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Sintesi
Introduzione Emancipazione femminile - Tesina


Questa tesina di maturità descrive la storia dell'emancipazione femminile, riportando esempi di donne che hanno fatto della lotta per i diritti uno dei punti più importanti della loro carriera; in tal senso due esempi molto noti sono quelli della scrittrice inglese Virginia Woolf e della scrittrice francese Simone De Beauvoir.
La tesina inoltre affronta temi come la moda in legame all'emancipazione femminile con il personaggio della stilista francese Coco Chanel, lo stile liberty in ambito artistico.


Collegamenti

Emancipazione femminile - Tesina


Storia - La storia dell'emancipazione femminile in Italia e nel resto del mondo.
Inglese - Virginia Woolf.
Francese - Simone De Beauvoir.
Storia dell'arte - Lo stile liberty.
Estratto del documento

Il movimento delle suffragette si diffuse anche negli altri paesi del mondo.

La Nuova Zelanda fu il primo paese in cui il diritto di voto fu concesso alle donne nel

1893.

Negli Stati Uniti il movimento iniziò a svilupparsi a partire dal 1869, ma il suffragio

femminile fu riconosciuto solo nel 1920.

In Germania le donne ottennero il diritto di voto nel 1919, in Francia nel 1945 e in Italia

nel 1946.

Emancipazione in Italia:

La questione femminile in Italia fu affrontata diversamente per due motivi in

particolare: l’unità fu raggiunta solo nel 1861 e lo sviluppo industriale si verificò solo

alla fine dell’800.

Quindi, la lotta per l'emancipazione della donna si accese in ritardo rispetto al resto

dell'Europa. In particolare la questione della donna iniziò ad assumere importanza nel

momento in cui, con l’avvento dell’industrializzazione, iniziò ad essere necessaria

anche la manodopera femminile. I primi movimenti femminili in Italia si diffusero

all’inizio del ‘900: ad essi aderirono inizialmente le donne della borghesia, alle quali si

affiancarono successivamente le masse femminili cattoliche e socialiste.

La condizione della donna italiana migliorò paradossalmente con l’entrata in guerra

dell’Italia; infatti la figura femminile dovette sostituire quella maschile impegnata al

fronte. In questo modo le donne ebbero massicciamente accesso al mondo produttivo,

il che implicò prima la sospensione e poi l’abolizione di norme restrittive nei loro

confronti, come il divieto del lavoro notturno.

Il ruolo importante giocato nella fase bellica condusse, dopo la conclusione del

conflitto, all’importante legge Sacchi del 1919. Essa, intitolata «Disposizioni sulla

capacità giuridica della donna», abolì l’autorizzazione maritale e stabilì nell’art. 7 che

le donne erano «ammesse, a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le

professioni ed a coprire tutti gli impieghi pubblici».

Il regolamento emanato nel 1920 introdusse alcune eccezioni: fu escluso l’ingresso

femminile nella magistratura, nella carriera militare e nelle carriere direttive nello

Stato.

Tuttavia questi miglioramenti si rivelarono presto vani poiché con il consolidamento del

regime fascista il tema del voto femminile fu messo da parte, si cercò di ridurre la

presenza femminile nel mercato del lavoro e si esclusero le donne dalle professioni a

cui era associato un certo prestigio intellettuale, considerato solo una prerogativa

maschile.

Col lo scoppiò della seconda guerra mondiale, le donne furono obbligate ad affrontare

situazioni critiche da sole, in assenza dei mariti chiamati al fronte, dimostrando

tenacia e doti di dedizione.

Fu molto importante, per esempio, l’adesione delle donne, talvolta giovanissime, ai

gruppi della Resistenza.

Significativa fu anche la costituzione dei Gruppi di difesa della donna per

l’assistenza ai combattenti della libertà (GDD) nel novembre 1943.

La decisione di concedere alle donne il diritto di voto venne presa in considerazione a

poco più di due mesi dalla conclusione del conflitto, nonostante fosse maturata già a

partire dal 1944.

Il diritto di voto fu esercitato dalle donne per la prima volta il 2 giugno 1946, giorno in

cui l’Italia andò alle urne per eleggere i deputati dell’Assemblea Costituente e per il

referendum istituzionale.

Femminismo:

Intorno agli anni sessanta iniziò a diffondersi un movimento definito “femminista”,

che può essere considerato come l’erede del movimento delle suffragette. A differenza

delle suffragette, le femministe non rivendicavano solo l’uguaglianza dal punto di vista

dei diritti politici, ma rimisero in discussione il loro posto nella società, i

rapporti con l'altro sesso, i ruoli in famiglia, i luoghi comuni più diffusi

riguardo all'immagine femminile; in altri termini le femministe lottarono per

ridefinire il loro ruolo rispetto agli uomini non solo dal punto di vista politico, ma anche

dal punto di vista sociale e familiare.

Negli anni Settanta sorsero nuovi movimenti di donne negli Stati Uniti, in Inghilterra, in

Francia e in Italia definiti femministi.

I movimenti femministi degli anni ‘70 si dedicarono alla presa di coscienza dello stato

di oppressione in cui versavano le donne e quindi alla propria liberazione da questo.

Il movimento rimase sempre in buona parte estraneo alla politica e alle ideologie

tradizionali (considerate entrambe prodotti di una cultura solo maschile) e conferì una

maggior attenzione alle singole esperienze di vita, utilizzate come base per analizzare

la situazione comune a tutte le donne.

Per quanto riguarda l’Italia, si sviluppò un femminismo più radicale. Le femministe

radicali si proponeva di rompere la servitù sessuale delle donne con strumenti diversi,

come l’incremento dell’uso dei mezzi di contraccezione, alla legalizzazione dell’aborto

assistito, al rifiuto dell’eterosessualità come forma unica di rapporto sessuale normale,

non deviante.

Esse, infatti, erano convinte che la subordinazione della donna non fosse dovuto allo

sfruttamento economico o

l’esclusione dai diritti civili, ma alla subordinazione sessuale e riproduttiva.

Negli stessi anni le femministe si batterono anche per l’introduzione di una legge che

riconoscesse il divorzio, questione appoggiata anche dai movimenti operai e

studenteschi. Emerse così il tema del referendum per l’abrogazione della legge

sul divorzio, nei confronti del quale il governo mostrava qualche perplessità e la

chiesa si batteva in difesa dell’unità della famiglia.

Il referendum ebbe luogo il 12 e 13 maggio 1974 e portò ad un risultato schiacciante

per il mantenimento della legge sul divorzio: 59,26% dei votanti per il no; 40,74% per

il si. L’abrogazione della legge sul divorzio fu respinta.

Riguardo all’aborto si svolsero due referendum nel 1981: uno radicale per

l’allargamento, l’altro del Movimento per la vita per la restrizione). La risposta che

prevalse fu quella negativa.

Un’altra conquista per le donne del movimento femminista fu l’introduzione della

legge sull’aborto il 22 maggio 1978: venne definitivamente approvata la legge

sull'aborto n. 194, che consentiva l'interruzione della gravidanza entro i primi 90 giorni

di gestazione, nei casi in cui la sua prosecuzione costituisse gravi rischi per la salute

psico-fisica della donna. La legge si proponeva inoltre di favorire la procreazione

cosciente e di aiutare la maternità, tutelando la vita umana sin dal suo inizio.

Negli anni successivi l’espressione ‘femminista’ perse il suo significato originario e

iniziò ad essere utilizzata in relazione al settore degli studi teorici su tema; infatti molti

diritti erano ormai acquisiti e con essi una nuova consapevolezza e un nuovo ruolo

sociale per tutte le donne.

A partire dagli anni Novanta lo scenario muta, si parla di ‘questioni di genere’ e

di “pari opportunità” e nascono studi e percorsi di approfondimento (i gender studies)

e le azioni istituzionali per garantire una maggiore partecipazione delle donne alla

sfera politica.

Quote Rosa:

Nel 2011 il parlamento ha approvato una legge sulle quote rosa detta “Legge

bipartisan”, che prevede che a partire dal 2012 i Cda delle aziende quotate e delle

società a partecipazione pubblica dovranno essere composti per un quinto da donne e

dal 2015 la quota rosa dovrà salire a un terzo.

Il primo paese che ha introdotto le quote rosa obbligatorie è stato la Norvegia, seguita

poi dalla Spagna.

C’è un modo alternativo di convincere le aziende a puntare sulle donne?

Altri paesi, come la Germania, stanno invece cercando di convincere e aziende a

puntare sulle donne in modo alternativo. In Germania il governo utilizza come

strumento la «moral suasion», ossia sta chiedendo alle aziende di aumentare

volontariamente le quote ai vertici. Tuttavia se le compagnie non si muoveranno,

prima o poi li obbligherà una legge.

Aziende come “Deutsche Telekom” e “Siemens” hanno annunciato che provvederanno

a migliorare la presenza femminile nei Cda.

Esistono argomenti a favore e argomenti contro le quote rosa:

Pro: tra gli argomenti a favore è possibile citare una affermazione del

- vicedirettore della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola: «Le imprese “condotte”

da donne hanno, a parità di altri fattori, minore rischio di default».

Contro: gli argomenti contro le quote rosa sono essenzialmente due; Il più forte

- è che lo Stato non dovrebbe interferire con il diritto degli azionisti di scegliere il

migliore board possibile. Inoltre, imponendo le quote rosa ci si domanda perché

non si possano introdurre anche quelle per i giovani, gli immigrati o altre

categorie poco rappresentate.

In Italia colei che spinge per l’introduzione delle quote rosa è il ministro del lavoro Elsa

Fornero, la quale afferma in un’intervista al Corriere della Sera: "Le quote sono la

negazione del merito, ma se certi processi non avvengono spontaneamente - e il

tempo, al paese, è stato dato - allora bisogna agire con una spinta più forte". Il

ministro, infatti, è consapevole del fatto che le donne, soprattutto quelle giovani,

preferiscano affermarsi per merito e non per diritto di sesso; tuttavia riconosce le

quote un bisogno indispensabile se si considera che sono sempre gli uomini quelli che

comandano.

Virginia Woolf

Novelist (25/01/1882 – 28/03/1941)

Biography

Virginia Woolf was born in London in 1882.

The death of her mother when she was 13

years old and that of her half-sister Stella

two years later caused the first of several

mental breakdowns Virginia would have

throughout her life. She was not given a

formal education, in fact Virginia and her

sister were educated at home in their

father's library.

At the age of 22 she lost her father too.

Even though she didn’t attend any

university, after her father’s death, she

began to write diaries, articles, critical

papers, novels and essays. For this reason

she can be considered as “self-taught”.

After the death of their father and

Virginia's second nervous breakdown, she

moved with her brothers to a house at

46 Gordon Square in Bloomsbury, a quarter

of the central London where she founded the

so-called “Bloomsbury Group”. The members of this group (such as Keynes Bell and

Forster) dealt with philosophical and existentialist themes and rejected the traditional

morality, by leading an unconventional life. For example they have some homosexual

and lesbian relationships.

Virginia mocked Victorian institutions because they didn’t allow her to attend

university and had some relationships with other women, even though she married the

writer Leonard Woolf in 1912. In 1922 she met Vita Sackville – West, with whom she

began a growing erotic relationship.

In 1928 Virginia published “Orlando”, which is different from the other novels

because it is an attempt to represent the character of a real person, Vita Sackville

West.

The last days of her life, Virginia Woolf fell into a depression similar to that which

she had earlier experienced; she began not to eat and to suffer hallucinations.

Moreover the II World War gave rise to concern. In 1941 she committed suicide and

the group dissolved. V W V S W

IRGINIA OOLF AND ITA ACKVILLE EST

A Room of one’s own:

A Room of One's Own is an extended essay, based on Woolf's lectures at a

women's college at Cambridge University in 1928. Referring to Jane Austen and Emily

and Charlotte Bronte, she examines women and their fights as artists, their position in

literary history and need for independence.

In this work Woolf reflects on "the question of women and fiction” and

describes the literary history of women through an unconventional and highly

provocative investigation of the social and material conditions that are necessary for

the writing of literature. These conditions, such as leisure time, privacy, and financial

independence can help understand the situation of women in the literary tradition

because women, historically, have been deprived of those basic prerequisites.

This work is structured according to three connected questions: women and what

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