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i Italiano: la diversità dell’aspetto fisico e del modo di reagire di fronte alle cose

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Es Latino: la diversità sociale e culturale a Roma

 Inglese: la diversità come handicap

 Storia: la diversità delle civiltà e delle culture

 Filosofia: la nascita dell’idea di diversità

 Storia dell’arte: l’artista come il prototipo del diverso

 Fisica: il magnetismo come un fenomeno diverso

 Scienze: la ricerca del diverso

Nel parlare di diversità sento di essere un romantico. Il Romanticismo ha creato l’incompatibilità e

la pluralità d’ideali. Il magnifico risultato è stato il liberalismo, la tolleranza e la consapevolezza

che non c’è nulla di perfetto. Avrei potuto fare una tesina sull’uguaglianza, andare alla ricerca di

un ordine universale assoluto ma è assai più intrigante indagare su che cosa ci differenzia l’uno

dall’altro, che cosa rompe e rende disuguale la nostra stessa personalità.

Occorre comunque evidenziare l’importanza di un’armonia universale, di un insieme di leggi

generali. Non si deve esaltare la diversità e poi degenerare in idee isolazioniste o anarchiche. Il

motto da seguire è: <<insieme nella diversità>>. Come classe, siamo andati in gita

all’europarlamento e abbiamo partecipato a diverse manifestazioni sull’Europa, grazie a queste

esperienze mi sono reso conto che una grande realtà in grado di comprendere in armonia tante

diversità è effettivamente possibile, ed esiste.

Un tema particolare che ho voluto inserire nella tesina è la diversità come handicap. Per

esperienza personale, ho visto che cosa significa non essere in grado di muoversi, ascoltare e

parlare come la gente comune e venire respinti o, peggio, essere ignorati a causa della propria

diversità. La mia scelta di frequentare la facoltà di ingegneria biomedica si basa sull’obiettivo di

aiutare le persone diversamente abili, insegnando loro il valore della diversità e agevolando la loro

esistenza con l’ausilio della tecnologia.

La diversità è secondo me un valore e, come tale, va apprezzata.

ITALIANO: Rosso Malpelo e la diversità secondo Verga

ITALIANO Rosso Malpelo”,

La novella che segna l’adesione al Verismo di Giovanni Verga è “ Vita dei

scritta nel 1878 e inserita come terza novella nell’edizione del 1880 di “

campi”. “Rosso Malpelo” narra la storia di un ragazzino che, ridotto a uno stato di

schiavitù dal lavoro nelle cave di sabbia, convive un radicale senso di

annientamento. Di fronte all’ordine rigido che lo umilia, Rosso Malpelo reagisce con

la tormentata protezione di Ranocchio, il comportamento sadico nei confronti

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dell’asino grigio e l’attaccamento commovente alle poche cose lasciate dal padre, mastro Misciu.

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Es La vicenda termina con Rosso che scompare, senza mai più fare ritorno, nei meandri oscuri della

cava sotterranea di rena.

La diversità di Malpelo rispetto alla comunità che lo circonda, è messa in risalto da due tecniche

narrative: la regressione e lo straniamento. L’artificio della regressione è chiaramente

<<Malpelo si chiama così perché aveva i capelli rossi; ed

individuabile nell’incipit della novella:

aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di

birbone>>. È evidente che Verga scrive adottando le categorie culturali della comunità che sta

descrivendo, dove la caratteristica fisica dei capelli rossi comporta quella morale della cattiveria.

Questo pregiudizio deriva probabilmente dal fatto che i

fulvi, caratteristici dell’Irlanda, in Sicilia

rappresentassero una forte minoranza; da ciò derivava

la consueta paura del diverso, che si trasforma in

emarginazione e rifiuto. Come ai tempi di Verga, anche

al giorno d’oggi i fulvi costituiscono un gruppo

fortemente minoritario, tanto che essi rischiano di

scomparire verso il 2100. Desmon Tobin, esperto di

cellule dei capelli della Broadford University, a una

conferenza organizzata dall’Oxford Hair Foundation, ha

<<Parallelamente all’aumento delle

sentenziato:

migrazioni e dei matrimoni misti, assisteremo alla loro fine>>. Di fronte ad una simile

dichiarazione, diventa efficace la scelta di Verga di adoperare la figura di Rosso Malpelo come

l’emblema della diversità.

Intimamente legato all’artificio della regressione è il discorso indiretto libero, un espediente per

dare indirettamente la parola ai personaggi. Lo scrittore che vi fa ricorso tende a liberare

l’espressione dei propri personaggi da quei ponti grammaticali come i “verba dicendi” e la

congiunzione subordinante “che”. Il narratore rinuncia a intromettersi, eclissandosi totalmente.

Verga si avvale di questa tecnica poiché ritiene che il trionfo del romanzo si raggiungerà allorché

la sua creazione rimarrà un mistero e l’opera sembrerà essersi fatta da sé, come lui stesso

“L’Amante di Gramigna”,

afferma nella prefazione a dedicata a Salvatore Farina.

Per quanto riguarda la seconda grande tecnica narrativa, lo straniamento, Verga la utilizza per

mettere ancor più in risalto la diversità di Rosso Malpelo rispetto alla comunità. Lo straniamento

consiste nel far sembrare strano ciò che è normale e viceversa; per esempio, Verga fa apparire

incomprensibile la disperazione di Malpelo quando muore il padre. Negli anni venti, il critico russo

Viktor Sklovskij definirà lo straniamento, l’applicare a un oggetto un tipo di percezione tale da

cancellarne la familiarità, come se si guardasse per la prima volta.

“Rosso Malpelo”

La novella costituisce un importante documento di storia che mette in evidenza la

terribile vita degli uomini nelle miniere. A differenza del naturalista francese Emile Zolà, Giovanni

Verga in questa novella, come in tutte le sue opere, non allude ad alcun impegno civile

progressista. Il verista italiano, secondo la concezione di Luigi Capuana, deve infatti rappresentare

oggettivamente la società, in modo conservatore e senza l’obiettivo di cambiarla.

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LATINO: I liberti e l’invenzione artistica di Trimalchione

LATINO

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Es La diversità sociale e culturale a Roma ci è presentata solo da chi detiene la parola e ha la

possibilità di esprimersi. La prospettiva da cui sono giudicate le classi inferiori è quindi un’ottica

dall’alto e le impressioni sono di solito negative. L’immagine che ci giunge è in prevalenza un

quadro letterario, una proiezione di una certa cultura che parla di un’altra.

Una figura diversa, caratteristica del mondo romano, è quella del liberto. Il termine

“libertus” è utilizzato per indicare lo stato sociale di ex schiavo. La liberazione

ufficiale di uno schiavo poteva avvenire in tre modi: la “manumissione vindicta”,

cioè la dichiarazione, spesso fittizia, che lo schiavo fosse nato libero; la

“manumissione censu”, in cui veniva attestata la cittadinanza dello schiavo; la

“manumissione testamento”, dove la liberazione rientrava tra le ultime volontà del

padrone. A partire da Augusto, veniva concessa ai liberti la possibilità di essere

promossi alla piena cittadinanza romana. Inizialmente questo ceto era escluso dalle cariche

pubbliche più rilevanti e dal servizio militare, ma, nell’età di Claudio e di Nerone, i liberti assunsero

ruoli sempre più importanti nel commercio e nella pubblica amministrazione.

Se da un lato i liberti rappresentavano l’emblema dello spirito imprenditoriale, dall’altro non

riuscirono mai a integrarsi perfettamente nella società romana. Ogni liberto era costantemente in

bilico tra le sue origini di schiavo e lo status sociale che era riuscito a conquistarsi, difficilmente

quindi i liberti notabili frequentavano i notabili “ingenui” (nati liberi). Un’eccezione fu Mecenate,

che accettava la compagnia dei figli di liberti, perché credeva che la vera nobiltà si dimostrasse

con il carattere e con il comportamento e non attraverso l’esibizione delle glorie di famiglia.

Occorre aggiungere che l’elemento della diversità sta anche all’interno della figura stessa del

liberto. Ogni ex schiavo ha origini culturali e geografiche diverse che lo caratterizzano, inoltre

alcuni liberti svolgono funzioni intellettuali o artistiche, altri attività imprenditoriali, commerciali o

agricole; alcuni sono piuttosto ricchi, altri vivono in condizioni di povertà.

“Satyricon”

Nel di Petronio, Trimalchione costituisce l’esempio del liberto che sembra essere

riuscito a integrarsi nell’economia e nella società romana. Al tempo stesso Petronio, che descrive

le vicende da un punto di vista aristocratico, non può fare a meno di attribuire a questa figura il

cattivo gusto di un parvenu e la volgarità del nuovo ricco.

Dopo l’episodio dell’orgia di Quartilla, un servo irrompe all’improvviso e ricorda a Encolpio, Ascilto

e Gitone che quella sera sono invitati a una cena a casa di Trimalchione, un ricchissimo liberto. Già

quando i tre si presentano all’ingresso della casa, si preannuncia la stupefacente teatralità della

cena, durante la quale Trimalchione occuperà in modo ingombrante la scena. Ad accoglierli c’è

una gazza variopinta che saluta da una gabbia d’oro ed Encolpio viene spaventato dalla

raffigurazione di un grande cane, accanto al quale è dipinto Trimalchione che entra a Roma

guidato da Minerva. Il clima della cena è segnato dalla mancanza di gusto, di equilibrio, tutto

appare eccessivo e ostentato. Le portate sono spettacolari e gli schiavi le servono su dei piatti che

hanno inciso il peso dell’argento, cantando e danzando.

Trimalchione fa il suo ingresso a cena già iniziata ma,

prima di mangiare, desidera finire una partita a

scacchi: al posto delle pedine usa monete d’oro e

d’argento e mentre gioca bestemmia.

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L’abbigliamento del padrone di casa è caricaturale, soprattutto gli anelli alla mano sinistra, che

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Es costituiscono un surrogato dell’anello d’oro, riservato ai cavalieri. Trimalchione, pur essendo un

putidissimi servi”,

liberto, disprezza i suoi schiavi, che chiama “ anche se, a un certo punto, con la

complicità dell’ebbrezza, promette di inserire nel proprio testamento grandi cose per la sua

servitù. Si entra così nel tema della morte. La questione della caducità della vita è

già stata messa in risalto all’inizio del banchetto, quando uno schiavo ha

portato in sala uno scheletro d’argento, secondo una tradizione egiziana.

Ora Trimalchione descrive dettagliatamente all’amico Abinna come fare il

suo monumento funebre; con ciò Petronio costituisce una preziosa

testimonianza letteraria di arte plebea. Il monumento imponente piega i

modelli classici a un nuovo contesto: le raffigurazioni mitologiche sono

sostituite dalle rappresentazioni dei meriti acquisiti presso la comunità e

delle ricchezze. Trimalchione vuole inoltre ricordare con una statua la

moglie Fortunata, collaboratrice nelle avventure commerciali, saggia consigliera e amministratrice

delle ricchezze. Significativo è il proposito di porre un orologio sulla tomba, così tutti quelli che

guarderanno l’ora inevitabilmente leggeranno il suo nome. Del tutto ubriaco, Trimalchione finge di

essere morto e viene suonata una marcia funebre. Nel pieno della notte, la musica sveglia tutto il

vicinato, che la interpreta come un allarme d’incendio, così Encolpio, Ascilto e Gitone approfittano

della confusione per darsela a gambe.

“Satyricon”

Nel di Petronio, la cena di Trimalchione è l’espressione del confronto diffidente tra due

diverse culture: quella tradizionale, colta e superata, e quella emergente di chi trae la sua

importanza da ragioni puramente economiche.

ENGLISH: Disability and indifference in “Waiting for Godot”

ENGLISH

The word “diversity” has a lot of meanings. A different person may stand for a person who has a

different color of the skin, a man that lives in a different social class, a person that thinks in a

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