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Sintesi
IL SILENZIO ATTIVO:
Latino: Lucio Anneo Seneca, “Epistulae morales ad Lucilium” Libro VI

Filosofia: Friedrich Wilhelm Nietzsche e la gerarchia del silenzio

IL SILENZIO ELOQUENTE:
Italiano: Giuseppe Ungaretti, "Silenzio"

IL SILENZIO COME INCOMUNICABILITA'
Inglese: Samuel Beckett, "Waiting for Godot"

IL SILENZIO METAFISICO
Storia dell'arte: Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi

IL SILENZIO COMPLICE E COATTO
Storia: La mafia e la legge dell'omertà

IL SILENZIO PER EVITARE LA CONDANNA
Fisica: Niccolò Copernico e la mancata pubblicazione del "De Revolutionibus Orbium Coelestium"
Estratto del documento

MAPPA CONCETTUALE

Le dimensioni

del SILENZIO Lucio Anneo Seneca,

"Epistulae morales ad

Lucilium" Libro VI

IL SILENZIO ATTIVO Friedrich Wilhelm Nietzsche

e la gerarchia del silenzio

Giuseppe Ungaretti,

"Silenzio"

Stéphane Mallarmé,

IL SILENZIO

ELOQUENTE "Brezza marina"

Tomas Tranströmer,

"Motivo medievale"

Samuel Beckett,

IL SILENZIO COME

INCOMUNICABILITA' "Waiting for Godot"

Giorgio de Chirico

IL SILENZIO

METAFISICO Giorgio Morandi

IL SILENZIO COMPLICE La mafia e la legge

E COATTO dell'omertà

Niccolò Copernico e la

IL SILENZIO PER mancata pubblicazione del

EVITARE LA "De Revolutionibus Orbium

CONDANNA Coelestium" 2

Il Silenzio è stato concepito in modi diversi… c’è chi lo ha visto come un simbolo di forza, chi invece lo reputa segno

di stupidità. Addirittura alcuni artisti e letterati lo hanno descritto con l’intento di esorcizzarlo. Nel Novecento

persino nella musica ha rivendicato i suoi spazi, fino a divenire l'unico protagonista dell'opera 4′33″ del compositore

statunitense John Cage. E' quindi un argomento che ha sconvolto le menti di intellettuali e politici di ogni tempo, e

continua a farlo tutt’oggi. E come studente, come ragazzo, mi sono fatto anch’io, da sempre, domande su cosa sia il

silenzio, su quale sia il suo vero valore… è opportuno dare puntualmente adito ad ogni nostro impulso interiore e

quindi farlo conoscere all’esterno, oppure a volte è preferibile tacere?

Probabilmente non esiste una definizione precisa di silenzio, anzi, direi che il suo significato possa variare da persona

a persona. Fisicamente potremmo individuarlo in uno stato di quiete causato dalla cessazione di ogni suono o

rumore. Però quando cessa il frastuono, quando non si ode alcun suono, non si può parlare propriamente di "stato di

quiete" perché tutto ciò che non riusciamo a scorgere all'esterno accade dentro di noi. Abbiamo la possibilità di

sentire i nostri conflitti, i nostri pensieri, le nostre paure, le nostre fantasie, insomma, il rumore della nostra anima.

"Cerco di pensare a tutta la mia musica posteriore a 4′33″ come a qualcosa che fondamentalmente non interrompa

quel pezzo."

- John Cage

Tramite gli aforismi e le massime espresse da grandi intellettuali, politici e uomini di fede è possibile esemplificare le

diverse e a volte contrastanti concezioni di silenzio.

"Uno stolto che non dice verbo non si distingue da un savio che tace." (Lope de Vega)

"Il silenzio è l’atteggiamento più sicuro per chi diffida di se stesso." (François de La Rochefoucauld)

"Alla corte, figliolo, l’arte più necessaria non è di parlar bene, ma di saper tacere." (Voltaire)

"[…] di fronte agli sciocchi e agli imbecilli esiste un solo modo per rivelare la propria intelligenza: quello di non parlare

con loro. […] In genere è consigliabile palesare la propria intelligenza con quello che si tace piuttosto che con quello

che si scrive. La prima alternativa è saggezza, la seconda è vanità." (Arthur Schopenhauer)

"Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere." (Ludwig Wittgenstein)

"Silenzio, splendore dei forti, rifugio dei deboli." (Charles de Gaulle)

"Mi è sempre parso che la musica dovrebbe essere soltanto silenzio." (Marguerite Yourcenar)

"Capita di dover tacere per essere ascoltati." (Stanisław Jerzy Lec)

"Chi tace è sciocco, perché gli animali più sciocchi sono i pesci." (Gottfried Lessing)

"Il silenzio muore, il rumore prende ovunque il suo potere, è l’unica calamità ecologica di cui nessuno sembra

preoccuparsi." (Alain Finkielkraut)

"Il dialogo teologico è necessario, l’approfondimento delle motivazioni storiche di scelte avvenute nel passato è pure

indispensabile […] A tutti mi rivolgo con semplicità ed affetto, per assicurare che la Chiesa vuole continuare a tessere

con loro un dialogo aperto e sincero, alla ricerca del vero bene dell’uomo e della società." (Papa Benedetto XVI) 3

Un pensiero, quello sul silenzio, sulla sua validità o comunque sulla sua funzione, che parte da lontano.

Già Lucio Anneo Seneca, vissuto nel I secolo d.C., nel sesto libro di epistole

scritte a Lucilio, ci propone la sua concezione di silenzio.

Lucio Anneo Seneca

VERSIO LATINA VERSIONE ITALIANA

VI, 4. Animum enim cogo sibi intentum esse nec VI, 4. Costringo infatti l’animo a restare assorto in se

avocari ad externa; omnia licet foris resonent, dum stesso senza farsi distrarre da fattori esterni; risuoni

intus nihil tumultus sit [...]. Nam quid prodest totius pure fuori di me ogni fracasso, purché interiormente

regionis silentium, si affectus fremunt? non ci sia scompiglio […]. Infatti a che giova il silenzio

dell’intero quartiere, se le passioni fremono?

VI, 12. Leve illud ingenium est nec sese adhuc reduxit

introsus quod ad vocem et accidentia erigitur; habet VI, 12. Spirito leggero e ancora non capace di un

intus aliquid sollicitudinis et habet aliquid concepti raccoglimento interiore è quello che si leva

pavoris quod illum curiosum facit. [...] Tunc ergo te rispondendo ad ogni chiamata, ad ogni rumore

scito esse compositum cum ad te nullus clamor casuale; esso ha ancora in sé qualche inquietudine e

pertinebit, cum te nulla vox tibi excutiet, non si qualche apprensione che lo tiene in continua ansia

blandietur, non si minabitur, non si inani sono vana sospettosa. […] Sappi dunque che tu avrai veramente

circumstrepet. formato la tua persona quando nessun clamore più ti

toccherà, nessuna voce, sia di lusinga, sia di

minaccia, sia di vano strepito, potrà più strapparti a

te stesso.

E' chiaro, da questi due brevi passi, cosa intenda il filosofo latino per silenzio. E' questo necessario a guardare dentro

noi stessi, a comprendere fino in fondo la nostra interiorità. La purezza dello stato di quiete è raggiungibile soltanto

attraverso il silenzio assoluto della nostra psiche. Non conta che l'ambiente che ci circonda sia tormentato da un

tripudio di voci, l'importante è che non ci sia scompiglio dentro di noi. E, diretto al destinatario della sua lettera,

Seneca aggiunge che la personalità dell'uomo saggio si può dire veramente formata quando né lusinga né critica

riusciranno a sconvolgere la sua indole.

"Da un uomo grande c’è qualcosa da imparare anche quando tace."

- Lucio Anneo Seneca 4

Idea affine a quella di Seneca è sviluppata dal filosofo tedesco Friedrich

Wilhelm Nietzsche. Critico spietato del passato e "inattuale" profeta del

futuro, dissacratore dei valori tradizionali e propugnatore dell'uomo che

deve ancora venire, in La gaia scienza (1882) e nel suo più grande

capolavoro, Così parlò Zarathustra (1885), ci offre la propria concezione

della dimensione del silenzio. Friedrich Wilhelm Nietzsche

Nietzsche esprime la sua concezione di silenzio strutturando una gerarchia:

 Uso consapevole del silenzio: "Ammiro la saggezza e la valentia di Socrate in tutto ciò che fece, disse - e non

disse. Questo ateniese [...] non fu soltanto il più saggio chiacchierone che ci sia mai stato: fu altrettanto

grande nel tacere. Avrei desiderato che anche nell’ultimo attimo della sua vita fosse rimasto in silenzio:

forse allora avrebbe fatto parte di un ordine di spiriti ancora più elevato" (GS, 340).

 Il silenzio del Sé: "I maggiori avvenimenti non sono le nostre ore più rumorose, bensì quelle più silenziose. Il

mondo non gira intorno agli scopritori di nuove urla, ma agli scopritori di nuovi valori; gira in silenzio in

quanto il proprio Sé parla senza voce" (Za, "Di grandi eventi").

 Il silenzio mistico: "O felicità! O felicità! Vuoi proprio cantare, o mia anima? Tu giaci nell'erba. Ma questa è

l'ora segreta e solenne, quando nessun pastore suona la sua zampogna. Rispettala! Il caldo mezzogiorno

dorme sui campi. Non cantare! Silenzio! Il mondo è perfetto. Non cantare, o volatile che vaghi tra l'erba, o

mia anima! Non bisbigliare neppure! [...] Così ride un dio. Silenzio!" (Za, "A mezzogiorno").

Ebbene, il filosofo sottolinea che Socrate, che egli ammira per ogni opera da lui compiuta, e quindi per la sua

intelligenza e per la sua saggezza, se avesse taciuto anche nell'ultimo istante della sua vita, si sarebbe potuto elevare

quasi al rango di divinità. Quelle ultime ridicole parole, come le definisce lo stesso Nietzsche, pronunciate da Socrate,

"Critone, sono in debito d'un gallo ad Asclepio", hanno fatto trapelare ciò che egli aveva nascosto per tutta la vita. Se

non si era preoccupato d'altro che di sorridere alla vita, di vivere fregandosene di giudizi e delle opinioni altrui, con

questo messaggio lasciato in punto di morte, egli affermava che la vita era un malanno. Socrate ha sofferto la vita e

negli ultimi attimi di respiro che gli erano concessi aveva gridato al mondo intero di essere un pessimista.

Allo stesso modo, Nietzsche sottolinea che la centralità della nostra esistenza è affidata alle ore di silenzio, non a

quelle più rumorose. Uomini saggi sono coloro che sanno scegliere la strada del silenzio. Il nostro IO parla stando

zitto, tramite la voce dell'interiorità.

Il silenzio necessita di rispetto, è divino. E' un momento sacro quello in cui tutto tace, dal pastore all'uccello che si

posa sull'erba. La perfezione dell'universo è il silenzio assoluto, a nulla serve romperla col frastuono. L'anima felice

può esternare la sua gioia anche tacendo, divenendo quasi un tutt'uno con la natura e unendosi divinamente a lei

nell'ora panica per eccellenza, il mezzogiorno. 5

"Tutti parlano, tutto viene dilaniato dalle parole; e quanto oggi ancora sembra troppo duro per le zanne del tempo,

domani, escoriato e scorticato, penderà da mille fauci.

Tutti parlano, tutto passa inascoltato; quand'anche uno annunci la propria saggezza con un concerto di campane, i

bottegai ne copriranno il suono col tintinnio dei loro spiccioli.

Tutti parlano, nessuno che voglia ascoltare. Tutte le acque si precipitano scroscianti al mare, ma il ruscello sente solo

il proprio scroscio.

Tutti parlano, nessuno che voglia capire. Tutto finisce in fumo, nulla che vada a finire in una sorgente profonda.

Tutti parlano, nulla riesce bene, tutti a fare coccodè, ma nessuno che voglia deporre un uovo.

O fratelli miei! Perché non imparate da me il silenzio! E la solitudine!

Tutti parlano, nessuno che sappia dire. Tutti corrono, nessuno più che impari a camminare.

Tutti parlano, nessuno mi sente cantare: Oh, che riusciate a imparare il silenzio da me!"

- Friedrich Wilhelm Nietzsche

Anche nella storia della letteratura, poeti e scrittori si sono interessati all'argomento "silenzio". Ovviamente con

accezioni differenti, in contesti diversi.

Giuseppe Ungaretti, nato ad Alessandria d'Egitto nel 1888, uomo curioso e

aperto al dialogo con diverse culture (come dimostra l'amicizia con

Moammed Sceab), si formò tra la città natale e Parigi, dove assistette alle

lezioni del filosofo Bergson, del filologo Bédier e di Strowschi. Prese parte alla

Grande Guerra, fatto che influenzerà moltissimo la sua poetica e che sarà di

ispirazione per i suoi più grandi componimenti.

Giuseppe Ungaretti NON GRIDATE PIU'

Cessate di uccidere i morti

non gridate più, non gridate

se li volete ancora udire,

se sperate di non perire.

Hanno l'impercettibile sussurro,

non fanno più rumore

del crescere dell'erba,

lieta dove non passa l'uomo.

Da questa poesia, tratta dalla raccolta Il dolore, comprendiamo appieno il significato che il poeta conferisce al

silenzio. La pausa dal ritmo incalzante della battaglia deve essere d'insegnamento per i superstiti, per gli uccisori, per

chi spera di non dover fare la loro stessa fine. 6

Ecco la lettura che ne dà Guido Baldi: "La poesia, scritta nell’immediato dopoguerra, è indirizzata a coloro che hanno

superato la tragedia di questi anni. Il testo si apre verso gli altri, sottolineando il passaggio dal registro personale al

registro della storia. La forza degli imperativi non è quella del comando, ma quella di una preghiera, insieme vibrata e

dolente, che invita gli uomini a salvare la loro stessa umanità, riscoprendo i valori della solidarietà e della pietà.

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