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che decise, insieme a Tobino, di togliere il

ferro. La malata continuava ad urlare la sua

maledizione, la colpa dei crimini già commessi

e di quelli che compirà in futuro.

Tobino dedicò quasi tutto il suo tempo al

manicomio e ai sui pazienti, di fatti pensava

che i pazzi non fossero per nulla malati. Le

Questo, appunto, è il motivo per cui scrive

libere donne di Magliano proprio per

dimostrare che i matti sono creature degne

d’amore, che dovevano essere trattati meglio,

nutriti meglio, vestiti meglio e che dovevano

avere una maggior sollecitudine per la loro

vita spirituale. Il suo scopo era quello di

richiamare l’attenzione dei sani su coloro che erano considerati matti. Tobino

sostiene che la pazzia non è una vera malattia e che gli altri esseri umani si

sentono superiori ai malati di mente solo perché non capiscono le loro "leggi".

Tobino sostiene che ogni malato è diverso dall’altro, anche se affetti dalla

stessa malattia, in quanto il delirio ha radici nella storia personale. A Magliano,

le donne sono libere, ma con i dovuti limiti che le istituzioni totali impongono,

di manifestare la loro fantasia, le loro pulsioni, e loro vizi e le loro virtù. Le

istituzioni totali, tra le quali troviamo i manicomi e le carceri, sono strutture che

tendono a tagliare fuori dalla società gli individui che vi risiedono. Infatti questi

vengono istituzionalizzati, ovvero non concepisco più uno stile di vita diverso

da quello dell’istituzione, pertanto il fine non è più quello della cura e della

rieducazione, ma di discriminazione tra l’individuo considerato deviante e la

società.

Le storie di queste donne sono raccontante in piccoli paragrafi ognuno

indipendente dall’altro, dove vengono raccontati i loro deliri e i loro pensieri.

Per le antiche

Altro importante libro che Mario Tobino scrive sui manicomi è

scale, dove osserva la malattia mentale da un punto di vista clinico, cioè quello

del medico ospedaliero e per il quale nel 1972 vince il premio Campiello.

Negli anni ’50 oltre 100mila cittadini si trovavano internati negli ospedali

psichiatrici, la cui funzione principale era quella di contenere persone con dei

problemi, anche se non malati di mente, come per esempio: disabili gravi o

gravissimi, disadattati sociali, emarginati ed alcolisti. Il criterio di internamento

si basava sulla presunta pericolosità. A partire dalla seconda metà degli anni

’50, l’ambiente psichiatrico occidentale è attraversato da un movimento che

mette in discussione i manicomi e che promuove nuove modalità d’approccio

nei casi di malattia mentale.

In Italia questo movimento nasce grazie all’iniziativa di Franco Basaglia.

Tobino lavorò a Maggiano fino al 1980, quando in seguito alla legge 180/78, il

manicomio fu chiuso. La legge 180, sostenuta dallo psichiatra Franco Basaglia

per poter dare ai malati psichiatrici la dignità che con l’istituzione totale non

avevano, in quanto erano continuamente sottoposti a pesanti terapie

farmacologiche ed invasive, fino ad arrivare all’elettroshock. Obiettivo di

questa legge era di ridurre le terapie farmacologiche e di riconoscere i diritti e

le necessità dei pazienti che dovevano essere curati in ambulatori territoriali.

Tobino sosteneva, invece, che il manicomio era l’unica struttura idonea per

trattare la malattia mentale, un luogo dove il malato veniva accolto con

competenza ed affetto. Nel 1979 Mario Tobino invia una lettera al suo

“Caro Franco, questa Legge 180 ha del buon

assistente Franco Bellato:

principio, ma come spesso in Italia accade saranno problemi. I malati vanno

curati e amati. I politici guasteranno tutto... come sempre, speriamo. Ma,

resteremo soli e la moda vincerà. Addio malati, cari compagni della mia vita. Il

tuo vecchio Mario Tobino”. Nel 1978 in un suo intervento sulla Nazione Tobino

“Quello che nettamente mi divide da lui è

scrive a proposito di Franco Basaglia:

che io credo, ho incontrato, ho partecipato, ho sofferto della follia, (...) lui non

ci crede, dice che non esiste, sono i padroni che hanno tirato su i manicomi per

tirarvi dentro i diversi, i disturbatori del loro dominio, metterli dentro e farli

diventare matti”.

Accusato di aver creato la «moda dei matti in libertà», Basaglia scese in campo

dopo pochi giorni: «Tobino parla di "carità continua e aspetto umano". Quale

significato reale hanno oggi queste espressioni? Nessuno. Il discorso è politico e

Tobino non lo affronta. Anzi, finge di non affrontarlo poiché tutta l' impostazione

del suo articolo è politicizzata al massimo (...). La psichiatria è la scienza che

serve al potere per controllare la persona emarginata». E incalzava con un

“Il rapporto già fragile in molta stampa

attacco ad personam contro lo scrittore:

italiana fra informazione e disinformazione si squilibra a vantaggio della

seconda quando si affidi alla penna di uno scrittore l’ analisi di un ambiente

che è in realtà la tesi dell' ideologia dominante. Oggettivamente il suo scritto

rende un grosso servizio al potere (...). Ebbene, era tutto falso! Dove erano le

donne oscene e cattive, quei bei personaggi femminili descritti dal Tobino?

Nella realtà del manicomio non c' era da avere pietà e compiacersi della

sofferenza ma soltanto lavorare duramente per abbattere giorno per giorno

quei muri”. “Io credo che la follia esista e

Nella sua replica, Tobino insisteva:

Basaglia invece mi pare che sia convinto che, chiuso il manicomio, svanisca la

cupa malinconia, l' architettura della paranoia, le catene delle ossessioni”. E

“il manicomio sia al massimo libero, fraterno, civile,

ribadiva la necessità che

umano”.

Secondo alcuni Tobino non si opponeva alla libertà per i malati mentali, ma

vedeva i rischi che la legge comportava, di fatti sostenava, come già detto, che

i matti erano persone degne di amore ed avevano bisogno di protezione ed

integrazione. Tobino era contrario al fatto che si facesse finta che la malattia

non esistesse, con il suo peso sociale anche drammatico nel compromettere l'

incolumità del malato e degli altri. Ridurla, secondo lui, era una falsità.

Questa dura polemica con il padre della legge 180 fece di Tobino una persona

che fini per essere emarginato dalla maggioranza. Il nipote di Tobino ricorda

“studiavo ancora Medicina, ricordo che un giorno lo seguii in ospedale: di

che:

fronte alle malate partecipava al loro delirio, se la malata diceva di essere una

principessa, lui stava al gioco, entrava nel suo mondo fantastico, non per

collusione ma per stabilire un contatto. Era molto amato. Un giorno a Lucca

nevicava e le malate uscirono dalla corsia con delle coperte per coprire la sua

macchina. Volevano proteggerlo”.

Nel 1980 Mario Tobino andò in pensione per raggiunti limiti d’età. Nel 1991, si

recò ad Agrigento per ritirare il premio Luigi Pirandello. Morì nella città siciliana

l’11 dicembre 1991.

Bibliografia

Le libere donne di Magliano

Mario Tobino, (1953), Mondadori, Oscar Classici

Moderni Tobino e Basaglia, duello sulla follia,

Stefano Paolo, “Corriere della sera”,

6/11/2006, pag. 39 La deistituzionalizzazione

Tutto sociologia, DeAgostini, Cap. 6.10 pagg. 121-122

Per le antiche scale, www.italialibri.net

http://www.ugis.it/a241108-mediciartisti.html

http://www.librimondadori.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/c1249bcf-9f3f-11dc-

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