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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2008

Titolo: Dall'epos al romanzo

Autore: Fabiana Lanzetta

Scuola: Liceo classico

Descrizione: Nel corso della storia ed in particolare negli ultimi secoli si è sviluppato un ampio dibattito teorico e critico, con lo scopo di definire in che rapporto si situano reciprocamente l'epica e il romanzo, o ancor meglio sulla possibilità  d'esistenza di uno stesso legame tra quest'ultimi. Inoltre sicuramente degno di approfondimento è il problema inerente alla definizione di un genere in una così incredibile continua evoluzione, come quello del romanzo. Tra gli studiosi che si sono esposti su questi problemi e hanno cercato di indagare la reale essenza di questo genere, tanto difficile quanto affascinante ritroviamo uno dei pensatori forse più significativi del ventesimo secolo, Michail Bachtin, le interessanti tesi del ceco Milan Kundera e le idee di filosofi che si sono esposti circa il problema delle sorti del genere romanzesco e della comunicazione, linfa vitale del medesimo. In questa che non vuole essere la solita analisi sui generi padri del romanzo, ridotta all'elencazione degli stessi, ma un viaggio nell'orizzonte romanzesco per scoprirne le origini e l'essenza mi sono cimentata, spinta dalla mia passione per la lettura ed il mio amore per i classici, anche meno famosi al fine di una esperienza conoscitiva travolgente

Materie trattate: letteratuta italiana (Manzoni), letteratura greca, letteratura latina, greco, latino, francese

Area: umanistica

Bibliografia:  Saggio Epos e Romanzo, tratto da Estetica e romanzo (Voprosy literatury i estetiki, 1975) di Michail Bachtin. Traduzione di Clara Strada Janovic. Biblioteca Einaudi .  L'arte del romanzo (1988) di Milan Kundera.Traduzione di Ena Marchi. Adelphi edizioni.  Il piacere di narrare: Il testo narrativo in Petronio e Apuleio (2002) di Elena Sada. Carlo Signorelli Editore

Estratto del documento

riflessione fra realtà presente imperfetta e realtà assoluta, perfetta del passato

epico tradizionale. Sono proprio questo passato e la tradizione che rendono

autosufficiente e compiuto l’epos nel suo valore, nel suo senso e nei contenuti. (Per

questo motivo, ad esempio, ogni parte, ogni episodio di un epopea potrebbe essere

rappresentata come un tutto, iniziando e terminando così il racconto epico dove lo

si desidera. Cosa impossibile nei romanzi, dove lo specifico interesse per il seguito è

possibile solo grazie alla vicinanza e al contatto di questi alla realtà). La tradizione, in

particolare, rende il mondo epico inaccessibile ad un valutazione ed ad un punto di

vista personale,nonché della sfera umana che acuisce il senso della distanza epica e

quindi della venerazione da parte sia dei cantori, che degli ascoltatori nei confronti

dell’epos stesso. Epopea, la cui raffigurazione artistica diviene inoltre sub specie

aeternitatis, dove il tempo diviene una categoria gerarchica assiologico-temporale.

Per i posteri, spiega Bachtin, si crea un’immagine, degna di essere raffigurata ed

essa si forma nell’anticipabile piano della lontananza dei posteri stessi; diviene

insomma fondamentale la memoria futura del passato, il passato assoluto nell’epos

si arricchisce di nuove immagini di un mondo che non fa altro che contrapporsi per

principio ad ogni passato transeunte, a spese del presente, il tutto lontano dal

tempo reale e dinamico dell’età contemporanea, considerata “inferiore”. Questa

percezione del tempo e la gerarchia dei tempi compenetrano anche tutti i generi

letterari alti dell’antichità e del medioevo, dato il carattere ufficiale

dell’idealizzazione del passato, elemento grazie al quale essi aspirano a raggiungere

così la compiutezza e manifestano così la loro classicità, che li contraddistingue

come generi non romanzeschi. Solo in età ellenistica si assisterà, come segno di

cambiamento dei tempi alla nascita di un epica nuova, destinata ad una cerchia

ristretta di lettori selezionati, senza che quella tradizionale scomparisse. Uno degli

autori che più incarneranno l’ideale di un epos nuovo sarà Apollonio Rodio, il quale

nelle sue Argonautiche infrangerà sistematicamente il modello epico tradizionale

operando una profonda trasformazione e rielaborazione di episodi e temi omerici

nel loro primo significato. Ciò si evince nell’attribuire da parte del poeta

alessandrino una forte rilevanza ad una figura femminile quale Medea ed ancor più

nell’aver affidato all’amore della stessa le sorti della spedizione narrata nel poema.

Ecco alcuni versi tratti dall’episodio del vello d’oro:

ε℘νθα δ∋ ο( µε∴ν ξρυ/σειον α)πο∴ δρυο∴ϕ αινυτο κωαϕ,

κου/ρηϕ κεκλοµε/νηϕ, η( δ∋ ε℘µπεδον ε(στηυι⊆α

φαρµα/κ% ε℘ψηξεν θηρο∴ϕ κα/ρη, ει≠σο/κε δη/ µιν

αυ)το∴ϕ ε(η∴ν ε)πι νη=α παλιντροπα/ασθαι ≠Ιη/σων

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η℘νωγεν: λει⊆πον δε∴ πολυ/σκιον α℘λσοϕ Αρηοϕ.

ω♦ϕ δε∴ σεληναι↵ηϕ διξοµη/νιδα παρθε/νοϕ αιγλην

υ(ψο/θεν α)νε/ξουσαν υ(πωρο/φιον θαλα/µοιο

λεπταλε/% ε(αν% υ(ποι↵+σξεται, ε)ν δε/ οι÷ η⊕τορ

ξαι↵ρει δερκοµε/νηϕ καλο∴ν σε/λαϕ→ωϕ το/τ∋ ≠Ιη/σων

γηθο/συνοϕ µε/γα κωαϕ ε(αι⊆ϕ α)ναει↵ρετο ξερσι↵ν,

και↵ οι÷ ε)πι χανθϖ=σι παρηι↵σιν η)δε∴ µετω↓π%

µαρµαρυγϖ= ληνε/ων φλογι εικελον ιζεν ε℘ρευθοϕ∀.

Traduzione:

“Obbedendo a Medea, Giasone staccò dalla quercia

il vello d’oro; ed essa intanto, immobile,

spargeva il suo filtro sopra il capo del mostro,

finchè Giasone ordinò di tornare alla nave;

e a quel punto lasciarono il bosco ombroso di Ares.

Come una fanciulla riceve sopra la veste

la luce della luna piena, che splende sul tetto

della sua stanza, ed il suo cuore è lieto

dall’incantevole lume; così godeva

il figlio di Esone alzando il vello nelle sue mani” 3

Dunque ciò che contraddistingue il romanzo da tutti gli altri generi letterari è il suo

legame vitale con il presente, a causa del quale assume “l’impronta

dell’incompiutezza”, essendo l’oggetto coinvolto attraverso il contatto con la

contemporaneità nel processo incompiuto del divenire del mondo. In seguito a ciò

non solo il presente avanza verso un incompiuto futuro, ma anche il senso e il

significato dell’oggetto si rinnovano e crescono continuamente, a differenza di ciò

che accadeva nell’epos. E mentre questo possedeva quel limite invalicabile,

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costituito dalla tradizione, il romanzo va a configurarsi come un genere in continua

evoluzione anche nella continua ridefinizione di quelle che è il suo di limite,

costituito dai particolari rapporti con i generi extraletterari, cioè di vita e di

ideologia. Non ci sono dei, come scrive Bachtin a stabilire i confini fra artistico ed

extrartistico, tra letteratura e non letteratura. Persino la concezione dell’uomo

muta nel romanzo, egli diviene ancora più centrale da un certo punto di vista, in

quanto divengono nel romanzo centrali l’esperienza personale e la libera invenzione

creativa. Nell’epos come nei generi alti il raffigurante coincide con il raffigurato, non

c’è autosmascheramento, l’uomo epico non è capace di alcuna iniziativa ideologica,

oltre che di iniziativa linguistica. Sia uomini che dei, infatti, seppure in diversi gruppi

con presumibili caratteristiche diverse sono dotati di una stessa lingua, di una stessa

concezione del mondo, di uno stesso destino. E sebbene l’uomo epico per queste

caratteristiche sia caratterizzato per questo da una straordinaria bellezza, integrità,

non sia “corrotto” nella sua essenza da alcunché egli è destinato a divenire un uomo

irreale, limitato nella sua condizione date le nuove condizioni reali di esistenza.

L’epos si disgrega quando iniziano le ricerche di un nuovo punto di vista da cui

guardare se stesso. Un gesto del genere sorge come deviazione dalla norma,

dapprima vista semplicemente come un errore ed in seguito riconosciuta nella sua

importanza soggettiva.

Alle origini del genere romanzesco..

“Il romanzo non è nato dallo spirito teorico ma dallo spirito dello humour”… Milan

Kundera

In questa frase di Kundera si potrebbe riassumere in ciò che Bachtin individua l’alba

del romanzo, ossia nella formazione di un atteggiamento radicalmente nuovo verso

la lingua, verso la parola, intravedendo nella creazione comico-popolare le vere

radici folcloriche dello stesso. Con il fiorire della parodia e del travestimento di tutti i

generi letterari alti e immagini alte del mito nazionale si sviluppa infatti una sfera

letteraria mano a mano sempre più vasta, quella dello “spondoghèloion”, la “serio-

comica”, della quale iniziarono a farvi parte i mimi di Sofrone, la poesia bucolica, la

favola, la prima memorialistica di Ione di Chio e di Crizia,i pamphlets, ed ancora i

dialoghi socratici, la satira romana di Lucilio di Orazio, di Persio e Giovenale, la vasta

letteratura di “simposi” e infine la satira menippea come genere letterario e i

dialoghi del tipo di quelli di Luciano. Generi, veri predecessori del genere

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romanzesco ancor più di quello del cosiddetto “romanzo greco” (insigniti di questo

nome già ai tempi dell’abate Huet), e ciò perché è attraverso questi che si inaugura il

contatto letterario con la realtà contemporanea, spesso in modo brutale immediato,

si rivisita l’orizzonte letterario stesso mediante il punto di vista del presente . Si

ottiene quindi la totale distruzione della distanza epica e gerarchica grazie al

principio comico di questi generi, al riso e al folclore, nonché l’avvicinamento

dell’oggetto prima distante da un punto di vista assiologico, denudandolo,

indagandolo, detronizzandolo insomma fino ad una cognizione sempre più realistica

del mondo. Subentra così la logica artistica dell’analisi, dello smembramento, la

funzione della memoria diviene minima, come scrive Bachtin “si ride per

dimenticare”. L’autore e i lettori di queste opere e gli stessi personaggi ed il loro

mondo raffigurato, iniziano ad esser posti su uno stesso livello, che non solo rende

l’oggetto epico contemporaneo, ma fa sì che anche l’autore possa muoversi

liberamente nel campo raffigurato. Delle forme letterarie citate in particolare

i dialoghi socratici,

assumono una rilevanza specifica nati dal declino dell’antichità

classica, dai quali nascerà successivamente l’apomnemoneumata, un genere

memorialistico, basato semplicemente sulla propria memoria personale, di

conseguenza limitata, senza monumentalismi. Non a caso al centro dei dialoghi

stessi vi è un l’eroicizzazione prosaico-romanzesca di un uomo, Socrate, simbolo

della dotta ignoranza dalla celebre espressione “io so di non sapere”, con la quale

egli dimostrava però di essere più saggio di tutti; il tutto in uno stile ed in un

linguaggio colloquiale, vicino alla lingua popolare, in un sistema piuttosto complesso

quindi di stili e di dialetti. E cosa più importante è presente all’interno di questi,

l’unione fra il riso, l’ironia socratica e l’analisi, seria, critica del mondo, dell’uomo e

del pensiero umano, con inizio dell’orientamento nel mondo e nel tempo, in una

realtà eterogenea e plurivoca. Qui di seguito un esempio di dialogo socratico tratto

dal Simposio di Platone:

Τι↵ ου⊕ν α℘ν, ε℘φην, ειη ο( Ερωϕ; θνητο/ϕ; ◊Ηκιστα/ γε. ≠Αλλα∴ τι

↵ µη/ν; ◊Ωσπερ τα∴ προ/τερα, ε℘φη, µεταχυ∴ θνητου= και α)θανα/του.

Τι↵ ου⊕ν, ω∏ ∆ιοτι↵µα; ∆αι↵µων µε/γαϕ, ω∏ Σω↓κρατεϕ: και γα∴ρ πα=

ν το∴ δαιµο/νιον µεταχυ/ ε)στι θεου= τε και θνητου=. Τι↵να, η⊕ν δ∋ ε)γω↓,

δυ/ναµιν ε℘ξον; ÷Ερµηνευ=ον και διαπορθµευ=ον θεοι⊆ϕ τα∴ παρ∋ α)νθ

ρω↓πων και α)νθρω↓ποιϕ τα∴ παρα∴ θεων, των µε∴ν τα∴ϕ δεη/σειϕ κα

ι θυσι↵αϕ, των δε∴ τα∴ϕ ε)πιτα/χειϕ τε και α)µοιβα∴ϕ των θυσιων, ε)

ν µε/σ% δε∴ ο⊗ν α)µφοτε/ρων συµπληροι⊆, ω∠στε το∴ πα=ν αυ)το∴ αυ(τ%

 συνδεδε/σθαι. δια∴ του/του και η( µαντικη∴ πα=σα ξωρει⊆ και η( των

ι÷ερε/ων τε/ξνη των τε περι τα∴ϕ θυσι↵αϕ και τελετα∴ϕ και τα∴ϕ ε)π%

δα∴ϕ και τη∴ν µαντει↵αν πα=σαν και γοητει↵αν. θεο∴ϕ δε∴ α)νθρω↓π%

δια∴ του/του πα=σα/ ε)στιν η( ο(µιλι↵α και η( δια/

ου) µει↵γνυται, α)λλα∴ 10

λεκτοϕ θεοι⊆ϕ προ∴ϕ α)νθρω↓πουϕ, και ε)γρη−γορο/σι και καθευ/δουσι: κ

αι ο( µε∴ν περι τα∴ τοιαυ=τα σοφο∴ϕ δαιµο/νιοϕ α)νη/ρ, ο( δε∴ α℘λλο τ

ι σοφο∴ϕ ων η⊗ περι τε/ξναϕ η⊗ ξειρουργι↵αϕ τινα∴ϕ βα/ναυσοϕ. ουℜτ

οι δη∴ οι÷ δαι↵µονεϕ πολλοι και παντοδαποι↵ ει≠σιν, ειϕ δε∴ του/των

ε)στι και ο( Ερωϕ. Πατρο∴ϕ δε/, η⊕ν δ∋ ε)γω↓, τι↵νοϕ ε)στι και µητρ

οℵµωϕ δε/ σοι ε)ρω. οℵτε γα

ο/ϕ; Μακρο/τερον µε/ν, ε℘φη, διηγη/σασθαι:

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