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Sintesi
Filosofia: Immanuel Kant (la Critica del Giyudizio); Friedrich Shelling (idealismo estetico); Soren Kierkegaard (lo stadio estetico)

Letteratura latina: Petronio (elegantiae arbiter)

Inglese: Oscar Wilde; John Keats

Italiano: Gabriele D'Annunzio (tra estetismo e superomismo)

Storia: il Fascismo

Storia dell'arte: Antonio Canova
Estratto del documento

I giudizi riflettenti si dividono in:

Giudizi estetici Giudizi teleologici

Riguardano il rapporto tra il soggetto e la Colgono l’ordine finalistico interno agli

rappresentazione dell’oggetto ed esprimono oggetti stessi.

il sentimento dell’accordo che sussiste tra di

essi.

Nella prima parte della Critica del Giudizio, il termine “estetica” torna ad assumere il significato

di “dottrina dell’arte e della bellezza”, e in essa Kant si occupa di due importanti concetti: il

bello e il sublime.

Secondo il filosofo, per stabilire se una cosa è bella oppure no, adoperiamo il sentimento di

piacere o di dispiacere che si manifesta in un giudizio di gusto.

Il giudizio estetico è puramente contemplativo, infatti esso si limita a riflettere su oggetti già

costituiti dall’intelletto, a cui il sentimento si rivolge per valutare se essi suscitano o meno un

particolare gradimento.

Il giudizio di gusto è assolutamente disinteressato, poiché riguarda non l’oggetto in sé, ma la

rappresentazione di esso e il sentimento che suscita. Il carattere disinteressato del bello deriva

dalla concezione della attività estetica come gioco: il piacere derivante dalla fruizione di un’

opera è legato al libero gioco dell’immaginazione e dell’intelletto, in virtù del quale l’intelletto

coglie l’oggetto in una relazione armonica rispetto alla propria esigenza di libertà.

Il giudizio di gusto ha una pretesa di universalità.

Infatti Kant afferma : “il bello è ciò che piace universalmente senza concetto”

cioè ,il bello richiede che il sentimento di piacere che ne scaturisce sia condiviso da tutti, senza

dipendere da un particolare concetto o conoscenza.

Perciò PIACEVOLE = PIACERE ESTETICO

Inoltre il piacere è immediato, non scaturisce in seguito a un ragionamento, io giudico un oggetto

bello nel momento in cui lo vivo spontaneamente come tale. La bellezza non è una qualità

dell’oggetto, ma della rappresentazione che di essa ci facciamo quando la giudichiamo

disinteressatamente (ossia “esteticamente”).

Ma com’è possibile che un oggetto sia giudicato bello da tutti?

Kant sostiene che la pretesa di validità universale dei giudizi di gusto risiede nella comune

struttura mentale degli uomini, ovvero in tutti i soggetti esiste un senso comune che permette di

cogliere l’armonia tra le caratteristiche formali dell’oggetto e le proprie esigenze di unità e di

finalità.

Quindi, per il filosofo, la bellezza non risiede negli oggetti, ma nel soggetto che proietta il

sentimento di armonia, inconsapevolmente, sugli oggetti, come se si trattasse di una loro

proprietà intrinseca. Rivoluzione copernicana estetica

(inversione del rapporto fra soggetto e oggetto; il

giudizio estetico è un giudizio di relazione, in cui il

soggetto attribuisce la bellezza all’oggetto dopo aver

percepito l’accordo con esso) 5

Il sublime sentimento dell’illimitato che provoca una sorta di “piacevole orrore”

di fronte a uno spettacolo grandioso o sconvolgente della natura, che affascina e inquieta al

tempo stesso. Il sublime può essere di due tipi:

 matematico ( ha per oggetto la grandezza della natura);

 dinamico (legato alla “potenza” della natura).

L’estetica romantica ripudia il principio di “imitazione” e le regole

classicistiche e viene a configurarsi come un estetica della creazione

al poeta è attribuita una libertà sconfinata e all’arte

una spontaneità assoluta, che ne fa una attività in

perenne “divenire” , ossia dotata di inesauribile attività creativa.

Schelling e l’idealismo estetico

Schelling è considerato il filosofo idealista che più compiutamente

esprime la sensibilità del romanticismo.

Centrali sono, nella sua riflessione, i motivi inerenti alla natura,

all’arte, al panteismo e all’inconscio. La concezione della poesia

come essenza dell’universo, l’esaltazione del genio artistico

capace di penetrare il senso oscuro e infinito delle

cose, superiore in questo al filosofo e allo scienziato, fanno subito,

di questo autore, il filosofo alla moda nei circoli romantici

tedeschi.

Schelling ritiene che il principio supremo deve essere un Assoluto

o Dio che sia insieme soggetto e oggetto, ragione e natura, idealità

e realtà, attività razionale e attività inconsapevole.

Per questo motivo unisce: la sostanza di Spinoza (il principio dell’infinità oggettiva) e l’Io di

Fichte (il principio dell’infinità soggettiva).

Shelling ammette due possibili direzioni della ricerca filosofica:

 la filosofia della natura, diretta a mostrare come la natura si risolva nello spirito,

illustrando il progressivo farsi intelligenza della natura;

 la filosofia trascendentale, diretta a mostrare il progressivo farsi natura dello spirito.

L’idealismo estetico

Nella filosofia trascendentale, che si divide in filosofia teoretica e filosofia pratica, Spirito e

Natura, Conscio e Inconscio continuano a configurarsi come due poli distinti.

Schelling deve allora fare un passo in avanti, deve cercare di cogliere l’identità in se stessa,

deve cercare un mezzo, che gli permetta di cogliere oggettivo e soggettivo insieme: lo trova

nell’arte. Inserendosi nel quadro dell’estetismo romantico , il filosofo ritiene che l’arte

rappresenti l’organo di rivelazione dell’Assoluto nei suoi caratteri di infinità, consapevolezza

e inconsapevolezza al tempo stesso.

Nella creazione estetica l’artista vive un momento inconscio o spontaneo (=l’ispirazione) e un

momento conscio e meditato (=l’esecuzione cosciente), che si sintetizzano nell’opera.

L’intero fenomeno dell’arte, che è un produrre spirituale in modo naturale o un produrre

naturale in modo spirituale, rappresenta la miglior chiave per intendere la struttura

dell’assoluto.

Inoltre, nella creazione estetica si ripete il mistero stesso della creazione del mondo da parte

dell’Assoluto. 6

Kierkegaard e la vita estetica

Kierkegaard cerca di ricondurre la comprensione dell’intera esistenza

umana alla categoria della possibilità e mette in luce il carattere negativo

e paralizzante della possibilità come tale. Infatti, ogni possibilità è

“possibilità-che-si”, ma anche “possibilità-che-non”, ovvero implica la

nullità possibile di ciò che è possibile,quindi la minaccia del nulla. Egli

stesso vive in pieno la figura del discepolo dell’angoscia, di chi sente in

sé le possibilità annientatrici che ogni alternativa dell’esistenza prospetta.

Il punto zero è l’indecisione permanente, l’equilibrio instabile fra le

alternative che si aprono di fronte all’uomo. Kierkegaard riconosce che il

proprio compito, l’unità della propria personalità è proprio l’impossibilità

di scegliere tra le alternative opposte,di riconoscersi e di attuarsi in una

possibilità unica.

Inoltre il filosofo cerca di chiarire le possibilità fondamentali che si offrono all’uomo, gli stadi o i

momenti della vita che costituiscono le alternative dell’esistenza e tra le quali l’uomo

generalmente è condotto a scegliere, mentre egli, Kierkegaard, non poteva scegliere.

Gli stadi dell’esistenza presi in considerazione dal filosofo sono:

la vita estetica

la vita etica

la vita religiosa

stadio estetico

Lo è la forma di vita di chi esiste nell’attimo, fuggevolissimo e irripetibile.

L’esteta è colui che vive poeticamente, in uno stato di ebbrezza intellettuale continua. Egli ricerca

nella vita ciò che vi è d’interessante e foggia un mondo luminoso, dal quale è assente ogni cosa

banale, meschina e insignificante. La vita estetica esclude la ripetizione, che implica sempre

monotonia e toglie interesse alle vicende più promettenti.

Secondo Kierkegaard, l’esteta è concretamente rappresentato dal Don Giovanni

Il quale pone il proprio godimento non nella ricerca

sfrenata e indiscriminata del piacere, ma nella

limitazione e nell’intensità dell’appagamento.

Però la vita estetica rivela la sua insufficienza nella noia.

Chiunque viva esteticamente è disperato; la

disperazione, infatti, è l’ultimo sbocco dello stadio

estetico. è l’ansia di una vita diversa che si prospetta come

un’altra alternativa possibile. 7

Letteratura Latina

Petronio

Una serie di codici ci ha tramandato degli estratti di

un’opera narrativa, mista di prosa e di versi, intitolata

Satyricon e attribuita a un autore chiamato Petronio

Arbitro. Molti studiosi concordano nel collocare tale

opera nel I secolo d.C. e nel riconoscere come autore

il Petronio di cui parla Tacito. Lo storico afferma

dello scrittore :

Trascorreva le giornate dormendo, le notti

dedicandosi ai piaceri e alle occupazioni della vita;

come altri avevano ottenuto fama dalla loro operosità,

così egli l’aveva ottenuta dalla sua indolenza, e non

era considerato un crapulone e uno scialacquatore,

come avviene di solito a chi dissipa il proprio

patrimonio, ma un gaudente raffinato. Le sue parole e

le sue azioni, quanto più erano disinvolte

e ostentavano una certa non curanza, tanto più risultavano gradevoli, dando l’impressione della

spontaneità. [..] In seguito, fu accolto fra i pochi intimi di Nerone, come arbitro del buon

gusto(ELEGANTIAE ARBITER): l’imperatore giudicava piacevole ed elegante soltanto ciò

che gli veniva raccomandato da Petronio.

Tacito prosegue affermando che questa posizione di favore e di privilegio suscitò la gelosia e

l’odio di Tigellino (prefetto del pretorio che era succeduto ad Afranio Burro), che lo accusò di

essere amico di uno dei promotori della congiura pisoniana. Petronio fu costretto a darsi la morte,

dando prova fino all’ultimo di quel distacco, di quell’anticonformismo e di quella disinvoltura un

po’ eccentrica, da gran signore, che l’avevano sempre caratterizzato.

Tuttavia non si precipitò a suicidarsi, ma, fattesi tagliare le vene, le fece poi rilegare e aprire di

nuovo, conversando con gli amici non di argomenti seri o tali da cercarvi gloria di stoico: non li

ascoltava parlare dell'immortalità dell’anima e citare le sentenze dei filosofi, ma mentre

recitavano carmi leggeri e versi facili. Ad alcuni degli schiavi elargì ricompense, ne fece frustare

altri. Si mise a tavola, poi si abbandonò al sonno, in modo che la morte, benché forzata, fosse

simile a una fine fortuita. (Tacito, Annales,XVI,19)

Il Satyricon ci è pervenuto in forma frammentaria e lacunosa. La vicenda è narrata in prima

persona da un giovane di nome Encolpio, che rievoca le peripezie e le avventure di un viaggio in

compagnia di un bellissimo giovinetto, Gitone, di cui è innamorato. Tra gli episodi più

importanti ricordiamo l’incontro con il retore Agamennone, la rivalità con Encolpio, la cena di

Trimalchione, l’incontro con un vecchio letterato e avventuriero(Eumolpo), il soggiorno a 8

Crotone e la collera del dio Priapo.

Attribuire un genere letterario al Satyricon è molto complicato, infatti per le sue diverse

caratteristiche esso può essere accostato al:

 romanzo antico,

 satira menippea,

 mimo,

 novella milesia,

 pastiche.

Petronio si diverte a descrivere quel mondo di studenti squattrinati (come Encolpio), di

intellettuali falliti (come Eumolpo), di giovani amanti opportunisti e capricciosi (come

Gìtone), di nuovi ricchi che tentano di nascondere l’irrimediabile volgarità delle loro origini

con l’ostentazione di un lusso pacchiano (Trimalchione), di avventurieri senza scrupoli. Nei

confronti di questo mondo vivacissimo egli mantiene tuttavia un atteggiamento costante di

superiore e signorile distacco; osserva e descrive tutto con assoluta spregiudicatezza,

lucidità e penetrazione critica, ma al tempo stesso con uno spirito ironico e giocoso.

Lo stile abituale del narratore è semplice e disinvolto, prevalentemente paratattico, con rare

intrusioni di veri e propri volgarismi e abbondanti grecismi. In certi casi il linguaggio si eleva

notevolmente, facendosi elaborato, magniloquente ed enfatico, con intenti ironici e

parodistici. All’opposto di questi momenti di stile “alto”, si pone il sermo vulgaris dei

personaggi incolti o dotati, come Trimalchione, un linguaggio ricco di irregolarità fonetiche,

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