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L'etimologia della parola crisi deriva senza dubbio dal verbo greco “krino” che significa separare, cernere (in senso più lato), discernere, giudicare, valutare. Nell'uso comune ha assunto un'accezione negativa in quanto vuole significare un peggioramento di una situazione. Se invece riflettiamo sulla sua etimologia, possiamo cogliere anche una sfumatura positiva, in quanto un momento di crisi, cioè di riflessione, di valutazione, di discernimento, può trasformarsi nel presupposto necessario per un miglioramento, per una rinascita, per un rifiorire prossimo.
È proprio su questo presupposto che intendo fondare la mia tesina: ribaltare l’accezione negativa della parola crisi, in modo tale che venga intesa come un periodo di transizione durante il quale vengano a delinearsi le basi di una futura rinascita. Non a caso è proprio durante i periodi più concitati della storia che il genio degli artisti ha saputo raggiungere vette altissime; ma prima di poter giungere alle conclusioni è bene definire i motivi stessi che comunque inducono a parlare di crisi. E’ ormai indiscutibile che il mondo in cui viviamo stia attraversando una fase negativa e come sottolineano spesso i media o i vari analisti e pensatori, essa riguarda vari aspetti della vita. Si parla di crisi economica, ambientale, energetica, socio-culturale etc. Ma analizzando la situazione con più attenzione, si può individuare un denominatore comune, un fattore che si situa per così dire alla fonte, per cui tutte le altre discendono a cascata dalla vera e unica crisi: la crisi dei valori. Questa indica la perdita, da parte dell’essere umano, del contatto con se stesso e con ciò che essenzialmente lo caratterizza in quanto tale. Scomodando il Rousseau de “Il discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza tra i popoli”, nella sua natura l’essere umano ha qualità positive, buone, legate alla ricerca di armonia con gli altri e con l’ambiente. Possiede, cioè, una sorta di etica interiore innata e universale, che non risente delle specifiche tendenze socio-culturali del proprio luogo di nascita ma che, invece, è facilmente distorta quando un ambiente non in sintonia con tale etica ne frustra la libera espressione e il libero sviluppo verso l’autorealizzazione, costringendolo a venir meno a quei precetti morali che erano stati la base della sua felicità. Siamo dentro a questa crisi, la viviamo e la subiamo. Il dilagare di episodi raccapriccianti, il verificarsi di situazioni contrarie alla morale e alla natura stessa dell'uomo, sono cronaca di tutti i giorni e noi, nostro malgrado, abbiamo imparato a conviverci. Sembrano essere scomparsi quei "freni comportamentali" che rendevano l’individuo capace di emarginare il "male", privilegiando etica, rispetto, educazione e buon senso.
A mio avviso, per meglio comprendere cosa sia veramente la crisi e che conseguenze possa portare a livello sociale e delle principale attività umane, è necessario fare un passo indietro e delineare un percorso cronologico di alcune tappe che ritengo essenziali. Da che l’uomo ha fatto la sua comparsa sulla terra si è parlato di crisi, sembra quasi essere una condizione necessaria dell’uomo, come se non potesse vivere senza preoccupazioni di sorta. Tra i romani fu eclatante il caso di Nerone: bello, intelligente, un uomo che dalla vita poteva avere tutto ciò che desiderava, ma che non si accontentava mai, la cui avidità, d’un tratto, venne superata solo dalla sua pazzia. Petronio Arbitrer, noto intellettuale della sua corte, seppe riprodurre con grande abilità il periodo di decadenza che caratterizzò la Roma del I secolo d.C., dovuto alla perdita di armonia tra i vari reparti della politica e al dispotismo dell’imperatore in conflitto con gli esponenti della filosofia stoica, che condusse ad un tracollo culturale senza precedenti. Dalla lettura del “Satyricon” non ci perviene, però, alcuna soluzione alla crisi, la quale invece è un’osservazione dissociata di una realtà che sembra regredire, piuttosto che evolvere.
Continuando a percorrere gli intricati sentieri della storia, vorrei porre l’accento nella mia tesina di maturità su un periodo in particolare, quello che lo storico Eric J. Hobsbawm ha definito con l’espressione “Il secolo breve”, ovvero il XX secolo -un salto temporale di notevoli dimensioni-. In relazione a quanto successo prima, l’analisi di un periodo storico così vicino ai nostri giorni (almeno più di quanto lo è l’età imperiale romana), ci permette di muovere considerazioni innanzitutto attuali e, in secondo luogo, ci permette di avere un quadro sufficientemente dettagliato dei caratteri generali della crisi. Gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del Novecento furono caratterizzati dall’espansione di un movimento che investì tutti gli ambiti della cultura e non solo: il Positivismo. Già dal nome lascia pensare ad un’idea di ottimismo diffuso; era proprio così, l’Europa di quel periodo viveva nel lusso di potersi permettere un unico punto di vista stabile sul mondo, quello della scienza, per cui niente poteva porre fine ad un momento tanto produttivo, ma gli uomini si sbagliavano. Ben presto la scienza si rivelò un’arma a doppio taglio: il progresso tecnologico applicato alle armi definì un potenziale distruttivo senza precedenti che trovò concreta manifestazione allo scoppio della Prima Guerra mondiale. I presupposti del conflitto sono da ricondurre proprio ad una crisi che è stata prima di tutto crisi dell’idea di nazionalismo, per cui dal modello ottocentesco, fondato sull’idea di nazioni sorelle, solidali una nei confronti dell’altra, si è passati a Stati in lotta per la supremazia. Ciò ha condotto successivamente ad una crisi di valori: infatti, se la scienza, che era stato fino ad allora fonte di felicità e ricchezza, poteva a sua volta dare origine a tanta violenza, allora non si era più certi di nulla, nemmeno di se stessi. Questa teoria trova la vita nella mente di un uomo che ha fatto esperienza del clima teso che si respirava durante la grande guerra, Luigi Pirandello. Egli portò a termine quella crisi di valori, iniziata non molto tempo prima, attraverso la “frantumazione dell’io”, ovvero, come viene a mancare un punto di vista che sia stabile e unico relativamente alla realtà, così crolla anche qualsiasi certezza riguardo se stessi.
L’uomo pirandelliano vive grazie a un numero infinito di maschere che la società continuamente gli attribuisce, e alle quali alla fine si convince di appartenere (è la maschera infatti che si fa indossare e non l’uomo che sceglie di farlo), benché siano nient’altro che costruzioni fittizie. Secondo un punto d vista tipicamente novecentesco, Pirandello vede le certezze soggettive e non oggettive, le paragona a tanti lanternini, che alla prima folata di vento si spengono, lasciando l’uomo in balia delle sue incertezze. La Terra è immersa in una coltre scura, che sembra inespugnabile, è arida, privata delle sue origini spirituali dall’orrore della guerra, è diventata il soggetto dell’opera di Thomas Stearns Eliot : “The Waste Land”, ovvero “La terra desolata”, dove con grande amarezza ci si rivolge ad un passato mitico, fatto di eroi. Potremmo paragonare il carattere frammentario di “The Waste Land” , volto a sottolineare le incertezze che regolano il mondo, alle opere dei cubisti, prime tra tutte quelle di Pablo Picasso, nelle quali però comincia a delinearsi il germe della rinascita, dove il moltiplicarsi delle prospettive non assume un’eccezione puramente negativa, dove non esiste solo il bianco o il nero, ma a seconda di come si osserva la realtà varie sfumature di grigio si sommano nei modi più vari.
Ecco però che il mondo crolla di nuovo nel baratro della desolazione; il secondo conflitto mondiale lascerà sul campo sessanta milioni di vittime, causate dalla follia dell’uomo, che, come ripeto, sembra avere perso la capacità di esorcizzare “il male”. Con ciò mi riferisco ai campi di concentramento, alla bomba nucleare e a tutte le atrocità che si affacciarono per la prima volta nella scena mondiale proprio in questo periodo. Era dunque arrivato il momento di arrendersi? Molti la pensarono a questo modo, ma smettere di lottare per ciò che di giusto c’è nel mondo significa soccombere alla crisi e non rinascere più forti da quest’ultima.
Questo concetto lo capirono bene gli esponenti dell’Esistenzialismo francese, primo tra tutti Jean-Paul Sartre. Egli sentiva il bisogno di dover rifondare la solidarietà umana a partire da un intervento attivo in ogni campo: dalla cultura, alla politica, alla società. Certo è che l’Esistenzialismo di Sartre ancora risentiva delle influenze della crisi del Positivismo, relativamente alla moltiplicazione dei punti di vista sulla realtà (il cubismo in questo senso ha rappresentato un’eccezione alla regola). Solo Albert Einstein fu in grado di raccordare e pacificare elementi tra sé discordanti. La sua “Teoria della relatività”, non solo in ambito scientifico, bensì in ambito più genericamente culturale, ha giustificato il soggettivismo, ora non più fonte di disorientamento, bensì criterio stabile di comprensione del reale.
Per meglio intendere questo passaggio essenziale che risolve l’idea di crisi da negativo in positivo, nella tesina faccio riferimento ad uno dei più noti sociologi dell’età contemporanea, Max Weber, il quale ha saputo ben intendere le cause della crisi che affliggeva il suo tempo (ha vissuto a pieno il primo conflitto mondiale), proponendo una soluzione per potervi sfuggire. Il cuore della sua riflessione verte sulla natura del Capitalismo, sostenendo essere quest’ultimo un risultato inaspettato dell’etica economica delle religioni ascetiche seicentesche, in particolar modo del Calvinismo. Esso infatti riconosceva nel successo economico il segno evidente della grazia divina, facendo sì che l’uomo si applicasse con grande zelo morale nel lavoro. Ad esso, però, Weber affianca un processo tipicamente occidentale di razionalizzazione del mondo, o come lo stesso lo definisce di “disincanto”, per cui di volta in volta si emancipano le principali attività umane (politica, economia, ecc) dall’influenza della religione; oramai l’unico fine per cui si lavora è il lavoro stesso. La forza corrosiva della ragione, che durante l’Illuminismo aveva liberato l’uomo da dogmi metafisici, rendendo il mondo teatro della propria azione, lo aveva di nuovo sottoposto al giogo di altre divinità di natura materiale, primo tra tutte il denaro. La tanto osannata razionalità ha fatto sì che l’uomo fosse costretto a vivere all’interno di una “gabbia d’acciaio”, senza avere la benché minima possibilità di uscirne, alla stregua dell’uomo nicciano che, presa coscienza dell’annuncio della morte di Dio, non può far altro che attenderla. Quest’attesa, però, si risolve in chiave positiva qualora l’individuo, responsabile della propria azione nel mondo, non agisce come un automa, ma fonda nuovamente i propri valori per mezzo di un atto di eroismo individuale, ovvero si adatta a vivere nella gabbia. Benché comunque la teoria weberiana fornisca una soluzione alla crisi e permetta all’individuo di migliorarsi, non credo che l’azione isolata del singolo possa condurre al progresso collettivo e per questo ritengo necessario scomodare la teoria dell’ “agire comunicativo” di Jürgen Habermas , uno dei più importanti tra i filosofi viventi.
È la natura propria dell’etica, ovvero la natura discorsiva, che permette ad Habermas si superare il limite imposto da Weber con il concetto di “gabbia d’acciaio” così da dar vita ad una nuova comunità fondata su valori frutto del consenso comune, per cui la necessaria pariteticità degli interlocutori elimina qualsiasi forma di disparità sociale.
Ciò che risulta dunque evidente è la mancanza di una società alternativa a quella attuale, che ponga l’uomo e la sua dignità al centro, e in cui il lavoro non sia mercificato ma considerato per il suo essere momento di valorizzazione dell’uomo e dei suoi talenti. A questo scopo, è di cruciale importanza il recupero di un ruolo forte da parte degli stati e della politica, che devono essere capaci di riscrivere le regole del nostro stare insieme anche andando contro i forti interessi economici precostituiti, così come è essenziale ridare peso alla cultura e alla conoscenza in quanto beni collettivi.
Riappropriandosi dei valori essenziali, delle radici profonde dell’essere umano in quanto tale, come ad esempio la fiducia e la gioia per la vita, la condivisione, la celebrazione, il senso di responsabilità per sé e per gli altri, la consapevolezza di abitare sotto uno stesso cielo, la società odierna avrà linfa vitale per crescere e portare frutti buoni nei vari rami che la compongono, dall’economia alla formazione, dalla sanità all’ambiente e così via.
Quella crisi che inizialmente non dava speranze, è divenuta infine un trampolino di lancio per un miglioramento della società in tutti i campi che la compongono.
Italiano - La lanterninosofia di Pirandello.
Storia - La crisi del Positivismo e le cause dello scoppio della Prima Guerra mondiale.
Latino - Il Satyricon di Petronio.
Filosofia - Max Weber e Jurgen Habermass.
Storia dell'arte - Il cubismo e "Les Damoiselles d'Avignon" (Picasso).
Inglese - "The Waste Land", T. S. Eliot.
Francese - "Huis Clos" J.P. Sartre.
Tedesco - Analisi del testo "la sociologia della religione" (Max Weber).
Fisica e Matemetica - La teoria della relatività di Albert Einstein e lo studio dei limiti.
Biologia e Religione - Le cellule staminali e il motivo bioetico.
TRIPLICE ALLEANZA (1882) – (Germania, Italia ed Austria)
Tappe: 1881. La Tunisia era contesa tra Italia e Francia e una volta divenuta protettorato
francese, l’Italia ricerca l’alleanza della Germania. Solo in seguito allo scoppio
della Grande Guerra l’Italia compirà un riavvicinamento alla Francia,
allontanandosi dall’Austria per la questione delle terre irredente.
Scopo: porre fine alle rivalità tra Italia ed Austria
TRATTATO DI CONTROASSICURAZIONE (1887) – (Germania e Russia)
Scopo: la Germania giustificava la posizione assunta nel “Concerto tra le Potenze”
stipulando, come aveva fatto anche con l’Austria, due alleanze.
Nel 1890 salì però al trono di Germania Guglielmo II, che non ribadì la fiducia a Bismarck, il quale
fu dunque costretto a dimettersi per incompatibilità in politica estera. Guglielmo II segnò la crisi
delle alleanze prima stipulate, il suo obbiettivo fondamentale era elevare la Germania a potenza
mondiale, la cosiddetta “Grande Germania”, sulla scia della corrente del Nazionalismo. Inoltre egli
intendeva portare avanti il progetto del “Pangermanesimo” con il quale avrebbe riunificato sotto la
guida del kaiser tedesco tutte le popolazioni di origine germanica e non, ampliando i propri confini
di là da quelli territoriali. Per far ciò Guglielmo:
Non rinnovò il “Trattato di Controassicurazione”,denotando di conseguenza un
allontanamento dalla Russia e un avvicinamento alla sua avversaria, l’Austria
Intervenne in favore dei turchi nella guerra dei Balcani
Intervenne nelle due Crisi Marocchine contro gli imperi di Inghilterra e Francia
Intervenne a favore dei Boeri (popolazione olandese abitante del sud-Africa) contro gli
inglesi
Guidò l’esercito internazionale contro i sostenitori della Rivolta dei Boxer in Cina
Mirava alla conquista dei Balcani, come anche della Polonia e delle coste baltiche per
garantirsi uno sbocco sul mare, in opposizione alla Russia
Attuò una politica violenta nei confronti delle popolazioni conquistate
L’impresa di Guglielmo II era alimentata dalla nuova borghesia industriale e finanziaria e dal ceto
medio urbano e rurale, influenzato dalle teorie nazionaliste e dalla pratica del riformismo sociale,
con la quale l’imperatore promosse riforme sociali per impedire che queste venissero richieste dal
popolo. Tutto ciò determinò un’immediata corsa agli armamenti e la creazione di piani d’attacco
prestabiliti da parte degli stati maggiori dell’esercito tedesco.
FRANCIA
Durante gli anni antecedenti lo scoppio del primo conflitto mondiale, la Francia viveva la sua epoca
d’oro: la Belle Époque. Essa, infatti, rappresentava l’unico stato europeo con un sistema politico
repubblicano a suffragio universale maschile.
In materia di politica interna il governo dei liberal-conservatori riuscì a coinvolgere, oltre che la
borghesia, anche il ceto medio nella difesa dello stato democratico contro i vari tentativi di colpi di
stato. Al fine di rinsaldare ulteriormente l’unità nazionale ( che era stata minata ai tempi di Sedan)
promosse una spinta verso il Protezionismo, favorendo in particolar modo gli esponenti della classe
dirigente, e l’Imperialismo. La frattura che comunque si era creata all’interno dello stato, era ancora
molto evidente ed esplose in questioni di natura sociale;
nel 1894 si è osservato:
Uccisione del presidente Carnot da parte di un anarchico
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Lo scoppio dell’affair Dreyfus. Egli era un capitano dell’esercito francese di religione
ebraica. Fu accusato di essere una spia tedesca che minava alla solidità della repubblica.
L’opinione pubblica si divise:
colpevolisti = erano nazionalisti conservatori di ispirazione nazista. Promossero un’azione
di manipolazione della classe media contro il prototipo dell’ebreo nemico interno dello
stato. Facendo ciò cercavano anche di mettere in crisi la repubblica stessa, vedendo
nell’assetto imperiale, come quello della Germania, possibilità di maggio progresso.
innocentisti = erano democratici repubblicani ed esponenti della sinistra progressista e
socialista. Essi difendevano il diritto dell’uomo a ricevere un regolare processo, come
scrisse Émile Zola nell’articolo “J’accuse”. A essi si aggiunsero anche lavoratori ed operai
che riscontrarono in quel processo, un’ulteriore discriminazione rispetto a quelle che già essi
subivano. Alla fine del processo Dreyfus fu prosciolto e il partito della sinistra repubblicana
vinse le elezioni con Clemanceaux.
INGHILTERRA
Agli inizi dell’ottocento la politica inglese presentava tre priorità:
1) Il mantenimento dell’egemonia mondiale nei settori politico, economico e coloniale nei
confronti delle nascenti potenze .
a) La Gran Bretagna perse piano pino il suo primato sul piano della crescita industriale, mentre
mantenne quello di potenza coloniale e finanziaria
2) Risolvere il problema connesso alle disuguaglianze sociali.
a) All’interno della società inglese si assisteva a un’eccessiva polarizzazione della ricchezza, a
un basso tasso di scolarizzazione e a un sistema elettorale ancora basato sul censo. Tale
assetto era anche il risultato di una politica che fino ai primi anni del novecento vedeva a
capo del governo il partito liberal-conservatore sotto la guida di Chamberlain, che dette
avvio all’imperialismo. Il tentativo di promuovere però anche l’opzione del protezionismo
gli costo le elezione. Fu, infatti, il partito liberal-progressista con Lloyd George a salire al
governo. Alleatosi con il Labour Party (partito di ispirazione socialista nato nel 1904), dette
vita ad un corpus di leggi sociali, imponendo inoltre una severa politica fiscale per
riequilibrare la ricchezza nazionale
3) Risolvere il problema connesso alla questione irlandese.
a) In Irlanda, da molti anni sotto il governo inglese, si svilupparono due tendenze:
nazionalisti = erano irlandesi progressisti di religione cattolica e chiedevano l’autonomia
dall’Inghilterra
unionisti = erano irlandesi conservatori di religione protestante e chiedevano la
sottomissione al governo londinese.
Non si raggiunse un accordo tra le due correnti e sorsero frange estremiste quali: l’IRA,
un movimento separatista irlandese si anima terrorista.
Tra gli imperi nascenti non facenti parte dell’Europa s’inserirono:
STATI UNITI
Gli Stati Uniti promossero una rincorsa per diventare anch’essi potenze mondiali.
In materia economica, a un’iniziale concentrazione delle industrie in pochi cartelli caratterizzate
dall’applicazione del modello taylorista (introduzione della catena di montaggio e parcellizzazione
del processo di produzione), seguì nel 1890 la legislazione anti-trust, che favorì la libera
concorrenza, impedendo l’intervento dello stato in materia economica (diversamente da quanto era
accaduto nel resto d’Europa).
In materia di politica interna si opponevano due partiti: i repubblicani che con Roosevelt
rappresentavano il partito conservatore, al governo durante i primi anni del novecento. I cosiddetti
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“pesci grossi” adottarono pratiche clientelistiche nei confronti dell’alta borghesia, riscuotendo
l’inimicizia della parte popolare. Alle successive elezioni fu infatti Wilson esponente del partito
democratico ad avere la meglio.
Durante il mandato di Roosevelt gli Stati Uniti condussero una manovra imperialistica detta
Corollario Roosevelt (1905). Essa si basava sul celebre slogan portato avanti dalla Dottrina Monroe
«L’America agli americani!» (1823) e si arrogava il diritto di intervenire politicamente,
economicamente e militarmente negli affari interni degli stati sud-americani. Si da avvio ad un
processo di “Panamericanismo” al fine di mantenere la pace e tutelare gli investitori stranieri. Le
conseguenze fondamentali dell’imperialismo potevano essere ricondotte a:
Conquista delle Hawaii e imposizione di un governo fantoccio a Cuba (1898)
Conquista di Porto Rico e di alcune isole delle Filippine (1902)
Imposizione di un governo fantoccio a Panama l fine di partecipare alla costruzione del
Canale di Panama (1903)
Per comprendere le sorti del mondo allo scoppio della Grande Guerra è necessario però prendere in
considerazione anche i vecchi imperi di origine feudale, ormai in declino ma ancora fondamentali
nei sistemi di alleanze, soprattutto per la mole di uomini che erano in grado di mettere a
disposizione.
Essi presentavano delle caratteristiche comuni:
Una struttura economica ancora basata sull’agricoltura che imponeva un rigido sistema
sociale dominato da ricchi proprietari terrieri e poveri contadini
La convivenza di etnie differenti, le cui aspirazioni nazionalistiche minavano la solidità
politica dell’impero
Erano estranei alla rivoluzione liberale ottocentesca e ciò rese ancora più aspre le relazioni
tra popolo e governo
Presentavano apparati militari consistenti ma il mancato progresso tecnologico li
sottometteva ai moderni imperi
IMPERO TURCO-OTTOMANO
L’impero turco era tra i più vasti alla fine dell’ottocento sviluppandosi tra Medio Oriente ed Europa
orientale. La sua cultura molto chiusa favoriva severe repressioni politiche nei confronti sia dei
riformatori turchi, ovvero chi intendesse portare avanti una politica progressista, che delle
minoranze etniche che chiedevano maggiore autonomia.
A lungo andare la situazione si fece sempre più difficile fino a sfociare nella Rivoluzione del 1908.
Mustafa Kemal (Ataturk = padre dei turchi – eroe nazionale) guidò la rivolta dell’esercito che era
stato inviato in Macedonia per sedare una sommossa. A essi si aggiunsero i “Giovani Turchi”, un
partito progressista e nazionalista, che una volta ottenuta la costituzione liberale, vinsero le elezioni
spodestando il sultano. Ciò dette un impulso ai vari movimenti indipendentisti in tutta la regione,
così che l’impero iniziò a sfaldarsi, realizzando nazioni come:
SERBIA= ufficialmente sotto il protettorato austriaco, decise, però, di allearsi con la nemica
Russia. Essa portava avanti il modello della “Grande Serbia” dando vita a movimenti
nazionalisti anti-austriaci e del “Panslavismo”, volendo con ciò riunire tutte le popolazione
di origine slava della regione balcanica sotto la sua guida
BULGARIA= alleata di Austria e Germania
I rapporti tra i neonati stati balcanici e la Turchia si fecero sempre più tesi e sfociarono nella I
Guerra Balcanica- 1911: si costituì un’alleanza, la Lega Balcanica (Serbia, Bulgaria, Grecia e
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Montenegro) che sconfisse il nemico turco (il quale era impegnato già con l’Italia nella Guerra del
Dodecaneso)
Tra i membri della Lega Balcanica si trovavano però stati con alleanze internazionali in contrasto
tra loro es. Serbia e Bulgaria, inoltre non avendo ottenuto sbocchi sull’Adriatico, la Serbia dichiarò
guerra alle ex alleate, e accanto ad essa intervenne anche la Russia. Scoppiò così la II Guerra dei
Balcani-1913 che vide la Serbia trionfare, accentuando ulteriormente quel nazionalismo anti-
austriaco, sostenuto adesso da società nazionaliste come la “Mano Nera”. Aumentava il timore di
Austria e Germania per la sempre maggiore presenza della Russia nei Balcani.
RUSSIA
Contrariamente a quanto sostenevano Austria e Germania, l’impero zarista si trovava in grandi
difficoltà all’inizio del XX secolo:
Venne meno il progetto del “Panslavismo” (riunificazione di tutte le etnie slave sotto la
guida della Russia) a causa dello sviluppo di vari nazionalismi nella regione balcanica.
Si accentuò sempre di più l’arretratezza economica del paese dovuta anche alla staticità
sociale per cui il potere era concentrato solo nelle mani di pochi signori latifondisti.
La sconfitta nella Guerra russo-nipponica (1905/1906) mostrò l’arretratezza dell’esercito
russo e l’acuirsi dei conflitti sociali. Si animarono, infatti, dei tumulti in tutto il paese che
culminarono con la grande manifestazione popolare del 1905, con cui si chiedevano un
abbandono delle guerre imperialistiche e una maggiore attenzione alla questione sociale. Lo