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Ambientato in Sicilia ai primi del ‘900, il dramma, che ha come disperato sottofondo
storico l’emigrazione massiccia della povera gente del Sud, è basato sul tema della
maternità, così caro a Pirandello. Una semplice popolana di una contrada siciliana,
Maragrazia, soffre perché i suoi due figli partiti per l’America e presumibilmente
diventati ricchi, non si curano più di lei.
Maragrazia tenta pateticamente di richiamarli a sé promettendo loro la donazione di
uno sconnesso casale. I figli, com’è prevedibile, non tornano, mentre Maragrazia non
vuole accettare le cure di un altro figlio che, invece, vive nello stesso paese, poiché
quel figlio lei non l’ha desiderato, è nato contro la sua volontà dalle violenze che è
stata costretta a subire da parte di un brigante. Ora anche se quel figlio si dimostra
affettuoso con lei, questa non può accoglierne l’affetto; e il figlio non desiderato, ma
incolpevole e disposto a prendersi cura della madre, è violentemente rifiutato, mentre
ancora ricercato è l’affetto degli altri due, voluti al momento della nascita, ma ora
lontani e chiusi nel loro egoismo.
Ho scelto “L’altro figlio” perché racconta di una storia di discriminazione forte,
infatti nessuno pensa che Maragrazia abbia qualche motivo per ripudiare il figlio e
continuare a sperare nel ritorno dei figli che sono emigrati, nessuno si ferma a
riflettere sul passato di Maragrazia, tutti si limitano a pensare che è pazza, mentre lei
sta soltanto cercando di rimuovere un trauma forte come quello della violenza carnale
da parte di chi le ha ucciso il marito, nessuno la difende e se non fosse per la curiosità
del dottore, tutta questa vicenda rimarrebbe sommersa, il dottore s’interroga, cerca
tutti i tasselli della storia, solo perché, secondo me, è estraneo all’ambiente creatosi a
Farnia, perché se anche lui fosse stato concittadino di Maragrazia, anche lui avrebbe
data per scontata la pazzia della protagonista.
Secondo me il messaggio che vuole trasmetterci Pirandello, è un messaggio di
comprensione, di rifiuto del pregiudizio e invece di giudicare c’invita a riflettere sul
by Skuola.net
motivo per cui una persona, d’un tratto, si comporta in un ceto modo o per cui le
succede qualcosa.
Analisi dei personaggi
Maragrazia è una vecchia donna siciliana che aspetta il ritorno di due suoi figli
emigrati in America e rifiuta le cure di un altro figlio che lei non accetta poiché nato
da una violenza carnale, fisicamente Pirandello ce ne dà una descrizione poco
particolareggiata dicendo che è rugosa, ha gli occhi rovinati dal lungo piangere, ha
pochi capelli, è sempre vestita di stracci come un mucchio di cenci, ai piedi ha un
paio di scarpe logore.
E’ lo zimbello del paese, poiché nessuno sa dell’accaduto e tutti la ritengono matta
perché non accetta le cure del figlio che ha in paese.
Ninfarosa è la sarta del paese, suo marito è partito, prevedibilmente per l’America, e
si è risposato; di carattere impertinente, prova a sedurre il dottore in qualsiasi maniera
ed ha sempre la risposta pronta per chiunque, inoltre burla da moltissimo tempo
Maragrazia fingendo di scriverle lettere (N., infatti, non sa scrivere) che gli emigranti
fingono di portare ai figli della vecchia. Anche in questo caso la “didascalia” che
descrive il suo personaggio allo spettatore è povera: ha i capelli bruni e la carnagione
olivastra, gli occhi neri, le labbra accese ed un corpo “svelto e solido”, si mostra
molto fiera e sicura di sé.
Il dottore è un forestiero mandato dall’ospedale vicino per convincere Rocco Trupìa a
portare la zia all’ospedale, essendo forestiero invece di limitarsi alla semplice
apparenza cerca tutti i tasselli della vicenda mettendo in luce il dramma, cominciando
dalla burla di Ninfarosa, cogliendo altri dettagli da Rocco e arrivando alla verità di
Maragrazia. Nel suo caso Pirandello non ci fornisce nessun dettaglio legato alla sua
fisicità, solo Maragrazia allude alla sua età nel finale.
Rocco Trupìa è un contadino, il frutto della violenza subita da Maragrazia, quindi non
è accettato da questa, e ciò per lui è fonte di dolore e d’odio per i fratelli accettati e
suoi sfruttatori quando erano ancora in Sicilia facendo perno sul suo attaccamento per
la madre, che dava loro quel bene che lui ha sempre e solo desiderato. È cresciuto con
by Skuola.net
i parenti del padre, si è fatto una famiglia e lavora, come accennavo prima, come
contadino; il dottore vorrebbe convincerlo a portare la zia all’ospedale ma lui è
contrario visto che questa gli ha fatto da “madre”. La sua unica colpa è quella di
essere nato non voluto dalla madre, essendo il figlio di Marco Trupìa colui che ha
violentato la madre. Anche in questo caso della fisicità di Rocco sappiamo molto
poco, pochi dettagli: capelli, rossi, viso lentigginoso, sguardo torvo, gambe
leggermente arcuate, berretto da contadino in testa ed il passo pesante per via della
stanchezza.
Lettura critica dell’opera
“L’altro figlio” rappresenta un caso a sé nella drammaturgia pirandelliana. Il dramma
è definito nel tempo e nello spazio: in Sicilia ai primi del ‘900. L’influsso verista è
evidente: Maragrazia è un personaggio di stampo verghiano e l’ambiente tende a
identificarsi precisamente, in modo quasi mimetico, con quello di un paesino
siciliano. È tuttavia presente un elemento che apparenta “L’altro figlio” al maggiore
teatro pirandelliano: l’incapacità o l’impossibilità di Maragrazia a riconciliarsi con la
realtà. I figli lontani, che l’hanno abbandonata e non si curano di lei, sono i figli
“veri” mentre quello presente, che vorrebbe curarla è “falso”, la fuga dalla realtà si
traduce in un dramma senza soluzione.
La famiglia secondo Pirandello
Il tema della famiglia è uno dei grandi miti pirandelliani, il più caro e più sentito dal
Drammaturgo siciliano, nella cui opera è così spesso presente l'ideale della famiglia,
della maternità e dell'amore. Il suo naturale temperamento, incline alla ricerca di
affetti familiari e la grave situazione in cui era venuto a trovarsi (di vedere in altre
parole disintegrata e praticamente distrutta la sua famigliola per la terribile malattia
della moglie) avevano creato nello Scrittore un acuto desiderio di superare le ragioni
della sua inquietudine nell'affetto sereno e consolatore della famiglia, che diveniva
perciò per lui aspirazione inappagata e meta d'ogni affannosa ricerca umana.
Dall'amara constatazione di "Amori senza amore" in cui il sacro concetto dell'Amore
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che consola la vita umana scade nella volgarità e nella miseria dei facili amori e degli
equivoci compromessi - giungiamo, attraverso il faticoso cammino di tutta l'opera
pirandelliana, alla ricostruzione de "La nuova colonia", in cui l’Amore torna come
elemento sovrano della vita, purificato attraverso l'incendio delle passioni più
sconvolgenti, che invadono l'animo umano. Sono veramente poche le opere di
Pirandello in cui in un modo o nell'altro non sia trattato il problema dell'amore, della
famiglia, dei figli, del matrimonio. Si osservi poi come le scene e i personaggi
dell'amore più delicato s’illuminino di fronte alle scene e ai personaggi che sono loro
di contrasto, generalmente presentati in maniera opaca o trattati sprezzantemente
dall’Autore. Il sentimento dell'amore e della famiglia si mescola a molti altri motivi
pirandelliani, come si può vedere dall'analisi d’alcuni lavori. Il desiderio della
famiglia era rafforzato in Pirandello dalle sue convinzioni «filosofiche» nel senso in
altre parole che la maternità, la quale dà origine alla vita e alla famiglia, potesse
interpretare - meglio di qualsiasi altro aspetto della vita - il perenne farsi della
Creazione, il continuo fluire della vita universale del Cosmo, il senso universale di
«vitalità naturale» non artefatta dall'opera dell'uomo: perciò ne "La nuova colonia",
quando ogni altra costruzione umana crolla, rimane alta sulla rocca che resiste ai
flussi voraci la madre, che solleva verso la vita la sua creatura, in cui essa si fa e si
perpetua. by Skuola.net
Ho scelto “Uno, nessuno e centomila” , perché è un chiaro esempio di come si viene
emarginati se, ad un certo punto della propria vita si cerca di uscire dagli schemi,
impostici dalla società, Vitangelo in fondo sta soltanto cercando se stesso, solo che lo
cerca in maniera particolare, ma nessuno si chiede perché lo faccia ma tutti tendono a
discriminarlo e isolarlo solo perché, lui è uscito fuori dagli schemi, e grazie a ciò
hanno finalmente a possibilità di approfittarsi di lui e a sottrargli tutti i beni.
Lettura critica dell’opera
L'impatto iniziale del libro sul lettore è molto forte e studiato in modo da
coinvolgerlo immediatamente nella vicenda. La banalità dello spunto da cui prende
avvio la storia (l'osservazione della moglie su una pendenza del naso fino a quel
momento sfuggita al protagonista) a renderla così vicina alla nostra realtà quotidiana.
Una storia all'apparenza così comune: quel Vitangelo Moscarda potrebbe essere
chiunque di noi; la scoperta di un difetto fisico che prima ignoravamo può certo far
parte della nostra esperienza. Moscarda non si accontenta di un'osservazione tanto
superficiale: si mette davanti allo specchio non solo a rimirarsi il viso, ma a guardarsi
dentro, a ricercare nelle pieghe della sua vita, fino a quel momento tranquillamente
vissuta, fino a sconvolgerla completamente: affetti familiari, interessi, posizione
sociale, amicizie subiranno un ribaltamento totale, mentre lui vivrà sempre più una
condizione di «estraniamento» dalla vita, e prima ancora da se stesso. Che cosa fa
scattare questa molla, che cosa innesta la vite senza fine di questo processo
raziocinante? È il passaggio dalla condizione di chi «si lascia vivere» a quella di chi
«si vede vivere», o per lo meno ci prova. Nella prima situazione si trovano quasi tutte
le persone che Moscarda (anche se qualcuno afferma che sia quasi autobiografico)
conosce: prese nel vortice della vita, dal ritmo del lavoro, dai problemi familiari,
dalle questioni finanziarie, non si pongono domande, interrogativi sul loro io, sulla
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realtà e la consistenza della loro personalità; travolte dalla corrente, si lasciano
vivere, senza pensare. Moscarda invece pensa, scava, s’interroga: se la moglie, che
dovrebbe essere fra i suoi simili quella che meglio lo conosce, lo giudica fisicamente
diverso da quello che lui pensa di essere, la stessa cosa accadrà anche per il carattere,
la personalità. Chi è allora Moscarda? Quello che lui ha sempre ritenuto di essere, o
quell'altro uomo che la moglie si è costruita, che afferma di amare? Ma non basta. La
logica di Moscarda procede inesorabile e stringente, e gli rivela che lo
«sdoppiamento» di sé che ha verificato con la moglie avviene anche con gli amici,
con i conoscenti, con tutti coloro con cui entra in relazione. Ognuno ha di Moscarda
un'idea che si è costruita per sé, in base ai suoi criteri di giudizio, ai suoi punti di
vista. «Ciascuno se lo poteva prendere, quel corpo lì: per farsene quel Moscarda che
gli pareva e piaceva, oggi in un modo e domani in un altro, secondo i casi e gli
umori...». I Moscarda si moltiplicano all'infinito, diventando «centomila» in una
realtà caleidoscopica in cui ciascuno corrisponde ad una sfaccettatura diversa: la
presa di coscienza di questa situazione, soprattutto dell’estraneità dell'immagine che
gli altri hanno di lui, suscita nel protagonista un senso di irrequietezza che sfiora
l'angoscia: «L'idea che gli altri vedevano in me uno che non ero io quale mi
conoscevo; uno che essi soltanto potevano conoscere guardandomi da fuori con
occhi che non erano i miei e che mi davano un aspetto destinato a restarmi sempre
estraneo, pur essendo in me, pur essendo il mio per loro (un «mio» dunque che non
era per me!); una vita nella quale, pur essendo la mia per loro,io non potevo
penetrare, quest'idea non mi diede più requie». La domanda successiva è quasi