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Sintesi
Italiano: Giovanni Verga:

Storia: nascita della fotografia a colori, la Seconda Guerra Mondiale;

Matematica: Funzioni;

Elettronica: Sensori CCD e CMOS nelle fotocamere digitali;

Progetto: Gli interrupt, Timer1, il microcontrollore PIC.
Estratto del documento

22/09/22, 01:28 Presentazione di Margaryta Bushkin

home | progetto

La fotografia e lo scorrere del tempo

Titolo

Raccontare in bianco e nero: Giovanni Verga, fotografo e scrittore

La nascita della fotografia a colori o Seconda Guerra Mondiale o ascesa e caduta dell'industria tedesca

Funzioni per tutti i gusti

Sensori CCD e CMOS nelle fotocamere digitali

Gli interrupt

Timer1

Il microcontrollore PIC

Materia

Letteratura

Storia

Matematica

Elettronica

Progetto

Questa tesina è stata realizzata da Margaryta Bushkin.

Osservazioni

L'idea iniziale era di realizzare un prodotto per scattare fotografie in HD con l'ausilio di una fotocamera SRL, un treppiede ed un servomotore, con lo scopo di collegare le fotografie in

una di dimensioni elevate. Svariate complicazioni non hanno permesso la creazione di quest'iniziale progetto, portando al risultato che trovate su queste pagine, un orologio a parole.

Grande sfida è capire ciò che noi usiamo chiamare con il termine di “tempo”. Nulla è più misterioso e sfuggente del tempo; esso ci appare come la forza più grande ed inarrestabile

dell'universo, ci accompagna inesorabilmente dalla culla alla tomba. Che cos'è dunque il tempo? Un oggetto per scandire questa forza relativa mi è parso un progetto adatto,

corredandolo a dettagli della storia della fotografia, mia più grande passione da una decina d'anni.

Cosa misteriosa il tempo: potente e, quando ci s'intromette, pericolosa. [...] Oh, a proposito, quando si è in dubbio, trovo che tornare sui propri passi sia un modo saggio di

cominciare!

Albus Silente

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22/09/22, 01:28 Presentazione di Margaryta Bushkin

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Raccontare in bianco e nero: Giovanni Verga, fotografo e scrittore - letteratura

Ogni volta che nel panorama storico di una data epoca entra in scena una nuova tecnologia legata alle comunicazioni di massa, anche la lingua, le forme stilistiche e le espressioni

artistiche vengono sollecitate a cambiare e ad assumere nuovi caratteri e nuove qualità. E' il caso della letteratura verista e di Giovanni Verga che condizionato dalla sua passione per la

fotografia finì per scrivere racconti e romanzi senza l'ausilio dei colori, in "bianco e nero".

Romanzi

Amore e Patria, 1856-57

I Carbonari della Montagna, 4 vol, 1861-62

Sulle lagune, 1862-63

Una peccatrice, 1866

Storia di una capinera, 1871

Eva, 1873

Eros, 1875

Tigre reale, 1875

I Malavoglia, 1881

Il marito di Elena, 1882

Mastro Don Gesualdo, 1889

Dal tuo al mio, 1906

La duchessa di Leyra [incompiuto]

Novelle

Nedda, 1874

Primavera e altri racconti, 1876

Rosso Malpelo, 1878

Vita dei campi, 1880

Pane nero, 1882

Novelle rusticane, 1883

Per le vie, 1883

Drammi intimi, Roma, 1884

Vagabondaggio, 1887

I ricordi del capitano d'Arce, 1891

Don Candeloro e C., 1894

Una capanna e il tuo cuore, 1922

Libertà

La Roba

Giovanni Verga - La vita

Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840 da una famiglia liberale, di nobili proprietari terrieri. A 16 anni il Verga compose il suo primo romanzo "Amore e patria".

S'iscrisse nel 1858 nella facoltà di legge all'università di Catania, attratto però dalla sua vocazione di scrittore e giornalista si dedicò ad un nuovo romanzo "I carbonari della montagna",

quindi ad un terzo "Sulle lagune".

Con l'arrivo di Garibaldi a Catania, si arruolò nella Guardia Nazionale prestandovi servizio per quattro anni. Ma nel giovane Verga andava facendosi sempre più vivo il desiderio di

lasciare la Sicilia, perciò nel 1865 fece il primo viaggio a Firenze. Già nel 1866 pubblicava il romanzo "Una peccatrice" a cui nel 1871 sarebbe seguita "Storia di una capinera". Il libro

ebbe un notevole successo e favorì il giovane scrittore nel suo desiderio di affermarsi nella splendida società fiorentina. Nel 1872 si trasferì a Milano dove si trattenne per oltre un

ventennio. Qui venne presto a contatto con quel mondo culturale allora particolarmente attivo. Partecipò intensamente alle discussioni e alle polemiche culturali del tempo che furono

determinanti nel maturare in lui il nuovo atteggiamento verista. Infatti già nel 1874 compariva la sua prima composizione il racconto "Nedda". Quindi, trovata la sua giusta ispirazione

produsse, nel volgere di pochi anni, dal 1880 al 1889, tutti i suoi capolavori: Vita dei campi (1880), i Malavoglia (1881), Novelle rusticane (1884), Mastro Don Gesualdo (1889).

L'amicizia con Luigi Capuanabrisultava importante per la conversione al verismo, così entrò in contatto con il circolo degli Artisti "scapigliati" che vivevano un'esistenza "maledetta" e

coltivavano una letteratura sperimentale. Allargò le proprie conoscenze letterarie e filosofiche leggendo opere d'autori francesi contemporanei. Nel 1878 formulò il programma del

verismo italiano. Tornato a Catania, scrisse ancora qualche opera come "Dal tuo al mio", ma soprattutto passò nel silenzio e nella solitudine un'esistenza di benestante e sfaccendato,

anche se segretamente rattristato dal vedere non abbastanza capita e amata la sua produzione più grande. Politicamente, pur essendo un moderato, sostenne dapprima l'azione di Crispi

e poi aderì al nazionalismo, aspirando ad un'Italia che sapesse affermarsi sul piano militare e politico. Verso la fine della vita gli arreccarono soltanto fastidio le onoranze tributategli

per il suo ottantesimo compleanno alla presenza di Pirandello e di Croce. Scarsa soddisfazione gli procurò poco dopo anche la nomina a Senatore. Morì a Catania il 27 gennaio 1922.

Giovanni Verga - Il verismo

Possiamo datare la conversione di Verga al verismo al 1874, punto di arrivo di un lento ma approfondito travaglio spirituale. La questione meridionale primo esempi di problematica

sociologica in Italia, oggetto di varie inchieste politiche indussero lo scrittore a verificare proprio sulla terra l'ineluttabilità delle leggi economiche e di classe contro le quali riteneva

inutile ribellarsi. In "Fantasticheria" Verga tesse l'elogio "della morale dell'ostrica": guai a staccarsene "per brama di meglio". Il naturalismo francese, stimolando la coscienza critica di

un processo stilistico già in atto, portò lo scrittore alla formulazione del principio dell'impersonalità, l'unico che gli sembrava adeguarsi alla realtà storica e sociale che andava

scoprendo così da far apparire l'opera d'arte "essersi fatta da sè".

Il Verga accettò lo spirito europeo rivolto al concreto, al preciso dove tutti i poeti narratori volgevano nella seconda metà dell'Ottocento. L'adesione al realismo lo portò ad introdurre

profondi cambiamenti stilistici. La novità più rilevante fu quella di porre di fronte al lettore solo la realtà quotidiana nella sua essenza più nuda e dolorosa. Utilizzò nuovi strumenti

conoscitivi che si espressero in contenuti nuovi e diversi da quelli romantico-sentimentali dei primi romanzi. Infatti, assimilò i canoni del darwinismo-positivistico (il senso della vita

come lotta per l'esistenza, la selezione naturale, l'ambiente deterministico) e del realismo-naturalismo (abbandono di ogni autobiografismo e sentimentalismo, rappresentazione

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scientifica del reale, metodo dell'impersonalità). Ciò gli consentì di cogliere più in profondità strati popolari, di meglio capire le contraddizioni della società borghese, i costi alienanti

del forzato progresso. Tuttavia questo non gli impedì di caratterizzare la personalità dei protagonisti dei romanzi in maniera chiara e precisa, infatti essi dimostrano una passionalità

istintiva che nasce dalla realtà in cui si trovano ad agire. L'arte del Verga arrivò alla piena maturazione solo quando aderì al realismo che aveva esercitato su di lui un incredibile

fascino.

In generale il verismo italiano e il Verga s'interessarono in particolar modo alle realtà quotidiane dei piccoli modi provinciali, trasfigurandone nostalgicamente i tempi e i luoghi.

Riscoprì la sua terra, la Sicilia, cercando di riprenderne possesso, dopo il lungo esilio che l'aveva tenuto lontano, descrivendo la natura dei costumi, delle paure, dei formalismi , della

civiltà tutta fatta di convenzioni. Inquadrò anche le memorie pure della sua infanzia e riprese l'amore per la sua terra.

Verga verista era ben lontano dalla diagnosi lucida e fredda dei naturalisti francesi; egli accentuò nei suoi racconti il dolore, la fatica, le diverse categorie sociali come se fosse lui stesso

a patirle. Trovandosi dinnanzi all'inesorabilità del destino, cercò di attribuire ai suoi personaggi più significativi un sentimento di fatale remissione a quanto il destino ha fissato per

ciascuno, che discerne dalla fede in Dio e dalla Provvidenza. Il denaro e il fattore economico sono il tema portante di molti suoi libri. Questo, però, non significa di solito, svilire coloro

che soffrono per ragioni economiche, ma semmai accrescere l'intensità del dolore e mostrare come il destino si abbatta con costanza sugli umili, sui poveri e sui deboli.

Nello stile, nella sintassi, nel linguaggio, Verga verista è ben diverso dal Verga romantico. Raccoglie passioni e le ridà agli uomini senza alterarle o ingigantirle mettendosi egli stesso in

disparte, guardando e non esaltando. La vita e l'eloquenza dei fatti parlano da soli e le parole sincere e vere ma precise e appropriate talvolta saranno dialettali, così da risultare più

spontanee e reali. La sintassi prende la vivacità del parlato schietta, asintattica, come se fosse in bocca agli umili. Queste parole, assieme alla sintassi ed allo stile, serviranno a portare

nella tradizione italiana, troppo appesantita e astratta di vocaboli aristocratici, un soffio umano di vita, di ricchezza, di cose fresche e concrete. La conversione formale dal

romanticismo al verismo non è stata però così improvvisa. In lui c'era da tempo la ricerca di una forma più sincera. In Verga è innata una predilezione al realismo, forse ereditata dal

Manzoni, dove però l'uomo, nonostante tutto, si trova in mano a forze cieche e ignare che lo vedono chiuso e imprigionato in una realtà terrena di ansie e di pena, di ambizioni e di

sconfitte.

Giovanni Verga - Fotografo

Nel 1966 nell'abitazione catanese di Giovanni Verga furono ritrovati ben 448 negativi fotografici - 327 lastre in vetro e 121 fotogrammi in celluloide - impressi dallo scrittore a partire

dal 1878. I negativi, restaurati e sviluppati, ritraggono in parte parenti, domestici, amici, molti dei quali esponenti culturali del suo tempo, quali Luigi Capuana, Federico De Roberto,

Eleonora Duse, gli editori Emilio e Giuseppe Treves, e molti altri. Molti di essi tuttavia raffigurano anche paesaggi, scorci di case anche umili, e le vie di paesi come Vizzini, Scordia e

Licodia Eubea completamente svuotate di gente, forse al lavoro nei campi, che rimandano a quel senso di mondo fermo e immutabile che si respira nei racconti verghiani. Ma

ritraggono anche l'ambiente rurale delle sue proprietà fondiarie, con i suoi uomini di fiducia ed i suoi braccianti, dalla figura umile e col volto ruvido, segnato dal sole e dalla fatica.

Emergono insomma da queste foto non solo quegli scenari naturali e domestici, ma anche quegli uomini e quelle donne che dovettero certamente servire da modelli ideali, perlomeno

in alcuni loro tratti, per le sue opere letterarie appartenenti alla fase verista, dalla raccolta di novelle Vita dei campi, pubblicata nel 1880 - due anni dopo l'inizio ufficiale della sua

attività di fotografo - ai romanzi I Malavoglia e Mastro don Gesualdo.

In quegli anni la fotografia era diventata una specie di moda d'elite presso nobili, intellettuali e persone facoltose. Anche gli altri scrittori veristi ed amici del Verga erano appassionati

di fotografia, tanto che fu lo stesso Capuana ad insegnare all'amico di Catania il procedimento di sviluppo dei negativi. Anche per questo motivo l'attività fotografica dello scrittore

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