Principale artefice della conversione del movimento fascista al mito di Roma fu

Mussolini.

• Nel discorso che Mussolini fece a Trieste il 20 Settembre del 1920 appaiono

compendiati gli elementi fondamentali della sua concezione della romanità:

l’universalità del tempo, la romanità del cattolicesimo, il destino imperiale, la

vitalità della razza, la funzione mitica della romanità, l’attualità modernista del mito

di Roma.

• Con il fascismo il mito della romanità assunse fin dall’inizio un orientamento

antiliberale che divenne più esplicito e deciso dopo la conquista del potere: non erano

certo i concetti di libertà e uguaglianza dei cittadini a ispirare la romanità fascista,

bensì i concetti di autorità, disciplina e gerarchia, pilastri di una nuova politica, che

asseriva il primato dello stato nei confronti degli individui, associandolo al primato

della vocazione imperiale come missione della nuova Italia nata dalla Grande Guerra.

• Nell’elaborazione di una nuova romanità autoritaria e imperiale, il fascismo fu

preceduto, oltre che da D’Annunzio, dal movimento nazionalista di Corradini. 20

• Esaltando il mito di Roma come mito fondamentale del fascismo, e proclamando il 21

aprile “giornata fascista”, Mussolini mirava a conferire al fascismo una legittimazione

storica, presentandolo come una rinascita dello spirito romano nella nuova Italia nata

dalla guerra, e come l’avanguardia della nazione rigenerata, che aveva il diritto di

imporre la sua supremazia, anche con la violenza, per conquistare il potere e imporre una

disciplina di “stile romano” a tutti gli Italiani. Nel mito di Roma, inoltre, Mussolini

mirava a unificare il movimento fascista.

• Modellate sull’esercito romano erano l’organizzazione militare e la gerarchia della

milizia fascista; di ispirazione romana erano anche le insegne del partito fascista: i

gagliardetto con il fascio, le aquile, e il gesto di saluto con il braccio teso. La nuova

romanità permeò il partito fascista in ogni suo aspetto – l’ideologia, la cultura, la

retorica, lo stile, i simboli, i rituali, l’organizzazione militare- anche se la corrispondenza

della romanità fascista col modello storico romano era in molto casi arbitraria,

immaginaria, semplicemente inesistente. 21

4.IL RIGENERATORE

Roma è veramente il segno fatale della nostra stirpe, Roma non può essere senza

l’Italia, ma l’Italia non può essere senza Roma. Il nostro destino di popolo ci

inchioda alla storia di Roma. Noi prendemmo Roma per purificare, redimere ed

innalzare l’Italia; noi terremo Roma solidamente fino a che il nostro compito non

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