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Musica: il Blues;
Ed. fisica: psicomotricità;
Letteratura: Giovanni Verga (Rosso Malpelo);
Inglese: Aparheid;
Storia: Fascismo e nazismo;
Arte: Il Bauhaus;
Tedesco: Deutshland;
Tecnologia: le centrali nucleari, la fissione e la fusione nucleare;
MEND
EL E
LA
GENET
ICA
La genetica è la scienza che studia come vengono trasmessi i caratteri ereditari da
una generazione all’altra. Il suo fondatore fu Gregor Mendel, a metà dell’Ottocento.
Egli usò un metodo di lavoro molto efficace e innovativo. Coltivò piante di pisello
perché:
Di facile e rapida coltivazione;
Perché possedevano poche caratteristiche, ma nettamente divere;
Perché si riproducevano per autoimpollinazione (il polline, dall’antera di un fiore,
cade sul pistillo dello stesso fiore);
Perché ermafroditi, cioè che possiedono sia l’apparato riproduttore maschile,
che quello femminile.
Egli iniziò i suoi studi coltivando separatamente 32 piante di pisello, che potevano
essere considerate “pure” per almeno 8 caratteristiche. A questo punto Mendel
intervenne con la fecondazione artificiale incrociata. Con questo sistema il polline di
una pianta viene trasportato sul pistillo di un’altra. Per studiare come si trasmetteva il
colore, fecondò artificialmente una varietà “pura” a fiori bianchi con una varietà
“pura” a fiori rossi e viceversa.
Le piante ottenute da Mendel dall’incrocio di una varietà “pura” a fiori bianchi con una
varietà “pura” a fiori rossi diedero origine, nella prima generazione, a tutte piante a
fiori rossi, mentre il colore bianco sembrava sparito.
Egli chiamò i caratteri che prevalevano sugli altri (in questo caso il colore rosso)
dominanti e quelli che sembravano sparire (il colore bianco) recessivi. Indicò con la
loro iniziale maiuscola i caratteri recessivi, e con la corrispondente maiuscola i
dominanti. Mendel lasciò che le piante della prima generazione si autoimpollinassero e
i risultati che ottenne furono sorprendenti: il carattere fiori bianchi ricomparve nella
seconda generazione con un rapporto 1:3, cioè un fiore bianco ogni tre rossi.
Allora ipotizzò che in ogni pianta di pisello ci fosse una coppia di fattori separati a cui
poi fu dato il nome di alleli. Nei gameti gli alleli si separano, mentre nello zigote si
hanno di nuovo due alleli per un carattere. Ciascuno degli alleli dello zigote deriva
dal gamete di un genitore. Le possibili combinazioni possono essere illustrate in una
tabella a doppia entrata.
Un individuo che nel suo zigote possiede due alleli uguali rispetto a un carattere viene
detto omozigote (dal greco “uguale”). Se i due alleli sono diversi prende il nome di
eterozigote (dal greco “diverso”). Il carattere dominante si rende
visibile in due casi: quando gli allei sono omozigoti dominanti e quando gli alleli sono
eterozigoti (uno dominante e uno recessivo).
Il carattere recessivo si rende visibile solo quando di due alleli sono omozigoti
recessivi. L’insieme delle caratteristiche visibili viene chiamato
fenotipo, quelle presenti ma non visibili si chiama genotipo.
Mendel sintetizzò le sue scoperte in due famose leggi, dette leggi della genetica
classica.
LEGGE DELLA DOMINANZA: incrociando due individui puri, diversi per un solo
carattere, si ottengono nella prima generazione solo discendenti con carattere
dominante;
LEGGE DELLA SEGREGAZIONE: incrociando due individui della prima
generazione riappare di nuovo il carattere recessivo.
TOMAT
IS:
PROGR
Il Metodo Tomatis è stato creato negli anni 50 dal medico otorinolaringoiatra e
chirurgo, Alfred Tomatis. E’ stato riconosciuto come metodo scientificamente valido
nel 1957 dall’Académies des Sciences et de Médecine, Accademia delle Scienze della
Medicina di Parigi. A.Tomatis
scoprì la stretta relazione tra capacità di ascolto e vissuto psicoaffettivo, creando
quindi questo Metodo di Rieducazione all’Ascolto, chiamato Audio-Psico-Fonologia. E'
importante sapere che la funzione dell’orecchio non è solo passiva, cioè quella di
percepire i suoni, ma é anche attiva, che fa emergere il desiderio di ascoltarli.
Questa rieducazione si ottiene facendo fare una microginnastica ai muscoli
dell’orecchio medio tramite un macchinario chiamato “Orecchio Elettronico”. Lo scopo
di questa ginnastica acustica è quello di riattivare la coclea, responsabile delle funzioni
uditive e dell’analisi dei suoni acuti, ed Il vestibolo, parte che controlla l’attività
muscolare, l’equilibrio e lo schema corporeo.
L’orecchio è l’organo di senso che si forma per primo, funzionando nel grambo
materno già dal quinto mese dalla data del concepimento. La coclea già da allora
registra e memorizza i suoni provenienti dal primo ambiente, quello uterino. Questi
suoni sono il primo gradino della comunicazione e della vita di relazione che mano a
mano si farà sempre più elaborata verso la coscienza, l’ascolto ed il linguaggio.
Mediante l’ascolto di suoni opportunatamente filtrati, cioè simili a quelli udibili allo
stadio fetale, è possibile arrivare a riorganizzare esperienze emotivamente
traumatiche che possono aver ostacolato la funzione attiva dell’ascolto.
Per esempio, un bambino che vive un disagio affettivo, assume un atteggiamento di
chiusura e stabilisce una comunicazione fatta di monologhi. Può esprimere difficoltà di
memoria, di concentrazione, o semplicemente perdere il desiderio di apprendere.
Alcuni segnali di queste difficoltà di comunicazione sono balbuzie, dislessia, problemi
di scrittura e disturbi del comportamento. Grazie al metodo A.Tomatis viene ristabilita
la funzione dell’ascolto, strumento di enorme valore che ci consente di aprirci verso
l’esterno, al mondo e ad una migliore comunicazione tra le persone.
Il Centro "I Colori dell'Ascolto" a Vicenza, applica il Metodo Tomatis, ed é gestito da
Marie-Axelle Orset, musicista diplomata nel 1999 al Conservatorio di Lione (F), e nel
“ Tutti
2002 al Conservatorio di Verona in violino. Diplomata in viola nel 2004 al
posson
Conservatorio di Vicenza. Nel 2006 si è Diplomata presso il Mozart-Brain-Lab di Saint
Truiden (B) come Terapeuta in Audio-Fono-Psicologia secondo il Metodo A. Tomatis.
LA
PSICO
Nella seconda metà degli anni settanta la psicomotricità si è inserita nella scuola
attraverso proposte didattiche principalmente individualizzate, a supporto dello
sviluppo dei bambini con disabilità, con l’intento di potenziare i processi abilitativi e
MOTRI
cognitivi dei bambini con deficit psichico ed organico, partendo innanzitutto dal
rafforzamento delle abilità motorie di base. Questa proposta intendeva valorizzare non
solo il consolidamento delle abilità personali, ma anche la dimensione creativa
CITA’
all’interno della relazione tra insegnanti e bambini e all’interno dei gruppi o delle classi
che venivano coinvolti nell’esperienza psicomotoria.
Le aule di sostegno che vennero arricchite dall’apporto della proposta psicomotoria
non solo contenevano oggetti
maggiormente coinvolgenti, ma cominciavano a valorizzare una delle dimensioni
maggiormente amate dai bambini in ogni età, quella del gioco, sia spontaneo che
finalizzato.
Le realtà laboratoriali, così definite perché valorizzavano gli aspetti più concreti e
creativi dei processi di apprendimento, divennero gradualmente una risorsa
importante per la scuola italiana, non solo per i bambini con deficit, ma anche per le
classi e gli insegnanti che mettevano in gioco le proprie abilità attraverso l’uso di
diversi linguaggi espressivi.
La psicomotricità ha vissuto in questi trent’anni una graduale trasformazione
all’interno dell’ ambito scolastico, proponendosi non più come dimensione unicamente
riabilitativa, rivolta ai bambini con handicap, ma anche come esperienza educativa
originale, in cui i bambini potessero vivere la dimensione ludica, potenziando le
proprie abilità motorie, sociali, comunicative.
Ai bambini delle classi della scuola dell’infanzia e del primo ciclo elementare, dove la
psicomotricità si era gradualmente inserita, veniva offerta l’opportunità di
sperimentarsi all’interno di percorsi psicomotori caratterizzati dall’esperienza libera e
diretta con i materiali (cerchi, palloni, stoffe, corde …) e da un preciso lavoro di
percezione
e regolazione delle abilità corporee, attraverso il confronto con lo spazio, il tempo, gli
oggetti, i compagni.
Gli obiettivi generali su cui si lavorava inizialmente erano i seguenti:
• coordinazione dinamica generale ed equilibrio
• percezione e regolazione del movimento
• strutturazione dello schema corporeo
• coordinazione oculo-manuale e segmentaria
• organizzazione spazio-temporale
La psicomotricità, da intervento “speciale”, centrato sulla ri-educazione,
si è così trasformata all’interno delle realtà scolastiche, in un intervento educativo utile
a tutti i bambini, per affinare le differenti funzioni e consolidare i pre-requisiti di base
degli apprendimenti.
ROSSO
MALPE
La novella Rosso Malpelo è stata scritta da Giovanni Verga. Egli è nato a Catania, nel
1840, apparteneva ad una famiglia aristocratica. Frequentò la facoltà di legge presso
LO
l’Università di Catania, ma, abbandonati gli studi, iniziò a scrivere romanzi di
argomento patriottico. Si trasferisce a Firenze dal 1869 al 1871 e poi a Milano dal 1872
al 18933, dove pubblica Una peccatrice e Storia di una capinera.
Poi scrisse raccolte di novelle come Vita dei Campi e Novelle rusticane, che
contengono i suoi più celebri racconti, tra cui Rosso Malpelo e La roba. Nel 1881 uscì i
Malavoglia, a questo seguirono Mastro don Gesualdo e La duchessa di Leyra. Quasi
tutta la narrativa di Verga è ambientata in Sicilia e ritrae il mondo dei più poveri con
accenni molto drammatici. Egli morì nel 1922. Rosso Malpelo
Pubblicata per la prima volta nell'agosto 1878, la novella entrò a far
Vita dei campi,
parte della raccolta che comprende altre sette novelle, tra le più
famose di Verga. Rosso Malpelo è un ragazzo che
"Malpelo si chiamava così
lavora in una cava di rena. Il narratore si limita a dire che
perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e
cattivo". "aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo"
Persino la mamma . Il
ragazzo, dunque, è vittima di un pregiudizio popolare, quello che associa i capelli rossi
alla cattiveria. È la vita che conduce ad averlo ridotto così: la mamma lo trascura, la
sorella si vergogna di lui. Il padre, l'unico che gli riservava una qualche forma di
affetto, era morto nella stessa cava dove lavora Malpelo, sepolto da un pilastro di
rena. In seguito alla morte del padre, un dolore che lo segnerà per sempre, Malpelo
coltiva uno spirito di vendetta. Lavora duramente, ma fa di tutto per meritarsi il
soprannome col quale viene chiamato: picchia il suo povero asino ed è cattivo con
tutti. Sviluppa un rapporto di amore-odio per un ragazzo arrivato da poco alla cava,
Ranocchio. Malpelo lo picchia, ma gli insegna nello stesso tempo, con rabbioso affetto,
le feroci leggi della vita, le uniche che egli conosca: la continua lotta di tutti contro
tutti e la sopravvivenza del più forte. Un giorno colpisce Ranocchio che si accascia a
terra senza più rialzarsi. Il ragazzo è gravemente malato e non è più in grado di
lavorare. Malpelo è disperato, lo va a trovare ma il ragazzo muore. Sempre più solo, -
la madre e la sorella sono nel frattempo vanno a vivere altrove e Malpelo continua la
sua vita alla cava. Persino un evaso, capitato a lavorare di nascosto nella cava,
preferisce tornare in prigione. A Malpelo toccano i lavori più ingrati e rischiosi, tanto
non ha famiglia e di lui non importa niente a nessuno. In un'esplorazione del
A
sottosuolo, alla ricerca di un passaggio che colleghi a un pozzo, un giorno Malpelo
sparisce, portando con sé gli attrezzi che furono del padre, inghiottito per sempre dalla
terra. E ora i ragazzi temono che il suo fantasma si aggiri per la cava.
Malpelo è cattivo, a volte persino crudele, ma nello stesso tempo è vittima di
SOUTH
pregiudizi, un perseguitato, un oppresso, un ragazzo considerato diverso per il colore
dei suoi capelli, che della vita ha sperimentato solo gli aspetti più duri. L’unica forze
positiva che lo muove è il ricordo e la nostalgia del padre. Grazie al ricordo del padre,