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Latino: Lucrezio (De rerum natura);
Storia dell'arte: Umberto Boccioni (dinamismo);
Italiano: Luigi Pirandello;
Inglese: Ray Bradbury;
Fisica: l'oscillazione del pendolo, l'attrattore di Lorenz;
Scienze: le previsioni atmosferiche, il battito cardiaco.
quelli che oggi conosciamo.” panta
In questa concezione della vita come flusso continuo possiamo rivedere il
rei di Eraclito, il tema del divenire; in un famoso scritto, il filosofo del V secolo a.C.
“Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare
scrisse
due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità
e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va” : l’uomo
non può mai fare la stessa esperienza per due volte, perché ogni elemento è
sottoposto alla legge inesorabile del tempo. Eraclito però crede nell’esistenza di
Logos,
un armonia profonda, sottostante a questo continuo mutamento, e nella
ciclicità del cosmo, concepita come insieme di fasi alterne di distruzione e
produzione; nel suo flusso vitale quindi il caos è solo apparente, e riconducibile a
un ordine nascosto, a un continuo ritorno che rende possibile la prevedibilità delle
cose. La farfalla “che ‘l mondo a caso pone…”
Cristina Cadonati - 14
dinamismo
Il di Boccioni
Il pensiero di Bergson ha una grande influenza sui concetti di dinamismo e
simultaneità elaborati da Boccioni.
Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 – Verona, 1916), il
maggior esponente del futurismo italiano, attraversa e fa
proprie le maggiori novità artistiche del periodo, dal
divisionismo al futurismo, dall’espressionismo al cubismo;
lo fa con ispirazione tale da consentirgli di produrre opere
di sempre elevata qualità. A Roma, Boccioni approfondisce i
propri interessi per la pittura e la letteratura, prende lezioni
di disegno e stringe amicizia con Gino Severini; frequenta
poi lo studio del più anziano e già affermato Giacomo Balla,
dal quale apprende la tecnica divisionista e il gusto per la
pittura dal vero. Nei dipinti del primo periodo milanese
affiora da un lato la lezione di Balla, soprattutto nell’uso
della tecnica divisionista, e dall’altro il riferimento alla pittura impressionista e
post-impressionista; intanto conosce anche l’opera di Pellizza da Volpedo, di
Gaetano Previati e degli Espressionisti tedeschi.
Nel 1910 conosce Marinetti e aderisce alle idee futuriste, firmando il primo
Manifesto della pittura futurista, “Il gesto per noi non sarà più un
in cui scrive che
momento fermato dal dinamismo universale: sarà, decisamente, la sensazione
dinamica eternata come tale”. La farfalla “che ‘l mondo a caso pone…”
Cristina Cadonati - 15
Uno dei lavori più significativi e che segna una tappa fondamentale nello sviluppo
La città che sale
artistico di Boccioni è (1911): protagonista del grande dipinto, al
quale l’artista lavora con numerosi bozzetti preparatori tra il 1910 e il 1911, è un
frenetico affannarsi di cavalli e uomini che invade quasi l’intero campo
dell’immagine e lascia emergere sullo sfondo le alte e dritte impalcature di alcuni
edifici in costruzione. Tema centrale è il lavoro, titolo scelto inizialmente per
l’opera; infatti le figure sono preda di un’attività dinamica, resa attraverso la
tecnica divisionista e la componente cromatica.
Il quadro rappresenta in un vortice di movimento e luce il sorgere di nuove
costruzioni; la volontà è quella della resa dinamica di un’emozione, uno stato
d’animo provocato dalla realtà della città moderna, dinamica e frenetica.
La farfalla “che ‘l mondo a caso pone…”
Cristina Cadonati - 16
Stati d’animo è il titolo di un’altra opera molto significativa, in cui Boccioni
analizza uno stesso evento, la partenza, nei suoi diversi risvolti emotivi; è un ciclo
Stati d’animo: Gli addii, Stati d’animo: Quelli che vanno
composto da tre dipinti, e
Stati d’animo: Quelli che restano, e di questo trittico ne esistono due versioni di
poco successive l’una all’altra. In questa serie, Boccioni porta avanti la sua ricerca
sul dinamismo interiore dell’animo e rappresenta sensazioni ed emozioni
attraverso le linee e i colori.
Stati d’animo: Gli addii, nella sua seconda versione (1911) presenta una visione
caotica: dalla rappresentazione naturalistica delle opere precedenti, Boccioni
passa a una rappresentazione frantumata, spezzata, moltiplicata e ricomposta
secondo un principio dinamico di onde di movimento, utilizzando la scomposizione
cubista in funzione dinamica e psicologica; la locomotiva si incunea in un
aggrovigliato gioco di linee ondulate e orizzontali che ricordano il disordine della
partenza; il rumore, le voci, la confusione e la tristezza di persone che si
abbracciano e si salutano all’arrivo del treno che sta per separarle vengono
tradotti con i colori e le linee del dipinto.
Il disordine visivo rimanda al disordine emozionale, alla sensazione di disagio e
scompiglio dovuta alla separazione: la scena della coppia abbracciata si ripete in
tutto il quadro e si amplifica fino ad identificarsi con lo spazio.
La farfalla “che ‘l mondo a caso pone…”
Cristina Cadonati - 17
In quest’opera sono immediatamente riconoscibili alcuni criteri della pittura
futurista; innanzitutto la simultaneità della visione, intesa come contemporaneità
degli eventi e degli aspetti della realtà. Poi la sintesi tra visione ottica (percezione)
e visione mentale (comprensione). Infine la compenetrazione dinamica, cioè
l’estrema vicinanza e sovrapposizione tra gli oggetti e le loro forme, come se gli
uni penetrassero nelle altre e viceversa; il fine è quello di portare lo spettatore nel
centro del quadro.
Il flusso vitale delle emozioni che invade lo spazio e lo spazio che compenetra gli
uomini riprendono in modo evidente il concetto filosofico dello spirito vitale di
Bergson. La farfalla “che ‘l mondo a caso pone…”
Cristina Cadonati - 18
Simultaneità, sintesi tra visione ottica e visione mentale, scomposizione ed
espansione delle forme nello spazio circostante sono tra i principi che Boccioni
tenta di trasporre anche nella scultura, a partire dal 1912, quando pubblica il
Manifesto tecnico della scultura futurista; un suggestivo esempio di questo sforzo
Forme
di rinnovamento del linguaggio plastico è dato dalla scultura in bronzo
uniche della continuità nello spazio (1913).
L’opera ci suggerisce l’idea di una possente figura che incede a passi nervosi:
come in una fotografia mossa la scia dei corpi contribuisce a creare la sensazione
stessa del movimento, in questa scultura la scia sembra quasi solidificarsi nello
spazio. Boccioni indaga la deformazione plastica di un corpo umano in
movimento, giungendo ad una forma aerodinamica, dove il corpo, stilizzato al
limite della riconoscibilità, riesce tuttavia a trasmettere una grande sensazione di
forza e potenza.
La continuità dei profili e il loro sinuoso e ininterrotto fluire ampliano la figura ben
oltre i suoi stessi limiti volumetrici, dando una sensazione di vorticosa dinamicità
e di grande astrazione: il nuovo soggetto artistico infatti non è più basato sulla
consuetudine di assomigliare a qualcos’altro o di riprodurre delle sembianze
riconoscibili, ma si fonda sulla propria autonoma tridimensionalità, intesa come
sintesi delle tre dimensioni in un incessante svolgersi nello spazio di forze e di
forme.
In tutto il lavoro di Boccioni quindi, come in tutta l’avanguardia Futurista, i valori
fondamentali sono dinamismo e velocità, forza e potenza, il tutto in un movimento
La farfalla “che ‘l mondo a caso pone…”
Cristina Cadonati - 19
estremamente rapido e caotico. La farfalla “che ‘l mondo a caso pone…”
Cristina Cadonati - 20
Caos
Il in Pirandello
Il Caos è un elemento fondamentale anche per Luigi
Pirandello (Agrigento, 1867 – Roma, 1936); innanzitutto,
egli è nato in un piccolo paese in provincia di Agrigento
vicino ad un bosco chiamato proprio ‘Caos’. Lo stesso
“Io sono figlio del Caos; e non
scrittore ha dichiarato
allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in
una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato
bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu, dagli
abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e
antico vocabolo greco ‘Kaos’”.
La filosofia di Bergson e la concezione vitalistica stanno
alla base della sua visione del mondo; Pirandello stesso
“In principio era il Caos, ma lo spirito di Dio non
scrive
scorreva su di esso a ordinarlo. Il Caos era un immenso
flusso incandescente… Qualche parte di quello scorrente flusso si arrestò, si
solidificò, assunse una forma”: la vita risiede nell’abbandono della forma, nel
ritorno all’eterno fluire; ogni uomo ha in sé questo flusso mobile, e quindi non ha
una forma fissa ma tante forme.
Pirandello focalizza il contrasto tra vita in continuo movimento e forma fissata,
applicato anche all’interiorità dell’individuo; emerge così la concezione
relativistica della vita, espressione del contrasto tra l’essere e l’apparire, per cui
noi appariamo uno a noi e centomila agli altri, per non essere poi nessuna delle
centouno mila maschere attribuiteci: per dirlo con le parole di Pirandello, siamo
uno, nessuno e centomila.
L’uomo vive questo dramma, e cerca disperatamente
nuove forme, sofferente della sua prigionia nella forma
predominante affidatagli, che comunque gli consente di
procedere nella società; arriva così ad un rifiuto delle
trappola sociale
forme della vita, di quella rappresentata
dalla famiglia, dalla condizione sociale e del lavoro:
l’unica via di salvezza per fuggire da questa trappola
però è la fuga nell’irrazionale o nella follia, che permette
filosofia del lontano,
di raggiungere la osservazione
dall’esterno della vita e della società.
Esemplare è il comportamento di Mattia Pascal: quando
legge sul giornale che nel suo paese hanno trovato un cadavere, riconosciuto
come il suo, coglie l’occasione per uscire da quella sua maschera e se ne
costruisce un’altra, totalmente nuova. A nulla però vale cambiare i connotati fisici,
farsi crescere i capelli, tagliarsi la barba e farsi raddrizzare l’occhio strabico; la
trasformazione fallisce perché la sua non è una morte vera.
La drammaticità del protagonista Adriano-Mattia sta nell’impossibilità di superare
la forma Mattia e di uscire dalla rigidità storica. Il personaggio si trova oppresso: la
La farfalla “che ‘l mondo a caso pone…”
Cristina Cadonati - 21
sua nuova identità non riconosciuta dalla società e dalla legge non gli consente di
risposarsi né di denunciare un furto subito, quindi non può più procedere nella
comunità; decide allora di ritornare Mattia Pascal, ma a questo punto non riesce a
reinserirsi nella società, perché tutto è cambiato. Si trova così fissato in un’altra
fu Mattia Pascal,
forma, quella del vinto nella sua solitudine.
Se la realtà è in perpetuo divenire, diretta conseguenza è il relativismo
conoscitivo: ognuno ha la sua verità legata al suo modo soggettivo di vedere le
cose, e questo determina un’inevitabile incomunicabilità tra gli uomini.
Questa concezione è spiegata molto bene
lanterninosofia
dalla di Anselmo Paleari,
Il fu Mattia
espressa proprio nel romanzo
Pascal (1904); il sentimento della vita è
paragonato ad un lanternino che proietta
la sua luce attorno a noi, delimitando un
cerchio al di fuori del quale sta l’ombra
paurosa del mistero. Oltre alle costruzioni
individuali vi sono poi quelle collettive, i
“lanternoni”, le fedi, le ideologie, i sistemi
di valori che ci servono da punti di
orientamento; nelle epoche di grande crisi,
questi lanternoni si spengono, e gli uomini
piombano in un angoscioso smarrimento. Ma secondo questo modo di vedere le
cose, se il cerchio di luce dell’Io è ingannevole, allora l’ombra al di là di esso non
ci deve fare paura perché quel mistero è una nostra proiezione: la morte spezza
questa illusione e ci fa prendere coscienza del fatto che siamo sempre rimasti
immersi nel flusso vitale. “E se la morte non esistesse e fosse soltanto il soffio
Pirandello-Paleari si chiede
che spegne in noi questo lanternino penoso, pauroso, perché limitato da questo
cerchio d’ombra fittizia, oltre il breve ambito dello scarso lume, che noi, povere
lucciole sperdute, ci proiettiamo attorno, e in cui la nostra vita rimane come