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origine, la sua unica forza, ed è il temperamento stesso che lo
dirige
Giacomo Matteotti a Turati
Il movimento fascista, lo squadrismo e l’avvento della dittatura
I nizialmente il movimento fascista non ottenne molti successi; ma, in
breve tempo, Benito Mussolini ebbe l’incarico da Vittorio
Emanuele III di formare il governo, dopo la cosiddetta marcia su
Roma degli squadristi armati. Questo cambio di tendenze politiche fu
determinato da svariati fattori:
L’appoggio ottenuto dal fascismo da parte della borghesia
agraria e industriale;
Il carattere antisocialista del partito, che affascinò i ceti medi
urbani e rurali;
Il suo intento di ridimensionare la sinistra;
La debolezza e le divisioni interne che ormai minavano l’unità del
partito socialista.
Bisogna ricordare che Mussolini fu espulso proprio dal movimento
socialista, poiché era a favore di un eventuale intervento nel primo
conflitto mondiale; così continuò la sua opera politica attraverso il
quotidiano che aveva fondato: “Popolo d’Italia”. Il fascismo aveva
programmi ben chiari; innanzitutto cominciarono a operare le squadre
d’azione fascista contro il movimento socialista. Gli stessi proprietari
terrieri, inoltre, indossarono le “camicie nere”, per stroncare il
movimento contadino. Lo squadrismo fu caratterizzato da una violenza
che doveva servire da esempio per tutti gli altri, una violenza che trovò
spesso la tolleranza delle autorità locali antisocialiste. Mussolini riusciva
così a consolidare il suo partito, mescolando violenza e legalità e agendo
indisturbato. La violenza squadrista continuava impunita, culminando
nella bastonatura del liberale antifascista Giovanni Amendola e
nell’uccisione del sacerdote Don Minzoni. Fu costituita, poi, la
cosiddetta Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, che mirava
a spazzare definitivamente ogni residua opposizione, con una seconda
ondata di rivoluzione
L a nazione è un’unità morale, politica ed economica, che si
realizza integralmente nello stato fascista. Il lavoro è un
dovere sociale
~ 8 ~
Benito Mussolini nella Carta del lavoro
fascista. Intanto il carattere autoritario e dittatoriale del regime
cominciava nettamente a farsi sentire, attraverso provvedimenti sulla
libertà di stampa, con un’ampia azione di censura, sulla scuola, con la
Riforma Gentile, e sulle elezioni, con la nuova legge elettorale basata
sul principio maggioritario, secondo il quale, alla lista che avesse
ottenuto la maggioranza dei voti, sarebbero stati assegnati i due terzi dei
seggi. Il fascismo si presentò all’interno di un listone nazionale che
comprendeva nazionalisti, liberali e cattolici. Con intimidazioni e inganni,
il listone ottenne successo. Questi brogli e violenze elettorali vennero poi
denunciati, in un discorso, da Matteotti, il quale fu successivamente
rapito da una squadra fascista e ucciso. Il delitto Matteotti aprì una grave
crisi politica e, per la prima volta, il potere di Mussolini sembrò vacillare,
tanto che molti se ne dissociarono. La sua astuzia lo portò a fare un
discorso in cui si assunse la responsabilità politica, ma non morale,
del delitto; così riprese in pugno la situazione.
I caratteri generali del regime fascista
M ussolini ricominciò ancor più accanito nel suo progetto di
“fascistizzazione dello stato”, attraverso le leggi dette
fascistissime, che prevedevano la soppressione della
libertà di associazione, la sostituzione dei sindaci con
podestà nominati dal sovrano, la chiusura dei giornali antifascisti, la
severa censura su tutta la stampa, l’istituzione del Tribunale speciale
per la difesa dello stato, la proibizione dello sciopero, il pieno controllo
dell’informazione e dei mezzi di comunicazione di massa, l’obbligo di
iscriversi al partito. Mussolini arrivò, inoltre, a una conciliazione tra Stato
e Chiesa, firmando con il cardinale Gasparri i Patti lateranensi,
composti di tre documenti:
Un trattato, con cui la Santa sede riconosceva la sovranità dello
stato italiano, con Roma capitale e lo stato riconosceva la sovranità
pontificia sulla Città del Vaticano;
La convenzione finanziaria con cui lo stato versava al Vaticano
una determinata somma;
l lavoro è la cosa più alta, più nobile, più religiosa della vita
I ~ 9 ~ Benito Mussolini – 25/10/1923
Il Concordato che regolava i rapporti tra stato e chiesa; conferiva,
infatti, effetti civili al matrimonio religioso e proclamava la dottrina
cattolica come fondamento dell’istruzione pubblica, estendendone
l’insegnamento anche nelle scuole secondarie.
La politica economica del fascismo
D
al punto di vista economico, il governo attuò, in un primo
momento, provvedimenti atti a ridurre vincoli e peso fiscale e a
diminuire la spesa pubblica attraverso licenziamenti e aumenti
delle tariffe. L’economia internazione era pur sempre
rallentata a causa della svalutazione della lira rispetto alle altre
monete, in particolare alla sterlina. Mussolini annunciò quindi la
rivalutazione della lira: il cambio con la sterlina venne fissato a 90 lire e
questa manovra fu chiamata “quota novanta”. Braccianti, operai e
impiegati videro però le loro retribuzioni diminuire. La crisi si fece sentire,
inoltre, con la riduzione della produzione industriale e del commercio
estero e con l’aumento della disoccupazione. Venne così creato
l’Istituto per la ricostruzione industriale. Per ottenere il consenso
nelle campagne, l’Italia rurale fu investita da diverse battaglie, tra le
quali quella del grano, con l’obiettivo di aumentare la produzione
agricola, e quella per la bonifica integrale, per aumentare
l’occupazione nelle campagne.
La politica coloniale e le leggi razziali
I n campo coloniale, il fascismo cercò di consolidare i possedimenti
italiani in Africa, riconquistando la Libia, ampliando il dominio in
Somalia e vennero migliorate le vie di comunicazione in Eritrea, la
quale costituiva una base di penetrazione in Etiopia. La decisione
della conquista militare maturò per motivi di prestigio nazionale e di
carattere economico. Alla fine dell’assedio fu proclamato l’Impero
dell’Africa orientale italiana, ma l’opinione pubblica condannò
l’impresa e la Società delle nazioni dichiarò l’Italia paese
aggressore, applicando sanzioni e vietando di importare merci italiane.
Tutto ciò favorì la tendenza all’autarchia, in altre parole l’autosufficienza
in campo economico; s’intensificarono, altresì, i rapporti con la Germania.
Furono introdotte leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei, quali
il divieto di sposarsi con cittadini “ariani”, l’esclusione dal
~ 10 ~
I lavoratori devono amare la patria. Come amate vostra madre,
dovete, con la stessa purezza di sentimento, amare la madre
comune: la patria nostra
Benito Mussolini – 10/04/1923
servizio militare e dalle cariche pubbliche e la limitazione nelle attività
economiche e nelle libere professioni; questa era la dimostrazione del
carattere antidemocratico e antiegualitario dell’ideologia fascista.
La legislazione antiebraica si accompagnò alla dura politica razzista di
difesa della pura razza ariana italiana, condotta verso le popolazioni
coloniali.
L’antifascismo
T uttavia, un movimento di opposizione non cessò mai di
operare. In una prima fase, l’opposizione, condotta da operai,
contadini, socialisti, cattolici e comunisti, non era organizzata e
non riuscì ad arginare lo squadrismo. Con l’avvento della
dittatura, i dirigenti dell’opposizione diedero vita al fenomeno del
fuoriuscitismo, rifugiandosi in esilio all’estero. Solo il Partito
comunista mantenne una rete organizzativa clandestina, sotto la
direzione del Centro estero di Parigi, guidato da Palmiro Togliatti.
Un altro gruppo attivo nella lotta antifascista fu il movimento Giustizia e
libertà, fondato da Rosselli. E’ importante ricordare, inoltre,
l’atteggiamento di non adesione al fascismo, tenuto da alcuni esponenti
cattolici, tra cui Alcide De Gasperi.
L’opposizione intellettuale al fascismo
A
ll’antifascismo “attivo” si affiancò quello di tipo culturale, che
coinvolse intellettuali e uomini di cultura, tra i quali spiccò il
filosofo Benedetto Croce, che, dopo un’iniziale simpatia per il
fascismo, se ne distaccò nettamente, ritenendolo una
“malattia morale”. Croce interpretò il fascismo come una fase di crisi
morale, un abbandono momentaneo dei valori della ragione e della
libertà. La sua aspra critica nei confronti del partito trovò l’appoggio
dell’amico Giovanni Gentile, con il quale aveva fondato la rivista “La
critica”. Gli scritti di Croce, tra cui ricordiamo la Risposta al Manifesto
degli intellettuali fascisti, rappresentarono il punto di riferimento
dell’intellettualità che si oppone al fascismo. La sua battaglia ebbe
~ 11 ~
lo scopo di esaltare i valori liberali e borghesi, erigendo, come valore
supremo dell’azione politica, quello della libertà.
L
a noia è il più nobile dei sentimenti umani, in quanto ci
mostra l'insufficienza delle cose esistenti di fronte alla
grandezza del desiderio nostro
Giacomo Leopardi
Giacomo Leopardi
La critica
L
a critica di Benedetto Croce e Giovanni Gentile, oltre ad essersi
rivolta al regime fascista, si rivolse nel campo della letteratura a
Giacomo Leopardi, facendo una distinzione tra pensiero e
poesia. Croce, ritenendo “non-poetico” tutto ciò che riguardava
il pensiero, individuò la poesia solo nei momenti in cui Leopardi è
“congiunto col mondo”: negli idilli, in cui sogna, spera, ama, gioisce. Il
resto della sua opera è solo un ingorgo sentimentale causato dalla sua
condizione d’infelicità, dalla “vita strozzata del poeta”, che gli
impedisce sia l’azione, sia il pensiero, sia la poesia autentica. Gentile,
invece, reagì all’opposizione crociana tra pensiero e poesia e vide nel
pensiero di Leopardi il lievito sentimentale della poesia.
~ 12 ~
a noia è il desiderio della felicità, lasciato, per così dir, puro.
L Giacomo Leopardi
La vita
G iacomo Leopardi nasce a Recanati e viene istruito,
inizialmente, da precettori ecclesiastici; poi, continua i suoi
studi da solo, chiudendosi nella biblioteca paterna. Dotato di
un’intelligenza precoce, comincia a leggere i moderni e viene a
contatto con la cultura romantica. L’atmosfera chiusa di Recanati
diviene insostenibile e nasce in lui il bisogno di venire a contatto con
esperienze intellettuali più vive. Tenta la fuga dalla casa paterna, ma il
tentativo viene scoperto e sventato. Lo stato d’animo conseguente,
acuito da un’infermità agli occhi che gli impedisce la lettura, unico
conforto alla solitudine e alla malinconia, lo portano a uno stato di
prostrazione. Raggiunge, così, la percezione della nullità di tutte le
cose, che diverrà il nucleo centrale del suo pessimismo. Ha finalmente
l’occasione di uscire da Recanati, recandosi a Roma dallo zio, ma l’uscita
si risolve in una disillusione. Gli ambienti letterari romani gli appaiono
vuoti, così torna a Recanati. Riesce, in seguito, a mantenersi da solo con
la sua attività letteraria e passa a Firenze. Aggravatesi le condizioni di
salute, è costretto a tornare in famiglia, nella sua tetra malinconia, ma
poi lascia Recanati per non farvi più ritorno. Comincia una nuova fase
della sua esperienza, prova la passione amorosa per Fanny Targioni
Tozzetti, dalla quale resterà deluso e stringe una fraterna amicizia
con Ranieri, col quale farà vita comune fino alla, tanto attesa e
sospirata, morte, avvenuta a Napoli.
Il pensiero
A
l centro della meditazione di Leopardi si pone un motivo
pessimistico, l’infelicità dell’uomo. Egli identifica la felicità
con il piacere materiale, ma l’uomo aspira a un piacere
infinito, che non si riscontra nei piaceri terreni. Da qui nasce in
lui un senso d’insoddisfazione, un vuoto incolmabile. Inizialmente il
poeta guarda alla natura come madre benigna, attenta al bene delle
sue creature, che offre distrazione all’uomo, dalla sua misera condizione
di noia, attraverso l’immaginazione e le illusioni. Per questo gli uomini
primitivi, che erano più vicini alla natura, erano felici. La ragione umana,