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Introduzione Esplorazione dell'inconscio: un percorso storico tesina
La tesina di maturità descrive il tema dell'inconscio. L’esplorazione dell’inconscio è più antica di quanto realmente si pensa e precede di molto la nascita della psicanalisi. Intuitivamente i pensatori dell’antichità avevano già gettato le basi di quella che sarà nel panorama del Novecento il grimaldello critico e la motivazione principale di ogni ricerca psicanalitica: la riflessione sull’animo umano, il conoscere se stessi. Da Solone in poi la ricerca filosofica ha preso sviluppi diversi , il punto di arrivo attuale elaborato dalla Psicanalisi coincide con il punto di partenza proponendosi come una forma estremamente evoluta e raffinata di ontologia (ricerca delle origini). Solo la Psicanalisi infatti ha elaborato una psicologia dell’inconscio, cioè si è servita del concetto di inconscio allo scopo di intravedere nella sua struttura e nel suo significato numerose manifestazioni della vita psichica normale e patologica. Tutte le altre specializzazioni del Sapere pur partendo dallo stesso presupposto lavorano e indagano su un oggetto che è esterno al soggetto pensante. Ricostruire la storia dell’inconscio equivale a ricostruire la storia dell’umanità. La seguente tesina permette vari collegamenti con le materie scolastiche.
Collegamenti
Esplorazione dell'inconscio: un percorso storico tesina
Filosofia:
Il positivismo, Freud e la nascita della psicanalisi
.Italiano:
Italo svevo, La coscienza di Zeno, Arthur Rimbaud
.Storia:
Tra romanticismo e positivismo, l'800
.Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:
A, nero corsetto villoso di mosche splendenti
Che ronzano intorno a crudeli fetori,
Golfi d'ombra; E, candori di vapori e tende,
Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d'umbelle;
I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra
Nella collera o nelle ubriachezze penitenti;
U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,
Pace di pascoli seminati d'animali, pace di rughe
Che l'alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;
O, suprema Tromba piena di strani stridori,
Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:
- O l'Omega, raggio viola dei suoi Occhi! - 7 -
Mappa della psiche disegnata da Sigmund Freud,
nell'introduzione alla psicoanalisi, da cui si vede che secondo
Freud solo una parte della nostra psiche emerge alla coscienza
Il Novecento è il secolo dell’inconscio. Non solo perché Freud nel 1899 pubblica
Interpretazione dei sogni”,
l’“ ma anche perché proprio adesso questo concetto, viene
sistematicamente organizzato, definito e posto in relazione con una vasta gamma di
manifestazioni psichiche.
Inconscio per Freud non è solo un aggettivo che indica quei contenuti che non sono
presenti alla coscienza, ma è una zona dell’apparato psichico funzionante in base a
dinamiche e leggi proprie. È una parte essenziale dell’individuo, non solo legata a
comportamenti patologici, ma connaturata all’uomo stesso. Le due sfere psichiche non
sono due domini separati, ma sono in un rapporto dinamico di interazione e
interferenza continua, dal quale dipende lo stato di salute o di malattia dell’individuo.
Con questa scoperta muta l’immagine che il soggetto ha di sé e l’uomo cade dal
piedistallo su cui secoli di teorizzazioni filosofiche l’avevano posto. Entrano in crisi il
concetto di identità e di integrità dell’io, viene meno la presunta idea dell’innocenza e
dell’innata bontà dell’essere umano, la fiducia nelle sue possibilità di definirsi in quanto
soggetto univocamente determinato e riconoscibile. - 8 -
Freud definisce la vita psichica come il risultato di tre istanze differenti: l‘Es, l’Io e il
Super Io.
L’Es è costituito dall’insieme degli istinti, detti “pulsioni”, che non si
manifestano mai direttamente, anche se influenzano in maniera preponderante
l’agire umano. L’Es agisce secondo leggi proprie: ignora la contraddizione, la
nozione del tempo, non conosce categorie di valore come il bene, il male o la
moralità. È guidato solo dal “principio di piacere” che di esplica nell’appagamento
di un desiderio.
L’Io concepisce il tempo e lo spazio e decide quali istinti soddisfare e in che
modo; l’Io opera sotto la guida del “principio di realtà”, risultante delle norme
morali e sociali esterne al soggetto.
Il Super Io rappresenta gli ideali, i valori, i divieti imposti all’individuo dalla
famiglia e dalla società e interiorizzati nei primi anni di vita, sottoforma di
figure genitoriali dispensatrici di ricompense o punizioni. Il Super io funziona
come coscienza morale che, minacciando castighi e punizioni, genera
nell’individuo rimorsi e senso di colpa.
L’inconscio coincide con l’Es, ma anche buona parte delle funzioni dell’Io e del Super Io
sono inconsce. Questa configurazione rende ragione del carattere conflittuale della
personalità umana, infatti l’Io deve frenare le pulsioni irrazionali e caotiche
provenienti dall’Es e, sul versante opposto, il rigore punitivo sviluppato dal Super Io
nei confronti dei desideri più primitivi e anche conservare l’energia sufficiente ad
entrare in relazione col mondo esterno. L’Io di fronte a queste spinte antagoniste che
formazioni di compromesso
minacciano di distruggerlo, risponde operando delle “ ”, in
cui le componenti istintuali dell’Es (generalmente aggressive e sessuali) vengono
mascherate e così possono avere libero accesso alla coscienza. Tali formazioni sono i
sogni, i lapsus della lingua, i tic, gli atti mancati. Attraverso l’analisi di questi fenomeni
l’analista può condurre il soggetto a prendere coscienza di ciò che è stato rimosso e
quindi alla comprensione dei propri conflitti e allo scioglimento della “nevrosi”.
Parlando di psicanalisi si devono distinguere tre accezioni:
1) Psicanalisi come procedimento di indagine dei processi psichici
2) Psicanalisi come terapia per curare alcuni disturbi di carattere psichico
3) Psicanalisi come dottrina filosofica. Questa si propone di dimostrare come la
malattia dell’uomo sia la naturale conseguenza della malattia della civiltà e di
essa si alimenti. Così la nevrosi diventa parte integrante della natura umana e la
natura umana non si distingue più in soggetti sani o malati, ma solo in individui
consapevoli o meno del grado di repressione e sacrificio richiesti dal progresso
della civiltà.
Fra psicanalisi e le varie discipline creative si stabiliscono da subito relazioni
piuttosto strette. Le grandi opere d’arte, soprattutto quelle letterarie, si offrono
come il luogo privilegiato per dare vita a sogni, fantasie, emozioni e desideri. - 9 -
La letteratura si appropriò di molti concetti della psicanalisi e la formulazione dei
principi che regolano l’attività dell’inconscio indusse all’elaborazione di nuove
tecniche narrative, volte a riprodurre sintatticamente e linguisticamente tali
processi. Si diffuse così una particolare forma di monologo interiore che è il
“flusso di coscienza” volto a rendere immediatamente sulla carta i movimenti
fluttuanti della coscienza senza sovrapporvi alcun ordine logico razionale, neppure
quello della punteggiatura. Anche il romanzo novecentesco sembra sempre meno
interessato alla storia che racconta e, più che riprodurre lo svolgimento lineare dei
fatti, ordinati secondo nessi causali e temporali, esso valorizza il modo in cui i fatti
vengono riferiti.
La psicanalisi contribuì anche ad arricchire il repertorio dei temi letterari:
acquistano rilievo i motivi del sogno e della vita notturna dell’io, cresce l’interesse
per le tematiche legate alla sfera della sessualità, degli istinti “bassi” e
dell’infanzia. Inoltre il mito di Edipo, la cui struttura era servita a Freud per
illustrare uno dei capisaldi della sua dottrina, torna nella letteratura sotto forma
“Coscienza di Zeno”
di tema, come ad esempio nella di Italo Svevo. È un tema che
presenta anche un preciso risvolto storico: il Novecento infatti nasce anche sotto
la cifra della rivolta di un’intera generazione di figli che tenta di “uccidere” i propri
padri e di costruire un nuovo modello di umanità, scegliendo la via della politica
(comunismo o fascismo) o quella dell’arte, mediante la lezione delle Avanguardie.
Lo schiaffo del padre.
La morte di mio padre
Nel capitolo “ ” la genesi edipica della malattia di Zeno viene
inequivocabilmente suggerita al lettore, anche se Zeno si ostina a negarla: si tratta
di un ostilità fra padre e figlio, nascosta, con il tipico procedimento della rimozione
freudiana, dietro l’”amore” che secondo il senso comune deve necessariamente
esistere tra il figlio e il genitore; poi si rappresenta la tremenda esperienza di
Zeno che riceve uno schiaffo dal padre poco prima che questi muoia. Il gesto è
dovuto solo a motivi fisiologici, dato che il padre è privo di lucidità a causa di un
edema celebrale, ma Zeno lo interpreta come l’estrema punizione che il padre ha
voluto infliggergli. Il fatto stesso che Zeno provi senso di colpa dimostra che è
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colpevole effettivamente, dal momento che effettivamente ha desiderato la morte
del padre. Dal punto di vista dell’inconscio infatti non c’è differenza se l’evento
desiderato si è o no compiuto per responsabilità oggettiva del soggetto.
[…] Durante la notte che seguí, ebbi per l'ultima volta il terrore di veder risorgere quella
coscienza ch'io tanto temevo. Egli s'era seduto sulla poltrona accanto alla finestra e guardava
traverso i vetri, nella notte chiara, il cielo tutto stellato. La sua respirazione era sempre
affannosa, ma non sembrava ch'egli ne soffrisse assorto com'era a guardare in alto. Forse a
causa della respirazione, pareva che la sua testa facesse dei cenni di consenso.
Pensai con spavento: "Ecco ch'egli si dedica ai problemi che sempre evitò". Cercai di scoprire il
punto esatto del cielo ch'egli fissava.
Egli guardava, sempre eretto sul busto, con lo sforzo di chi spia traverso un pertugio situato
troppo in alto. Mi parve guardasse le Pleiadi. Forse in tutta la sua vita egli non aveva guardato sí
a lungo tanto lontano. Improvvisamente si volse a me, sempre restando eretto sul busto:
- Guarda! Guarda! - mi disse con un aspetto severo di ammonizione. Tornò subito a fissare il
cielo e indi si volse di nuovo a me:
- Hai visto? Hai visto?
Tentò di ritornare alle stelle, ma non poté: si abbandonò esausto sullo schienale della poltrona e
quando io gli domandai che cosa avesse voluto mostrarmi, egli non m'intese né ricordò di aver
visto e di aver voluto ch'io vedessi. La parola che aveva tanto cercata per consegnarmela, gli era
sfuggita per sempre.
La notte fu lunga ma, debbo confessarlo, non specialmente affaticante per me e per l'infermiere.
Lasciavamo fare all'ammalato quello che voleva, ed egli camminava per la stanza nel suo strano
costume, inconsapevole del tutto di attendere la morte. Una volta tentò di uscire sul corridoio
ove faceva tanto freddo. Io glielo impedii ed egli m'obbedí subito. Un'altra volta, invece,
l'infermiere che aveva sentita la raccomandazione del medico, volle impedirgli di levarsi dal
letto, ma allora mio padre si ribellò. Uscí dal suo stupore, si levò piangendo e bestemmiando ed
io ottenni gli fosse lasciata la libertà di moversi com'egli voleva. Egli si quietò subito e ritornò
alla sua vita silenziosa e alla sua corsa vana in cerca di sollievo.
Quando il medico ritornò, egli si lasciò esaminare tentando persino di respirare piú
profondamente come gli si domandava. Poi si rivolse a me:
- Che cosa dice?
Mi abbandonò per un istante, ma ritornò subito a me:
- Quando potrò uscire?
Il dottore incoraggiato da tanta mitezza mi esortò a dirgli che si forzasse di restare piú a lungo
nel letto. Mio padre ascoltava solo le voci a cui era piú abituato, la mia e quelle di Maria e
dell'infermiere. N