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Sintesi

Introduzione Fotografia nel 1800, tesina



Scopo di questa tesina di maturità è quello di svolgere un’indagine riguardo i primi passi della fotografia nei primi decenni successivi al suo esordio. Per fare ciò si è ripercorsa in breve la storia della sua nascita, dalle prime intuizioni risalenti al V secolo a.C. fino alle invenzioni tecniche che hanno portato nel 1839 alla nascita ufficiale di questo nuovo mezzo. Si è scelto poi di analizzare quali siano state le reazioni nell’ambiente intellettuale dell’800 riguardo alla diffusione della fotografia e alla sua pretesa di proporsi come nuova forma d’arte.
Si è data voce a personaggi che hanno accolto con grande entusiasmo questa invenzione e ne hanno fatto uso (Nadar e Verga), e anche a chi, come Baudelaire, ha visto nella fotografia un nemico e un corruttore dell’arte. È stata poi svolta nella tesina una breve analisi su come la fotografia abbia influito negli studi del movimento e dell’anatomia grazie al suo impiego in questi campi.

Collegamenti


Fotografia nel 1800, tesina



Storia - Breve storia della nascita della fotografia.
Arte - Nadar, la fotografia e l'impressionismo.
Italiano - Verga, verismo e fotografia.
Francese - Baudelaire, sur la photographie (Salon 1859).
Educazione Fisica - La foto e il movimento.
Estratto del documento

Si tratta della fotografia più antica mai ritrovata conservata, “Vista dalla finestra a Le

Gras”. Vista dalla finestra a Le Gras

Niépce entra in contatto con Louis Daguerre, un celebre pittore parigino che

dipingeva con l’ausilio della camera oscura. I due fanno un contratto per condurre in

comune gli studi sullo sviluppo delle tecniche fotografiche.

L’anno fatidico per la storia della fotografia è il 1839. È quello della nascita della

fotografia ed il padre ufficiale è Daguerre.

Infatti quando Niépce muore Daguerre continua i suoi studi e arriva a mettere a

punto il procedimento detto “Dagherrotipo”, che consiste nel coprire una lastra di

rame con uno strato d’argento ed esporlo alla luce, per ottenere poi l’immagine

attraverso il trattamento della lastra con vapori di mercurio a 60°, che rendono

biancastre le aree precedentemente esposte. Si ottiene un immagine invertita che

non è riproducibile. In realtà qualche anno prima

l’inglese Talbot aveva già svolto

degli esperimenti chimici con i

quali ottenne i negativi fotografici,

riproducibili (a differenza del

dagherrotipo) mediante la

generazione dei positivi. Talbot

studiò anche delle più avanzate

tecniche di fissaggio dell’immagine

6

sul supporto e pubblicò le sue ricerche, di cui si servì anche Daguerre.

La prima fotocamera per la dagherrotipia disponibile per l’acquisto era composta da

una scatola in legno esterna e una interna scorrevole per la messa a fuoco, ed era

lunga ben 27cm, quando chiusa, e si estendeva fino a 51cm, al massimo

allungamento.

Le prime fotocamere erano dotate di obiettivi poco luminosi, per via della scarsa

apertura, e che quindi comportavano elevati tempi di esposizione.

Nel 1840 il matematico ungherese Josef Petzval realizzò il primo obiettivo calcolato

matematicamente creando un sistema su quattro lenti che garantivano una elevata

luminosità (f/3.7) ed il conseguente abbattimento dei tempi di esposizione.

La fotografia iniziava quindi a diffondersi in larga scala e in pochi anni, solo a Parigi,

si contavano circa 150 studi fotografici.

La fotografia trovava diverse applicazioni, dall’utilizzo ausiliario per i pittori nelle fasi

di preparazione dei dipinti, a quello del prodotto fotografico come vera e propria

forma d’arte.

Attorno alla fotografia si sviluppò un dibattito tra chi la vedeva di buon occhio, e chi

criticava la sua pretesa di imporsi come forma d’arte al pari della pittura, della quale

poteva rappresentare un’alternativa.

Ben presto la fotografia provocò accese discussioni nel mondo dell’arte.

C’era chi ne sosteneva i vantaggi, sia per gli artisti ( che con la fotografia potevano

sostituire studi e disegni dal vero) sia per il pubblico ( che per suo tramite avrebbe

potuto conoscere opere d’arte fino ad allora accessibili soltanto a pochi), e c’era

invece chi criticava la meccanicità del nuovo mezzo, che escludeva il tocco e la

sensibilità dell’artista.

C’era, infine, chi guardava alla fotografia come una minacciosa forma di

concorrenza.

D’altra parte molti di quelli artisti che si rifiutavano di considerare la fotografia come

opera d’arte non esitarono a servirsene per il loro lavoro: è il caso di Delacroix,

Courbet e dello stesso Manet, il cui ritratto di Charles Boudelair all’acquaforte, del

1865 appare direttamente ripreso da una fotografia del poeta che era stata eseguita

dal fotografo Felix Nadar sei anni prima. 7

F A

OTOGRAFIA E RTE

GASPARD-FÉLIX TOURNACHON - Nadar

Gaspard-Félix Tournachon, noto come Nadar nasce a Parigi nel 1820 in una famiglia

di stampatori. Lavora nell’attività familiare come stampatore, incisore, caricaturista.

Inizia gli studi di medicina a Lione ma alla morte del padre è costretto a lavorare per

mantenere la famiglia.

Lavora per diversi quotidiani di Lione come caricaturista e fonda anche alcune riviste

satiriche.

Inizia a mescolarsi con personalità

come Baudelaire, Dumas, Daumier ed

altri.

Tornato a Parigi con una certa fama,

apre uno studio in cuoi continua a

dedicarsi all’editoria e al disegno, e

dove inizia a sperimentare una nuova

attività: la fotografia.

Le sue prime fotografie risalgono al

1853.

Per quanto riguarda la fotografia

ritrattistica, Nadar, a differenza degli

altri ritrattisti, rifiuta lo sfondo

decorato e il fotoritocco,

concentrandosi quindi sullo sguardo e

sulla personalità del soggetto che risaltava su uno sfondo a tinta unita.

Furono suoi clienti personaggi celebri Gaspard-Félix Tournachon - Nadar

come Baudelaire, Zola, De Lacroix,

Hugo, Rossini, Verdi, Wagner.

Nel 1858 registrò un brevetto per una tecnica di fotografia aerostatica: fece

costruire un enorme pallone aerostatico, che chiamo “Le Géant” con il quale realizzò

le prime fotografie aeree di Parigi.

Sperimentò poi la fotografia alla luce elettrica e realizzò un reportage nelle

catacombe di Parigi.

Nel 1874, diventato ormai una persona di successo, apre un nuovo studio al 35 di

Boulevard des Capucines. 8

Fu qui che, si tenne la prima mostra collettiva dei pittori Impressionisti con quadri di

Cézanne, Pissarro, Renoir, Degas, Monet.

Furono proprio gli impressionisti, gli artisti che maggiormente trasferirono le nuove

conoscenze derivanti dalla fotografia alla pittura. C’è da dire che l’impressionismo

nasce prima del movimento vero

e proprio.

Al Salon di Parigi, nel 1863, la

giuria, che prediligeva l’arte

ufficiale dei così detti “Pompiers”

respinge ben tre quinti dei

cinquemila quadri presentati

suscitando le lamentele degli

artisti.

L’imperatore Napoleone III

autorizzò allora un’esposizione

alternativa nota come “Salon des

Refusés” dove esposero le loro

opere molti artisti che saranno

conosciuti più tardi come

impressionisti.

Un’idea di tecnica impressionista

era già presente con Eugene

Boudin, insegnante di Claude

Studio Nadar a Parigi Monet. Egli metteva in scena

piccole istantanee di vita quotidiana, ritratte a pennellate vibranti e macchiate e

rapide, a rappresentare la rapidità dello scorrere del tempo.

L’impressionismo, dunque, non voleva presentarsi come una pittura astratta, ma

voleva anzi essere la più realistica, considerando anche la componente temporale. È

da questo concetto che nasce la pittura “en plein air”, mirata a cogliere l’attimo

fugace.

È un esempio di ciò “Donne in giardino” di Monet, in cui il pittore tralascia l’identità

delle donne raffigurate per concentrarsi sulla resa atmosferica dell’insieme.

Egli infatti lavora attentamente sugli effetti di luce delle stoffe bianche illuminate dal

sole che filtra tra le foglie degli alberi, e le ombre che produce, che non sono affatto

nere come insegnava invece l’accademia. 9

Monet - Donne in giardino

Contemporaneamente alla nascita dell’impressionismo, la fotografia aveva reso

possibile la riproduzione della realtà in modo totalmente naturalistico.

Gli interessi della pittura e della fotografia sono dunque gli stessi.

I temi principali di entrambe erano infatti i ritratti, le vedute e le città che si stavano

sviluppando velocemente in quel periodo.

Possiamo effettivamente notare che le prime foto assomigliano moltissimo alle

opere impressioniste.

Ad esempio, prima dell’invenzione della fotografia istantanea, la macchina

fotografica non permetteva di catturare corpi in movimento, che risultavano dunque

sfocati e con i contorni indefiniti, proprio come avveniva nei quadri impressionisti.

Con la nascita dell’istantanea fu poi possibile ottenere immagini di oggetti in

movimento, attraverso le quali si capì che l’occhio umano non riesce a percepire

perfettamente le immagini, ma anzi le trasforma. 10

Il pittore, dunque, corregge tali deformazioni attraverso la pittura, proprio come era

possibile con l’istantanea.

Dalla fotografia i pittori impressionisti adottarono le inquadrature nuove e originali e

il taglio casuale dei soggetti.

Per esempio nel dipinto di Manet “Il bar alle Folies Bergere” una figura maschile a

lato del quadro è in parte tagliata.

Questo taglio non sarebbe mai stato fatto da un pittore tradizionale, ma rende

molto più realistica la scena, come in una fotografia.

Monet - Bar aux Folies-Bergère

Edgar Degas si interessò dapprima alle nature morte fotografiche, cercando in esse

stimoli per le sue pitture di interni.

Successivamente egli riportò la casualità e l’asimmetria delle immagini fotografiche

nelle inquadrature “aperte” dei suoi dipinti.

Degas si servì poi della cronofotografia, cioè dell’analisi delle fasi di un'azione,

attraverso scatti fotografici in sequenza, per visualizzare i movimenti e avere a

disposizione più pose dei suoi soggetti preferiti: le ballerine e i cavalli al galoppo. 11

Degas - Ballerine alla barra

Degas - La ballerina di 14 anni

Gli impressionisti cercavano una rappresentazione basata sulla percezione visiva

della realtà.

Proprio per questo la fotografia viene subito accolta come un strumento di

conoscenza che permette di fissare il movimento e di fermare una scena nel tempo

e nello spazio. Ad esempio Pissarro ha

realizzato tredici versioni del

Boulevard Montmartre, con

inquadrature simili, ma in

diverse condizioni di luce: la

mattina, il pomeriggio, la notte,

con il sole, con la nebbia o con

la pioggia.

Pissarro - Boulevard Montmartre 12

Fece lo stesso lavoro Monet nel rappresentare "La cathédrale de Rouen”.

Monet - La cathédrale de Rouen

Con l’ideazione del negativo, dal quale si potevano stampare più copie, la fotografia

iniziò a svolgere una delle funzioni tradizionali della pittura, quella di ritrarre

fedelmente la realtà, ma con maggiore esattezza di quanto potesse fare il pennello.

Così i pittori iniziarono a sperimentare nuove possibilità per il loro linguaggio,

aprendo le porte all'arte moderna. 13

V F

ERISMO E OTOGRAFIA

Giovanni Verga

Attorno al 1875 arriva in Italia il Naturalismo, anche se accolto solo in parte, mentre

il Positivismo aveva portato anche qui, timidamente, a uno sviluppo scientifico.

I letterati italiani erano però titubanti, soprattutto sul fatto che la letteratura

potesse diventare una scienza, come credevano ad esempio i naturalisti francesi.

La risposta Italiana al Naturalismo è costituita dal Verismo.

I massimi rappresentanti di questa corrente sono i siciliani Luigi Capuana e Giovanni

Verga. Giovanni Verga - Autoritratto

Questi, trasferitisi a Milano, entrano in contatto con la letteratura europea grazie

alla vicinanza al gruppo degli Scapigliati.

I veristi sono dell’idea che la letteratura debba essere arte, e non scienza in grado di

portare al miglioramento della società. 14

Manca dunque quella fiducia nelle possibilità della scienza, tipica del Naturalismo,

un po’ per gli esiti del Risorgimento (irredentismo), ma anche per una certa

mentalità, tipica del Sud Italia, caratterizzata da un certo pessimismo che causa

l’impossibilità del progresso e l’accettazione dell’arretratezza.

Per Verga gli oggetti di studio sono i fatti reali, rappresentanti in modo che la mano

dell’autore risulti invisibile e dovrà quindi “sembrare che l’opera si sia fatta da se”.

Dunque, se per i Naturalisti il letterato è uno scienziato che si concentra

dettagliatamente sull’oggetto studiato, per i Veristi il letterato può al massimo

prendere dalla scienza la metodologia, ma non diventerà mai un vero scienziato.

Perciò l’obiettivo del letterato verista è quello di perseguire l’oggettività tramite

l’impersonalità, e la costruzione di una trama lineare priva di qualsiasi forma di

artificiosità.

Verga adotta quindi una nuova tecnica narrativa, improntata sull’impersonalità.

La rappresentazione artistica deve conferire al racconto l’impronta di qualcosa

realmente accaduto. Non basta tuttavia che ciò che viene narrato sia reale e

documentato, ma occorre che sia raccontato in modo da porre il lettore “faccia a

faccia con il fatto nudo e schietto”, senza che si abbia la sensazione di vederlo

attraverso la “lente dello scrittore”. In questo modo il lettore avrà l’impressione che

il fatto stia accadendo proprio davanti i suoi occhi.

Il narratore deve dunque “eclissarsi”, rinunciando ad esprimere giudizi, a tracciare i

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