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Grande depressione,tesina
Grande depressione,tesina
Storia- "la grande depressione"
Filosofia- Karl Marx
Inglese- John Maynard Keynes
Italiano- Salvatore Quasimodo e l'Ermetismo
Matematica- la legge di say
KARL MARX
Egli (Karl Marx) nacque a Trier nel 1818 e morì
a Londra nel 1883. Fu un filoso, economista e
politico tedesco, di origini ebraiche. Le sue
opere più importanti furono “Il capitale” e il
“Manifesto del partito comunista”. La sua
filosofia è spesso messa a confronto con quella
hegeliana, dalla quale riprende lo storicismo
ponendolo a base delle proprie idee. Secondo
Marx per capire una società bisogna
comprendere la sua storia, poiché tutte le cose
avvengono per un determinato motivo. A
differenza di Hegel, considera il “motore” della
storia come qualcosa di materiale e non più
ideale, nello specifico esso viene identificato
con il sistema economico (materialismo
storico).
Attraverso queste teorie si può dividere la società analizzando il loro modello economico, così
facendo si capisce che la prima forma sociale fu comunista, sostituita poi dalla società antica
basata sulla schiavitù. Dopo la caduta di Roma si diffuse la società feudale, basata sul
possesso di terre, fino allo sviluppo della società borghese capitalista di cui facciamo parte.
Per Marx quest'ultimo modello verrà soppiantato dalla rivoluzione comunista.
Secondo lui lo Stato non ha come obiettivo l'interesse comune, ma favorisce gli interessi delle
classi dominati. In accordo con Hegel sul fatto che lo Stato debba regolare i beni collettivi, si
trova in una società che non rispecchia questi criteri. Egli ritiene, come Rousseau, che
l'origine delle disuguaglianze sia la proprietà privata. Nel sistema borghese e capitalistico
questa è data per scontata ed è considerata come un dato oggettivo, dimenticando che in realtà
è un prodotto culturale. Questa concezione è dovuta dal fatto che le classi dominanti
impongono la propria cultura, quindi la forza economica dominante equivale alla forza
culturale dominante. Ne deriva che il modello di vita della società è influenzato, per non dire
sottomesso, al volere dei ceti più ricchi.
Questa visione marxista è ben visibile negli “Anni ruggenti” del XX secolo, in cui le persone
credevano in un benessere infinito perché plagiate dalla propaganda e dalla pubblicità,
finanziate dai grandi industriali e finanzieri del tempo, che traevano vantaggio da questa
concezione di vita. Il potere culturale si manifestava anche nei desideri e nei modelli dei
cittadini, i quali puntavano a diventare ricchi e socialmente importanti come i membri delle
classi più agiate.
Marx coglie nella società due aspetti, diversi ma interconnessi: la struttura e la
sovrastruttura.
• La prima è il sistema economico, intorno al quale ruota qualsiasi altro ambito della
società. Essa si divide in: forze produttive (operai, materie prime, macchine,
conoscenze tecnico-scientifiche...) e rapporti di produzione ( tutte le leggi che
regolano il lavoro, la spartizione dei ricavi e il possesso dei mezzi di produzione).
• La seconda comprende tutti gli ambiti culturali, i quali sono subordinati alla struttura,
come la religione, l'arte, le istituzioni, la morale, la filosofia. 8
La società di massa criticata dal filosofo porterà ad un'alienazione dell'individuo, in particolar
modo essa viene osservata nell'ambito lavorativo. Con l'avvento delle nuove tecnologie
industriali l'operaio non esprime più la sua intelligenza e il suo gusto, bensì lavora seguendo
dei modelli standard. In certi casi, come nelle catene di montaggio, è la macchina che impone
tempi e modo di lavorare, il prodotto finale non viene riconosciuto più da chi l'ha fabbricato,
poiché egli ha contributo solo in un segmento della realizzazione non seguendo tutto il
processo di lavorazione.
Per lo più il guadagno ricavato va in maggior parte al capitalista, al quale l'operaio è legato da
un rapporto economico nonostante il conflitto di classe. Per Marx nel lavoro si ha una
negazione della socializzazione, dovuta al fatto che nel sistema capitalistico la parola d'ordine
è “concorrenza” e quindi tutti i lavoratori sono antagonisti fra di loro. Ciò spinge i ceti più
poveri e sfruttati a cercare sollievo in un futuro ultraterreno migliore e giusto, questo spinse
Marx a definire la religione come “l'oppio dei popoli”, poiché essi rinunciano a lottare per i
propri diritti, “intontiti” dalle speranze che gli vengono date dalla propria fede.
Nel capitale egli spiega l'evoluzione del sistema economico e del lavoro, che per Marx è
l'avvio della storia. L'economia si basa sulla merce, la quale per essere definita tale deve
possedere un valore d'uso, cioè essere utile, poiché nessuno acquista qualcosa che non
soddisfi determinati bisogni. Poi deve avere un valore di scambio, che possiamo identificare
con la quantità di altra merce che si deve dare per comprarla. Ma che cosa crea il valore?
Marx, seguendo il pensiero degli economisti classici, dice che esso è creato attraverso il
lavoro di colui che crea la merce, in particolare dalla quantità media di lavoro necessaria per
creare quel determinato oggetto. Bisogna precisare che il valore non va identificato con il
prezzo, poiché su di esso possono influire fattori come abbondanza o scarsità, che possono far
allontanare il prezzo dal valore reale della merce.
Nelle prime forme di società l'economia si basava sul baratto, quindi sullo scambio di merci
con pari valore, semplificabile con lo schema M-M (Merce-Merce). Con la creazione del
denaro l'uomo ha facilitato gli scambi, permettendo uno schema del tipo M1-D-M2. In questo
caso la merce venduta e quella acquistata hanno lo stesso valore e il denaro ha solo una
funzione di passaggio non assumendo nessun valore intrinseco. Nel sistema capitalistico il
ciclo economico si identifica con la formula D1-M-D2 (Denaro iniziale-Merce-Denaro
finale), con D2 maggiore di D1. Infatti nella società borghese abbiamo un capitalista che
investe un capitale iniziale in una merce per ricavarne alla fine una somma maggiore di quella
iniziale.
Questo meccanismo è possibile perché i lavoratori rendono il prodotto in qualcosa di
migliore, ad esempio un albero che viene trasformato in un tavolo, ma il valore che essi
producono lavorando non viene retribuito completamente col salario, poiché in questo caso il
capitalista non guadagnerebbe nulla, bensì egli ne trattiene una parte così da avere un
guadagno. Facciamo un esempio: se un operaio lavorando 10 ore produce un valore di 1000€
di questi solo 600 gli saranno dati come stipendio mentre i restanti 400 saranno trattenuti dal
capitalista. In questo sistema è come se il lavoratore avesse lavorato gratis per un certo
periodo, che nel nostro esempio equivale a 4 ore. Ciò è possibile perché il capitalista possiede
i mezzi di produzione e l'operaio è costretto ad accettare questa condizione se vuole avere il
salario.
Con questa teoria Marx ha voluto fornire una spiegazione scientifica dello sfruttamento
capitalista, che si identifica quindi con la possibilità, da parte dell‘imprenditore, di utilizzare
la forza lavoro altrui a proprio vantaggio. 9
Egli analizza scientificamente anche la società capitalistica e il suo sistema economico,
arrivando a dire che si basa sugli interessi privati e sulla creazione del maggior plusvalore
possibile, ciò creerà le basi per la sua caduta. Per accrescere il guadagno della classe
dominante il capitalismo genera una serie di contraddizioni e difficoltà che minano la sua
stessa sopravvivenza. Marx spiega che all'inizio il capitalista cerca di arricchirsi di più
aumentando le ore di lavoro dei propri lavoratori, ma ciò è possibile fino ad un certo limite,
poiché oltre quel limite la forza lavoro cessa di essere produttiva. Per far fronte alle restrizioni
dovute alla condizione umana si introducono in continuazione macchine sempre più
produttive all'interno del ciclo lavorativo.
Esse sono capaci di aumentare enormemente la quantità di merce prodotta nello stesso tempo
dagli operai o, in alcuni casi, di sostituirli, e quindi di creare un plusvalore ancora maggiore.
Ma proprio l'aumento di produttività conseguito con l'uso delle macchine genera crisi di
sovrapproduzione come quella del '29. Mentre nei secoli precedenti le crisi erano generate
dalla scarsità di beni (a causa di carestie, epidemie, guerre ecc.) nel capitalismo sono
provocate da una sovrabbondanza di merci. Queste crisi portano un elevato aumento della
disoccupazione e una spirale di recessione che porterà alla fine del capitalismo.
Secondo Marx la società successiva sarà di stampo comunista, ed essa avverrà grazie ad una
rivoluzione del proletariato. Essa è inevitabile ma arriverà prima se si diffonde l'idea di
classe tra i ceti più poveri. La rivoluzione comunista non abolirà soltanto un tipo particolare
di proprietà, di divisione del lavoro e di dominio di classe, ma cancellerà ogni forma di
divisione del lavoro e di classe, dando origine ad un'epoca nuova nella storia del mondo. Il
principio più importante sarà la condivisione dei mezzi di produzione, così da impedire una
qualsiasi forma di sfruttamento dei lavoratori da parte di uno o più individui. Marx ipotizza
che dopo la rivoluzione ci sarà un periodo di transizione per fronteggiare possibili
controrivoluzioni della borghesia. Per impedire che ciò accada si formerà una dittatura del
proletariato. Infine si formerà una nuova società comunista che sarà impostata sul bene
collettivo e su un un mondo senza classi, dove il lavoro sarà libero e ognuno darà qualcosa
alla società in base alle proprie possibilità e avrà in base ai propri bisogni. 10
JOHN MAYNARD KEYNES
John Maynard Keynes(1883-1946) gave origin, with its macroeconomic theories, to the so-
called "Keynesian revolution" which claimed, by opposing to the neoclassical economic
theories, the need of State intervention in the economy, especially in the case where the
application is not able to guarantee full employment. Considered one of the fundamental
figures of economic science, his thought and his works have influenced the economy,
sociology and policy of the Twentieth Century.
The dissatisfaction for the inability of the economic theories to give explanations and
convincing indications for mass unemployment, due to the crisis of 1929, brought Keynes to
develop his revolutionary thesis, exposed in the famous opera "General theory of
employment, interest and money", in which he denied the validity of the th