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Sintesi

Sintesi Diversità nel 1900 tesina



La diversità nel 1900 è una delle problematiche principali per comprendere l’evoluzione della società attuale. Tale tema che ho affrontato nella mia tesina di terza media si colloca in un periodo nel quale i conflitti religiosi, sociali, politici vengono amplificati dagli eventi storici, perché il 1900 è caratterizzato da due grandi guerre e dai conflitti sociali precedenti e successivi a queste, dalla ricerca di emancipazione femminile, dal fenomeno dell’emigrazione, dagli esiti del colonialismo, dalle profonde differenze tra le classi sociali sia in termini economici che di diritti civili.
Da ciò si sono sviluppate molteplici forme di discriminazione legate al concetto di diversità, ovvero:
• motoria;
• cognitiva;
• sensoriale;
• sessuale;
• religiosa;
• sociale;
• etnica.

La discriminazione è un trattamento diverso, attuato nei confronti di un individuo o di un gruppo di individui in virtù della loro appartenenza ad una particolare categoria, senza una giustificazione.
Ma da cosa nasce la discriminazione? La discriminazione nasce da un pregiudizio, ovvero da un giudizio espresso prima di aver condotto un esame approfondito intorno ad un argomento. Il pregiudizio è un opinione erronea creduta fortemente vera. La nostra “cultura” e il nostro modo di vedere le cose, il nostro pregiudizio sono la base di partenza per conoscere ogni fenomeno della nostra società. Purtroppo le conclusioni alle quali si arriva sono figlie di questo pregiudizio che porta spesso a non prendere in considerazione il valore delle differenze.
Il tema viene affrontato, effettuando vari collegamenti interdisciplinari.

Collegamenti


Diversità nel 1900 tesina



Storia - Politica razziale nazista.
Italiano - Pirandello.
Arte - Pablo Picasso.
Spagnolo - Federigo Garcia Lorca.
Scienze - La pelle.
Inglese - Martin Luther King.
Geografia - Stati Uniti.
Tecnologia - La discriminazione sul luogo di lavoro.
Musica - Blues.
Educazione fisica - Jess Owens.
Estratto del documento

Premessa

La diversità nel ‘900 è una delle problematiche principali per comprendere l’evoluzione

della società attuale.

Tale tema si colloca in un periodo nel quale i conflitti religiosi, sociali, politici vengono

amplificati dagli eventi storici, perché il ’900 è caratterizzato da due grandi guerre e dai

conflitti sociali precedenti e successivi a queste, dalla ricerca di emancipazione femminile,

dal fenomeno dell’emigrazione, dagli esiti del colonialismo, dalle profonde differenze tra le

classi sociali sia in termini economici che di diritti civili.

Da ciò si sono sviluppate molteplici forme di discriminazione legate al concetto di

diversità, ovvero:

 motoria;

 cognitiva;

 sensoriale;

 sessuale;

 religiosa;

 sociale;

 etnica.

La discriminazione è un trattamento diverso, attuato nei confronti di un individuo o di un

gruppo di individui in virtù della loro appartenenza ad una particolare categoria, senza una

giustificazione.

Ma da cosa nasce la discriminazione? La discriminazione nasce da un pregiudizio, ovvero

da un giudizio espresso prima di aver condotto un esame approfondito intorno ad un

argomento. Il pregiudizio è un opinione erronea creduta fortemente vera.

La nostra “cultura” e il nostro modo di vedere le cose, il nostro pre-giudizio sono la base di

partenza per conoscere ogni fenomeno della nostra società. Purtroppo le conclusioni alle

quali si arriva sono figlie di questo pregiudizio che porta spesso a non prendere in

considerazione il valore delle differenze.

STORIA

Fino alle soglie del ‘900, anche nelle società "avanzate" la grande maggioranza della

popolazione viveva in condizione di esclusione economica, culturale e politica: era infatti ai

limiti della sopravvivenza materiale, ai margini rispetto agli scambi di mercato e ai

consumi, senza diritto di voto e di partecipazione alla vita politica, esclusa dalla cultura

scritta in quanto analfabeta.

Nel corso del ‘900, invece, le masse diventano soggetto della storia, ovvero si realizza

quella che è comunemente definita “Società di massa”. Tale processo ha tempi diversi

secondo le aree, si sviluppa prima nel Nord America, poi nell'Europa occidentale, poi nel

resto del continente europeo, in seguito ma solo in parte nel Sud del mondo, e secondo gli

ambiti economico, culturale, politico in cui si realizza

Secolo di profonde contraddizioni, delle violenze di massa e dei genocidi delle minoranze,

il ‘900 è però anche il secolo dei diritti e della emancipazione di molte minoranze. Dopo i

diritti civili, affermatisi nel mondo occidentale tra ‘700 e ‘800, e i diritti politici, affermatisi tra

‘800 e il primo ‘900, è con la società di massa che la cittadinanza si apre ai diritti sociali:

es. istruzione e sanità. Protagoniste nel ‘900 diventano le donne, tanto che si può

considerare questo il secolo della rivoluzione femminile (in Occidente). Oltre che le

differenze di genere, il ‘900 vede in molti paesi il riconoscimento dei diritti di altre

minoranze: il superamento delle discriminazioni razziali (in USA e recentemente in

Sudafrica), o di quelle contro gli omosessuali. I fenomeni migratori dal Sud al Nord

pongono poi il problema della cittadinanza in società multietniche.

Il ‘900 è caratterizzato da immani tragedie collettive, in particolare da conflitti di dimensioni

senza precedenti. Tale secolo conosce forme di violenze estreme, per lo più legate alle

ideologie ed alle guerre, tra cui le più barbare sono gli stermini di massa legati a motivi

a

razziali: dal genocidio degli armeni ad opera del governo turco durante la I guerra

a

mondiale, a quello degli ebrei perpetrato dal nazismo tedesco durante la 2 guerra

mondiale, alla "pulizia etnica" dei tutsi in Ruanda nel 1994 a quella dei musulmani ad

opera dei serbobosniaci nella guerra civile in Bosnia del 1992.

Tra le ideologie che contraddistinguono il XX secolo, causa di stermini e violenze motivate

da ragioni discriminatorie, c’è l’ideologia ariana ossia l’idea che potessero esistere “razze

superiori” e “razze inferiori”. Si sostenne che la “razza superiore” era quella “ariana” che

doveva dominare il mondo imponendosi su quelle inferiori. In questo modo il razzismo si

mise al servizio del nazionalismo: cioè aiutò a giustificare i vari nazionalismi e le conquiste

coloniali.

Il concetto di superiorità razziale, inizialmente coinvolse intellettuali europei e americani, i

quali, documentarono che la cosiddetta "razza bianca" fosse il livello massimo raggiunto

dall'umanità e al culmine di queste ricerche nacque l'eugenetica, una scienza che mirava

alla preservazione della purezza del patrimonio genetico dei popoli "bianchi", sostenendo

una campagna politica contro i matrimoni e i rapporti interrazziali che potessero portare

alla nascita di figli "razzialmente impuri".

La politica razziale nazista si sviluppò progressivamente negli anni compresi tra il 1933 e

il 1939. Il partito nazista divenne sempre più radicale nelle sue posizioni per il trattamento

delle minoranze in Germania, in special modo nei confronti degli ebrei. La base del

pensiero nazista era l'idea di una società suddivisa in categorie, che avrebbe dovuto

costituire la futura ossatura sociale della Germania. L'intero popolo tedesco venne

suddiviso in due categorie principali:

 i connazionali, coloro che appartenevano alla comunità popolare stretta attorno ai

valori proposti dal nazionalsocialismo

 gli stranieri della comunità che, invece, non appartenevano al corpo storico e culturale

della Germania.

A questa seconda categoria appartengono tutti gli individui di origine ebraica, gli zingari,

ma anche cittadini tedeschi "lavativi" e tutti i portatori di handicap mentali o fisici.

In particolare il partito nazista utilizzò il risentimento nei confronti degli ebrei per

aumentare i propri elettori accusandoli di tutti i problemi della Germania: povertà,

disoccupazione e la sconfitta nel primo conflitto mondiale.

L'antisemitismo ha costituito e costituisce tuttora una delle più significative espressioni del

razzismo nella storia dell'umanità. Basato sull'intolleranza, la discriminazione e l'ostilità nei

confronti degli Ebrei è divenuto ideologia dominante nella Germania nazista tra il 1933 e il

1945, traducendosi in una sistematica persecuzione degli Ebrei nell'Europa occupata dai

nazisti durante la Seconda guerra mondiale, assumendo le dimensioni di un'enorme

tragedia con lo sterminio di circa sei milioni di Ebrei compiuto dalla Germania nazista . Fu

questa la shoah, parola della lingua ebraica che indica il genocidio degli Ebrei nei campi di

sterminio nazisti, chiamato anche Olocausto.

Il 7 novembre 1938 un giovane ebreo polacco, per vendicare l'espulsione dei suoi genitori

dalla Germania, sparò a Parigi ad un diplomatico tedesco. Joseph Goebbels, Ministro

della propaganda tedesca, colse l'occasione ordinando una massiccia repressione

a Berlino. Durante quella che venne chiamata la Notte dei cristalli, squadre di SS

compirono raid contro i negozi ebrei della città distruggendone le vetrate ed incendiando

numerose sinagoghe. Da quel momento gli ebrei furono costretti a portare cucita sugli

abiti, una stella gialla, che permetteva di identificarli. Furono costruiti sul territorio tedesco

numerosi campi di prigionia e di lavoro (i lager) in cui, oltre agli ebrei, vennero rinchiusi

persone considerate socialmente pericolose come zingari e omosessuali. I nazisti si

posero l’obiettivo della distruzione totale del popolo ebraico. Cosi fu elaborata la

“soluzione finale del problema ebraico” che prevedeva di individuare tutti gli ebrei presenti

nell’Europa occupata per poi avviarli in campi dove eliminarli. I principali campi furono:

Treblinka, Dachau, Auschwitz, Birkenau.

Nel XX secolo gli stretti rapporti con la Germania nazista, dettati da interessi economici,

portarono anche l’Italia mussoliniana in una delle pagine più vergognose della sua storia:

la persecuzioni degli ebrei. Nel luglio del 1938 venne pubblicato il Manifesto degli

scienziati razzisti, dove si affermava che gli italiani appartenevano alla razza ariana.

Nell’autunno del 1938 in Italia vennero promulgate leggi discriminatorie nei confronti degli

ebrei:

 esclusione dal servizio militare

 divieto di lavorare nel settore pubblico

 divieto di esercitare varie professioni

 divieto di possedere imprese

 divieto di frequentare le scuole pubbliche

 divieto di sposarsi con persone di “razza ariana”

Il razzismo venne rifiutato politicamente e scientificamente solo dopo la fine della seconda

guerra mondiale, quando con la pubblicazione della «Dichiarazione sulla razza» nel 1950

l'UNESCO decretò in modo ufficiale la non esistenza della razze umane. Queste teorie

non sono del tutto scomparse, ma ancora oggi vengono riproposte da alcune minoranze

politiche estremiste semplicemente sostituendo alla parola "razza" quella di "etnia".

Collegamento

Tra gli scrittori italiani di maggior prestigio del ‘900 vi è Luigi Pirandello. Nel 1924

Pirandello aderì al fascismo tramite una lettera aperta pubblicata su un giornale romano.

La sua adesione si può legare al fatto che il fascismo veniva considerato un movimento

aperto cioè come la “vita che si contrapponeva alla forma”, nonché al carattere

conservatore dello scrittore ed alla sua indole di uomo moderato. Questi motivi, politici e

personali, spiegano il perché rimase fascista fino alla sua morte, ma il suo idealismo

culturale e filosofico era opposto a quello del fascismo. Infatti, in più di una sua opera si

evidenzia la sua distanza ideologica da certi comportamenti e condizionamenti imposti

dalla società.

ITALIANO

Luigi Pirandello, scrittore, drammaturgo e poeta, nasce ad Agrigento il 28 giugno 1867.

L'infanzia di Pirandello non fu sempre serena, caratterizzata dalla difficoltà di comunicare

con gli adulti, in modo particolare con il padre. Questo lo stimolò ad affinare le sue

capacità espressive ed a studiare il modo di comportarsi degli altri per cercare di

corrispondervi al meglio. Fin da ragazzo soffriva d'insonnia e dormiva abitualmente solo

tre ore per notte. Il giovane Luigi era molto devoto alla Chiesa cattolica grazie all'influenza

che ebbe su lui una serva di famiglia, che lo avvicinò alla religione, ma inculcandogli

anche credenze superstiziose fino a convincerlo della paurosa presenza degli spiriti.

Dopo l'istruzione elementare impartitagli da maestri privati, andò a studiare in un istituto

tecnico e poi al ginnasio. Qui si appassionò subito alla letteratura. A soli undici anni scrisse

la sua prima opera, "Barbaro", andata perduta. Per un breve periodo aiutò il padre nel

commercio dello zolfo, e poté conoscere direttamente il mondo degli operai nelle miniere e

quello dei facchini delle banchine del porto mercantile.

Iniziò i suoi studi universitari a Palermo nel 1886, per poi recarsi a Roma, dove continuò i

suoi studi di filologia romanza che, anche a causa di un conflitto con

il rettore dell'università, dovette completare a Bonn

A Bonn, importante centro culturale di quei tempi, Pirandello seguì i corsi di filologia

romanza ed ebbe l'opportunità di conoscere grandi maestri tedeschi. Si laureò

nel 1891 con una tesi sulla parlata agrigentina.

Nel 1892 Pirandello si trasferì a Roma, dove poté mantenersi grazie agli assegni mensili

inviati dal padre. Qui conobbe Luigi Capuana che lo aiutò molto a farsi strada nel mondo

letterario e che gli aprì le porte dei salotti intellettuali dove ebbe modo di conoscere

giornalisti, scrittori, artisti e critici.

Nel 1903, un allagamento e una frana nella miniera di zolfo di Aragona di proprietà del

padre, da cui Pirandello e la sua famiglia traevano un notevole sostentamento, li ridusse

sul lastrico. Questo avvenimento accrebbe il disagio mentale, già manifestatosi, della

moglie di Pirandello, Antonietta. Ella era sempre più spesso soggetta a crisi isteriche,

causate anche dalla gelosia.

Il suo primo grande successo fu merito del romanzo Il fu Mattia Pascal, scritto nelle notti di

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