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Spagnolo- Becquer (Rimas; La vida es sueno), Calderon de la Barca (La vida es sueno), Borges (Otras inquisiciones; Nueva refutacion del tiempo)
Fisica- la relatività galileiana; le trasformazioni galileiane; la relatività di einstein
Filosofia- Bergson (Saggio sui dati immediati della coscienza; Materia e memoria)
Italiano- Ungaretti (Sentimento del tempo; Inni)
Arte- Dalì (La persistenza della memoria)
Scienze- Hawking (La teoria sui buchi neri)
M
raggio, un qualunque corpo di massa e raggio inferiore a avrebbe
2
c
una velocità di fuga superiore a c, di conseguenza nulla sarebbe in grado di sfuggirgli e
persino la luce verrebbe imprigionata al suo interno; a questa spiegazione data dalla
fisica classica, si aggiunge quella relativistica, che afferma che la deformazione dello
spazio-tempo dovuta ad una densità così elevata è tale che la luce subirebbe un redshift
gravitazionale infinito e consumerebbe tutta la sua energia nel tentativo di sfuggire
all’attrazione.
Un simile oggetto prende il nome di buco nero e può essere prodotto da una stella che
collassa su se stessa.
Non si sa che fine faccia la materia catturata, potrebbe finire in un altro universo, o in
un’altra regione del nostro universo, o semplicemente rimanere bloccata all’interno del
buco nero.
La superficie ideale che segna il punto, oltrepassato il quale, sarà impossibile tornare
indietro è detta orizzonte degli eventi; nulla di ciò che ha oltrepassato questo confine
può riattraversarlo, neanche la luce, quindi un buco nero non è osservabile se non
indirettamente attraverso gli effetti che produce sullo spazio circostante.
L’esistenza di un corpo con una velocità di fuga così elevata fu teorizzata fin dal XVIII
secolo, ma fu con Karl Schwarzschild, nel 1915, che apparve la prima soluzione della
relatività che dava luogo a un buco nero.
Tuttavia il cosiddetto raggio di Schwarzschild,
che non è altro che il raggio della sfera all’interno
della quale l’intera massa deve essere contenuta
affinché il corpo abbia velocità di fuga superiore
a c, assunse la forma di una singolarità, vale a
dire che alcuni termini dell’equazione di Einstein
divennero infiniti.
Einstein concluse che la formazione di buchi neri
non fosse possibile, in quanto per raggiungere
13 Curvatura spazio-temporale provocata da un buco nero,
archivio NASA
quella densità le particelle avrebbero dovuto superare la velocità della luce,
contraddicendo la teoria della relatività ristretta.
In seguito Oppenheimer e Snyder calcolarono che la densità può essere raggiunta se le
particelle collassano radialmente.
Un buco nero può formarsi da una stella che abbia una massa qualche decina di volte
quella del Sole, anche se non è da escludere l’esistenza dei cosiddetti buchi neri
primordiali di origine non stellare.
In ogni caso, per il teorema dell’essenzialità, i buchi neri hanno solo tre parametri
osservabili dall’esterno, massa, carica elettrica e momento angolare, tutte le altre
informazioni restano celate dietro l’orizzonte degli eventi, dando luogo a quello che
viene chiamato paradosso dell’informazione.
Dei tre parametri l’unico necessariamente presente è la massa, che può avere qualsiasi
valore, al contrario gli altri due, se sono presenti, sono vincolati alla massa dalla
( )
2
J
2 2
+
Q ≤ M
disequazione , dove Q è la carica elettrica, J il momento angolare e
M
M la massa, se un buco nero rispetta questa disuguaglianza è detto estremale; se al
contrario la viola, si ha una singolarità nuda, vale a dire un punto in cui si raggiunge
densità infinita, ma privo di orizzonte degli eventi e quindi osservabile dall’esterno.
Al centro di ogni buco nero è presente una singolarità gravitazionale che ha densità
infinita, quindi quando un corpo in caduta raggiunge quel punto viene schiacciato per
uniformarsi a quella concentrazione; durante la sua caduta il corpo subirebbe un
progressivo allungamento, conosciuto come spaghettificazione, dovuto al fatto che le
parti più vicine al centro subiscono un’attrazione maggiore di quelle più lontane.
Il processo più comune che porta alla formazione di un buco nero è quello che avviene
alla fine della vita di una stella, tuttavia prima di vedere cosa accade in questa fase è
bene ripercorrere l’intero ciclo vitale.
Tutto inizia all’interno delle nebulose, degli addensamenti di polvere e gas freddi, che
restano in equilibrio dinamico finché l’energia cinetica dei gas e quella potenziale della
gravità hanno lo stesso valore, tuttavia in seguito all’esplosione di una supernova o alla
collisione tra due galassie possono diventare instabili e, a questo punto, al loro interno si
creano degli addensamenti, i globuli di Bok, nei quali possono innescarsi dei moti
turbolenti.
I globuli si frammentano in ammassi più piccoli, in
cui inizia un processo di aggregazione che dà vita ad
una protostella, il calore aumenta con l’avanzare della
contrazione, tuttavia se la massa di partenza è troppo
piccola la trasformazione si arresta e il corpo, che
torna ad essere freddo, diventa una nana bruna, che
non produce energia.
Se invece l’addensamento ha una massa abbastanza
elevata, la temperatura aumenta fino a 15000000 di
gradi Kelvin e innesca una reazione termonucleare
che trasforma l’idrogeno in elio e, liberando calore, fa Galassia Via Lattea, costellazione di Orione,
14 nebulosa Testa di Cavallo, archivio NASA
aumentare la pressione che i gas esercitano verso l’esterno compensando in questo
modo la forza di gravità.
Questa è la fase chiamata sequenza principale, durante la quale le stelle espellono
particelle cariche nello spazio, e la cui durata diminuisce all’aumentare della massa
della stella.
Terminato l’idrogeno il nucleo si contrae, ma l’incremento di temperatura scatena nuove
reazioni termonucleari che convertono l’elio in carbonio.
Le stelle con la massa più elevata possiedono un nucleo stratificato, al cui interno
procedono contemporaneamente diversi processi termonucleari, che portano alla sintesi
di elementi sempre più pesanti man mano che si procede verso l’interno del nucleo.
Il forte calore fa sì che i gas si espandano, aumentando la superficie e raffreddandola,
quando la forza di gravità interrompe questo processo la stella, di nuovo in equilibrio,
viene chiamata gigante rossa.
Una volta terminato il combustibile nucleare, la stella si avvierà alla fine,ed è qui che le
strade di questi corpi celesti si differenziano, in quanto avranno destini diversi in base
alla loro massa iniziale.
Quelle con massa di poco inferiore a quella del Sole collassano in corpi ad alta densità,
le nane bianche, che hanno una bassissima luminosità e che si raffreddano lentamente
fino a diventare nane nere, le cui esplosioni atomiche diventano oscure e non sono più
osservabili ad occhio nudo.
Le stelle con la stessa massa del Sole espellono i loro strati più esterni mantenendo solo
il nucleo rovente che dopo migliaia di anni comincia a raffreddarsi e diventa una nana
bianca, a volte può capitare che la stella esploda, in tal caso prende il nome di nova.
Una massa che supera di una decina di volte quella del Sole innesca una catena di
reazioni termonucleari che portano alla formazione di un nucleo di ferro; il violento
collasso genera un’esplosione in cui parte della stella, detta supernova, si disintegra, la
materia restante collassa raggiungendo una densità tale che protoni ed elettroni fondono
e formano una stella di neutroni.
L’ultimo scenario possibile è quello in cui la stella abbia massa iniziale qualche decina
di volte quella del Sole: in questo caso dopo l’esplosione della supernova non ci sono
più forze sufficienti a contrastare quella di gravità, quindi il collasso continua fino a
raggiungere la densità di un buco nero.
Tuttavia lo stesso risultato può essere raggiunto da una stella di neutroni appartenente ad
un sistema binario, è possibile infatti che questa inglobi parte della massa della vicina e,
superata la massa critica, si avvii verso un
collasso infinito.
Un buco nero primordiale può derivare da una
qualsiasi quantità di materia che, sottoposta a
pressioni molto elevate, collassi; è però necessaria
la presenza di perturbazioni nella densità del
corpo che permettano alla massa di continuare a
convergere.
Nel 1974 il fisico Stephen Hawking dimostrò per
la prima volta che ogni buco nero emette in realtà Buco nero, rappresentazione artistica, archivio
15 NASA
alcune particelle in quantità inversamente proporzionale alla sua massa, tuttavia questi
flussi, noti come radiazione di Hawking, non trasportano alcuna informazione relativa
all’interno del buco nero.
Per superare questo paradosso dell’informazione gli scienziati hanno elaborato diverse
teorie, come il principio olografico, in base al quale le informazioni cadute nel buco
nero non vanno perse in quanto rimangono sulla superficie dell’orizzonte degli eventi.
Un’altra ipotesi è quella secondo la quale alcuni effetti quantistici impedirebbero ai
buchi neri di formarsi generando le cosiddette stelle nere; questi corpi avrebbero una
densità molto elevata, di conseguenza la luce emessa subirebbe una notevole perdita di
energia rendendo difficile l’osservazione di queste stelle; nonostante ciò le stelle nere
non hanno un orizzonte degli eventi e la radiazione che emettono contiene informazioni.
L’ultima modifica del teorema dell’essenzialità ci è giunta il 24 gennaio 2014 in un
articolo pubblicato su Nature dallo stesso Stephen Hawking, nel quale lo scienziato
sostiene che materia e radiazioni possano in realtà sfuggire ai buchi neri.
La notizia ha destato il clamore di tutti in quanto la frase
“non ci sono buchi neri” è stata completamente fraintesa.
Hawking ha semplicemente sostituito il concetto di
orizzonte degli eventi con quello di orizzonte apparente,
quest’ultimo, a differenza del primo, tenderebbe a
sparire di tanto in tanto lasciando il contenuto del buco
nero libero di fuoriuscire.
Il fisico quindi non ha rinnegato l’esistenza di questi
corpi, ma ne ha dato una nuova definizione, negando la
loro capacità di trattenere per sempre ciò che catturano,
Stephen Hawking la citazione completa del discorso dello scienziato è
infatti:
L’assenza di orizzonti degli eventi implica che non ci siano buchi neri, nel senso di
13
condizioni da cui la luce non può sfuggire all’infinito .
Con questa frase giungiamo alla tappa più recente di un discorso iniziato più di due
millenni fa, che ancora non ha visto la sua conclusione e che probabilmente non la vedrà
mai.
È proprio dell’essere umano porsi domande alle quali nessuno può dare una risposta
certa, e continuerà a porsele nei secoli a venire fino a