Anteprima
Vedrai una selezione di 7 pagine su 26
Crisi del 1929, tesina Pag. 1 Crisi del 1929, tesina Pag. 2
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Crisi del 1929, tesina Pag. 6
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Crisi del 1929, tesina Pag. 11
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Crisi del 1929, tesina Pag. 16
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Crisi del 1929, tesina Pag. 21
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Crisi del 1929, tesina Pag. 26
1 su 26
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi

Introduzione Crisi del 1929, tesina



Per la prova orale del mio esame di stato ho deciso di parlare nella mia tesina della crisi economica del 1929.
Non ho voluto però affrontare l’argomento riferendomi esclusivamente a cause-effetti-conseguenze della Grande Crisi, ma ho pensato fosse interessante fare dei piccoli paragoni con la crisi attuale, che tutti noi stiamo vivendo. Paragoni che riguardano soprattutto il diverso tipo di Stato in cui viviamo. È un aspetto molto importante, perché è ciò che permette di averne una percezione diversa. Ho voluto anche far vedere come un’azienda cambi le proprie strategie quando è in crisi. La Ford ha superato la crisi del 1929 e sta cercando di superare anche questa.
In modo particolare mi ha colpito quello che si sta cercando di raggiungere attraverso l’introduzione della moneta complementare; per la mia tesina di maturità ho scelto quest’argomento perché mi ha incuriosito quando è stato studiato in classe e trattarlo nella mia tesina è stato un modo per approfondirlo e capirlo maggiormente.

Collegamenti


Crisi del 1929, tesina



Storia - L'economia sotto la Germania .
Diritto - Il ruolo dello Stato.
Economia Strategia aziende e moneta complementare.
Estratto del documento

La crisi del 1929

e le conseguenze

economico -

politiche in

Europa

~ 2 ~

LA CRISI SECONDO ALBERT EINSTEIN

"Non pretendiamo che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi può essere una

grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.

La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorge

l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi

supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e

disagi, inibisce il proprio talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è

l'incompetenza. Il più grande inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel

cercare soluzioni e vie di uscita ai propri problemi.

Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.

Senza crisi non c'è merito. E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i

venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è

esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro.

L'unico pericolo della crisi è la tragedia che può conseguire al non voler lottare

per superarla." Albert Einstein

~ 3 ~

Vale la pena citare il pensiero sulla crisi di Albert Einstein, tratto da “Il mondo come io lo vedo” del

1931. Un testo che raccoglie scritti non strettamente scientifici, ma riflessioni sui grandi temi della

vita. Qui lo scienziato supera il suo campo di azione per spaziare negli altri ambiti della conoscenza,

collocandosi in quella posizione “meta” abitata dai filosofi. Forse anche per questa ragione il suo

pensiero è in grado di parlare all’uomo contemporaneo. Qui la crisi viene definita una

“benedizione” e questo a noi, che ne stiamo vivendo il momento drammatico, suona da subito come

provocazione, quasi un’espressione irriverente nei confronti di chi patisce. Ma questo non può

essere. Basta pensare infatti al periodo in cui il testo è stato scritto ed alla biografia dell’autore.

Siamo nel 1931, l’anno in cui massimo è stato il riverbero in Europa, e soprattutto in Germania,

della grande crisi economica del 1929 scoppiata in America. Lo Stato caduto in default, la

disoccupazione dilagante, il Nazismo alle porte e poi la guerra.

L’ebreo Einstein sarà costretto a rifugiarsi negli Stati Uniti due anni dopo.

“Benedizione” non può dunque assumere una connotazione cinica. Bisogna piuttosto considerare sia

prerogativa del pensiero geniale l’andare oltre il contingente, superare il proprio “particulare” cioè il

proprio interesse, i propri scopi e progetti. Solo

così è possibile cogliere il significato autentico delle parole dello scienziato ed intendere la crisi

come sfida, apertura di opportunità e leva di progresso.

Per Einstein il vero pericolo è attribuire alla crisi la responsabilità dei propri fallimenti e quindi

rimanere prigionieri della propria inattività. A scapito del talento, della creatività, della ricerca di vie

d’uscita. L’unica crisi pericolosa diventa allora “la tragedia di non voler lottare per superarla”.

~ 4 ~

A seguito della prima Guerra Mondiale, durante gli anni ’20, i principali paesi capitalistici

registrarono un forte sviluppo economico, dovuto a vari fattori tra cui le innovazioni tecnologiche

acquisite durante la guerra, la catena di montaggio di Frederick Winslow Taylor che aumentò la

produzione e l’aumento dei consumi di massa (ricordiamo l’automobile e la radio). Di

tale straordinario sviluppo si resero principalmente protagonisti gli Stati Uniti d’America che, nel

corso di sette anni, tra il 1922 e il 1929, registrarono una crescita del reddito nazionale del 4%

all’anno, mentre la produzione era salita al 64%, i profitti al 76%, la produttività del lavoro al 43% e

i salari del 30%. Questi dati avevano creato uno stato di fiducia tale da portare il presidente

repubblicano Calvin Coolidge ad affermare con sicurezza che l’America fosse più vicina che mai al

trionfo sulla miseria. Lo scenario che si preparava a presentarsi pochi mesi dopo era invece quello

della Grande Crisi. La crisi del 1929 viene considerata una crisi da sovrapproduzione, aggravata

dalla speculazione sui titoli azionari.

Una crisi di sovrapproduzione

Come si può notare dalle percentuali sopra riportate, la produzione aumentava più dei salari. Questo

vuol dire che si produceva sempre di più, quindi il valore della produzione aumentava ad un ritmo

più sostenuto rispetto al potere d’acquisto della popolazione, che di conseguenza non era in grado di

acquistare tutti i beni offerti. La domanda era debole rispetto all’offerta. Il mercato, sebbene favorito

dalle vendite rateali, entrò in uno stato di saturazione. Fondamentale fu la crisi dell’agricoltura.

Durante la Grande Guerra, gli USA, a lungo estranei al conflitto, avevano sostituito la produzione

agricola dei territori europei impegnati nella guerra. Per far fronte all’accrescimento della richiesta i

produttori americani avevano dunque dovuto espandere i terreni coltivabili e accrescere il

rendimento meccanizzando il lavoro (impiego su larga scala dei trattori). Per realizzare questi

investimenti e queste migliorie molti produttori dovettero indebitarsi con le banche. Questa

situazione era estremamente positiva per l’economia americana, perché espandeva così il loro

mercato e permetteva loro di tenere i prezzi alti. Ma una volta terminata la guerra, questo bisogno

venne rapidamente a scemare, perché gli stati europei ripresero seppur lentamente la loro attività

agricola. A causa della diminuzione delle vendite e del ribasso dei prezzi, i coltivatori non erano più

in grado di restituire i prestiti alle banche. Alcune di queste fallirono per il mancato rientro dei

capitali.

Una crisi di speculazione

Buona parte dei profitti industriali registrati durante il boom degli anni ’20, venne impiegata in

operazioni finanziarie, attraverso l’intermediazione delle banche. Una quantità di denaro sempre

crescente entrava in borsa. I finanzieri iniziarono un gioco di speculazione borsistica al rialzo: si

compravano azioni in modo da farne crescere deliberatamente il prezzo, in base al gioco della

~ 5 ~

domanda e dell’offerta, per poi rivenderle e guadagnare sulla differenza. Quando la quantità di

denaro investita in queste operazioni è grande, l’indice della borsa, ovvero il numero che esprime la

tendenza del mercato azionario, si mantiene in aumento (dato che sale nel momento in cui la

domanda di titoli supera l’offerta). L’indice di borsa di Wall Street più che raddoppiò il suo valore

tra il 1924 e il 1929. Dato che l’indice restava in crescita, in coloro che compravano titoli, si diffuse

la fiducia che investendo avrebbero ottenuto un guadagno immediato. In più, per acquistare titoli,

non era necessario coprirne l’intero prezzo ma bastava versarne una parte lasciando i titoli stessi in

.

garanzia del debito contratto Questo tipo di speculazione si diffuse anche fra i piccoli risparmiatori,

che invece di destinare i loro soldi al consumo, giocavano in borsa. Ma

alla crescita del mercato azionario non corrispondeva una crescita della ricchezza prodotta e

consumata. Il 24 ottobre 1929 l’indice di Wall Street cominciò a scendere, perché venivano offerte

più azioni di quanto non ne venissero richieste. Risparmiatori e speculatori cominciarono a vendere

per paura di subire gravi perdite. Si innescò un effetto a catena, per cui più si vendeva più il valore

delle azioni diminuiva spingendo gli investitori a vendere…l’indice toccò il suo valore più basso nel

1932. Seguirono sempre più numerosi fallimenti di banche coinvolte nelle speculazioni. Il sistema

entrò in una crisi di liquidità perché non c’erano soldi per finanziare le attività economiche. La

domanda di beni, che già era bassa, diminuì ulteriormente e le industrie dovettero diminuire la

produzione, se non chiudere. Nel 1933 la disoccupazione raggiunse i 13 milioni, cioè ¼ della forza

lavoro.

La crisi non ebbe effetto solo negli Usa, ma anche nei paesi europei e nell’America Latina:

diminuirono drasticamente le importazioni e si interruppe il flusso di capitali verso l’Europa. Questo

ebbe effetti non solo economici per cui diminuì la produzione e aumentò la disoccupazione, ma

anche politici in quei paesi europei che erano sostenuti dagli Stati Uniti.

~ 6 ~

Il caso della Germania

La Germania, uscita sconfitta dalla I Guerra Mondiale, fu costretta a firmare pesanti condizioni di

pace, i Trattati di Versailles che prevedevano la perdita dell’Alsazia e della Lorena. Ponevano anche

grandi limitazioni alle forze armate tedesche, che non potevano più superare le 100'000 unità. Si

stabiliva che la Germania dovesse pagare ai paesi vincitori un’ingente somma di denaro che fu

fissata in 33'000'000'000 di dollari.

Inoltre il primo dopoguerra tedesco è caratterizzato da instabilità politica: in seguito alla sconfitta

furono richieste le dimissioni dell’imperatore. Una volta proclamata la repubblica (repubblica di

Weimar), il potere fu inizialmente in mano della sinistra, che però era profondamente divisa.

L’economia era stremata dalla guerra, l’inflazione era galoppante, la svalutazione della moneta

raggiunse livelli impressionanti (si arrivò al 1923 dove per comprare un dollaro ci volevano

4'200'000'000'000 marchi) e le condizioni del Trattato di Versailles non facevano che peggiorare la

situazione. La situazione tedesca si stabilizzò a partire dal 1924 grazie all’aiuto economico fornito

dagli Stati Uniti. Venne varato il piano Dawes, che rateizzava il debito della Germania e assicurava

grossi finanziamenti all’industria tedesca. Le industrie cominciarono così a produrre a ritmi sempre

più elevati, fino a superare i livelli di produzione di prima della guerra. Anche politicamente si ebbe

un po’ di stabilità grazie a un governo di coalizione di destra, diretto da Stresemann. Questo era solo

un equilibrio precario, che crollò con la crisi americana del 1929. La ripresa economica era

strettamente legata agli aiuti degli USA. Quando l’America, a causa della pesante crisi, non poté più

aiutare la Germania, l’economia crollò di nuovo: la produzione industriale si dimezzò, la

~ 7 ~

disoccupazione arrivò a 1/3 della popolazione e vi fu una nuova ondata inflazionistica. Tra i cittadini

il malcontento aumentava e otteneva sempre più favori il partito nazionalsocialista, di estrema

destra.

Nel 1923, alla guida del partito salì Adolf Hitler. Hitler era un uomo con doti di leader ed era di

grande carisma. Inoltre, la sua ideologia politica attirava diversi strati della società. Mescolava

l’ideologia nazionalistica e socialista: sfruttava il risentimento per la sconfitta della guerra e per le

condizioni di pace,

prometteva di garantire giustizia e unità nazionale. Propagandava l’odio per i ricchi, che si

arricchivano sempre di più nonostante il periodo di crisi, e l’odio per i rossi. Esaltava la Germania

come nazione e si presentava come colui che avrebbe stabilizzato il paese. Nonostante la violenza

con cui operava e l’odio che propagandava, primo fra tutti l’antisemitismo, otteneva grandi

consensi. Nel 1933, dato che non si riusciva a formare una maggioranza stabile, venne affidato a

Hitler il governo e fu proclamato cancelliere. Cominciò a togliere sempre di più il potere agli organi

dello stato, fino ad accentrare su di lui tutti i poteri nel 1934. Iniziava così il regime nazista.

~ 8 ~ La Ford

attraverso due crisi economiche :

1929 e attuale

“C'è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti.”

"Perché trapago i miei operai? Perché devono essere in grado di

acquistare le auto che producono”

“ Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come se

fermasse l’orologio per risparmiare tempo!”.

~ 9 ~

Henry Ford, appassionato di motori fin dall’infanzia, fonda nel 1903 la Ford Motor Company.

Nello stesso anno lancia la sua prima auto: la

Dettagli
26 pagine
27 download