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Sintesi
Diritto: La Costituzione italiana; principio lavorista; criterio programmatico della Costituzione

Scienze delle finanze: Capacità contributiva

Economia Aziendale: Costo del lavoro

Storia: "The New Deal" e la crisi del 1929 (cenni generali)

Italiano: La distruzione delle certezze di Pirandello

Inglese: "How the Us have managed to recover from the crisis"

Informatica: Sito in Html (+ Css) (si può ampliare, introducendo anche altre materie); Applicazioni e metodologie per le aziende
Estratto del documento

percentuali, e si può ben capire, dati gli avvenimenti attuali, che diminuire ulteriormente il

reddito dei cittadini non è affatto positivo per l’economia nazionale.

Tuttavia anche in Italia sono presenti alcuni strumenti di flessicurezza chiamati

“ammortizzatori sociali” che comprendono: la cassa integrazione ordinaria (Cig), cassa

integrazione guadagni straordinaria (Cigs; imprese in fase di ristrutturazione o crisi

aziendale), l’indennità di mobilità e i prepensionamenti. Questi ammortizzatori non sono

così generosi come quelli olandesi o danesi, perché i sussidi hanno dei limiti molto bassi.

Comunque sia, anche se lo stato riuscisse a trovare le risorse necessarie per attuare tutte le

garanzie possibili, il problema resterebbe irrisolto perché i costi umani restano in ogni caso

alti, e la vita dei lavoratori subordinati dipenderebbe ogni giorno dai datori di lavoro.

La flessicurezza dunque cerca di curare gli effetti piuttosto di concentrarsi sulle cause.

Politica del lavoro globale (5)

Il problema della globalizzazione deve essere scomposto su due piani: sul piano

internazionale e quello interno.

Cominciamo con il primo. Le imprese decidono di ristrutturare la propria attività produttiva

su scala mondiale con lo scopo di ridurre i costi producendo laddove costa meno con

diversi effetti negativi soprattutto sociali: vengono messi in concorrenza un miliardo e

mezzo di lavoratori con salari bassi e poche tutele giuridiche e un miliardo di lavoratori

occidentali che percepiscono un salario alto e hanno molte tutele; i capitali vengono

investiti in altri paesi meno sviluppati per sfuggire ai controlli dei paesi di provenienza, con

la scusante di una necessità di ristrutturazione; i sindacati, in un mercato del lavoro che si

va “mondializzando”, vedono ridurre drasticamente la propria forza contrattuale.

L’Ocse ha fissato delle linee guida per le imprese multinazionali per quanto riguarda i diritti

dei lavoratori (salari adeguati, sicurezza sul lavoro, libertà di associazioni, divieto di sfruttare

il lavoro minorile), ma di fatto l’attuazione di queste “sicurezze” è lasciata alla

discrezionalità delle imprese, perché manca un organo di controllo e un sistema di sanzioni

(6). Inoltre il potere delle corporazioni è elevatissimo. Nel 2006 il governo cinese aveva

proposto una bozza per migliorare le condizioni del lavoro ma c’è stata subito una

pressione da parte delle lobbies che ha cambiato completamente il testo della bozza

lasciando di fatto invariate le condizioni dei lavoratori cinesi. (7)

Da qui nasce la necessità di una politica del lavoro su scala mondiale, che ponga le imprese

multinazionali sotto il controllo sia dei governi ospitanti sia di quelli in cui hanno sede

giuridica con l’obiettivo di livellare verso l’alto i salari e le tutele nei paesi in via di sviluppo,

allineandoli con quelli presenti nei paesi occidentali sviluppati. Per attuare questa politica i

paesi hanno a disposizione diversi strumenti, che per essere efficaci vanno coordinati:

Accertamento e perseguimento legale delle responsabilità degli stati dove le Tnc

1. (‘TransNational Corporation’, multinazionali) hanno la sede giuridica, e parimenti

degli Stati ospitanti in cui esse operano mediante qualsiasi tipo di sussidiaria, nel

5

commettere o tollerare nel raggio di azione di queste violazioni dei diritti umani in

generale e dei diritti dei lavoratori in particolare.

Entrambi gli Stati (quello ospitante e quello in cui la Tnc ha sede giuridica) devono

avere il potere di controllare le azioni delle Tnc e di far rispettare i diritti dei

lavoratori. Gli Stati possono sottoscrivere a tale proposito trattati internazionali con i

quali si assumono la responsabilità di controllare l’operato delle multinazionali. (8)

Accertamento e perseguimento civile e penale, di fronte alla legislazione nazionale e

2. internazionale, delle responsabilità delle Tnc, incluse le loro sussidiarie, gli appaltanti

e subappaltanti e i fornitori, di violazioni intervenute nell’ambito dei diritti del

lavoratore. Alien Tort Claims Act

Negli Stati Uniti esiste l’ il quale dice che i tribunali hanno

giurisdizione su qualsiasi causa civile iniziata da un paese straniero che si ritiene

vittima di una violazione delle leggi delle nazioni o un trattato degli Usa. Leggi di

questo tipo esistono anche negli ordinamenti delle nazioni occidentali, ma vengono

applicati di rado.

Modifiche delle modalità di finanziamento di progetti industriali da attuare tanto in

3. paesi sviluppati quanto in paesi in via di sviluppo, da parte di organizzazioni quali la

Banca mondiale e il FMI, allo scopo di assicurare che in tutta la filiera funzionale e

temporale del progetto salari, condizioni di lavoro e diritti sindacali delle forze di

lavoro impiegate rispettino gli standard più elevati.

I paesi in via di sviluppo cercano infatti di ottenere ad ogni costo i finanziamenti da

parte di organizzazioni internazionali (per la costruzione di strade, infrastrutture,

ecc.), per poi disattendere i contratti dei lavoratori, dato che manca un organo di

controllo.

Lo sviluppo di codici di responsabilità sociale delle imprese che includano

4. espressamente, e in dettagli, l’impegno ad assicurare ai loro dipendenti diretti e

indiretti, impiegati nei paesi in via di sviluppo, condizioni di lavoro, diritti sindacali

effettivi e salari, tenuto conto dei differenziali di produttività, analoghi a quelli di cui

godono i loro dipendenti nel paese dove esse hanno sede giuridica.

Le imprese devono avere responsabilità penale e civile nel caso non rispettino i

codici da loro stesse redatti.

Accordi globali tra associazioni o confederazioni internazionali di sindacati dei

5. lavoratori e singole Tnc o gruppi di Tnc, intesi a stabilire standard minimi di salario e

condizioni di lavoro, e pieni diritti sindacali, nelle unità produttive operanti in paesi

in via di sviluppo sotto il controllo di dette Tnc.

Questi accordi sono fondamentali in quanto l’affermazione dei diritti è stata erosa

non solo dalla frammentazione del processo produttivo su scala mondiale ma anche

perché i paesi ospitanti non tutelano tali diritti per paura di non scoraggiare gli

investimenti.

Sviluppo delle attività di indagine e delle strategie finanziarie degli enti che

6. intendono praticare forme di investimento socialmente responsabile, al fine di

6

renderle maggiormente impegnate, e più efficaci, nel selezionare preferenzialmente

le imprese che ovunque nel mondo assicurano ai lavoratori da esse dipendenti, in via

diretta o perché la loro azienda è controllata da una di esse, le migliori condizioni di

lavoro, di retribuzione, di diritti sindacali effettivi.

Le imprese saranno motivate a garantire i diritti dei lavoratori per ricevere i

finanziamenti. C’è da precisare però che è difficile controllare se tali diritti sono

rispettati.

Sul piano interno occorre una nuova legge sul lavoro. La legge deve contenere una sezione

che indichi i criteri e le modalità da seguire per poter coordinare la legislazione interna con

quella internazionale. Inoltre la legge dovrebbe risolvere i problemi interni del paese,

ispirandosi all’art. 3 della Costituzione nel rimuovere gli ostacoli al conseguimento di

un’effettiva uguaglianza dei cittadini nel godimento delle libertà e dei diritti. Programma,

questo, stilato dai Costituenti nel 1946-47 ma che riecheggia nel modello dello sviluppo

umano di Sen, che ha intravisto una relazione tra il processo di sviluppo economico e il

miglioramento della qualità della vita. Si deve dunque sì tener conto del Pil, ma dare

altrettanta importanza allo sviluppo civile, per esempio il miglioramento della qualità

dell’amministrazione della giustizia; la riduzione dell’inquinamento, del logoramento

psicologico dei lavoratori, della criminalità, della povertà relativa; l’aumento della durata

della vita media, del livello medio d’istruzione: un aumento della ricchezza costituisce una

precondizione per lo sviluppo civile, ma lo sviluppo civile a sua volta è una condizione per

lo sviluppo economico.

I contratti atipici introdotti dal governo a partire dal 2006 hanno di fatto violato i principi

costituzionali del lavoro. Vediamone qualcuno:

- la riduzione della retribuzione dovuta alla precarietà è in contrasto con l’art. 36;

- il lavoratore non ha la sicurezza di un’occupazione, di un reddito e di una

previdenza, il che è contrasto con l’art. 41;

- i lavoratori non riescono a collaborare completamente alla gestione delle aziende a

causa della frammentazione del lavoro, il che è in contrasto l’art. 46.

La nuova legge dovrebbe stabilire formalmente che il lavoro non è una merce, quindi i

diritti del lavoratore non possono venire limitati né il lavoratore stesso può essere

“prestato” a un’altra impresa diversa da quella che l’ha assunto (la legge 30/2003 invece lo

fa).

Si deve poi considerare il fatto che il contratto di lavoro è completamente diverso da tutti

gli altri tipi di contratto, quindi non assimilabile, sul piano della tutela processuale, alla

impianto processuale

giurisdizione civile ordinaria. Occorre dunque un che dia, in via

7

preliminare, più potere al lavoratore, dato che sostanzialmente il datore di lavoro e

l’impiegato hanno una condizione economica differente.

Il contratto di lavoro subordinato o dipendente dev’essere sempre inteso a tempo

indeterminato, e gli altri tipi di contratto dovranno essere considerati come deroga da

applicare soltanto in caso di determinata e precisa necessità da parte dell’impresa o dal

lavoratore (quindi basterebbero 5 tipi di contratto).

Infine è molto importante procedere a una graduale regolarizzazione dei contratti lavorativi

irregolari. La regolarizzazione non deve però risultare repressiva sul piano fiscale e

contributivo al fine di non danneggiare l’impresa o causare un’ulteriore crescita dei

contratti irregolari.

Per poter attuare queste politiche è necessario un supporto delle organizzazioni

internazionali e del consenso della maggioranza parlamentare ed elettorale nazionale.

Innanzitutto la Commissione Europea (l’organo esecutivo dell’Ue) è sottoposto a forti

pressioni economiche e sul piano nazionale è difficile raggiungere una maggioranza per

poter fare delle modifiche. Fino a quando la consapevolezza di ciò che sta accadendo non

cresce, dobbiamo sopportare questa sempre più difficile situazione.

8

Come creare nuovi posti di lavoro (9)

Di fronte all’attuale crisi, secondo Luciano Gallino, sociologo e docente all’università di

Torino, il governo italiano potrebbe creare circa un milione di posti di lavoro. Vediamo

come.

Stando al pensiero del premio Nobel in economia Vickery, la disoccupazione è peggio del

deficit. La disoccupazione crea povertà, criminalità, abbandoni scolastici, denutrizione e

moti altri problemi sociali. Per ridurre il numero di disoccupati lo Stato dovrebbe assumere

direttamente il controllo sui disoccupati, lasciando però la gestione operativa agli enti

locali. I nuovi assunti dovrebbero essere occupati in programmi di pubblica utilità diffusi nel

territorio e ad alta intensità di lavoro. Supponendo che il salario sia quello medio, a cui

vanno aggiunti gli oneri sociali e previdenziali, il reddito annuo si aggirerebbe attorno ai

25.000€. Assumendo un milione di lavoratori, lo Stato spenderebbe 25 miliardi di euro

all’anno.

Qualcuno potrebbe pensare che sia impossibile approvare un piano di questo genere vuoi

per l’eccessiva dimensione, vuoi per l’eccessivo costo o per l’impossibilità politica.

Un piano di queste dimensioni è già stato varato negli Stati Uniti durante il “New Deal” ed è

falso sostenere che il costo di una tale manovra sarebbe irragionevole, infatti i neo-assunti

potrebbero costare meno di 25.000 euro all’anno: un disoccupato sarebbe disposto a

lavorare per 1.000€ al mese piuttosto di stare a casa e riceverne 700. In questo modo i

fondi per la cassa integrazione verrebbero reintegrati, diminuendo l’onere per il bilancio

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