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Storia: L'Italia nell'età giolittiana
Inglese: Charles Dickens
Microbiologia: Le malattie trasmesse dagli alimenti
Biotecnologia: La produzione del pane
Impianti di biotecnologia: L'Hfcs
Ed. Fisica: L'atletica leggera
clamorosi. Accanto all’insegnamento e alla gelosa custodia degli affetti
familiari, trova posto nella vita di Pascoli la poesia, vissuta con dedizione e
praticata assiduamente dalla prima giovinezza agli ultimi anni. Pascoli
rappresenta un momento di passaggio necessario fra Ottocento e
Novecento, è l’ultimo dei classici e il primo, in dei moderni. L’impiego di un
linguaggio basso e popolaresco ha sempre qualcosa di raro e prezioso, che
fanciullino
sfiora l’estetismo. La stessa poetica del presuppone questa
ambiguità o duplicità: da un lato, il fanciullino è presente potenzialmente in
ogni uomo, è una figura umile
e piccola e sembra porsi in alternativa al superuomo dannunziano, dall’altro
solo il poeta conosce il privilegio di farlo rivivere e di farlo parlare dentro di
sé, sapendo scorgere il significato profondo di quelle piccole cose che
l’adulto ‘normale’ invece trascura. Il fanciullino individua accordi segreti tra
le cose, stabilendo tra di esse legami inconsueti e guarda il mondo con
stupore infantile alla luce del quale ogni cosa è una nuova scoperta. Il
simbolismo pascoliano indica la strada della rivelazione di una verità segreta
la cui chiave d’accesso appartiene solo al poeta. Il senso del mistero si
esprime attraverso una catena di analogie simboliche, al termine della quale
si intravede l’ombra di una verità assoluta, di cui l’interprete è il poeta. Il
simbolismo pascoliano, punta sulla valorizzazione del particolare simbolico
che porta allo scavo dentro la realtà e all’uso delle onomatopee. Pascoli, che
è contrario alla lotta di classe si pone nelle sue poesie come poeta-vate per
la società, e dà voce a un bisogno di legittimazione di quei gruppi sociali
piccolo-borghesi che costituiranno la base del suo successo. Poco prima della
La grande Proletaria si è
morte, Pascoli pronuncia l’importante discorso
mossa, dedicato a sostenere l’impresa coloniale italiana in Libia: lo scrittore,
che voleva consegnare un’immagine pubblica di sé quale artista raffinato e
popolare al tempo stesso, quale poeta della bontà e della umiltà, conclude
così la propria schiva vicenda biografica con un invito a gettarsi in
un’avventura militare.
Le opere
La critica ha individuato la parte più viva e intensa della produzione poetica
Myricae, Poemetti, Canti di Castelvecchio
pascoliana in tre raccolte: e Poemi
conviviali.
Myricae
La sua prima raccolta di poesie, Myricae, fu pubblicata nel 1891 e
completata negli anni successivi. Il nome “Myricae” (in latino) vuol dire in
italiano tamerici, cioè un arbusto molto semplice, umile, con piccoli fiori e
che fiorisce ai bordi delle strade. Pascoli ha scelto il nome Myricae per
indicare la poesia delle piccole cose, semplici e del vivere quotidiano.
Poemetti
Poemetti è il secondo libro di poesie pascoliano. L’opera raccoglie un
secondo filone della ricerca poetica di Pascoli. Si registra nell’opera
l’espressione dell’umanitarismo populistico del poeta, che rappresenta il
mondo popolare della sua dignitosa sofferenza, denunciando le ingiustizie
sociali. All’aggressività e alla negatività della società di massa, Pascoli
contrappone i miti della bontà naturale e della poesia.
Canti di castelvecchio Canti
Il titolo crea un collegamento con i leopardiani, suggerendo così
l'ambizione ad una poesia più elevata. La maggior parte delle poesie furono
scritte tra il 1896 e il 1903. La loro collocazione non segue un criterio
cronologico, ma logico che le avvicenda secondo un ordine tematico e
formale. La poesia,
considerata come una consolazione per gli esseri umani, è al centro dei
Canti di Castelvecchio, Canti di
come una lampada che illumina la via. I
Castelvecchio sono fitti di richiami autobiografici e di rappresentazioni della
vita in campagna.
Poemi conviviali
Denominati “conviviali” perché apparsi, nella rivista “Il Convito” (una delle
espressioni più significative del contemporaneo estetismo) e in rapporto alla
convinzione pascoliana che la prima poesia del mondo antico sia nata
durante i conviti. Questi poemi sono strutturati secondo uno schema di
svolgimento dell’evo antico che va dall’età arcaica, a quella dei poemi
omerici, ai poemi didascalici, ad Esiodo, alla stagione dei grandi filosofi
Socrate e Platone, al mondo ellenistico, al presentimento di una imminente
catastrofe, a quello romano, per concludere con l’annuncio dei nuovi tempi
portati dal Cristianesimo.
I temi principali che caratterizzano la raccolta poetica sono:
La rievocazione dei famigliari scomparsi
il mistero che avvolge il mondo
l’incapacità di scoprire e rivelare il mistero dell’universo
la vanità della vita
la rievocazione della morte del padre
la rappresentazione della natura vista nei suoi momenti più inquietanti e
sinistri, è la natura vista anche in altri particolari momenti della vita
quotidiana
l’attività del poeta, che cerca di creare sensazioni gradevoli, ma non si
sente abbastanza apprezzato dalla gente;
il disamore per la vita ricevuta dalla madre scomparsa
il sogno
Questi temi si intrecciano con il dolore per i bambini sottratti alla vita e
altri temi ancora, solo accennati, suggeriti, sparsi tra le immagini e le
scene della campagna e della natura. Sono versi isolati in mezzo a visioni
campestri e astrali e a immagini simboliche che esprimono i sentimenti
inquieti e malinconici del poeta.
Il linguaggio della poesia pascoliana assomiglia molto all’italiano moderno.
L'autore propende per il linguaggio dei Simbolisti francesi, immettendovi
l’analogia, la sinestesia, e le onomatopee. Il linguaggio preciso dei fiori e degli
allusivo,
uccelli, in molte poesie Simboliste si intreccia con un linguaggio
evocativo, simbolico, fonosimbolico , così da creare un linguaggio nuovo e più
moderno rispetto al linguaggio poetico tradizionale.
L’Italia nell’età
giolittiana
Nel 1901 il re Vittorio Emanuele III, nominò Zanardelli presidente del Consiglio.
Lo affiancava, come ministro degli Interni, Giolitti. Era l’inizio dell’età
giolittiana, che durò dal 1901 al 1914. L’età giolittiana coincise con il decollo
della rivoluzione industriale in Italia. In questo periodo i progressi più evidenti si
videro nelle industrie e nell’area del triangolo industriale, formato dalle città di
Torino, Milano e Genova. La produzione agricola vide un incremento soprattutto
nella Pianura Padana. Nel Meridione d’Italia non avvenne nessun cambiamento;
l’agricoltura era praticata con mezzi antiquati e non soddisfava tutta la
popolazione, per questo motivo, molti trovarono come unica soluzione
l’emigrazione. Giolitti aveva di fronte un’Italia divisa in due, al nord lo sviluppo
comportava molti cambiamenti, mentre il sud si presentava come un paese
povero e arretrato. Il modo di fare politica di Giolitti venne definito da doppio
volto: un volto aperto e democratico nell’affrontare i problemi del nord; un
volto senza scrupoli e corrotto nello sfruttare quelli del sud. Per quanto riguarda
le questioni del nord, egli, non impedì gli scioperi, ma fece in modo che si
svolgessero sotto il controllo delle autorità; migliorò le norme che regolavano il
lavoro; riformò la Cassa Nazionale per l’invalidità e la Vecchiaia del Lavoratori e
promosse provvedimenti di tutela per le donne lavoratrici in maternità. Per
quanto riguarda il sud sfruttò la situazione, facendo ricorso ai prefetti, cioè ai
rappresentanti del Governo nelle province, e controllò le elezioni politiche. La
principale riforma dell’età giolittiana fu l’approvazione nel maggio 1912 di una
nuova legge elettorale. Questa legge prevedeva il suffragio universale
maschile, cioè la concessione del diritto al voto a tutti i cittadini maschi. Con il
governo di Giolitti si formarono alcune tendenze: la sinistra socialista, i cattolici,
ai quali il papa impediva di formare un loro partito e infine i liberali guidati da
Giolitti. Tra i cattolici vi erano don Romolo Murri e don Davide Albertario. Essi si
erano impegnati nella società, soprattutto facendo sorgere le cooperative
bianche e l’Azione Cattolica, organizzazione guidata dal papa e dai vescovi.
Giolitti per venire incontro ai cattolici, permise l’insegnamento della religione
nelle scuole pubbliche; mentre per avvicinare i cattolici ai liberali, durante le
elezioni del 1913, stipulò con l’Unione Elettorale Cattolica il patto Gentiloni, un
accordo che prevedeva da parte dei liberali il voto cattolico e l’opporsi alle
norme sfavorevoli che riguardavano la chiesa. Il movimento socialista si era
diffuso in Italia già da tempo, numerose erano le associazioni che lo
sostenevano e facevano riferimento al pensiero di Marx. Secondo Marx tutta la
storia era una continua lotta di classe, tra oppressori e oppressi, sfruttatori e
sfruttati. Nel 1892 venne fondato a Genova il Partito Socialista Italiano. Al suo
interno si formarono due tendenze: la tendenza riformista e quella
massimalista. I riformisti erano guidati da Turati e ritenevano che bisognava
cambiare la società poco alla volta, attraverso le riforme. I massimalisti, guidati
da Mussolini, ritenevano che per cambiare la società occorrevano le rivoluzioni.
Giolitti appoggiò i socialisti e chiese a Turati di far parte del suo governo, egli
rifiutò e nel congresso di Reggio Emilia venne messo in minoranza dai
massimalisti. Giolitti ritenne opportuno riprendere la politica coloniale per due
motivi: dimostrare ai nazionalisti che il suo governo era in grado di aumentare
il prestigio internazionale dell’Italia; occupare nuove terre per dar lavoro ai
braccianti del sud e agli emigranti. Nel 1911 l’Italia dichiarò guerra alla Turchia,
dopo i primi successi, arrivarono le difficoltà, dovute alla forte resistenza degli
Arabi. L’Italia reagì con durezza e per aumentare la pressione militare occupò
alcune isole che erano state sottomesse ai turchi. La pace con la Turchia venne
firmata nel 1912, ma i problemi con i libici non cessarono e si protrassero per
venti anni. I costi economici della spedizione in Libia furono elevati, notevoli
furono gli investimenti nell’agricoltura e nella costruzione di strade e rete
ferroviaria. Al momento della conquista la Libia si presentava come uno
scatolone di sabbia, in quanto, produceva poco e non offriva lavoro. La guerra il
Libia indebolì il governo di Giolitti, e per sfuggire alle critiche, decise di dare le
dimissioni, indicando al re come suo successore Salandra. Egli però non seguì
l’esempio di Giolitti, e ben presto ripresentò la situazione che aveva
caratterizzato la crisi di fine secolo. Il 7 giugno 1914 iniziarono i primi scontri
tra manifestanti e polizia; nella stessa settimana in Romagna e nelle Marche
scoppiarono i disordini. A reprimerli, Salandra inviò l’esercito. L’Italia tornava
così al clima di tensione che aveva caratterizzato la crisi di fine secolo, ma
soprattutto la situazione internazionale stava precipitando e ben presto
sarebbe scoppiata la prima Guerra mondiale. Giolitti si opporrà, ma inutilmente
all’entrata in guerra dell’Italia. L’età giolittina finì definitivamente, ma
bisognava sottolineare che con il nuovo governo tornarono a galla tutti i
problemi irrisolti durante questo periodo.
Charles Dickens
Charles Dickens lived a very intense life. He was born in Portsmouth in 1812, he was
a boy when he worked in a shoe-blacking factory, because he help his father
imprisoned for debts. He was only 21 when his first fictional work, Sketches by Boz.
The success of Pickwick Papers persuaded Dickens to devote himself to writing
fiction. He published a succession of highly successful books which made him the
most popular English novelist in the Victorian period. He died in 1870, leaving The
Mystery of Edwin Drood unfinished. Dickens wrote 14 novels, all characterised by
elaborate plots with a mix of adventures, sentimental ingredients, and a unique
sense of humour. The best know are: Oliver Twist, Nicholas Nickleby, The Old
Curiosity Shop, David Copperfield which is based on autobiographical elements,