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Sintesi
Storia - Hitler e l'antisemitismo
Filosofia - Friedrich Nietzsche
Arte- Van Gogh
Italiano - Italo Svevo e l'inetto
Letterartura latina - La "purezza razziale" dei Germani in Tacito
Letteratura Inglese - Oscar Wilde
Estratto del documento

TESINA: LA DIVERSITA’

INTRODUZIONE. Ho deciso di incentrare la mia tesina sul tema della diversità poiché lo considero uno dei più

attuali e anche perché lo si ritrova nella quotidianità; questo è un argomento che mi è molto vicino, soprattutto per il

fatto che ho condiviso i miei ultimi tre anni scolastici con un compagno diversamente abile. Le cose che mi hanno

stupito di più sono la forza con la quale lui affronta la vita di tutti i giorni, la sua curiosità, la sua voglia di imparare,

che mi hanno permesso di capire che la diversità non sempre è debolezza, ma è forza, e il mio compagno Biagio

ne è la testimonianza. La nostra comunità è chiusa e riluttante nei confronti del diverso, tanto che questi si ritrova,

isolato e deriso, a vivere una profonda crisi e un profondo dissidio interiore che lo portano a odiare la propria

diversità. Il tema della diversità è naturalmente molto vasto, tanto che può includere in sé accezioni positive e

negative, a seconda di come ognuno la percepisce e del modo in cui essa si manifesta.

STORIA. La diversità può essere intesa come “razza” e l’emblema di tutte le discriminazioni razziali è senz’altro

l’antisemitismo di Hitler. La “razza ariana” che, secondo l’ideologia nazista, era quella dei primi abitanti indoeuropei

del nostro continente, e i suoi discendenti erano tutte le razze libere da contaminazioni di altri popoli: chi

discendeva da questa razza era ariano e poteva, dunque, far parte del Reich. Così, poiché gli ebrei, popolo senza

terra e senza Stato, erano considerati la razza peggiore fra tutte, vennero emanate le “leggi di Norimberga” che

negavano agli ebrei la cittadinanza del Reich, li escludevano dal voto, dalle professioni, impedivano i matrimoni tra

ebrei e ariani, per proteggere la razza ariana da contaminazioni e per proteggere la civiltà europea dalla

decadenza. Hitler nel suo “Mein Kampf”, fa ricorso un falso documento per legittimare l’eliminazione, anche fisica,

degli ebrei; infatti, Nei primi anni del Novecento iniziò a circolare in Europa un misterioso e controverso libro dal

titolo “I Protocolli dei Savi Anziani di Sion”. Al suo interno veniva descritto con precisione il piano di conquista del

mondo da parte della comunità ebraica, che si sarebbe dovuto realizzare attraverso il controllo dei punti nevralgici

delle moderne società occidentali, quali la finanza, la stampa, l’economia, gli eserciti militari, la morale e la cultura.

In seguito, si è scoperto che questo documento era un falso. Man mano che i tedeschi conquistavano territori,

aumentava il numero di Ebrei che si venivano a trovare sotto il loro dominio. La questione ebraica assunse così

proporzioni enormi, specialmente in Polonia, che contava più di due milioni di ebrei, i quali furono costretti a

trasferirsi in ghetti, quartieri isolati da muri alti e filo spinato, e obbligati a indossare sugli abiti una stella gialle, che

simboleggiava la loro appartenenza alla razza ebraica. Hitler aveva deciso di eliminare tutti coloro che

manifestavano ostilità al regime, così iniziarono le fucilazioni di massa e i massacri indiscriminati di Ebrei, comunisti

e zingari: in soli due giorni, tra il 29 e il 3° settembre del 1941, furono uccisi 30 mila ebrei di Kiev. Quelli che non

venivano trucidati furono avviati nei campi di concentramento (Lager), edificati per la maggior parte in Polonia: nei

campi di concentramento venivano deportati i lavoratori considerati abili e che, quindi, potevano essere sfruttati;

invece, le camere a gas e i forni crematori erano concentrati nei campi di sterminio. Nei diversi tipi di lager venivano

inoltre internati zingari, comunisti, neri, omosessuali, dissidenti, testimoni di Geova, malati fisici e mentali. All’interno

dei campi vi erano numerose baracche: oltre a quelle adibite a dormitori, uffici, cucine e lavanderie, c’erano anche

quelle destinate alla quarantena, un’infermeria speciale chiamata anche “blocco della morte” dove erano rinchiusi i

detenuti destinati a essere soppressi in breve tempo; poi c’erano i locali destinati alle esecuzioni, alle torture e agli

esperimenti medici sulle cavie umane. In conclusione, sono stati uccisi più di 5 milioni di ebrei e vennero eliminati

circa i due terzi degli ebrei d’Europa. Alla fine della Seconda Guerra mondiale, i capi nazisti accusati dello sterminio

vennero processati durante il famoso “Processo di Norimberga”; alcuni di essi furono prosciolti, alcuni ottennero

l’ergastolo e alcuni vennero condannati a morte e poi cremati.

LATINO. Tacito, nella sua opera “De origine et situ germanorum”, descrive l’origine, gli usi e i costumi della stirpe

germanica concentrandosi meno sulla questione geografica e più su quella etnografica. Il popolo germanico è

profondamente diverso da quello romano, è un popolo ancora “barbaro”, non contaminato da ciò che comunemente

veniva definita “civiltà” che per Tacito era debolezza e corruzione, mali che si erano inevitabilmente insediati nella

società romana, che insisteva col sentirsi tanto civilizzata ed elegante. Lo scopo ultimo dell’autore è dunque quello

di trovare, attraverso l’analisi del popolo germanico, le cause della decadenza dei costumi romani, così l’opera si

configura come un’esortazione diretta al popolo romano, nella speranza che questo possa vedere la purezza delle

popolazioni “barbare” e ritornare alla dignità e al rigore dei costumi antichi. Del popolo germanico viene a lungo

analizzata l’autoctonia (l’essere nati nello stesso luogo in cui si vive) e dunque la “purezza razziale”, infatti, anche

questo costituisce un motivo di diversità tra le due popolazioni: mentre quella romana era una comunità simbolo

della “mescolanza” e della diversità, nella quale gli stessi imperatori furono spagnoli, (basti pensare a Traiano), o

africani, come Settimo Severo, quella dei germani è una società “pura” nella quale le mescolanze sono state difficili

o quasi del tutto assenti. Questa trattazione resta il fondamento di una lunga tradizione e di un sentimento nazional-

razziale divenuto col tempo sempre più inquietante. La tesi di Tacito è ripresa infatti dagli umanisti tedeschi Bebel,

Naukler, Hutten, amico di Lutero, nel '700 dal poeta Klopstock, è ben presente nei Discorsi alla nazione

tedesca (1808) di Fichte. Si pongono in quegli anni le premesse di uno sviluppo in senso scopertamente razzistico,

come "tutela del sentimento nazionale tedesco", in aperta ostilità verso le minoranze.

Questo atteggiamento "pantedesco" trova la sua espressione saggistica nell'opera Fondamenti del XIX

secolo (1899) di Houston Stewart Chamberlain (1855-1927), il razzista inglese tedeschizzatosi (fu amico personale

di Guglielmo II e si imparentò con Wagner). Per Chamberlain è prioritaria la difesa dei cosiddetti tipi "migliori", cioè

"puri": è peraltro innegabile, e la testimonianza tacitiana varrebbe a dimostrarlo, che i Germani rappresentavano

una "razza pura".

Quest'ultimo punto sarebbe stato affermato da Tacito nel cap.4 della Germania, in un passo che ha particolarmente

colpito Chamberlain e altri:

Ipse eorum opinionibus accedo, qui Germaniae populos nullis aliis aliarum nationum conubiis infectos propriam et

sinceram et tantum sui similem gentem extitisse arbitrantur. Unde habitus quoque corporum, quamquam (?) in

tanto hominum numero, idem omnibus: truces et caerulei oculi, rutilae comae, magna corpora et tantum ad

impetum valida. (Germania, 4)

"Io stesso sono d'accordo con le opinioni di coloro che ritengono che i popoli della Germania, non contaminati da

nessuna unione con altre genti, mostrino la loro razza pura e simile solo a se stessa. Per cui anche l'aspetto dei

corpi, sebbene (?) in un numero tanto grande di uomini, è lo stesso per tutti: truci occhi azzurri, capelli fulvi,

corporature massicce e adatte soltanto all'attacco".

Segno di "purezza" sarebbe dunque la statura e la conformazione fisica straordinariamente simile dei Germani. Ma

la frase presenta qualche problema di traduzione: infatti, al posto di quamquam, si attesta in alcuni codici anche la

variante tamquam. La differenza di significato non è irrilevante. Tamquam attenua il giudizio di uniformità e

introduce un elemento limitativo: "sono tutti uguali, nei limiti in cui lo si può essere nell'ambito di un così gran

numero di persone". La ricerca più recente ha portato forti argomenti in favore di tamquam, ma in epoca nazista, in

cui la Germania tacitiana viene con molta assiduità commentata e tradotta, si afferma saldamente quamquam e

prevale l'interpretazione più smaccatamente razzistica: Tacito sarebbe, come scrive Fehrle, «stupefatto dinanzi ad

una popolazione così numerosa e che nondimeno presenta una tale concordanza nei tratti somatici». Anche l'uso di

termini "forti" quali l'aggettivo infectos, posto in opposizione al successivo sinceram, veniva inteso nel senso che i

Germani non si erano "macchiati" da contatti o mescolanze con altre stirpi.

ITALIANO. Per quanto riguarda la diversità come “incapacità a vivere” è fondamentale descrivere la figura

“dell’inetto” di Italo Svevo: l’inetto è definito da Svevo come una persona debole e “incapace alla vita”. Il primo

romanzo di Svevo, “Una Vita”, ha come protagonista Alfonso Nitti, un giovane che dopo la morte del padre lascia la

famiglia per andare a lavorare come impiegato di banca. Egli tenta di elevarsi socialmente intrecciando una

relazione con la figlia del proprio datore di lavoro ma, preso da un’inspiegabile paura, rinuncia al matrimonio e

finisce per cercare la morte come unica via di scampo dall’odio e dal disprezzo che lo circondano. In quest’opera

Svevo introduce la figura dell’inetto: Alfonso è un piccolo borghese ed un intellettuale legato alla cultura umanistica.

Questi due fattori sociali lo rendono un “diverso” nella società borghese, i cui unici valori sono il profitto, la

produttività ecc. Alfonso è totalmente afflitto e quasi paralizzato dalla sua diversità, che è sentita come inferiorità,

così, egli si rifugia nei suoi sogni ad occhi aperti, per evitare di sentirsi sconfitto. Emilio Brentani, protagonista del

secondo romanzo di Svevo, presenta caratteri simili a quelli di Alfonso Nitti. Dopo essersi distinto in gioventù come

autore di un romanzo, Emilio non ha più scritto nulla e vive un’esistenza grigia, lavorando come impiegato presso

una compagnia d’assicurazioni. L&rs

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