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Sintesi
Italiano: Italo Svevo; Luigi Pirandello

Latino: Lucrezio (la condanna alla religio)

Inglese: George Orwell

Storia: Adolf Hitler

Filosofia: Sigmund Freud

Fisica: Albert Einstein (il genio della relatività)

Astronomia: i terremoti

Arte
: la follia di Vincent Van Gogh
Estratto del documento

proprio per questo motivo incapace di far esprimere lo spirito, e nel caso di insuccesso

l'eliminazione fisica del folle.

Un'interpretazione diametralmente opposta si ebbe nel Rinascimento, basti pensare all'Elogio della

follia di Erasmo da Rotterdam; in questa epoca il folle venne considerato una persona diversa, sia

per i valori sia per la sua filosofia di vita, e quindi andava rispettato, lasciato libero. Questa corrente

di pensiero getterà le basi per la moderna fenomenologia, sviluppata dal filosofo Husserl, ma anche

dallo psichiatria Jaspers che influenzerà la psichiatria trasformandola in una disciplina di incontro

con l'altro (il folle), per vivere insieme con il malato e comprenderlo.

Se nel Medioevo i folli rischiavano il rogo, ancora alla metà del Settecento erano detenuti nelle carceri,

strutture sanitarie specifiche; proprio in questo periodo, in Francia,

poiché mancavano le

in Germania e in Inghilterra si mise in moto un processo lento che consentirà entro una cinquantina

di anni, grazie alla promulgazione delle prime leggi apposite, di consegnare i folli ai familiari, o in

caso di mancanza, anche inserirli negli ospedali oppure nei primi istituti specializzati nascenti in

quell'epoca.

Per quanto riguarda l'approccio terapeutico ai malati, solamente verso la fine del Settecento,

il medico chirurgo Jacques René Tenon rivoluzionò la

mentalità medica dell'epoca cercando di imporre il concetto

di inviolabilità della persona umana e di libertà, seppur

all'interno della struttura, per il malato, distinguendo la

terapia medica, da quella solamente repressiva di tipo

carcerario in vigore fino a quel momento. Un altro medico

francese di fine Settecento Pierre Jean Georges

Cabanis portò avanti il lavoro di Tenon, progettando il primo

regolamento degli istituti per malati di mente: tra le altre

innovazioni, Cabanis, abolì le catene per sostituirle con

corpetti di tela (camicia di forza), introdusse un diario medico informativo sul malato e sugli effetti

delle terapie e soprattutto regolamentò l'ingresso e l'eventuale fuori uscita del malato per guarigione

avvenuta. Le cronache giudiziarie di quegli anni, per la prima volta, descrissero l'arresto, per

omicidio, di "infermi di mente" da indirizzare nei manicomi.

In Inghilterra, invece, la gestione dei malati di mente era stata abitualmente appannaggio

dei Quaccheri, e verso la fine del Settecento, l'ospedale

di York venne ristrutturato ed adibito a questo compito.

Oltre all'introduzione della semilibertà vigilata,

emersero due aspetti caratteristici: l'uso dei

principi religiosi come metodo di cura e il lavoro come

valore terapeutico.

Nello stesso periodo, invece, in Francia si impose una

visione laica nella gestione dei malati di mente, e

grazie all'opera fondamentale del dottor Philippe

Pinel le ideologie democratiche dell'epoca si

riversarono sulla mentalità e sul tipo di controllo da

applicare ai folli. Questo fu il periodo in cui la

conoscenza delle malattie mentali acquistò una

credibilità scientifica, e le innovazioni apportate da Pinel esalteranno l'importanza del rapporto

paziente/terapeuta e l'importanza del transfert nella psicoterapia.

In tempi più recenti, dall'Ottocento in poi, emerse la visione, influenzata dal Positivismo, del folle

come "macchina rotta", ovverosia lesionata nel cervello.

Nel Novecento Freud con la intuizione della guarigione perseguibile tramite una ricerca interiore ed

un rapporto più umano con il terapeuta, con tutta la architettura della psicoanalisi nel suo

complesso, e Jung, con la sua indagine dei contenuti simbolici degli elementi della follia e

l'introduzione degli archetipi per definirla con più chiarezza, mutarono nuovamente la storia del

folle e del significato della follia.

1.2)Il contributo dello psichiatra Franco Basaglia alla chiusura dell’orrenda

istituzione manicomiale (Anno 1978-1994)

Franco Basaglia è lo psichiatra maggiormente conosciuto nel secolo

scorso, per la battaglia condotta negli anni '70 volta a chiudere l'orrenda

istituzione manicomiale. Fu direttore dal 1961 dell'Ospedale Psichiatrico

di Gorizia dove vi fu un forte impatto con la realtà manicomiale: c'era la

massima segregazione dei malati mentali, la contenzione, la camicia di

forza e l'elettroshock. Basaglia sosteneva che "Un malato di mente entra

nel manicomio come ‘persona’ per diventare una ‘cosa’. Il malato, prima

di tutto, è una ‘persona’ e come tale deve essere considerata e curata. Noi

siamo qui per dimenticare di essere psichiatri e per ricordare di essere persone".Prima della riforma

i manicomi erano poco più che luoghi di contenimento fisico dove si applicava ogni metodo di

contenzione e pesanti terapie farmacologiche e invasive. Ed ancora:’’La follia è una condizione

umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per

dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la

psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua

ragion d' essere’’. La legge 180 del 1978 alla quale Basaglia ha dato il nome (legge Basaglia) nasce

con l’intenzione di ridurre le terapie farmacologiche, instaurando rapporti umani rinnovati con il

personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti,

seguiti e curati da ambulatori territoriali. Da allora i malati di mente devono essere trattati come

uomini, persone in crisi, non più come individui pericolosi da nascondere in manicomi. Di fatto solo

dopo il 1994 si completò la chiusura effettiva dei manicomi e la relativa trasformazione in ospedali

psichiatrici.

) Lo psicanalista Sigmund Freud e lo studio delle

2

componenti psicologiche

L

a follia in psicoanalisi potrebbe essere definita come una sovrapposizione della parte istintuale su

quella razionale. Secondo Sigmund Freud il

comportamento ordinario non è altro che il risultato di un

continuo processo dialettico tra la parte più selvaggia e

disorganizzata del cervello, l'Es, e quella più pesata e

razionale, il Super-io. Nel momento in cui una delle due parti

prevale in maniera eccessiva sull'altra il comportamento può

apparire irrazionale e privo di logica.

Freud si laureò a Vienna nel 1881 e si specializzò in

neurologia. Nel 1885 si recò a Parigi per studiare le malattie

nervose, in particolare l’isteria, malattia dalle cause

sconosciute e dai sintomi molto gravi come la volontà di non

mangiare e di non parlare. La scienza dell’epoca, sotto

l’influsso del positivismo, riteneva che a ogni malattia

mentale corrispondesse una lesione organica. Freud,

ritornato a Vienna, studiò con il suo collega Breuer le cause della

malattia e giunse ad affermare che essa non era collegata a nessuna lesione fisica. Utilizzò l’ipnosi

per giungere ad una spiegazione dei sintomi della malattia stessa. Nel 1895 pubblicò con Breuer gli

studi sull’isteria, dove tramite l’ipnosi dimostrò di aver acquisito due elementi fondamentali relativi

alla malattia: i sintomi dell’isteria sono collegati a precisi episodi della vita del soggetto, i quali si

possono eliminare attraverso al loro riproduzione sotto ipnosi: tale metodo fu definito “catartico”. Il

caso di Anna O.,studiato nel libro, è la storia di una ragazza che mentre cura il padre ammalato è

colpita da tratti isterici.

Una notte ella vegliava nella più grande ansia il malato che era in preda a una febbre altissima, tutta

in tensione perché da Vienna doveva arrivare un chirurgo per operarlo. La madre era uscita, e Anna

sedeva accanto al letto, col braccio destro penzolante lungo la spalliera della sedia. Cadde cosi in

una reverie, e vide un serpente nero come sbucare dalla parete e avvicinarsi al malato per morderlo.

(E’ molto probabile che la ragazza avesse visto realmente parecchi serpenti nel prato dietro casa e

ne fosse rimasta spaventata). Cercò di scacciare la bestia, ma sembrava paralizzata. Il braccio

destro, che penzolava dietro la sedia, si era addormentato diventando insensibile e paretico, e

quando ella lo guardò, le dita si trasformarono in tanti serpentelli con teschi. E’ probabile che ella

abbia cercato di allontanare il serpente con la mano destra paralizzata, così che l’anestesia e la

paralisi dell’arto vennero ad associarsi con l’allucinazione del serpente.

Quando questa svanì, ella, in preda all’angoscia, cercò di parlare, ma non ci riuscì. Non poteva

esprimersi in nessuna lingua, finché non le vennero in mente le parole di una filastrocca inglese e da

quel momento poté pensare e parlare solo in quella lingua.”

(Studi sull’isteria)

Attraverso l’ipnosi risultò che i sintomi isterici si presentavano perché certi episodi vissuti dalla

ragazza nell’infanzia le erano riaffiorati alla mente ed essa li aveva rimossi, in quanto in contrasto

con le cure umorali per il padre. Sotto ipnosi tali episodi venivano rivissuti e permisero quindi la

guarigione della ragazza.

2.1)I fondamenti della Psicoanalisi

Freud cercava di studiare le cause dell’isteria, poi le trovava definendole genericamente irritazioni

oggettive nella convinzione che la loro origine era sessuale. Freud abbandonò l’ipnosi perché non

era applicabile a tutti i pazienti e perché le verità scoperte sotto ipnosi non venivano ricordate al

risveglio. Cosi egli puntò sul metodo che egli chiamò “metodo delle libere associazioni”, secondo

cui il paziente poteva dire al medico tutto ciò che gli passava per la mente senza vincoli di sorta. In

tal modo il paziente diventava parte della sua terapia e si legava maggiormente al medico in base ad

una relazione affettiva chiamata “Transfert”, nel senso che ciò che si era provato per i genitori

veniva trasferito su medico stesso. Per questo Breuer non voleva più lavorare con Freud: aveva

scambiato le manifestazioni di Anna O. rivolti a lui come persona e non rivolte a lui come

sostituzione del padre.

2.2)La rimozione

Freud si chiede per quale motivo i suoi pazienti hanno dimenticato molte esperienze di vita, che

soltanto sotto terapia venivano richiamate alla memoria. La risposta è che queste esperienze sono

vissute come vergognose e dolorose ed è per questo che vengono allontanate dalla coscienza. In ciò

consiste la rimozione che è un meccanismo di difesa, tramite il quale l’Io si ripara da un impulso

minaccioso. Nella nevrosi l’Io si ritira da quest’impulso minaccioso, che però resta comunque

presente con tutta la sua carica energetica e quindi pur rimanendo lontano cerca delle vie indirette

per venire allo scoperto e scaricare così la sua energia: queste vie indirette sono meccanismi della

nevrosi. Freud, con “la teoria della rimozione”, cercò di capire i meccanismi delle nevrosi e ne

indicò anche la possibile cura. Infatti si rese conto che doveva scoprire le rimozioni ed eliminarle

attraverso un lavoro di interpretazione e valutazione di ciò che la rimozione aveva escluso dalla

coscienza. Questa cura venne chiamata psicoanalisi.

2.3)L’inconscio

L’inconscio è la struttura della psiche. Dalla rimozione emerge il concetto di inconscio. Secondo

Freud ogni atto della nostra vita psichica nasce

dall’inconscio e riaffiora nella coscienza solo in

minime parti: infatti la maggior parte della vita

psichica rimane inconscia a causa della rimozione.

L’inconscio ha diversi caratteri dalla coscienza: non

esiste in esso il principio di contraddizione, per cui

possono coesistere due tendenze opposte come l’amore

e l’odio, inoltre non esiste negazione, perché ogni

desiderio per l’inconscio è sempre attuabile e per finire

nell’inconscio non esiste né lo spazio né il tempo.

Inoltre Freud intese poi spiegare in che modo funziona

l’apparato psichico e giunse così a distinguere tre

diverse istanze l’Io, L’ES e il Superio. L’Io corrisponde

alla coscienza grazie alla quale l’uomo è

razionalmente consapevole di se stesso . L’ES

(pronome neutro in terza persona nella lingua tedesca

paragonabile all’ ”Id” latino) è un inconscio in cui sono

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