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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: Educazione al consenso e controlo delle masse
Autore: Giusi Francaviglia
Descrizione: un excursus sul mondo della comunicazione di massa nel contesto dela nascente cultura di massa ai primi del novecento, età dell'ansia...la mia tesina si propono anche come può essere facilmente plagiata la mente umana attraverso strumenti all'appa
Materie trattate: storia,arte,italiano,filosofia,latino,fisica,inglese
Area: umanistica
Sommario: La comunicazione è considerata come quell'atto mediante il quale si ottiene una trasmissione di informazioni da un emittente (colui che invia il messaggio) ad un ricevente (colui che riceve il messaggio). A mio parere, su un principio base poggia il concetto stesso di "comunicazione": quello secondo il quale "non si può non comunicare". Nel regno animale, infatti, non c'è componente di qualsiasi specie che , in qualche modo, non cerchi di mettersi in contatto con i suoi simili; che questo contatto lo realizzi con emissioni vocali o atteggiamenti poco importa: in ogni caso, questo vuol dire voler "comunicare". Soprattutto per l'essere umano, comunicare, oltre che costituire un'attitudine innata per relazionarsi con i suoi simili, come per il resto del mondo animale, ha da sempre rappresentato la risposta istintiva al suo bisogno naturale di affermazione sulla natura e sulle altre speci, nonché alla sua ricerca della sopravvivenza e conservazione della specie. L'uomo, cioè, accortosi che per sopravvivere e difendersi dalla natura ostile, sfruttando la sua superiore intelligenza rispetto alle altre speci, capì che meglio poteva spadroneggiare in quella natura selvaggia se si fosse "coalizzato" con gli altri suoi simili; da qui l'intuizione di organizzarsi in gruppo al quale egli ha saputo dare una struttura "sociale" dove la "comunicazione" tra i membri si rivelò di vitale importanza per l'evoluzione della specie umana. Per comunicare, poi, è stato indispensabile imparare un "linguaggio" che non fosse solo quello dei suoni gutturali e dei comportamenti gestuali, ma che prevedesse anche l'uso di emissioni vocali chiare per meglio esternare idee e sentimenti: ecco la nascita della "parola" senza la quale oggi l'umanità sarebbe rimasta sempre al puro stato animale. Col passare dei millenni e col progredire della "civiltà umana", i capi ed i potenti di turno, cominciarono ad un certo punto a capire che "la parola", se fosse stata impressa su di un qualche supporto (pietra, tavoletta di vario materiale, carta, oggi materiali informatici), non solo si sarebbe conservata nel tempo, ma sarebbe anche stata "letta" dal popolo, e non solo "ascoltata" e, pertanto, esso popolo, avendola sempre, diciamo così, presente, meglio ne avrebbe rammentato gli ammonimenti ed i precetti. Comunicando per iscritto il loro volere, i capi meglio poterono indirizzare quella che oggi chiamiamo "volontà popolare" verso l'assoluta obbedienza.
I S T I T U T O I. I. S. S. “M. P i c o n e”
di Lercara Friddi (PA)
Anno scolastico 2007/08
TESINA ESAMI DI STATO
“Manipolazione delle masse:
controllo ed educazione al consenso”
Giusi Francaviglia
di
1
INTRODUZIONE
La comunicazione è considerata come quell’atto mediante il quale si ottiene una
trasmissione di informazioni da un emittente (colui che invia il messaggio) ad un ricevente (colui
che riceve il messaggio).
A mio parere, su un principio base poggia il concetto stesso di “comunicazione”: quello secondo il
quale “non si può non comunicare”.
Nel regno animale, infatti, non c’è componente di qualsiasi specie che , in qualche modo, non
cerchi di mettersi in contatto con i suoi simili; che questo contatto lo realizzi con emissioni vocali o
atteggiamenti poco importa: in ogni caso, questo vuol dire voler “comunicare”.
Soprattutto per l’essere umano, comunicare, oltre che costituire un’attitudine innata per
relazionarsi con i suoi simili, come per il resto del mondo animale, ha da sempre rappresentato la
risposta istintiva al suo bisogno naturale di affermazione sulla natura e sulle altre speci, nonché
alla sua ricerca della sopravvivenza e conservazione della specie. L’uomo, cioè, accortosi che per
sopravvivere e difendersi dalla natura ostile, sfruttando la sua superiore intelligenza rispetto alle
altre speci, capì che meglio poteva spadroneggiare in quella natura selvaggia se si fosse
“coalizzato” con gli altri suoi simili; da qui l’intuizione di organizzarsi in gruppo al quale egli ha
saputo dare una struttura “sociale” dove la “comunicazione” tra i membri si rivelò di vitale
importanza per l’evoluzione della specie umana. Per comunicare, poi, è stato indispensabile
imparare un “linguaggio” che non fosse solo quello dei suoni gutturali e dei comportamenti
gestuali, ma che prevedesse anche l’uso di emissioni vocali chiare per meglio esternare idee e
sentimenti: ecco la nascita della “parola” senza la quale oggi l’umanità sarebbe rimasta sempre al
puro stato animale.
Col passare dei millenni e col progredire della “civiltà umana”, i capi ed i potenti di turno,
cominciarono ad un certo punto a capire che “la parola”, se fosse stata impressa su di un qualche
supporto (pietra, tavoletta di vario materiale, carta, oggi materiali informatici), non solo si sarebbe
conservata nel tempo, ma sarebbe anche stata “letta” dal popolo, e non solo “ascoltata” e,
pertanto, esso popolo, avendola sempre, diciamo così, presente, meglio ne avrebbe rammentato
gli ammonimenti ed i precetti. Comunicando per iscritto il loro volere, i capi meglio poterono
indirizzare quella che oggi chiamiamo “volontà popolare” verso l’assoluta obbedienza. Dunque,
anche i potenti del passato – re, imperatori o faraoni che fossero, ancor prima di gerarchi nazi-
fascisti e moderni leaders politici – utilizzarono gli strumenti in loro possesso per attuare
“comunicazione di massa”
strategicamente quella che oggi chiamiamo appunto per orientare la
volontà popolare con l’arma subdola della persuasione propagandistica. Se questa non fosse
bastata, allora come oggi, il ricorso alla violenza ed alla prepotenza avrebbe risolto tutto.
La comunicazione, dunque, da sempre, per l’uomo ha costituito la principale arma di sviluppo
“parola”
sociale: essa ha permesso lo scambio di messaggi tra gli esseri umani per mezzo della
del corpo”
(poesia), dei “movimenti (danza), dei “suoni” (musica) e delle “immagini” (arte).
Le immagini, in particolare, possono essere considerate un linguaggio universale, quell’ elemento
che riesce ad essere compreso facilmente da tutti. La loro universalità, però, è legata soprattutto
all’ambito della rappresentazione naturalistica, per cui le immagini propongono una
rappresentazione simile a quella che i nostri occhi ci mostrano. La maggior parte dell’arte
occidentale ha sempre utilizzato la rappresentazione naturalistica della realtà, facendo dell’arte
uno dei mezzi di comunicazione più popolare e diffuso.
Oltre all’uso delle immagini, prima forma di comunicazione fin dall’era preistorica, i primi mezzi di
trasmissione di messaggi rivolti ad un grande numero di individui nascono durante il XIX secolo,
“massificare”
anche se il primo tentativo di la cultura si ebbe nel tardo umanesimo con
“stampa a carattere mobili” Gutemberg.
l’invenzione della da parte di Questa nuova invenzione
2
aprì le porte verso quel mondo non certo nuovissimo, come ho cercato sopra di chiarire, ma
sicuramente scientificamente ora perseguito come esclusivo modello di sviluppo sociale: quello
“comunicazione di massa”,
della appunto. Un mondo che prevedeva ora come suo fondamento di
sviluppo la capacità, per un messaggio lanciato, di qualsivoglia natura, di poter raggiungere un
pubblico molto vasto. Tale scopo divenne facile da raggiungersi attraverso, ad esempio, la
pubblicazione di quotidiani e riviste sulle pagine dei quali, a metà del XVII secolo, cominciarono a
comparire i primi annunci pubblicitari.
Con essi inizia a diffondersi, come mezzo primario di comunicazione di massa, il cosiddetto
“manifesto”, usato soprattutto per proporre al pubblico le merci che le industrie producevano.
Nel corso del XIX secolo, i vari progressi scientifici e lo sviluppo della tecnologia favorirono la
“telegrafo”
nascita dei primi mezzi elettrici ed elettronici di comunicazione di massa: ricordiamo il
“telefono”
(Samuel Morse, 1837) il (Alexander Bell, 1876), l’invenzione del “microfono” (1878) la
“onde radio” “radio”
produzione di (Hertz), il “cinematografo” (Fratelli Lumière, 1895), la
(Marconi 1895). E’ nel 1906 che iniziano le prime trasmissioni radiofoniche (nel 1924 in Italia) e
sempre nei primi anni del XX secolo si effettuano le prime le proiezioni cinematografiche. “quarto
In breve tempo lo sviluppo dei mass media fu tale che si arrivò a considerarli come il
potere”, dopo i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario e, grazie allo sviluppo della tecnologia,
l’informazione fu accessibile ad un numero sempre maggiore di persone. Ben presto si cominciò a
“cultura di massa”
parlare di la cui diffusione fu favorita soprattutto dallo sviluppo dell’industria
culturale e dell’urbanizzazione. “Gli strumenti del comunicare”,
Il sociologo Marshall McLuhan, nella sua opera intitolata afferma
che i mass media riescono a raggiungere un grande numero di persone diventando potenti mezzi
di controllo ma anche di mobilitazione politica. Ed è questo, in effetti, l’uso che si fece dei mass
media durante tutto il Novecento e si continua a fare, anche in questo inizio di terzo millennio che
stiamo vivendo, con una sempre crescente insistenza.
Il concetto sopra accennato circa l’utilizzo degli strumenti della “comunicazione di massa” da
parte di capi , re, imperatori, leaders politici, possiamo comprenderlo meglio se analizziamo come,
ad esempio in Italia ed in Germania, agli inizi del “900”, due organizzazioni politiche, da semplici
movimenti modellati alle ideologie predominanti all’epoca, rispettivamente il “Fascismo” ed il ”
Nazismo”, poterono trasformarsi in veri e propri regimi totalitari così passivamente osannati dal
popolo, a dispetto della violenza, ferocia e crudeltà con cui i capi, Mussolini ed Hitler, esercitarono
il loro potere politico. Questi due regimi totalitari si prestano bene a quello che è lo scopo che mi
sono prefissa in questo lavoro di dimostrare come l’utilizzo dei mezzi della “comunicazione di
massa” sia stato essenziale per soggiogare la volontà del popolo in quanto ambedue regimi
seppero sfruttare le potenzialità della “comunicazione di massa” messa al servizio in maniera
scientifica della propaganda politica. 3
Breve storia del fascismo
Nel 1921, sfruttando la crisi economica bancaria, l’incremento della disoccupazione,
l’indebolimento del fronte sindacale, Mussolini cercò di sfruttare il momento per raccogliere
consensi e creare un nuovo soggetto politico che si facesse interprete delle più immediate
esigenze delle masse popolari italiane e, al tempo stesso, di tutte le altre classi sociali. Nacque
così il Partito Fascista, organizzato gerarchicamente, che voleva accattivarsi, oltre che, come detto,
le simpatie popolari, quelle monarchiche e papali in primo luogo e perseguire anche l’uso della
violenza contro il movimento operaio per indebolirlo. All’ascesa del Partito contribuì non solo il
tacito consenso dei liberali che, quando capirono la gravità della situazione ed istituirono
l’Alleanza del lavoro per ripristinare la legalità, era ormai troppo tardi, ma anche la decadenza del
Partito Socialista, che si divise in PSU e Partito Comunista d’Italia. Compreso che lo stato liberale
era ormai in crisi, il Fascismo organizzò un’insurrezione il 28 ottobre 1922, marciando su Roma per
occuparla militarmente con la forza. Alla proposta di Facta, l’allora capo del governo, di decretare
lo stato d’assedio per poter difendere l’attacco alle istituzioni, il re Vittorio Emanuele III affidò
invece l’incarico di formare un nuovo governo a Mussolini il quale arrivò comodamente da Milano
in vagone letto. L’Italia così imboccava la strada che l’avrebbe condotta alla dittatura grazie
all’appoggio del re e della borghesia ed anche alla neutralità della Chiesa. Con l’avvento del nuovo
regime si assistì ad una ripresa economica, si dichiararono decadute le leggi del governo Giolitti, si
ridusse il debito pubblico; inoltre, venne limitata la libertà di stampa e di espressione (Ministero
della Cultura Popolare), si diede più libertà di iniziativa economica che portò ad un boom delle
esportazioni, mentre per diminuire le importazioni vennero intraprese due iniziative: la battaglia
del grano e la bonifica integrale per aumentare la produzione agricola e diminuire la
disoccupazione. A livello istituzionale si assistette alla nascita della Milizia e del Gran Consiglio del
Fascismo. Nelle elezioni del 1924, che assegnarono la vittoria al listone, ci furono dei brogli che
vennero denunciati da G. Matteotti, deputato socialista che venne poi assassinato. E’ da segnalare
un’indignazione popolare cui seguì la cosiddetta “secessione dell’Aventino” per protesta.
Il regime fascista nacque ufficialmente nel 1926 e portò alla fine del regime liberal-parlamentare:
lo Statuto Albertino non venne abrogato ma rimase solo virtualmente in vita; la funzione
legislativa del Parlamento fu affidata al Governo: sindaci e presidenti vennero sostituiti dai
podestà e dai presidi; tutti i movimenti antifascisti vennero dichiarati illegali; vennero creati
Tribunali speciali per la sicurezza dello Stato e sempre più frequente fu il fenomeno del
Fuoriuscitismo. Le leggi sindacali rendevano illegali scioperi e serrate e i sindacati vennero
sostituiti da corporazioni che raggruppavano datori di lavoro e operai (i cui contrasti erano risolti
dalla Magistratura del Lavoro). Venne poi emanata la Carta del Lavoro che conteneva i diritti degli
industriali.
Per la svalutazione della Lira e l’inflazione venne poi intrapresa una rigida politica economica
improntata sul Protezionismo: fu così che la “Quota 90” con la sterlina fu raggiunta e fu un gran
successo per Mussolini che voleva affermare la propria autorità anche a livello industriale, mentre
la rinuncia alle esportazioni penalizzò il settore agricolo. Poiché le industrie dipendevano sempre
più dagli istituti di credito, la banca mista venne smantellata e sostituita dall’IRI (Istituto
ricostruzione industriale), con il quale lo Stato si proponeva come imprenditore e banchiere allo
stesso tempo.
Più tardi la politica economica protezionistica (il cosiddetto “dirigismo economico”) fu potenziata e
venne chiamata autarchia, che dava comunque sempre più potere agli industriali.
Solo nel 1935 si ebbe il vero programma di rilancio dell’economia nazionale con la decisione di fare