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Storia: La crisi del ’29 e l’egoismo del capitalismo
Filosofia: Contraddizioni del sistema capitalistico
Letteratura italiana: Il Verismo e Verga-Divina commedia: canto XI
Letteratura greca: L’Alcesti di Euripide
Letteratura latina: L’età di Nerone e Seneca
Matematica: I Limiti
Fisica: Il flusso nel campo elettrico e nel campo magnetico (caso particolare della superficie chiusa)
derubato e trascinato via con forza sotto gli occhi dei
passanti. L'indifferenza e l’egoismo operano da
secoli nel corso della storia dell'umanità ,
anche se oggi nella nostra società , così frenetica ,
sono estremizzate . L'indifferenza è ciò che
sconvolge i programmi , è la materia bruta , che si
ribella alla vera religione. È la pura incapacità di
voler reagire a qualcosa , di tendere la mano a
qualcuno , di trasformare il nostro piccolo mondo ,
fatto di noi , della nostra famiglia , dei nostri simili ,
l'incapacità di aprire la porta all'altro.
L’egoismo e l’indifferenza verso la donna:
La Pubertà di Edvard Munch.
Il dipinto rappresenta un'adolescente nuda, seduta
di traverso su un letto appena rifatto, simbolo di una
verginità intatta. Il corpo della fanciulla appare
sessualmente acerbo: ai fianchi che sono già di
donna si riscontrano le spalle ancora infantili e i seni
appena abbozzati. Lo sguardo è fisso e le braccia si
incrociano sul pube in un gesto di vergogna. Nei suoi
occhi vi è un sentimento di smarrimento e di
rimpianto per la fanciullezza perduta alla quale non
ci si sente preparati. Tale senso di angoscia è
evidenziato e materializzato dall’ombra proiettata
sul muro. Un'ombra informa e inquietante,
indipendente dal personaggio che la genera. Essa è
l'ombra delle incognite future e delle sofferenze a cui
l'amore e la sessualità la condurranno. In prospettiva
è l'ombra stessa della morte, quella che ha
accompagnato l'artista per tutta la sua tormentata
esistenza.
Il dipinto fa parte di una serie di olii dedicati a una
figura femminile seduta sul letto, databili fra il 1884
e il 1925-1928. Il dipinto è la personificazione delle
paure adolescenziali, riflette il turbamento causato
da un’esperienza nuova e sconvolgente.
Quest’interpretazione del soggetto è basata non
soltanto su una lettura dell’atteggiamento e dei
lineamenti, ma deriva anche dalla presenza
dell’ombra. Sebbene il quadro fosse letto all’epoca
della sua esecuzione come un’accusa alla società del
tempo, oggi la critica è propensa a credere che in
opere come questa Munch giunge a esplorare quella
linea di confine tra l’organico e lo psichico che è alla
base del pensiero freudiano. La ragazza è
rappresentata "nuda in un ambiente nudo", seduta
su un letto di cui non si vede inizio e fine. A Munch
non è necessario altro per esprimere l'associazione
tra sesso e paura: un letto per dire un'esistenza che
soggiace alle leggi incomprensibili dell'amore e della
morte, un'ombra sul muro per indicare un conflitto
psichico, una minaccia che non viene dall'esterno
ma dal caotico desiderio del corpo. Si tratta per
Munch di un brusco risveglio senza alcun incanto.
Non vi è alcun compiacimento sensuale in questo
nudo, anzi, l'immagine trasmette, ad uno sguardo
più attento, un intenso sentimento di angoscia. Il
nudo, in questo caso, è allegoria di condizione
indifesa, soprattutto da parte di chi è ancora giovane
ed acerbo, nei confronti dei destini della vita. Il
trapasso dallo stato di fanciulla a quello di
donna il cui destino forzato è quello di
amare,procreare,morire, non è per Munch un
evento psico-fisiologico ma un problema
sociale: uno dei temi più frequenti è la
condizione sociale di egoismo e indifferenza in
cui versa la donna,il legame profondo che
l’avvince alla natura e alla specie ma la limita
o impedisce la sua partecipazione alla vita
intellettuale e attiva della società moderna. L’
idea che ognuno abbia un destino che lo aspetta, in
questo quadro è simboleggiato dall'ombra che la
ragazza proietta sulla parete. Non è un'ombra
naturale, ma un grumo nero come un fantasma che
si materializza dietro di noi, senza che si possa
evitarlo: è il simbolo di tutti i dolori che attendono
chi vive.
Il capitalismo
Il termine capitalismo può riferirsi in genere a
diverse accezioni quali:
Una combinazione di pratiche economiche, che
venne istituzionalizzata in Europa, tra il XVII e il
XIX secolo, che coinvolge in particolar modo il
diritto da parte di individui e gruppi di individui
che agiscono come "persone giuridiche" (o
società) di comprare e vendere beni capitali
(compresi la terra e il lavoro; vedi anche fattori
della produzione) in un libero mercato (libero dal
controllo statale).
Un insieme di teorie intese a giustificare la
proprietà privata del capitale, a spiegare il
funzionamento di tali mercati, e a dirigere
l'applicazione o l'eliminazione della
regolamentazione governativa di proprietà e
mercati;
Regime economico e di produzione che nelle
società avanzate viene a svilupparsi in periodi di
crescita, riconducibile a pratiche di monopolio, di
speculazione e di potenza.
La parola "capitalismo" è usata con molti significati
differenti, a seconda degli autori, dei periodi storici,
e talvolta del giudizio di valore che l'autore porta
sull'organizzazione sociale vigente. Volendo trovare
un comune denominatore alle diverse visioni, si può
forse affermare che per capitalismo si intenda,
generalmente e genericamente, il "sistema
economico in cui i beni capitali appartengono a
privati individui".
Va anzitutto distinta la nozione di "capitalismo"
come fenomeno (cioè, come sistema politico-
economico e sociale) dalla nozione di "capitalismo"
come ideologia (la posizione che difende la
"naturalità" o la "superiorità" di tale sistema, basato
sulle competizioni di detentori di capitali privati).
Essendo un termine carico di significati diversi, esso
ha rappresentato spesso uno spartiacque politico
che ha diviso le posizioni ideali in fautori, oppositori
e critici del capitalismo.
La crisi del ’29: l’egoismo del capitalismo
Marx: contraddizioni del sistema capitalistico
Secondo Marx il capitalismo è ciò a cui non è possibile far fronte e
che non può in alcun modo essere salvato, va abbattuto, proprio
come un corpo agonizzante privo di ogni speranza di salvezza.
E come nel caso di una costruzione vacillante, non solo si ha la
certezza
matematica che cadrà, ma ci si deve anche adoperare affinchè crolli
al più
presto, in modo tale da sostituirla con un edificio solido e dalle
fondamenta
stabili. Così si presenta oggi il capitalismo agli occhi dei comunisti:
come un
edificio pericolante che non deve essere aggiustato (perché ha
troppe
contraddizioni) ma abbattuto, in modo tale da accelerare la sua
caduta. Quali
sono, dunque, le contraddizioni che viziano il sistema
capitalistico? Marx ne individua parecchie, prima fra tutte la
concorrenza. Il capitalismo, come è noto a tutti, si fonda sull’idea
concorrenziale secondo cui ciascuno gode della
possibilità di inserirsi sul mercato, di contrattare in assoluta libertà
e di
vincere la concorrenza tenendo i prezzi più bassi o offrendo merci
più pregiate.
E tuttavia, se letta in trasparenza, la storia insegna che la
concorrenza
stessa, per sua inclinazione naturale, tende a ridursi sempre
più, fino a
sfociare nell’oligopolio o, nel peggiore dei casi, nel
monopolio. Questo avviene grazie ad accordi, a truffe, a raggiri
che portano all’eliminazione delle parti deboli e all’affermarsi
sempre maggiore delle grandi aziende, che si accordano tra loro per
rimuovere dal mercato i concorrenti. Ne consegue che,
paradossalmente, vien meno la concorrenza, ossigeno del
capitalismo: per un
assurdo meccanismo, la logica capitalistica, imperniata appunto sul
sistema
concorrenziale, nega se stessa, capovolgendosi in oligopolismo,
ovvero negazione della concorrenza. Alla domanda “dove porta la
concorrenza?” si può
tranquillamente rispondere: alla negazione della concorrenza.
Un’altra
insuperabile contraddizione che inquina il sistema capitalistico
consiste nel
fatto che, a partire dalla nascita delle industrie con l’avvento della
rivoluzione industriale, il lavoro in fabbrica è diventato sempre più,
con il
passare degli anni, cooperativistico, mentre il frutto di tale lavoro è
diventato in misura via via crescente proprietà privatistica: come a
dire che,
nel sistema capitalistico, sono sempre in di più a produrre,
attraverso forme di
collaborazione, ma il frutto di tale lavoro è appannaggio di
sempre meno
individui privilegiati. Ciò implica che si apra sempre più la forbice
tra modo
di produzione e distribuzione della ricchezza: Marx dice
testualmente, nel
“Manifesto del partito comunista”, che nella società capitalistica,
man mano che
passa il tempo, “ chi lavora non guadagna e chi guadagna non
lavora ”, e
questa contraddizione lampante dovrà portare, nella prospettiva
marxista,
all’abbattimento del sistema capitalistico, rigurgitante di una
miriade di
errori. Spostiamo ora la nostra attenzione su come vivono gli operai
il
capitalismo: secondo Marx, strenuo difensore del materialismo, non
c’è nulla che
meglio del lavoro realizzi l’essenza umana. Grazie ad esso, l’uomo
trasforma la
natura, imprime su di essa il proprio suggello, scavalca
materialmente quella
distinzione tra soggetto e oggetto superata solo idealmente da
Hegel, domina la
natura e la soggioga ai suoi interessi. Ne dovrebbe conseguire,
stando le cose
in questi termini, che l’operaio si trova in una situazione
privilegiata, poiché
trascorre quasi tutta la giornata al lavoro. Ma non ogni forma di
lavoro
realizza l’essenza umana; più precisamente, il lavoro inquadrato
nella struttura
dello sfruttamento capitalistico non solo non realizza l’essenza
umana
dell’operaio, ma anzi la mortifica. Infatti, l’operaio non concepisce
più il
lavoro come uno strumento per dominare la natura, ma, viceversa,
come uno
strumento con cui la natura lo domina: egli non è libero di
appropriarsi del
frutto del suo lavoro, che gli viene brutalmente strappato,
sicchè arriva a
concepirlo come un mostro a lui avverso, come un feticcio. E
poi, non potendo più trovare la propria realizzazione nel lavoro,
l’operaio la cerca altrove: nell’alcol e nella prostituzione, ovvero
nelle sue funzioni più bestiali e
disumane, cosicchè “il bestiale diventa l'umano e l'umano il
bestiale”
(Marx, “Manoscritti economico-filosofici del 1844”). Con l’avvento
delle
macchine, poi, gli sono richieste competenze sempre minori e più
dequalificate,
tant’è che con la catena di montaggio si riduce a dover compiere
singoli
passaggi automatici che, oltre a rendergli insostenibilmente tedioso
il lavoro,
lo abbruttiscono perfino: l’operaio diventa un accessorio della
macchina, quasi
un suo prolungamento. Se ne conclude che: “il lavoro alienato
[=sottratto
all’operaio] 1) aliena all'uomo la natura ; 2) aliena all'uomo se
stesso, la sua
attiva funzione, la sua attività vitale, aliena così all'uomo il genere;
(---) il lavoro alienato fa dunque 3) della specifica essenza
dell'uomo, tanto della
natura che dello spirituale potere di genere, un'essenza a lui
estranea, il mezzo della sua individuale esistenza; estrania all'uomo
il suo proprio corpo,
come la natura di fuori, come il suo spirituale essere, la sua umana
essenza; 4)
che un'immediata conseguenza, del fatto che l'uomo è
estraniato dal prodotto del suo lavoro, dalla sua attività
vitale, dalla sua specifica essenza, è lo straniarsi dell'uomo
dall'uomo. Quando l'uomo sta di fronte a se stesso, gli sta di fronte
l'altro uomo.” Un altro fattore che inficia il sistema
capitalistico e che, secondo le previsioni marxiste, lo porterà
inevitabilmente
a crollare, consiste in quella che Marx definisce, con un’espressione
divenuta
celebre, “legge della caduta tendenziale del saggio di profitto”. Per
non
soccombere alla concorrenza, il capitalista deve investire in misura
crescente
il profitto ricavato in macchinari, ovvero in capitale costante, e per
non
diminuire i propri profitti deve cercare di tenere sempre più basso il
capitale
variabile (gli stipendi). Ciononostante, Marx é convinto
dell'esistenza di una legge tendenziale di caduta del saggio di
profitto , con la conseguente progressiva concentrazione del
capitale in poche mani. E questo, a sua volta, forma un binomio
indisgiungibile con l' immiserimento crescente degli operai :
con l'avvento delle macchine, che possono sostituire il lavoro di
molti operai, aumentano i disoccupati e, quindi, anche l'offerta di
forza-lavoro sul mercato,