vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Italiano: Gabriele D'Annunzio
Filosofia: Friedrich Nietzsche
Storia: il Fascismo (Benito Mussolini)
Francese: Paul Verlaine
Storia dell'arte: Henri Matisse
Geografia astronomica: le stelle
Fisica: il campo magnetico
superlativo e brillante deve essere l'artista, che vuole raggiungere e identificarsi con il bello. L’artista é
convinto che il senso della vita non è nella realtà, ma nell’immaginarla. Il sogno è più bello che qualsiasi
realtà banale e mediocre, essendo la bellezza non intrinseca all'oggetto, ma un'immagine che ci colpisce e
che ci trasmette emozioni. Di qui nasce la ricerca del piacere e la convinzione dell’esteta che la sua salvezza
risieda proprio nei vizi. Egli intraprende una lotta contro la virtù, non quella vera, ma quella che appare tale,
che si fa credere e lodare come virtù. Non gli resta che contrapporre alla falsa virtù il peccato vero,
eccezionale, eroico, che s'imponga all'attenzione dei falsi benpensanti e moralisti. Il Decadentismo vede nel
poeta il <<veggente>>, cioè l’esploratore del mistero, dell’inconscio e dell’assoluto a cui perviene per
improvvise folgorazioni e intuizioni. Poiché la sua funzione è di illuminare e svelare l’ignoto il poeta
veggente riduce la poesia ad un monologo avvalendosi spesso di un linguaggio oscuro, che solo spiriti affini,
capaci di percepire le stesse raffinate sensazioni, possono comprendere. La figura dell'Esteta, è stata
consacrata da 2 opere:
“Il piacere” di Gabriele d’Annunzio in Italia;
“Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde in Inghilterra.
LATINO
Petronio
Se le letterature moderne confermano a pieno la nascita del movimento dell’estetismo anche la letteratura
latina dimostra l'esistenza di opere che esprimono sia l'esaltazione dei piaceri sia la critica nei confronti di
una società corrotta. Di Petronio Arbitro non conosciamo nulla direttamente ma la critica porta ad
identificare Petronio con l'autore del Satyricon descritto da Tacito negli
"Annales". Qui si narra come egli trascorresse le giornate dormendo e le notti
dedicandosi ai piaceri della vita. Aveva ottenuto la fama dalla sua indolenza ed
era considerato un gaudente raffinato. Le sue parole e le sue azioni risultavano
gradevoli; accolto fra i pochi intimi di Nerone, l’imperatore giudicava piacevole
ed elegante soltanto ciò che gli veniva raccomandato da Petronio. Fu un politico
accorto, proconsole in Bitinia e successivamente console nel 62. Questa
posizione di favore e di privilegio suscitò la gelosia e l’odio di Tigellino che
l’accusò dunque di essere stato uno dei promotori della congiura pisoniana; non
volle attendere che gli giungesse l’ordine di morire, ma prima ancora, mentre
era a Cuma (proprio a séguito dell’imperatore), si fece incidere le vene, e poi,
rallentando il momento della fine richiudendosele, passò le ultime ore a
banchetto non a discorrere, alla maniera dei saggi e degli uomini forti (insomma, alla maniera stoica di
Lucano e di Seneca), i soliti discorsi sull’immortalità dell’anima, bensì - con ostentato atteggiamento
epicureo – ascoltando poesie di contenuto poco serio e amene discussioni. Tuttavia, volle mostrarsi anche
serio e responsabile: si occupò dei suoi servi (ne ricompensò alcuni, altri li fece sferzare), e scelse di
denunciare apertamente, in una serie di "codicilli", i crimini dell’imperatore (non volle adularlo come
solevano invece fare i condannati per mettere al riparo da persecuzioni amici e parenti), descrivendone con
ogni particolare la vita scandalosa, con nomi di pervertiti e di prostitute; quindi, sigillò lo scritto e distrusse il
suo anello, perché non potesse venire riutilizzato in qualche intrigo o per calunniare innocenti.
Il suo intelletto eccelso, il suo amore per le cose di classe e la sua capacita di intrattenitore fanno di lui il
primo "dandy" conosciuto e lo identificano con il probabile autore del "Satyricon" .
Del romanzo ci è pervenuta solo una piccola parte (15' e 16' libro) che contiene anche alcune novelle
(matrona di Efeso) e alcune poesie (bellum civile). A proposito del Satyricon nascono molte questioni
riguardanti il titolo e la data di composizione: il titolo può essere interpretato come saturae (collegato alle
satire menippee) oppure come il genitivo concordato con libri(sottointeso); per quanto riguarda la data si era
pensato attorno al terzo secolo d.c., ma i critici sono quasi unanimemente d 'accordo ad assegnare il
Satyricon a Petronio. Il Satyricon è una successione di tante scene, apparentemente autonome, ma legate fra
loro dal protagonista Encolpio, filo conduttore di tutto il romanzo, che rievoca le avventure e le peripezie di
un viaggio compiuto in compagnia di un bellissimo giovinetto, Gìtone. Encolpio possiede le medesime 3
caratteristiche dei tipico personaggio decadente, é un personaggio colto e raffinato, ama la bella vita e vive
ogni momento con intensità. Suo compagno di viaggio e rivale in amore è Ascilto. Una sacerdotessa li accusa
di aver violato i sacri misteri del suo dio e li obbliga, per rimediare al sacrilegio, a partecipare ad un’orgia nel
corso della quale vengono sottoposti ad estenuanti sevizie erotiche. Altro episodio è quello della cena a cui i
tre partecipano insieme ad altri convitati nella casa del ricchissimo liberto Trimalchione, che ostenta
ricchezza in modo pacchiano, all’insegna del cattivo gusto. Nel testo sono presenti numerose poesie e
novelle; proprio questa mescolanza tra prosa e poesia rimanda alla satira menippea della quale sembra
l'evoluzione. In effetti Petronio spiega con distaccata ironia il contesto sociale delle classi emergenti e dei
nuovi ricchi. L'autore offre il ritratto di una società ormai corrotta e avida in cui sono orinai espliciti ì sintomi
di un decadimento sociale.
È interessante notare come l'originalità di Petronio sta nel rappresentare una visione complessiva del reale e
non solo semplici frammenti di vita quotidiana,ironicamente ma senza giudizi morali, mantenendo un
atteggiamento di signorile distacco. Egli si diverte descrivendo quel mondo di studenti squattrinati, gli
intellettuali falliti, di nuovi ricchi che tentano di coprire l’irrimediabile volgarità delle loro origini con
ostentazione di un lusso pacchiano, di signore vogliose e serve scaltre. Dal succedersi frenetico delle vicende
sembra emergere un senso di precarietà e d’insicurezza, una visione della vita multiforme e frantumata,
dominata da una fortuna capricciosa ed imprevedibile e oscurata dal pensiero sempre incombente della
morte. Possiamo infine evidenziare la diversità di linguaggio che esprime al meglio il carattere realistico
della composizione: personaggi colti e raffinati come Encolpio utilizzano spesso un linguaggio erudito e
classicheggiante anche se a volte usano alcuni volgarismi; altri come il liberto Trimalchione, usano un
idioma molto più rozzo.
ITALIANO
Gabriele D’Annunzio
Gabriele d’Annunzio nasce a Pescara nel 1863 e muore a Brescia nel 1938.
D'Annunzio è una personalità di livello europeo nel panorama culturale del primo
Novecento. Egli viene adottato da un ricco zio dal quale prende il nome. La sua
formazione culturale inizia a Prato con gli studi liceali, seguita dall’esperienza
universitaria alla facoltà di lettere a Roma, ma non giunse mai alla laurea perché allo
studio preferì la vita mondana della capitale, dove visse frequentando i salotti più
rinomati e i circoli letterari. Qui inizia la sua carriera da giornalista e dopo essere stato
collaboratore di alcuni periodici, diventa cronista della società aristocratica. Rapì e
sposò la duchessina di Gallese Maria Hardouin, dalla quale poi si separò. Visse per
qualche tempo come un signore rinascimentale nella villa Capponcina, circondato da
belle donne, armi, cavalli e servi, senza porsi la minima preoccupazione economica.
Egli si indebita ed è costretto a fuggire in Francia per scappare dai suoi creditori. A
Parigi D'Annunzio diventa in poco tempo una celebrità e quindi riesce a mantenere
inalterato il suo stile di vita. Allo scoppio della Grande Guerra tornò in Italia e partecipò al conflitto
compiendo numerose azioni di valore. Finita la guerra, poiché gli alleati non volevano riconoscere
l’annessione di Fiume all’Italia, nel 1919, partì da Ronchi con i suoi legionari e occupò Fiume, reggendola
fino al <<Natale di sangue>> ,quando si ritirò per non spargere sangue fraterno combattendo contro le truppe
inviate dal governo italiano. Dopo l’impresa di Fiume venne nominato dal re principe di Montenevoso, visse
fino alla morte nella villa sulle rive del lago di Garda da lui acquistata e chiamata <<Il Vittoriale degli
Italiani>> .
Il pensiero 4
Il D’Annunzio, come il Pascoli, avvertì i limiti e la crisi del Naturalismo e del Positivismo di fine secolo.
Entrambi hanno in comune la sfiducia nella scienza e nella ragione, rivelatesi incapaci di dare una
spiegazione sicura e definitiva della vita e del mondo.
La poetica del D’Annunzio rispecchia la sensualità del suo temperamento, intesa come abbandono gioioso
alla vita dei sensi e dell’istinto, per scoprire l’essenza profonda dell’io. Si rinnova quindi in lui il tema
romantico dell’assoluto. I romantici però cercavano di raggiungerlo con l’estasi dello spirito davanti
all’infinito, D’Annunzio lo ricerca con l’estasi panica, immergendosi cioè nella natura e nelle cose.
Il rappresentante italiano dell’Estetismo e del Decadentismo
D’annunzio è allo stesso tempo esteta e decadente.
E’ esteta perché cerca di trasferire il suo gusto estetizzante alla vita, coltivando l’eleganza e
indulgendo al gesto clamoroso. Egli adora circondarsi di raffinate opere d’arte e conduce una vita
dispendiosa che lo porta ad indebitarsi (vita inimitabile).
E’ decadente perché rifiuta il metodo scientifico e razionale, sceglie le parole più per il loro valore
evocativo e musicale che per il suo significato logico, esprime il panismo (ossia la tendenza ad
abbandonarsi alla vita dei sensi e dell’istinto, ad immedesimarsi con le forze e gli aspetti della
natura), afferma la superiorità dell’arte (infatti l’Estetismo deriva dal Decadentismo) e rivendica il
privilegio dell’artista rispetto alle masse.
In D’Annunzio l’estetismo ed il decadentismo hanno in comune un aspetto molto importante: la vita
inimitabile che si trasforma in mito di massa (cioè il superuomo o poeta vate). La vita inimitabile infatti è
rappresentata dalla ricerca dei piaceri e della bellezza (Estetismo) mentre il mito di massa è il poeta vate che
ha il compito di indicare alla folla gli obiettivi da raggiungere (Decadentismo).Il termine Decadentismo
indica la decadenza o il tramonto di una cultura, a cui segue l’origine di una nuova, basata sull’Estetismo.
L’artista diventa un vero e proprio mito, con lo scopo di pubblicizzare il proprio lavoro e di soddisfare le
esigenze del pubblico. Gabriele D'Annunzio crea intorno alla propria figura le molteplici leggende dell'eroe
impavido, dell'amante fatale, del genio inesauribile ma, forzando la sua immagine di poeta visivo e sensuale,
cade nell’artificio e nella retorica: una retorica fastosa, opulenta, esagerata che fa di lui il Monti redivivo.
Egli con il romanzo “Il piacere” inaugura il Decadentismo da cui deriva appunto l’Estetismo e seppe creare
un proprio stile di vita e di arte che va sotto il nome di <<dannunzianesimo>> che influenzò la vita pratica,
letteraria e politica italiana del suo tempo.
Il piacere
Nel 1889 fu pubblicato il romanzo “Il piacere”. Il protagonista è Andrea Sperelli, un giovane aristocratico
che ama l’eleganza e l’arte; il suo estetismo lo porta a trascurare la vita pratica a favore di un’idealizzazione
dell’amore e del bello. Andrea è combattuto tra due donne: Elena Muti che incarna la donna fatale e
l’erotismo lussuoso, e Maria Ferres donna angelo e pura. Vi è una continua lotta tra la voglia inappagata nei
confronti di Elena (la quale si è sposata) e il rifugio sicuro presso Maria, la quale però rifiuta il protagonista
lasciandolo solo nella sua sconfitta. In questo romanzo si nota perfettamente che d’Annunzio è
contemporaneamente esteta e decadente. Il protagonista, con la sua vita raffinata, rappresenta l’esteta per