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Greco: Lisia, orazione "Contro Eratostene che era uno dei trenta"
Latino: Tacito, Annales, libro IV, denuncia di Seiano
Storia: Peppino Impastato
Italiano: Saviano e il "Caso Gomorra"
Scienze: L'infiltrazione mafiosa nell'edilizia e le conseguenze nei terremoti
Arte: La Natività di Caravaggio
Filosofia: Kant, la morale, la libertà e la coscienza
Liceo Classico L.A. Seneca
La mafia uccide.
Il silenzio pure.
Di Giulia Lausi
Anno scolastico 2011-2012
Perché proprio la mafia e perché collegarla con la libertà di espressione? Questa domanda mi è stata
posta da quasi tutte le persone a cui ho parlato della mia tesina. La risposta è semplice, in realtà,
perlomeno a me viene spontanea.
L'idea mi è venuta dopo aver sentito parlare di Giuseppe Impastato, in una canzone dei Modena
City Ramblers, “I cento passi”. La sua vita, sebbene breve, mi ha affascinata sin da subito. Mi ha
affascinato il modo in cui lui ha deciso, senza dubbi, di tagliare con la sua famiglia, con i suoi
parenti che a Cinisi facevano parte della criminalità organizzata. Il coraggio che ha dimostrato,
sebbene giovanissimo, e la voglia che aveva di cambiare, di fare qualcosa che fosse per la giustizia.
Forse è il senso di impotenza che abbiamo a diciotto anni che mi ha dato l'ulteriore spinta verso un
argomento del genere, sentire che, anche se solamente davanti ad una decina di persone, avrei
potuto anche io tentare di esprimermi su di una realtà della quale non si parla poi così spesso. Come
a voler dimostrare a me stessa che qualcosa anche io posso fare, che noi tutti possiamo.
L'argomento di questa tesina, “La mafia uccide. Il silenzio pure”, affronta, partendo da argomenti
quali la corruzione tra i membri più importanti dei governi di ogni epoca e dalla loro denuncia, un
tema sempre attuale in Italia: la criminalità organizzata.
La scelta di inserire, tra le materie più adatte a questo tema (storia, italiano, scienze, arte),
argomenti riguardanti la corruzione nel passato (letteratura greca e latina) e il tema della moralità
come conclusione, è stata fatta seguendo un percorso che legasse gli uomini attuali a quelli del
passato.
I libri di narrativa, ma anche le tragedie dell'antica Grecia o gli scritti dei latini, ci raccontano di
personaggi, spesso inventati, che compiono imprese fuori dal comune. Imprese che per molti di noi,
specialmente all'età di diciotto anni, sembrano impossibili da realizzarsi.
Negli argomenti scelti per questa tesina, invece, le persone di cui si parla non sono protagonisti di
libri che affrontano i problemi della realtà, ma sono sempre persone realmente esistite o ancora in
vita che hanno scelto di vivere per cambiare, o almeno provare a farlo, la storia del loro paese che,
nel caso degli argomenti strettamente legati alla mafia, è anche il nostro.
In queste pagine si parla di chi, nonostante i rischi, ha scelto di portare in tribunale un tiranno per
riscattare in qualche modo la morte del fratello, di chi ha utilizzato la sua penna come arma per
denunciare la corruzione all'interno della corte imperiale, di chi è nato in una famiglia di “uomini
d'onore” e l'ha rifiutata finendo così ucciso, di chi è cresciuto nel terrore di essere il prossimo
bersaglio di un test di Kalashnikov.
questo documento, le parole di un filosofo tedesco, Kant, che con la sua “Critica
A terminare, poi,
della Ragion Pratica” aveva provato a dare un significato al nostro agire, alla nostra morale,
indicandoci anche cosa ci spinge ad agire in un determinato modo rispetto ad un altro.
La mafia uccide. Il silenzio pure.
Introduzione all'argomento.
↓
“Contro ogni uomo che eserciti oppressione
contro ogni suo simile, contro chi è più debole”
( Fabrizio Moro – Pensa)
Lisia: Orazione contro Eratostene
↓
“Intanto chi tira le fila insabbia, corrompe
e non ha mai smesso”
(Modena City Ramblers – Giro di vite)
Tacito: Annales, libro IV.
Denuncia della condotta di Seiano.
↓
“Aveva un cognome ingombrante e rispettato
di certo in quell'ambiente da lui poco onorato
si sa come si nasce ma non come si muore
e non se un ideale ti porterà dolore”
(Modena City Ramblers – 100 Passi)
1948-1978: Peppino Impastato.
La storia di chi ha scelto di denunciare la mafia.
↓
“Ogni uomo deve comunicare
per resistere davvero, per non sentirsi solo”
(Fabrizio Moro – Non è una canzone)
Saviano: Gomorra.
↓
“Il governo ha sbloccato gli appalti
e la mafia riapre i cantieri”
(Modena City Ramblers – La banda del Sogno Interrotto)
La Mafia nell'edilizia: L'Aquila.
Terremoti.
↓
“Forse è dalle lacrime che nasce l'opera migliore”
(Finley - Domani)
La Natività di Caravaggio.
↓
“È nostra la libertà di dire che gli occhi sono fatti per guardare,
la bocca per parlare, le orecchie ascoltano. Non solo musica.”
(Fabrizio Moro – Pensa)
Morale e libertà secondo Kant.
↓
“C'è un'altra Italia che vive e si diffonde
non la trovi sui giornali la TV ce la nasconde,
è un'altra Italia che ti tende la mano,
migliaia di volti di un paese in cammino.”
(Modena City Ramblers – AltrItalia)
Mafia è un termine diffuso con cui ci si riferisce ad una particolare tipologia di organizzazioni
criminali.
Il termine mafia, le cui origini sono ancora incerte, venne inizialmente utilizzato per indicare una
organizzazione criminale originaria della Sicilia, più precisamente definita come Cosa nostra,
parola che divenne pubblica al mondo durante il processo al primo pentito della mafia italo-
americana, Joe Valachi.
Le analisi di questo fenomeno la considerano una “organizzazione di potere”, evidenziando, in
questo, modo l'importanza delle collaborazioni con i funzionari dello stato e del supporto con alcuni
strati della popolazione piuttosto che delle attività illegali.
Il modello economico utilizzato dalla mafia è basato su quello dell'economia statale ma, a
differenza di questo, si muove in modo sotterraneo. Le organizzazioni mafiose traggono profitti da
numerose attività criminali, come lo spaccio di droga di cui Roma è la piazza centrale.
La mafia che si sviluppa nella Sicilia occidentale basata sullo sfruttamento del latifondo, è
un'organizzazione di tipo piramidale, al cui vertice troviamo il proprietario terriero, alla base i
contadini e i braccianti e, tra i due, una fitta rete di collaboratori del latifondista che aveva l'incarico
o controllare i raccolti. Questa “classe media”, utilizzata in precedenza
di riscuotere gli affitti
dall'aristocrazia siciliana in funzione anti-borbonica, venne usata contro la classe bracciantile e
contadina allo scopo di preservare i privilegi aristocratici minacciati dalle leggi dello stato unitario
tendenti a una riduzione dei latifondi. Sfruttando la diffusa ostilità verso un'autorità statale lontana e
ignara della situazione siciliana, la mafia si trasformò, diventando un organismo sostitutivo
dell'ordine legale, e intervenne nell'amministrazione della giustizia e nella gestione dell'economia,
avviando una serie di attività al limite della legalità (o del tutto illegali) da cui gli affiliati e le loro
famiglie traevano sostentamento e vantaggio; da qui si sviluppa la struttura in famiglie che la mafia
conserva ancora oggi. Alla base dell'organizzazione mafiosa vi è un codice di onore e di omertà che
prevede la mediazione dei reati all'interno della struttura stessa, in modo da non dover ricorrere alla
Giustizia, con la quale ogni collaborazione viene condannata.
In Sicilia soprattutto, dopo l'Unità d'Italia, le disperate condizioni economiche costringono molti
meridionali a un esodo che coinvolge 360 mila persone nel decennio fra il 1872 e il 1882. Dalle
navi si sbarca dopo faticosissime e snervanti traversate concluse con interminabili code sulle
banchine per guadagnare l'ingresso in un mondo ostile dove si arriva con valigie di cartone piene di
ricordi. La ricerca di un alloggio, un'occupazione per i nuovi arrivati passa necessariamente
attraverso le conoscenze di quanti si sono già insediati nei quartieri popolati dagli emigranti. Si
formano gruppi ristretti pronti a far scattare una solidarietà che, per certi versi, ripropone la
fratellanza di vecchie sette con un richiamo all'onore e alla parola. Siamo ai primi embrioni di Cosa
Nostra.
C'è anche chi si inserisce nel contesto e si rafforza preparando la lotta di penetrazione per ogni
traffico, dalla prostituzione alla droga, dalle estorsioni al contrabbando, pronti alla grande occasione
del proibizionismo che sancirà il passaggio dalle origini rurali al gangsterismo.
Il brigantaggio e la mafia, i sequestri di persona, gli omicidi compiuti a ritmo ossessionante fanno
intanto della Sicilia una terra in cui la dittatura fascista decide di avviare una feroce repressione.
Mussolini invia il prefetto Mori in Sicilia nel 1924 con pieni poteri. I suoi metodi sono sbrigativi,
efficaci ma sicuramente discutibili. Mussolini nel '27 rinnova la fiducia a Mori che appena due anni
dopo, viene messo a riposo con un secco telegramma, senza avviso.
La liberazione dell'Italia dal fascismo, lo sbarco alleato in Sicilia nel luglio 1943 e l'immediata
nomina di alcuni capimafia a sindaci dei loro paesi sono il frutto di un'intesa raggiunta da Cosa
Nostra con le autorità americane e avviata tre anni prima con un vertice dei boss in riva al fiume
Hudson, nel New Jersey.
La notte fra il 9 e 10 luglio 1943 gli Alleati trovarono così la strada spianata e le truppe anglo-
americane poterono avanzare senza esplodere un colpo anche perché i mafiosi li precedevano
scoraggiando eventuali resistenze, invitando soldati e fascisti a deporre le armi che finirono nelle
loro mani. “Contro ogni uomo che eserciti oppressione
contro ogni suo simile, contro chi è più debole.”
(F.Moro - Pensa)
Autori Greci: Lisia, Orazione Contro Eratostene.
Nell'orazione “Contro Eratostene, che era stato uno dei Trenta”, dopo un'attenta lettura, Lisia traccia
un quadro degli avvenimenti in cui sono coinvolti Lisia e i componenti della sua famiglia,
descrivendone separatamente le vicende. È stato definito come il più grande oratore attico del V
secolo a.C., ma lo è diventato per costrizione e non per scelta. Così si presenta la figura di
l'ingiustizia di essere un diverso, un “meteco”,
quest'uomo che fin dalla nascita ha dovuto subire
uno che si trovava ad abitare una terra che non era la propria e per questo, secondo la costituzione di
Atene, sua città adottiva, non poteva godere dei diritti politici. Ma in alcuni momenti della sua vita
fu privato anche dei diritti civili. Infatti, durante la democrazia di Pericle, la sua esistenza fu
tranquilla, agiata. Poté compiere degli studi che lo portavano ad essere ritenuto degno di
considerazione anche da parte dei personaggi più ragguardevoli del tempo. E non è un caso che
Socrate e Platone fossero suoi amici. Dopo la morte del padre però la sua condizione di vita cambiò
inevitabilmente. Con il fratello Polemarco decise di andare a vivere in Magna Grecia e,
precisamente, nella colonia di Turii. Anche qui, tuttavia, per questioni politiche (gli abitanti del
posto non vedevano di buon occhio i filoateniesi) dovette andar via e ne approfittò per tornare ad
Atene. La situazione politica in quella città, però, era totalmente cambiata. Al governo democratico
di Pericle si era sostituito quello oligarchico dei trenta tiranni, che non facevano altro che seminare
terrore negli animi degli spiriti liberi dei cittadini ateniesi. Ma non finisce qui. Il desiderio di
ricchezza e la bramosia di potere avevano reso ciechi i nuovi governanti della città, tanto che
costoro iniziarono una persecuzione contro i meteci. Ufficialmente il motivo fu quello di punire
coloro che si lamentavano o erano contrari al nuovo governo, ma la vera causa era il desiderio da
parte di questi di impadronirsi delle ingenti ricchezze delle persone in questione. Nelle liste di
proscrizione furono inseriti trenta nominativi e tra questi c'erano anche Lisia e suo fratello. Il grande
logografo riuscì a salvarsi, anche grazie alla sua astuzia e alle sue ingenti ricchezze che gli
permisero di corrompere Pisone, il tiranno che era venuto ad arrestarlo. Gli offrì del denaro, un
talento d'argento e questi accettò di collaborare. Fece anche un giuramento nel quale invocava su se
stesso e sui componenti della sua famiglia la maledizione degli dei nel caso fosse venuto meno alle
sue promesse. Lisia, fidatosi in condizioni così estreme, aprì il cofano nel quale era conservato il