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Introduzione Fenomeno tesina
Il motivo per cui ho deciso di affrontare un argomento di questo tipo nella mia tesina di maturità è essenzialmente l'interesse maturato a partire dal terzo anno di liceo per la filosofia, materia che, come risulterà da una visione complessiva dell' elaborato, è certamente alla base dello sviluppo del tema in questione, ossia il fenomeno. Questo profondo interesse è giustificato dalla personale considerazione della filosofia quale mezzo attraverso cui ampliare i propri limiti alla riflessione, comprendere l'evoluzione del pensiero umano in relazione alle dinamiche socio-culturali vissute dal teorico che espone la propria dottrina, ed attraverso cui poter maturare una soggettiva interpretazione di ciò che ci circonda. Questo non implica che i collegamenti fatti nella mia tesina con le altre materie inserite nell'analisi siano forzature ricercate per necessità, anzi senza dubbio anche tali materie presentano ragioni di scelta analoghe a quella fino ad ora spiegata. Spero perciò che nello sviluppo progressivo del concetto trattato sia riuscito quanto più possibile a rendere una certa fluidità discorsiva. Concludendo vorrei evidenziare che la scelta è scaturita anche e soprattutto dal banale fatto che la filosofia abbia leggermente cambiato me stesso, il mio modo di riflettere e di percepire le cose. D'altronde come sostiene Goethe “ le cose che si amano ci modellano”.
Collegamenti
Fenomeno tesina
Filosofia, Geografia della terra, Fisica: Il fenomeno.
INDICE
●Introduzione pag 3
●Il fenomeno in ambito filosofico pag 4
-Kant e l' opposizione fenomeno-noumeno-
●Il concetto di coscienza infelice pag 6
●Egon Shiele-uno spirito travagliato- pag 7
●Il fenomeno in ambito scientifico- i sismi- pag 10
●Il fenomeno in ambito fisico-l'effetto fotoelettrico- pag 14
●Bibliografia pag 17
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INTRODUZIONE
Il motivo per cui ho deciso di affrontare un argomento di questo tipo è essenzialmente l' interesse
maturato a partire dal terzo anno di liceo per la filosofia, materia che, come risulterà da una visione
complessiva dell' elaborato, è certamente alla base dello sviluppo del tema in questione. Questo
profondo interesse è giustificato dalla personale considerazione della filosofia quale mezzo attraverso
cui ampliare i propri limiti alla riflessione,comprendere l'evoluzione del pensiero umano in relazione alle
dinamiche socio-culturali vissute dal teorico che espone la propria dottrina, ed attraverso cui poter
maturare una soggettiva interpretazione di ciò che ci circonda. Questo non implica che i collegamenti
con le altre materie inserite nell' analisi siano forzature ricercate per necessità, anzi senza dubbio
anche tali materie presentano ragioni di scelta analoghe a quella fino ad ora spiegata. Spero perciò che
nello sviluppo progressivo del concetto trattato sia riuscito quanto più possibile a rendere una certa
fluidità discorsiva.Concludendo vorrei evidenziare che la scelta è scaturita anche e soprattutto dal
banale fatto che la filosofia abbia leggermente cambiato me stesso, il mio modo di riflettere e di
percepire le cose. D' altronde come sostiene Goethe “ le cose che si amano ci modellano”.
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IL FENOMENO IN AMBITO FILOSOFICO
“Il termine deriva dal greco φαινόμενον, participio sostantivato del verbo φαίνομαι («mostrarsi»).
Ciò che appare o si manifesta ai sensi. In questa accezione il termine fu utilizzato da Aristotele, il
quale, in analogia con il concetto di f. come «apparizione del cielo», adottato in astronomia da
Eudosso di Cnido e Arato di Soli, ne fece il criterio su cui si fondano le scienze naturali. In un
altro senso, il f. come apparenza sensibile si contrappone alla realtà e assume, per es. in
Platone, un significato piuttosto negativo proprio per il suo opporsi al «vero essere», che si
manifesta non ai sensi ma al pensiero. Per lo scetticismo antico il f. è pura affezione, la
«rappresentazione soggettiva» di un oggetto e, come tale, variabile da individuo a individuo: se il
f. è f. per noi , non vale interrogarsi circa la sua corrispondenza alla realtà e lo scettico può
comportarsi coerentemente solo attenendosi al modo in cui le cose gli appaiono. Se la filosofia
medievale non si discosta sostanzialmente dalle elaborazioni di Platone e Aristotele, l’analisi dei
f. assume un ruolo centrale nella filosofia a partire dall’epoca moderna, registrando un
significativo spostamento di accento:ad esempio nella visione di Hobbes la nozione di f. inteso
come «apparenza in generale», perde ogni connotazione valutativa circa la sua realtà o
illusorietà per diventare piuttosto l’oggetto possibile della conoscenza umana, alla cui base
Hobbes pone la sensibilità: il senso è l’origine di tutte le «apparenze», «poiché non vi è
concezione dello spirito umano, che non sia dapprima, in tutto o in parte, generata dagli organi di
senso. Il resto deriva da quella origine». Lungo questa via si muovono sia Locke, sia Hume.In
una direzione diversa, quella che utilizzerò per lo sviluppo iniziale della tesi, la collocazione della
tematica dei f. si ha nell’ambito dei limiti e delle condizioni della conoscenza umana.Tale
direzione si riferisce a Kant, che distinguerà le cose considerate come f., cioè conosciute
secondo le forme pure spazio-temporali della sensibilità e le categorie dell’intelletto, dalle cose in
sé o noumeni, puramente intelligibili, cioè pensate secondo i principi della ragione, al di là di ogni
esperienza e conoscenza possibili. Nella filosofia contemporanea, l’elaborazione più rilevante
della nozione di f. è quella da cui prende nome la fenomenologia di Husserl. In quella che
Husserl presenta come l’autentica scienza filosofica, il f. non significa più soltanto, come per
Kant, ciò che l’uomo può conoscere sotto determinate condizioni, ma indica l’immediato e diretto
manifestarsi della cosa all’intuizione, il «rivelarsi» della sua essenza che consegue al processo di
riduzione fenomenologica, l’operazione di messa in parentesi del mondo, la neutralizzazione di
tutte le nostre credenze naturali e interessi pratici. Sviluppando l’impostazione husserliana,
Heidegger distingue ulteriormente tra f. e apparenza. Se il f. è propriamente il puro «mostrarsi
dell’essere come veramente è», il suo autodisvelarsi nella sua oggettività, l’apparire è piuttosto
«un non mostrarsi», un annunciarsi di qualcosa che in realtà non viene alla luce e rimane
nascosta.” 4
-KANT: l' opposizione fenomeno-noumeno
In Kant piu precisamente il fenomeno rappresenta la realtà quale ci appare tramite le forme a
priori proprie della nostra struttura conoscitiva ( condizioni di pensabilità degli oggetti).In altri
termini è l' oggetto della conoscenza condizionato dalle forme a priori della sensibilità (ovvero
spazio e tempo) e dalle categorie dell' intelletto: Il fenomeno, così inteso, risulta quindi relativo e
vincolato al soggetto, in quanto non può sussistere in sé ma solamente in noi stessi.Tutto quanto
appena illustrato non significa che il fenomeno sia una realtà ingannevole e illusoria: infatti esso è
caratterizzato da una sua specifica oggettività. Infatti risulta conoscibile allo stesso modo per tutti
gli intelletti conformati a quello umano, poiché alla base della struttura mentale di ogni individuo vi
è la medesima attività ordinatrice costituita dall “io penso”. Inoltre si deve contrapporre alla cosa
in sé,ossia la realtà considerata indipendentemente da noi e dalle forme a priori mediante cui la
conosciamo. Per risultare piu chiari possibile si puo considerare tale cosa in sé come una “X
sconosciuta” che rappresenta il necessario correlativo del fenomeno ,”l'oggetto per noi”. Per Kant
dunque il mondo fenomenico è il solo mondo reale che ci è dato conoscere, avendo la nostra
conoscenza validità esclusivamente nei limiti imposti dall' esperienza ed essendo sprovvista di un
organo puramente intuitivo con il quale soltanto essa potrebbe cogliere la realtà come è in sé
stessa. Questa realtà, come è in se stessa , considerata oggetto di una ipotetica
conoscenza(razionale), viene definita “noumeno”(cio che è pensato, deriv. di noein=percepire con
la mente). I.Kant-ritratto-
L'EVOLUZIONE DEL TERMINE NE LA “FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO “ HEGELIANA
La dottrina dei fenomeni del senso esterno e della loro illusorietà verrà proposta dallo stesso I.
Kant ne ”Primi principi metafisici della scienza della natura, 1786” con il termine fenomenologia.
Questo vocabolo, con cui letteralmente si indica la dottrina dell 'apparenza, ha assunto con il
passare del tempo molteplici significati; nel mio percorso di analisi ho scelto di sottolinearne la
particolare quanto interessante accezione attribuitagli da G.W.F. Hegel ne la “Fenomenologia
dello spirito”.Il filosofo di Stuttgart lo intese, in relazione allo Spirito, come 'scienza dell'esperienza
della coscienza': i fenomeni sono in questo caso interpretati come le figure e le stazioni che la
coscienza umana dialetticamente e storicamente percorre allo scopo di pervenire al sapere.In
sintesi Hegel si propone di mettere in luce la storia della coscienza che dalle sue prime
manifestazioni sensibili/fenomeniche, giunge ad apparire a se stessa nella sua vera natura , cioè
come coscienza assoluta o universale.In questo senso la fenomenologia si configura come la via
attraverso la quale lo spirito ripercorre i gradi di formazione dello Spirito universale. Essa si
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articola in quattro momenti: la coscienza, l' autocoscienza, la ragione e lo spirito. Soffermiamoci
in particolare sulla coscienza.
La Coscienza individuale ripercorre tutte le tappe dello Spirito Assoluto, e dopo molti travagli,
viene ad identificarsi con esso. In questo percorso emerge forse la più famosa figura
della Fenomenologia dello Spirito, vale a dire quella della Coscienza infelice cioè “quella
coscienza che non sa di essere tutta la realtà , e che pertanto viene dilaniata da opposizioni interne
che riesce a superare solo comprendendo di essere il tutto.” Inconsapevole di essere tutta la
Realtà, versa in uno stato di scissione con l'Intero, sperimentando le lacerazioni, le opposizioni, i
conflitti che si possono risolvere soltanto con la certezza che, su ogni singola realtà, questa stessa
coscienza vi potrà scorgere la sua piena realizzazione come Ragione
, ritrovando la piena armonia
con l' Assoluto.
In Hegel Tale coscienza si carica anche di un significato propriamente religioso, qualora si
consideri la scissione tra la coscienza mutevole dell'individuo e quella immutabile di Dio. Questa
scissione appare evidente nell'ebraismo, dove il Dio è visto come un essere
totalmente trascendente, padrone della vita e della morte: vi sarebbe dunque un rapporto di
signoria-servitù fra Dio e l'uomo.
In un secondo momento, con il Cristianesimo medioevale, questa scissione sembra sanarsi
quando Dio si assimila all'uomo incarnandosi.Tuttavia, nulla viene veramente risolto: Cristo, da un
lato, con la propria resurrezione, ritorna ad allontanarsi dall'uomo, superando la sua stessa
incarnazione e, per altro verso, essendo Cristo vissuto storicamente in tempi anteriori, i molti che
gli sono succeduti non hanno potuto assistere al miracolo dell'incarnazione di un Dio che ormai è
separato dalla storia e lontano dai credenti.Pertanto la scissione è tutt'altro che risolta, e la
coscienza, sentendosi ancora separata dall'Assoluto, permane nell'infelicità.
Le manifestazioni dell’infelicità della coscienza dell'uomo cristiano-medievale sono tre:
-la devozione
-le opere di bene
-la mortificazione di sé e del proprio corpo con le pratiche ascetiche.
La presa di coscienza del proprio valore, dopo aver toccato il punto più basso con la
mortificazione di sé nei confronti della divinità, avviene nel Rinascimento, quando l'uomo riprende
coscienza della propria forza ed inizia il cammino per raggiungere l'Assoluto.
Dunque al centro di questa analisi del percorso di perfezionamento dell' io troviamo la figura
della coscienza infelice, presa in esame anche sotto un profilo religioso: il mio intento è di
ampliare il senso della coscienza infelice introdotto da Hegel ad una dimensione differente. Ciò
mi ha portato a considerare un movimento cultural-spirituale, l' ESISTENZIALISMO, in particolar
in campo artistico.
modo
L'esistenzialismo nasce come una corrente di pensiero che si è espressa nella filosofia,
nella letteratura, nelle arti e nel costume. Nel percorso di approfondimento che ho voluto
intraprendere ho scelto di considerare , come detto poco fa, l' espressione di tale corrente nella
dimensione artistica.Pertanto desidererei parlaredi uno degli spiriti piu tormentati del novecento, in
cui il senso di infelicità esistenziale si manifesta in modo particolarmente efficace attraverso una
riflessione sull'individualità, la solitudine dell'io di fronte al mondo, l'inutilità, la precarietà, la
finitudine, il fallimento, l'assurdo della vita:Egon Schiele.
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EGON SCHIELE
“Sopportare per sopportare è una cupa follia “
Egon Schiele nacque nel 1890 a Tulln, in Austria. Figlio di un
capostazione delle ferrovie dell'impero austro ungarico, a quindici anni
restò orfano del padre che soffriva di disturbi mentali.
Nel 1906 si iscrisse all'Accademia di Belle Arti di Vienna e nel 1907
conobbe Gustav Klimt che lo stimolò nel miglioramento della tecnica
del segno e del contorno e lo introdusse nel Wiener Werkstätte
(Vienna Workshop), fondato nel 1903. Schiele, che considerò Klimt