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Sintesi
Letteratura italiana: La coscienza di Zeno
Letteratura latina: Seneca, De Ira e Phaedra
Letteratura greca: Euripide, Ippolito
Fisica: L'entropia
Filosofia: Freud
Storia: La legge Basaglia e la follia di Hitler

Cenni contemporanei: Fabrizio De Andrè e Alda Merini
Estratto del documento

Una poetessa e scrittrice italiana tra le più grandi di tutti i

tempi, che nel corso della sua vita ha dovuto più volte

affrontare la dolorosa realtà del manicomio. Quale poteva

essere il male che l’ affliggeva a tal punto?

La prima volta che Alda viene internata è il 1961,

quando “un giorno, esasperata dall’immenso lavoro e

dalla continua povertà e poi, chissà, in preda ai fumi

del male, diedi in escandescenze e mio marito non

trovò di meglio che chiamare un’ambulanza, non

prevedendo certo che mi avrebbero portata in

manicomio”; questo è il racconto con cui Alda Merini

L’altra verità”.

inizia il suo libro, “ Diario di una diversa.

Alda, fin dalla gioventù, soffriva di una sindrome bipolare:

un disagio psicologico di tipo nevrotico depressivo.

Così, Alda viene rinchiusa contro la sua volontà

all’Ospedale Psichiatrico “Paolo Pini” di Milano. A quel

tempo vigeva ancora la Legge n°36 del 1904 concernente

“Disposizioni sui manicomi e sugli alienati”

le che

stabilisce: “Debbono essere custodite e curate nei

manicomi le persone affette per qualunque causa da

alienazione mentale, quando siano pericolose a sé e

agli altri o riescano di pubblico scandalo e non siano

e non possano essere convenientemente custodite e

curate fuorché dai manicomi”.

Ma una volta in manicomio, cos’ha provato Alda?

“e quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii

sul momento stesso in quanto mi resi conto di

essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto

molta fatica ad uscire […]”

Che tipo di ambiente ha trovato? “saturo di

Alda descrive il manicomio come un ambiente

fortissimi odori” , per il fatto che molti dei pazienti

orinavano e defecavano per terra. Racconta anche che

alcuni si strappavano i capelli, altri si laceravano le vesti ed

altri ancora cantavano canzoni sconce.

L’internamento di Alda dura fino al 1972 (anche se

intervallato da alcuni ritorni in famiglia). In seguito si

alternano periodi di salute e di malattia con sporadici

episodi di ritorno in manicomio, e nel 1979 Alda fa

definitivo ritorno a casa.

Il dottore agguerrito nella notte, da La Terra Santa.

Il dottore agguerrito nella notte

viene con passi felpati alla tua sorte,

e sogghignando guarda i volti tristi

degli ammalati, quindi ti ammannisce

una pesante dose sedativa

per colmare il tuo sonno e dentro il braccio

attacca una flebo che sommuove

il tuo sangue irruente di poeta.

Poi se ne va sicuro, devastato

dalla sua incredibile follia

il dottore di guardia, e tu le sbarre

guardi nel sonno come allucinato

e ti canti le nenie del martirio.

La poetessa allude alle condizioni di vita all’interno

degli ospedali psichiatrici, ufficialmente chiusi con la

legge 180 del 1978.

E’ presente una figura “antagonistica” del dottore,

che si muove con sicurezza e decisione in mezzo ad

un’umanità sofferente, con la quale non stabilisce

alcun rapporto di pietà o solidarietà. Il suo

atteggiamento è beffardo e sprezzante, quasi

diabolico.

Nella seconda parte si ha un rovesciamento delle

prospettive, attribuendo la “devastazione”

dell’<<incredibile follia>> allo stesso “dottore di

guardia”, che rappresenta la crudele indifferenza

della gente “normale”, chiusa nelle preoccupazioni

dei propri egoistici interessi.

Negli ultimi anni di vita Alda, ritornata a vivere nella sua

amata Milano, ha cercato di far conoscere al grande

pubblico ciò che erano veramente i manicomi prima della

legge Basaglia.

Con Legge Basaglia si intende la legge italiana numero

"Accertamenti e trattamenti

180 del 13 maggio 1978,

sanitari volontari e obbligatori".

Franco Basaglia, psichiatra, fu il promotore della riforma

psichiatrica in Italia.

La Legge 180 è la prima e unica legge che impose la

chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento

sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale

pubblici.

Il manicomio negli anni ’60 era una sorta di carcere per

persone socialmente scomode: individui diversamente abili,

omosessuali e tutti coloro che ‘davano fastidio al sistema’.

Il manicomio non è che guariva, conteneva, era una sorta

di carcere per i malati di mente o presunti tali.

Basaglia, dunque, voleva favorire terapie che non ledessero

la dignità e la qualità di vita dei pazienti, che nei vecchi

manicomi venivano spesso trattati con elettroshock e

terapie farmacologiche decisamente invasive.

Nessuna terapia purtroppo fu mai prescritta per chi

nell’apparente normalità aveva più di uno squilibrio, o un

problema non risolto a livello psicologico. Mi riferisco a

Hitler e alla sua “follia” storica più efferata: il genocidio

degli ebrei e di quelli che lui riteneva “impuri”

La dottrina hitleriana, infatti, esaltava la superiorità

genetica della razza ariana, di cui i tedeschi sarebbero stati

i più puri rappresentanti. Una delle minacce più gravi alla

purezza della razza ariana era proprio “l’infezione ebraica”.

Con le leggi di Norimberga, del settembre 1935, gli ebrei

furono esclusi dal diritto di voto e dagli impieghi pubblici,

dall’esercizio di professioni liberali, dal commercio, dalle

banche. Si proibivano, inoltre, i matrimoni misti tra ebrei e

tedeschi e si dichiaravano nulli quelli già celebrati.

Nel 1942, Hitler varò la “soluzione finale”, ordinando lo

sterminio sistematico di tutti gli ebrei; per questo furono

allestiti veri e propri campi di sterminio.

Alla base della piramide stavano gli ebrei, poi gli zingari e

gli omosessuali, quindi i cosiddetti asociali, cioè gli

emarginati e i disoccupati; seguivano i politici, accanto ai

sacerdoti e ai testimoni di Geova.

Era questo uno scenario di abiezione morale, di violenza

fisica quotidiana, di degradazione.

Ben diversa e sicuramente meno grave è la condizione di

squilibrio psichico che Zeno Cosini, protagonista de “La

coscienza di Zeno” nasconde, sotto l’apparenza di una vita

normale.

E’, infatti, un ricco commerciante triestino condannato a

vivere con i proventi di un’azienda commerciale vincolata,

per disposizione testamentaria del padre,

all’amministratore Olivi. Giunto ormai all’età di 57 anni,

Zeno decide di affidarsi alla terapia psicanalitica per

liberarsi dalla sua inettitudine, dai vari complessi che lo

affliggono, per guarire dal vizio del fumo e dalla "malattia"

che lo tormenta. Lo psicanalista vagamente indicato con la

sigla Dottor S., induce Zeno a fissare sulla carta i ricordi

della sua vita. La Coscienza, quindi, è l’autobiografia di

Zeno, per altro pubblicata dal medico psicanalista che

vuole così operare un sottile ricatto nei confronti del suo

paziente il quale "sul più bello" si è "sottratto alla cura" -

come dice il Dottor S. nella Prefazione che apre il romanzo -

Zeno nel rievocare il suo passato, non segue un ordine

cronologico, ma si abbandona al flusso dei ricordi, lascia

vagare in libertà la sua memoria in un seguito di episodi

legati ciascuno a un suo vizio o a un suo fallimento.

Nascono così le varie storie narrate in prima persona da

Zeno stesso: Il fumo, La morte del padre, La storia del mio

matrimonio, La moglie e l’amante, Storia di un’associazione

commerciale, cinque sondaggi nel passato, nel tentativo di

vedere chiaro in esso e diagnosticare le cause e la natura

della "malattia" che tormenta il paziente. La biografia di

Zeno è la storia di una serie di sconfitte. Vuole guarire dal

vizio del fumo, ma vani sono gli sforzi (o meglio i trucchi)

per smettere di fumare; per disintossicarsi si fa persino

ricoverare in una casa di cura, ma da questa fugge dopo

aver corrotto l’infermiera. Si iscrive all’università, ma non

riesce a terminare gli studi. I rapporti con il padre sono

difficili ed equivoci, fatti di reciproca diffidenza ed

estraneità. Si innamora di Ada Malfenti, la figlia più bella di

un furbo commerciante, ma finisce per sposare Augusta, la

sorella strabica. Intreccia una relazione extraconiugale con

Carla, ma questa lo abbandona per sposare il maestro di

musica che egli stesso, Zeno, le aveva procurato. Nelle

pagine conclusive del suo diario di malato, che assumono

proprio la forma di quattro pagine di diario, Zeno si dice

convinto di essere guarito, non certo per la psicanalisi ma

per la ripresa felice della sua attività commerciale.

Il romanzo si concentra sul modo ironico con cui Zeno

guarda il mondo che lo circonda. La sua “malattia” porta

alla luce l’inconsistenza della pretesa “sanità” degli altri,

che vivono incrollabili nelle loro certezze. In Zeno vi è un

disperato bisogno di “salute”, cioè di normalità, che, però,

non riesce a raggiungere. In tal modo finisce per scoprire

che la “salute atroce” degli altri è anch’essa malattia.

Viene quindi ribaltata in positivo la figura dell’inetto, il

quale prospetta la malattia come ricchezza, in quanto in

primo luogo apre la strada a un’autentica conoscenza di sé,

in secondo luogo consente all’uomo di essere sempre in

divenire, di non essere fissato in forme rigide come i

presunti “sani”, che per quel motivo sono i veri “malati.”

In una lettera a Valerio Jahier del 10 dicembre 1927, Svevo

definisce Freud "Grande uomo quel nostro Freud, ma più

per i romanzieri che per gli ammalati”.

Svevo rifiuta il freudismo come metodo di cura, in quanto

priva l’uomo del suo “intimo io”, di quella ricchezza che è la

malattia.

A questo punto è legittimo chiedersi: se la terapia di Zeno

non è freudiana, dov’è nel romanzo la psicanalisi di Freud,

quella che Svevo esalta come fonte di ispirazione per lo

scrittore?

Il discordo freudiano è presente:

1. A livello contenutistico nei sogni e negli atti mancati

Freud ritiene che i sogni siano “l’appagamento

(camuffato) di un desiderio (rimosso)”. Per motivare

questa tesi, il medico viennese distingue, all’interno dei

sogni un contenuto manifesto, la scena onirica così

come viene vissuta dal soggetto, e un contenuto latente,

l’insieme delle tendenze che danno luogo alla scena

onirica.

Perché sei i sogni richiamano dei desideri, non lo fanno

in forma diretta?

Freud risponde dicendo che si tratta di desideri

inaccettabili del soggetto, che cadono sotto l’azione

della censura.

L’organizzazione formale dei contenuti segue i

2. processi inconsci freudiani, procedendo per

associazioni libere, salti temporali, lapsus di scritture.

Freud divide l’inconscio in due zone. La prima

comprende l’insieme dei ricordi, che pur essendo

momentaneamente inconsci, possono divenire consci.

Tale è il preconscio. La seconda zona comprende quegli

elementi psichici stabilmente inconsci che sono

mantenuti tali da una forza specifica, la cosiddetta

rimozione, che può venire superata solo in virtù di

tecniche apposite, Per un certo periodo, Freud pensò di

usare l’ipnosi. Ma la scarsa efficacia di quest’ultima lo

indusse ben presto a elaborare un nuovo metodo,

quello delle “associazioni libere”. anziché forzare il

malato, questo metodo mira invece a rilassarlo, e

consiste nel mettere il paziente in grado di abbandonarsi

al corso dei propri pensieri.

Nella “Psicopatologia della vita quotidiana” Freud prende

in esame quei contrattempi della vita di tutti i giorni,

lapsus, errori, dimenticanze, incidenti banali, che prima

di lui si era soliti attribuire al “caso”. Applicando ancora

una volta il principio del determinismo psichico- secondo

cui nulla nella nostra mente avviene in modo fortuito-

Freud scorge in essi una manifestazione camuffata

dell’inconscio, ovvero una sorta di compromesso fra

l’intenzione cosciente del soggetto e determinati

pensieri inconsci.

Un aspetto che richiama il rapporto sottile che può

instaurarsi tra salute e malattia psichica, disordine e

ordine è la condizione di “disordine” rappresentata

dall’entropia.

In meccanica statistica, l'entropia è

una grandezza estensiva che viene interpretata come una

misura del disordine presente in un sistema fisico qualsiasi.

S.

Viene generalmente rappresentata dalla lettera

Nel Sistema Internazionale si misura in joule su kelvin (J/K).

L’entropia S (C) di uno stato C è data dalla variazione di

entropia tra lo stato R di riferimento e lo stato C stesso:

S (C) =

L’entropia di un sistema isolato (non scambia energia con

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