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Storia: linguaggio e gestualità del duce
Economia az.: linguaggio contabile il bilancio
Matematica: linguaggio matematico (r.o.)
Inglese: linguaggio commerciale - the business letter
Diritto: costituzione - art. 21
“Xenia” del '66, dedicata alla moglie
Drusilla Tanzi, dopo la morte di lei nel 1963,
“Satura” del '71 e “Diario del '71 e del '72”
pubblicato nel 1973, testimoniano in modo
definitivo il distacco del poeta - ironico e
mai amaro - dalla vita.
Opere - Stile letterario
Consapevole che la conoscenza umana non
può raggiungere l'assoluto, nemmeno
tramite la poesia, a cui spesso si tende ad affidare il ruolo di fonte
d'elevazione spirituale per eccellenza, Montale scrive poesia perché
questa possa essere una sorta di strumento/testimonianza d'indagine
della condizione esistenziale dell'uomo novecentesco.
Il poeta vede in alcune immagini una sorta di speranza contro la
situazione di "male di vivere": ad esempio, il mare (pensando a OSSI DI
SEPPIA) e in alcune figure di donne che sono state importanti nella sua
vita. La poesia di Montale assume dunque il valore di testimonianza e un
preciso significato morale: Montale esalta lo stoicismo etico di chi compie
in qualsiasi situazione storica e politica il proprio dovere. Montale non
credeva all'esistenza di «leggi immutabili e fisse» che regolassero
l'esistenza dell'uomo e della natura; da qui deriva la sua coerente sfiducia
in qualsiasi teoria filosofica, religiosa, ideologica e la sua diffidenza verso
coloro che proclamavano fedi sicure.
Per il poeta la realtà è segnata da una insanabile frattura fra l'individuo e
il mondo, che provoca un senso di frustrazione e di estraneità, un
malessere esistenziale. Questa condizione umana è, secondo Montale,
impossibile da sanare se non in momenti eccezionali, veri stati di grazia
istantanei che Montale definisce miracoli, gli eventi prodigiosi in cui si
rivela la verità delle cose, il senso nascosto dell'esistenza. Montale
matura negli anni della giovinezza una visione prevalentemente negativa
della vita, come egli stesso ha dichiarato. Rispetto a questa visione, la
poesia si pone per Montale come espressione profonda e personale della
propria ricerca di dignità e del tentativo più alto di comunicare fra gli
uomini.
L'opera di Montale è, infatti, sempre sorretta da un'intima esigenza di
moralità, ma priva di qualunque intenzione moralistica: il poeta non si
propone come guida spirituale o morale per gli altri; attraverso la poesia
6
egli tenta di esprimere la necessità dell'individuo
di vivere nel mondo accogliendo con dignità la
propria fragilità, incompiutezza, debolezza.
Alcuni caratteri fondamentali del linguaggio
poetico montaliano sono i simboli: nella poesia di
Montale compaiono oggetti che tornano e
rimbalzano da un testo all'altro e assumono il
valore di simboli della condizione umana,
segnata, secondo Montale, dal malessere
esistenziale, e dall'attesa di un avvenimento, un
miracolo, che riscatti questa condizione rivelando
il senso e il significato della vita.
OSSI DI SEPPIA
Ossi di seppia - il titolo allude alla condizione dell'uomo scaglia
infinitesima, residuo di un breve e incomprensibile circolo vitale - appare
a Torino nel 1925, editore Piero Gobetti; tra i primi a segnalare il nuovo
poeta, Cecchi e Solmi, il quale scrive: «Questi "ossi" intendono essere le
inutili macerie abbandonate lungo le spiagge aride, le morte memorie di
ciò eh 'è stato solo una desolata velleità d'esistere». La seconda edizione
aumentata esce presso un altro editore torinese tre anni più tardi,
preceduta da un saggio di Alfredo Gargiulo; del '48 è la settima edizione
che stabilisce definitivamente testo e struttura dell'opera.
Inviando il libro da poco uscito al vecchio Svevo, della improvvisa fortuna
del quale era stato uno degli artefici più alacri, il giovane Montale scrive:
«Non si prenda premura di leggere i miei Ossi, che son anche di difficile
digestione. Andrà col tempo spigolando [...] e mi scriverà qualcosa,
severamente»; lo scrittore triestino, con molta franchezza, risponde a
distanza di qualche mese: «lo attendo ansiosamente che dai versi Ella
passi al modo più ragionevole di esprimersi. [...] lo credo che il suo
destino si farebbe più facile. Infine non capisco perché chi in buona prosa
sa analizzare uomini e cose quale critico, non voglia fare il critico della
vita intera» e, qualche giorno dopo, ammettendo la sua scarsissima
recettività alla poesia: «lo purtroppo non so avvicinarmi abbastanza a Lei
e a Saba. Sono sordo. M'avvenne la stessa cosa con l'Eliot. In tutte le
lingue! È una vera disperazione...» 7
MONTALE E IL FASCISMO
Montale ha vissuto due guerre mondiali, la nascita del fascismo e il suo
ventennio di potere, le speranze e le delusioni del secondo dopoguerra, il
regime democristiano e la successiva consociazione democristiana e
comunista, il suo degrado, la tentata rivoluzione degli anni 70, il
terrorismo e la restaurazione. Ha scritto poesie ed è morto da uomo
onesto. Distante dal potere politico e dai regimi per scelta dichiarata, per
denuncia e per amara rinuncia, non accettò, e non fu accettato, dal
regime fascista come da quelli successivi. Pochissimi critici di parte
cattolica o di parte marxista uscirono dal settarismo che connota la
cultura Italiana da quasi sempre e che in quegli anni era particolarmente
marcato. La scelta, di tutta una vita, di rimanere "distante" non viene
accettata: le due parti o lo rifiutano o ne tentano, volgarmente,
l'appropriazione. Mantenne sempre la sprezzante distanza di chi da
sempre sa ciò che non vuole e sa ciò che non è, non ha certezze, né le
cerca.
Quanto agli orientamenti politici del poeta abbiamo ricordato , nella sua
biografia, il fatto che egli dovette lasciare la direzione del gabinetto
vieusseux non avendo preso la tessera del partito fascista, che si iscrisse
al partito d’azione e che durante la resistenza aiutò alcuni antifascisti.
Tutti fatti significativi, se non fosse che montale stesso ha rilasciato
questa dichiarazione: “ io non sono stato fascista e non ho cantato il
fascismo; ma neppure ho scritto poesia in cui quella pseudo rivoluzione
apparisse osteggiata. Certo, sarebbe stato impossibile pubblicare poesie
ostili al regime d’allora; ma il fatto è che non mi ci sarei provato neppure
se il rischio fosse stato minimo o nullo” 8
PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA
Ho scritto poesie e per queste sono stato premiato, ma sono stato anche bibliotecario,
traduttore, critico letterario e musicale e persino disoccupato per riconosciuta
insufficienza di fedeltà a un regime che non potevo amare. Pochi giorni fa è venuta a
trovarmi una giornalista straniera e mi ha chiesto: come ha distribuito tante attività
così diverse? Tante ore alla poesia, tante alle traduzioni, tante all'attività impiegatizia
e tante alla vita? Ho cercato di spiegarle che non si può pianificare una vita come si fa
con un progetto industriale. Nel mondo c'è un largo spazio per l'inutile, e anzi uno dei
pericoli del nostro tempo è quella mercificazione dell'inutile alla quale sono sensibili
particolarmente i giovanissimi”.
Dal discorso pronunciato il 10 dicembre 1975 in occasione della consegna del premio
Nobel (Les Prix Nobel en 1975, Editor Wilhelm Odelberg, [Nobel Foundation],
Stockholm, 1976 ) Indice di Italiano
Pag. 3 – Titolo
Pag. 4 – Mappa concettuale
Pag. 5 – Vita
Pag. 6 – Opere , Stile letterario
Pag. 7 – Ossi di seppia
Pag. 8 – Fascismo e premio Nobel 9
Fonti
Vita e opere – Appunti vari dal web/ I.S.U. (preparazione esami)
Sezione di Storia
Sezione di STORIA
Il Fascismo
Linguaggio e gestualità del Duce 10
Obbedienza Giornalista
Benito Mussolini
disciplina politico
Il Fascismo
senso del dovere sindacalista
Esaltazione culto
della virilità
Attrazione delle
masse
Linguaggio e
gestualità del duce 11
Gesti che
Scenografia
Discorsi basati accompagnan
curata
su schemi fissi o le parole
LINGUAGGIO E GESTUALITÀ DEL DUCE
Il sistema ideologico e politico del partito fascista nasce da una con-
cezione spiritualistica e religiosa della vita e dello stato, il tutto
incentrato intorno alle idee-forza di obbedienza, disciplina, religione,
fede, senso del dovere e spirito di sacrificio. Compito del parti to
fascistizzare
fascista, infatti, è quello di la massa, di educarla ad una
è fondare una nuova
politica integrale e totalitaria. Il fine, quindi,
civiltà politica, un'epopea rigeneratrice ,
attuare con la quale creare una
nuova gerarchia di valori ed un popolo nuovo, al quale non
appartengono né borghesi né intellettuali o aristocratici, ma tutti
coloro che sono consapevoli e vivono i valori dello spirito fascista. Tale
rinascita avviene, non solo sul piano politico, economico e sociale, ma
anche a livello culturale e linguistico.
Mussolini, grazie alle sue esperienze di giornalista, politico e
sindacalista, che lo avevano portato ad un contatto più diretto con le
persone meno colte e poco istruite, utilizza una nuova modalità
comunicativa che tiene conto anche del livello culturale delle persone
alle quali si rivolge. Mussolini, perciò, abbandona il linguaggio della
tradizione classico-letteraria, aulico e sublime, diretto per lo più ad un
pubblico colto ed istruito. Infatti, nella poesia e nella letteratura del
primo novecento, con gli sperimentalismi linguistici di Pascoli,
D'Annunzio e di Ungaretti, si è creata una totale separazione tra le
forme espressive popolari e quelle letterarie, rendendo la cultura un
sapere aristocratico, arduo ed irraggiungibile per il popolo rozzo ed
ignorante. 12
La popolarità del linguaggio di Mussolini consiste, invece, nell'essere
facilmente comprensibile da tutte le persone, essendo privo di riferimenti
retorici e letterari, ed avvicinandosi maggiormente ad un linguaggio
quotidiano. La semplicità dei discorsi del duce è dovuta anche
all'utilizzo di termini rurali, poiché essi sono ritenuti il simbolo ed i veri
depositari dei valori etnici della nuova stirpe fascista.
Il motivo dell'esaltazione del linguaggio rurale è consono all'ideologia
politica del partito, che intende la città e il mondo borghese, troppo
aperto alle innovazioni e alle tendenze culturali del socialismo e del
marxismo "il contadino deve rimanere fedele alla terra, deve essere
orgoglioso di essere contadino, fiero di lavorare il suo campo, né cercare
altrove vita più facile, perché una vita facile non esiste. La vita nella città
è più difficile".
Proprio per questo motivo, il partito fascista adotta una politica di
controllo sul linguaggio ufficiale e insegnato per difendere la lingua italiana
infiltrazioni straniere
da o dai dialetti regionali che sono considerati,
nell'ideologia del partito, come contaminazione. Invece, per Mussolini, il
linguaggio adatto per comunicare con le masse è quello dell'oratoria -
giornalistica, poiché esso è preciso ed efficace per far presa sul pubblico,
per persuaderlo, convincerlo ed incitarlo.
Dall'analisi fatta sui discorsi che Mussolini
rivolge al pubblico italiano durante le
inaugurazioni e gli incontri sociali, emergono
degli elementi interessanti. In primo luogo, i
discorsi del Duce si basano su schemi e
moduli fissi; esaminando il discorso del duce
all' inaugurazione di Littoria il 18/12/1932,
esso presenta il seguente modulo:
acclamazione-discorso- pausa
-acclamazione- discorso-pausa acclamazione
finale. 13
Ciò che risalta maggiormente da
questo schema è il modo con cui
avvengono i brevi ed incalzanti
dialoghi tra l'oratore Mussolini e
la sua folla. Ed in tale veste,
Mussolini ha una capacità
straordinaria e acuta nel saper
cogliere l'attimo ed il momento in
cui coinvolgere il pubblico nel
discorso, stimolarlo ed incitarlo a
rispondere alle sue domande
retoriche. Infatti, quando
Mussolini parla nelle piazze
affollatissime, la gente prima lo
segue attentamente e silenziosamente; poi quando il tono del discorso si
fa più incalzante e stimolante, il popolo, preso dall'emozione e dal
coinvolgimento totale, esterna la propria approvazione alle parole del
Abbiamo, cioè, vinto la nostra prima
duce con acclamazione ed ovazioni “
batta glia - applausi - Ma noi siamo fascisti, quindi, più che guardare al
passato, siamo sempre tesi verso il futuro - Viva il Duce!”
La capacità del Duce di attrarre le masse avviene quando tra l'ora tore ed
il pubblico si instaura una circolarità comunicativa; questo rapporto non