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Letteratura latina: Petronio (elegantiae arbiter)
Inglese: Oscar Wilde; John Keats
Italiano: Gabriele D'Annunzio (tra estetismo e superomismo)
Storia: il Fascismo
Storia dell'arte: Antonio Canova
I giudizi riflettenti si dividono in:
Giudizi estetici Giudizi teleologici
Riguardano il rapporto tra il soggetto e la Colgono l’ordine finalistico interno agli
rappresentazione dell’oggetto ed esprimono oggetti stessi.
il sentimento dell’accordo che sussiste tra di
essi.
Nella prima parte della Critica del Giudizio, il termine “estetica” torna ad assumere il significato
di “dottrina dell’arte e della bellezza”, e in essa Kant si occupa di due importanti concetti: il
bello e il sublime.
Secondo il filosofo, per stabilire se una cosa è bella oppure no, adoperiamo il sentimento di
piacere o di dispiacere che si manifesta in un giudizio di gusto.
Il giudizio estetico è puramente contemplativo, infatti esso si limita a riflettere su oggetti già
costituiti dall’intelletto, a cui il sentimento si rivolge per valutare se essi suscitano o meno un
particolare gradimento.
Il giudizio di gusto è assolutamente disinteressato, poiché riguarda non l’oggetto in sé, ma la
rappresentazione di esso e il sentimento che suscita. Il carattere disinteressato del bello deriva
dalla concezione della attività estetica come gioco: il piacere derivante dalla fruizione di un’
opera è legato al libero gioco dell’immaginazione e dell’intelletto, in virtù del quale l’intelletto
coglie l’oggetto in una relazione armonica rispetto alla propria esigenza di libertà.
Il giudizio di gusto ha una pretesa di universalità.
Infatti Kant afferma : “il bello è ciò che piace universalmente senza concetto”
cioè ,il bello richiede che il sentimento di piacere che ne scaturisce sia condiviso da tutti, senza
dipendere da un particolare concetto o conoscenza.
Perciò PIACEVOLE = PIACERE ESTETICO
Inoltre il piacere è immediato, non scaturisce in seguito a un ragionamento, io giudico un oggetto
bello nel momento in cui lo vivo spontaneamente come tale. La bellezza non è una qualità
dell’oggetto, ma della rappresentazione che di essa ci facciamo quando la giudichiamo
disinteressatamente (ossia “esteticamente”).
Ma com’è possibile che un oggetto sia giudicato bello da tutti?
Kant sostiene che la pretesa di validità universale dei giudizi di gusto risiede nella comune
struttura mentale degli uomini, ovvero in tutti i soggetti esiste un senso comune che permette di
cogliere l’armonia tra le caratteristiche formali dell’oggetto e le proprie esigenze di unità e di
finalità.
Quindi, per il filosofo, la bellezza non risiede negli oggetti, ma nel soggetto che proietta il
sentimento di armonia, inconsapevolmente, sugli oggetti, come se si trattasse di una loro
proprietà intrinseca. Rivoluzione copernicana estetica
(inversione del rapporto fra soggetto e oggetto; il
giudizio estetico è un giudizio di relazione, in cui il
soggetto attribuisce la bellezza all’oggetto dopo aver
percepito l’accordo con esso) 5
Il sublime sentimento dell’illimitato che provoca una sorta di “piacevole orrore”
di fronte a uno spettacolo grandioso o sconvolgente della natura, che affascina e inquieta al
tempo stesso. Il sublime può essere di due tipi:
matematico ( ha per oggetto la grandezza della natura);
dinamico (legato alla “potenza” della natura).
L’estetica romantica ripudia il principio di “imitazione” e le regole
classicistiche e viene a configurarsi come un estetica della creazione
al poeta è attribuita una libertà sconfinata e all’arte
una spontaneità assoluta, che ne fa una attività in
perenne “divenire” , ossia dotata di inesauribile attività creativa.
Schelling e l’idealismo estetico
Schelling è considerato il filosofo idealista che più compiutamente
esprime la sensibilità del romanticismo.
Centrali sono, nella sua riflessione, i motivi inerenti alla natura,
all’arte, al panteismo e all’inconscio. La concezione della poesia
come essenza dell’universo, l’esaltazione del genio artistico
capace di penetrare il senso oscuro e infinito delle
cose, superiore in questo al filosofo e allo scienziato, fanno subito,
di questo autore, il filosofo alla moda nei circoli romantici
tedeschi.
Schelling ritiene che il principio supremo deve essere un Assoluto
o Dio che sia insieme soggetto e oggetto, ragione e natura, idealità
e realtà, attività razionale e attività inconsapevole.
Per questo motivo unisce: la sostanza di Spinoza (il principio dell’infinità oggettiva) e l’Io di
Fichte (il principio dell’infinità soggettiva).
Shelling ammette due possibili direzioni della ricerca filosofica:
la filosofia della natura, diretta a mostrare come la natura si risolva nello spirito,
illustrando il progressivo farsi intelligenza della natura;
la filosofia trascendentale, diretta a mostrare il progressivo farsi natura dello spirito.
L’idealismo estetico
Nella filosofia trascendentale, che si divide in filosofia teoretica e filosofia pratica, Spirito e
Natura, Conscio e Inconscio continuano a configurarsi come due poli distinti.
Schelling deve allora fare un passo in avanti, deve cercare di cogliere l’identità in se stessa,
deve cercare un mezzo, che gli permetta di cogliere oggettivo e soggettivo insieme: lo trova
nell’arte. Inserendosi nel quadro dell’estetismo romantico , il filosofo ritiene che l’arte
rappresenti l’organo di rivelazione dell’Assoluto nei suoi caratteri di infinità, consapevolezza
e inconsapevolezza al tempo stesso.
Nella creazione estetica l’artista vive un momento inconscio o spontaneo (=l’ispirazione) e un
momento conscio e meditato (=l’esecuzione cosciente), che si sintetizzano nell’opera.
L’intero fenomeno dell’arte, che è un produrre spirituale in modo naturale o un produrre
naturale in modo spirituale, rappresenta la miglior chiave per intendere la struttura
dell’assoluto.
Inoltre, nella creazione estetica si ripete il mistero stesso della creazione del mondo da parte
dell’Assoluto. 6
Kierkegaard e la vita estetica
Kierkegaard cerca di ricondurre la comprensione dell’intera esistenza
umana alla categoria della possibilità e mette in luce il carattere negativo
e paralizzante della possibilità come tale. Infatti, ogni possibilità è
“possibilità-che-si”, ma anche “possibilità-che-non”, ovvero implica la
nullità possibile di ciò che è possibile,quindi la minaccia del nulla. Egli
stesso vive in pieno la figura del discepolo dell’angoscia, di chi sente in
sé le possibilità annientatrici che ogni alternativa dell’esistenza prospetta.
Il punto zero è l’indecisione permanente, l’equilibrio instabile fra le
alternative che si aprono di fronte all’uomo. Kierkegaard riconosce che il
proprio compito, l’unità della propria personalità è proprio l’impossibilità
di scegliere tra le alternative opposte,di riconoscersi e di attuarsi in una
possibilità unica.
Inoltre il filosofo cerca di chiarire le possibilità fondamentali che si offrono all’uomo, gli stadi o i
momenti della vita che costituiscono le alternative dell’esistenza e tra le quali l’uomo
generalmente è condotto a scegliere, mentre egli, Kierkegaard, non poteva scegliere.
Gli stadi dell’esistenza presi in considerazione dal filosofo sono:
la vita estetica
la vita etica
la vita religiosa
stadio estetico
Lo è la forma di vita di chi esiste nell’attimo, fuggevolissimo e irripetibile.
L’esteta è colui che vive poeticamente, in uno stato di ebbrezza intellettuale continua. Egli ricerca
nella vita ciò che vi è d’interessante e foggia un mondo luminoso, dal quale è assente ogni cosa
banale, meschina e insignificante. La vita estetica esclude la ripetizione, che implica sempre
monotonia e toglie interesse alle vicende più promettenti.
Secondo Kierkegaard, l’esteta è concretamente rappresentato dal Don Giovanni
Il quale pone il proprio godimento non nella ricerca
sfrenata e indiscriminata del piacere, ma nella
limitazione e nell’intensità dell’appagamento.
Però la vita estetica rivela la sua insufficienza nella noia.
Chiunque viva esteticamente è disperato; la
disperazione, infatti, è l’ultimo sbocco dello stadio
estetico. è l’ansia di una vita diversa che si prospetta come
un’altra alternativa possibile. 7
Letteratura Latina
Petronio
Una serie di codici ci ha tramandato degli estratti di
un’opera narrativa, mista di prosa e di versi, intitolata
Satyricon e attribuita a un autore chiamato Petronio
Arbitro. Molti studiosi concordano nel collocare tale
opera nel I secolo d.C. e nel riconoscere come autore
il Petronio di cui parla Tacito. Lo storico afferma
dello scrittore :
Trascorreva le giornate dormendo, le notti
dedicandosi ai piaceri e alle occupazioni della vita;
come altri avevano ottenuto fama dalla loro operosità,
così egli l’aveva ottenuta dalla sua indolenza, e non
era considerato un crapulone e uno scialacquatore,
come avviene di solito a chi dissipa il proprio
patrimonio, ma un gaudente raffinato. Le sue parole e
le sue azioni, quanto più erano disinvolte
e ostentavano una certa non curanza, tanto più risultavano gradevoli, dando l’impressione della
spontaneità. [..] In seguito, fu accolto fra i pochi intimi di Nerone, come arbitro del buon
gusto(ELEGANTIAE ARBITER): l’imperatore giudicava piacevole ed elegante soltanto ciò
che gli veniva raccomandato da Petronio.
Tacito prosegue affermando che questa posizione di favore e di privilegio suscitò la gelosia e
l’odio di Tigellino (prefetto del pretorio che era succeduto ad Afranio Burro), che lo accusò di
essere amico di uno dei promotori della congiura pisoniana. Petronio fu costretto a darsi la morte,
dando prova fino all’ultimo di quel distacco, di quell’anticonformismo e di quella disinvoltura un
po’ eccentrica, da gran signore, che l’avevano sempre caratterizzato.
Tuttavia non si precipitò a suicidarsi, ma, fattesi tagliare le vene, le fece poi rilegare e aprire di
nuovo, conversando con gli amici non di argomenti seri o tali da cercarvi gloria di stoico: non li
ascoltava parlare dell'immortalità dell’anima e citare le sentenze dei filosofi, ma mentre
recitavano carmi leggeri e versi facili. Ad alcuni degli schiavi elargì ricompense, ne fece frustare
altri. Si mise a tavola, poi si abbandonò al sonno, in modo che la morte, benché forzata, fosse
simile a una fine fortuita. (Tacito, Annales,XVI,19)
Il Satyricon ci è pervenuto in forma frammentaria e lacunosa. La vicenda è narrata in prima
persona da un giovane di nome Encolpio, che rievoca le peripezie e le avventure di un viaggio in
compagnia di un bellissimo giovinetto, Gitone, di cui è innamorato. Tra gli episodi più
importanti ricordiamo l’incontro con il retore Agamennone, la rivalità con Encolpio, la cena di
Trimalchione, l’incontro con un vecchio letterato e avventuriero(Eumolpo), il soggiorno a 8
Crotone e la collera del dio Priapo.
•
Attribuire un genere letterario al Satyricon è molto complicato, infatti per le sue diverse
caratteristiche esso può essere accostato al:
romanzo antico,
satira menippea,
mimo,
novella milesia,
pastiche.
Petronio si diverte a descrivere quel mondo di studenti squattrinati (come Encolpio), di
intellettuali falliti (come Eumolpo), di giovani amanti opportunisti e capricciosi (come
Gìtone), di nuovi ricchi che tentano di nascondere l’irrimediabile volgarità delle loro origini
con l’ostentazione di un lusso pacchiano (Trimalchione), di avventurieri senza scrupoli. Nei
confronti di questo mondo vivacissimo egli mantiene tuttavia un atteggiamento costante di
superiore e signorile distacco; osserva e descrive tutto con assoluta spregiudicatezza,
lucidità e penetrazione critica, ma al tempo stesso con uno spirito ironico e giocoso.
Lo stile abituale del narratore è semplice e disinvolto, prevalentemente paratattico, con rare
intrusioni di veri e propri volgarismi e abbondanti grecismi. In certi casi il linguaggio si eleva
notevolmente, facendosi elaborato, magniloquente ed enfatico, con intenti ironici e
parodistici. All’opposto di questi momenti di stile “alto”, si pone il sermo vulgaris dei
personaggi incolti o dotati, come Trimalchione, un linguaggio ricco di irregolarità fonetiche,