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La seguente tesina di maturità ha come obiettivo quello di descrivere i grandi eventi che hanno caratterizzato il 1900, effettuando vari collegamenti interdisciplinari. In Storia vengono descritte le terribili vicende che hanno caratterizzato la Seconda guerra mondiale, in Italiano il neorealismo letterario e Cesare Pavese e viene data anche una certa attenzione alla struttura della Divina Commedia di Dante Alighieri.
La tesina inoltre descrive anche la Costituzione italiana in Diritto, in Scienze delle finanze invece vengono presentate l'imposta e l'equità impositiva; in Economia aziendale viene descritta la determinazione delle imposte dirette, in Inglese the Third Industrial Revolution e infine in Informatica la figura di Steve Jobs e la multimedialità e gli ipertesti.
Italiano - Cesare Pavese e il neorealismo letterario.
Divina Commedia - Struttura della Divina Commedia.
Storia - Seconda guerra mondiale.
Diritto - La Costituzione italiana.
Scienze delle finanze - Imposta / Equità impositiva.
Economia aziendale - La determinazione delle imposte dirette.
Inglese - The Third Industrial Revolution.
Informatica - Steve Jobs / La multimedialità e gli ipertesti.
CESARE PAVESE
FRA REALTÀ, SIMBOLO E MITO
Tra i tanti personaggi noti arrestati durante il fascismo, per attività contro il regime, ci fu anche Cesare
Pavese.
Egli, infatti, nel maggio del 1935, fu arrestato e condannato a 3 anni di “confino”, poi ridotti a 1, a
Brancaleone, vicino Reggio Calabria.
IL PENSIERO E LA POETICA
Scrivere per Pavese significa innanzitutto costruire se
stesso come uomo.
Egli lavora, intorno a due temi: Realismo e Simbolismo.
Nelle sue opere è presente la realtà, ma questa viene
analizzata attraverso i simboli, i miti della nascita e della
morte e il contrasto, irrisolto, amore-sessualità.
Il tema predominante per Pavese è il mito, che
attraverso il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza
prefigura il nostro rapporto con le cose.
Egli considera il luogo della nascita e dell’infanzia come
un emblema del destino di libertà e di autenticità
propria di ogni uomo.
Una sua opera maggiore di realismo simbolico è senza
dubbio “Paesi tuoi”, considerato, erroneamente, dalla
critica del tempo come un romanzo “neorealista” che
raccontava semplicemente una tragedia rusticana di fine
Ottocento.
Il giudizio della critica ovviamente non piacque a Pavese.
Definire Pavese uno scrittore neorealista non è esatto.
Il Neorealismo riprende il Realismo ottocentesco, di qui
il nome, ma in mutate condizioni culturali, politiche e sociali.
In esso possiamo distinguere due momenti: il Neorealismo degli anni ’30, sorto in pieno periodo
fascista, e quello, più cospicuo, che si svolge dopo la Seconda Guerra mondiale. Ovviamente non è
possibile segnare una netta linea di demarcazione fra gli autori che rientrano nei “due” neorealismi:
molti di essi, infatti, vissero lungo l’intero arco del ‘900 e alcuni sono ancora viventi.
Il Neorealismo degli anni Trenta sorge soprattutto nell’ambito degli scrittori di «Solaria», la rivista
fiorentina fondata nel 1926 da Alberto Carocci. Il Neorealismo sembrò un ritorno al Verismo di fine
Ottocento, ma fu tale solo apparentemente. Infatti, mentre il Verismo (in genere e in quello verghiano
in particolare), ha carattere elegiaco, nostalgico ed è improntato a una passiva accettazione della
condizione umana di dolore e infelicità, il Neorealismo è caratterizzato da intenti civili e sociali:
negli anni Trenta, in modo allusivo e discreto, per evitare i rigori della censura fascista; nel
dopoguerra, in piena democrazia, in modo più scoperto, critico e polemico, animato dalla sincera
speranza di un riscatto e di un rinnovamento effettivo della società.
Gli autori neorealisti degli anni Trenta furono Alberto Moravia, Corrado Alvaro, Ignazio Silone,
oltre a Elio Vittorini, Cesare Pavese; li ritroviamo tutti, comunque, operanti e impegnati anche nel
Neorealismo del secondo dopoguerra.
Pavese pur avendo numerosi punti di contatto con il Neorealismo, alla cui affermazione effettivamente
concorrerà, essendo stato a lungo ritenuto un maestro di questo genere, è comunque molto diverso
principalmente per un motivo: lo scopo del Neorealismo, come già detto in precedenza era riportare la
realtà del periodo senza modificarla o personalizzarla quindi con l’unico scopo, appunto, di raccontare
i fatti.
I personaggi dei romanzi di Pavese, in prevalenza contadini delle Langhe o operai e popolani della
periferia torinese, rientrano sicuramente nella tipologia neorealista e quindi racconta anche egli la
realtà, ma il suo fine, rispetto al Neorealismo, era quello di approfondire la problematica interiore ed
esistenziale dell’uomo. LE OPERE
LA POESIA
All’inizio degli anni Trenta, Pavese aveva
cominciato a scrivere poesie, cercando di
sperimentare uno stile personale tipicamente
“narrativo”, lontano dai modelli ermetici che
allora si andavano affermando. Nel 1936 l’esito
di questo lavoro venne pubblicato dalle
edizioni della rivista “Solaria” sotto il titolo
Lavorare stanca; il volume accolto freddamente
dalla critica.
In seguito Pavese si dedicò prevalentemente
alla prosa, senza rinunciare tuttavia a comporre
liriche incentrate sul suo disagio esistenziale.
Questi componimenti vennero pubblicati
postumi nella raccolta del 1951 Verrà la morte
e avrà i tuoi occhi.
LA PRIMA NARRATIVA DI IMPRONTA NATURALISTICA
Il carcere è un ROMANZO breve a cui l’autore lavorò fra il 1938 e il 1939, ma meditato già a
partire dagli anni a Brancaleone; fu pubblicato solo nel 1948 nel volume Prima che il gallo
canti, che comprende anche La casa in collina, probabilmente il capolavoro di Pavese.
Il titolo Prima che il gallo canti allude al tradimento di Pietro nei confronti di Gesù e rimanda al
“tradimento” di cui Pavese si sentiva colpevole, ovvero la sua passività nell’antifascismo. Lo
scrittore infatti sentiva di essersi sottratto a un concreto impegno politico sia prima della
guerra (ed è il tema di fondo del Carcere) sia al tempo della Resistenza (trattato nel romanzo
La casa in collina).
Il carcere racconta l’esperienza del confino e della profonda solitudine provata da Pavese,
senza riferimenti espliciti alla realtà politica. Il racconto è filtrato dallo sguardo di Stefano, alter
ego dell’autore, che si trova in confino al Sud.
Nel 1941 uscì Paesi tuoi, romanzo improntato a un crudo realismo, dove si narra della storia
d’amore tra il contadino Talino e la sorella Gisella, che si conclude drammaticamente con
l’uccisione della donna.
La bella estate è un altro romanzo breve, scritto nel 1940 e pubblicato nel 1949 nell’omonimo
volume, che comprende anche Il diavolo sulle colline (1948) e Tre donne sole (1949). L’opera ha
un impianto naturalistico vicino a quello di Paesi tuoi; la vicenda, ambientata in città, luogo di
solitudine e corruzione, presenta le esperienze e le amare delusioni di due donne che fanno da
modelle ad alcuni pittori torinesi.
DAL NATURALISMO AL MITO
L’esperienza della seconda guerra mondiale spostò l’interesse di Pavese dal tema della
campagna a quello del mito, come mostrano i RACCONTI e gli altri testi in prosa di Feria
d’agosto (1946) e i Dialoghi con Leucò, ventisette DIALOGHI tra antichi personaggi mitologici,
attraverso cui l’autore tenta di rintracciare una matrice comune e ancestrale della propria
sofferenza e, al contempo, di individuare valori universali e collettivi sempre attuali.
IL COMPAGNO
La volontà positiva di partecipazione, di azione ispirata agli ideali di giustizia sociale di Pavese,
evidente negli articoli giornalistici dei Dialoghi col compagno (1945), emerge nel ROMANZO Il
compagno. Scritto nel 1946 e pubblicato nel 1947, narra la storia di Pablo, un giovane torinese
che negli anni Trenta conduce una vita disimpegnata nella sua città fino a quando, per una
delusione d’amore, si trasferisce a Roma; qui, a contatto con l’ambiente dell’antifascismo
militante, comprende la necessità di un impegno politico attivo per contribuire alla
costruzione di una società democratica. E’ il romanzo nel quale più esplicitamente lo scrittore
tenta di aderire alla poetica neorealistica del cosiddetto “impegno”, come testimonia anche il
finale positivo della vicenda, quasi unico nella narrativa pavesiana, caratterizzata invece da
storie dagli esiti più o meno fallimentari.
LA LUNA E I FALÒ
Nel suo ultimo romanzo, La luna e i falò (1950), Pavese ritorna al tema della lotta partigiana,
che diventa tuttavia lo sfondo per esplorare, attraverso la memoria, l’interiorità del
protagonista mediante il ritorno al tempo mitico dell’infanzia. I falò ricordati dal
protagonista si contrappongono ad altri falò, SIMBOLO della drammatica realtà più recente,
quella segnata dall’orrore della violenza e della guerra.
IL DIARIO E LE LETTERE
Nel 1935 Pavese cominciò a tenere un diario, pubblicato nel 1952, dopo la sua morte, con il
titolo Il mestiere di vivere, testimonianza fedele del suo travaglio interiore. Il mondo
dell’infaticabile e sofferta ricerca umana e letteraria dello scrittore è affidato, oltre che al
diario, anche al suo epistolario, raccolto in due volumi, entrambi pubblicati postumi nel 1966.
I SAGGI CRITICI
I primi saggi di Pavese su autori americani degli inizi degli anni Trenta apparvero sulla rivista
fiorentina “La Cultura”. La produzione saggistica di argomento letterario, sociale e politico,
composta in tempi diversi e pubblicata su giornali e riviste, è pubblicata in Letteratura
americana e altri saggi (1951, postumo) e in Saggi letterari, la raccolta completa degli scritti
critici di Pavese che risale al 1968. LA VITA
Cesare Pavese nacque il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, un piccolo paese sulle colline a
nord di Cuneo, nelle Langhe Piemontesi.
Pavese perse il padre quando aveva solo sei anni; la madre, rimasta sola, diventò per il fanciullo
un‘educatrice severa, incapace di rapporti fondati sull’affetto e sulla confidenza. Frequentò il liceo
classico D’Azeglio di Torino dove, nel triennio 1923-1926, ebbe come insegnante di italiano e latino
Augusto Monti (1884-1966) che, col suo esempio morale e civile, orientò verso scelte di segno
antifascista Pavese e altri giovani torinesi destinati ad avere un ruolo importante nella cultura italiana
del Novecento, come Leone Ginzburg, Norberto Bobbio, Massimo Mila e Giulio Einaudi.
La laurea in lettere all’università di Torino con una tesi sul poeta americano Walt Whitman attesta il
precoce interesse di Pavese per la letteratura americana, che sembrava più libera, più vicina alla realtà
della cultura italiana di quegli anni. Coltivando intensamente questa sua passione, fra gli anni Trenta e
i primi anni Quaranta, Pavese si dedicò a una febbrile attività di traduttore dall’inglese e di studioso
della letteratura americana dell’Ottocento e del Novecento.
Insieme a Vittorini, Pavese, contribuirà notevolmente alla diffusione della letteratura americana in
Italia.
Nel 1934 assunse la direzione della rivista “La Cultura”, nella quale aveva pubblicato le sue prime
prove poetiche, e consolidò così la collaborazione con Giulio Einaudi, editore dal 1933 e fondatore
dell’omonima casa editrice per la quale lo scrittore lavorò per tutta la vita. Nel frattempo aveva anche
intrapreso l’insegnamento nelle scuole pubbliche.
Nonostante i suoi interessi fossero più vicini alla poesia che alla politica, i suoi rapporti con gli
intellettuali antifascisti, raccolti attorno alla casa editrice Einaudi, inevitabilmente suscitarono
sospetti. Così, nel maggio del 1935, in seguito alla scoperta nella sua casa di lettere compromettenti ,
non indirizzate però a lui (egli avrebbe solo dovuto consegnarle a un suo amico), Pavese fu arrestato e
condannato a tre anni di confino, poi ridotti a uno, a Brancaleone, un piccolo paese vicino a Reggio
Calabria.
Quest’esperienza lo colpì profondamente.
Tornato a Torino nel 1936 (anno di pubblicazione, senza successo, della raccolta di poesia Lavorare
stanca), riprese le traduzioni e si dedicò alla scrittura narrativa. Fra il 1936 e i primi anni Quaranta
compose molti RACCONTI E ROMANZI come Il carcere, La bella estate, La spiaggia: tutte opere che,
sarebbero state pubblicate dopo la guerra.
Allo scoppio della guerra Pavese fu congedato dalle armi per ragioni di salute e , dopo l’armistizio
dell’8 settembre 1943, mentre sulle colline piemontesi si raccoglievano i gruppi di partigiani che
davano vita alla Resistenza, egli, pur soffrendo per l’incapacità di seguire l’esempio di molti amici
impegnati nella lotta, lasciò Torino bombardata. Si ritirò a Casale Monferrato (AL).
Conclusa la guerra, nel clima di rinnovamento che portava la cultura di sinistra a sostenere la necessità
di un concreto impegno politico degli intellettuali, Pavese si iscrisse al Partito comunista italiano
(PCI) e collaborò al quotidiano del partito, “l’Unità”, su cui uscirono articoli di divulgazione culturale
nella rubrica “Dialoghi col compagno”. Legato a questa esigenza di partecipazione alla vita politica e
sociale del paese è anche il romanzo Il compagno
(1947).
I consensi riscossi dalle sue opere, come Feria