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Storia: L'Italia nell'età giolittiana;
Inglese: Charles Dickens;
Biotecnologia: La produzione del pane;
Microbiologia: Le malattie trasmesse dagli alimenti;
Impianti di biotecnologia: L'Hfcs (High Fructose Corn Syrup);
Ed. Fisica: L'atletica leggera.
Esame di
stato
Tesina
Italiano – Decadentismo -
Giovanni Pascoli
Storia – L’Italia nell’età
giolittiana
Inglese - Charles Dickens
Biotecnologia - La produzione
del pane
Microbiologia - Le malattia
trasmesse dagli alimenti
Impianti – HFCS
Decadentismo – Giovanni
Pascoli
Per “età del Decadentismo”si intende il periodo che va dagli ultimi anni
dell’Ottocento allo scoppio della prima guerra mondiale ed è anche un periodo
di grandi tensioni internazionali, che non esplodono in conflitti diretti tra le
maggiori potenze europee, bensì covano sotto la cenere per sfociare poi nella
tragedia della prima guerra mondiale. Il Decadentismo, si può considerare
come la fase estrema del moto romantico, ebbe origine in Francia,
diffondendosi poi nelle altre nazioni europee. Come primi esponenti del
decadentismo sono da considerare i poeti e gli
scrittori simbolisti, che operavano in Francia nella seconda metà dell’Ottocento,
e che intendevano la poesia come una forma di vera e propria rivelazione. Il
primo interprete delle nuove sensibilità poetiche è Baudelaire. Il termine
“decadentismo” viene usato per indicare spregiativamente un gruppo di
giovani intellettuali francesi, il cui atteggiamento viene considerato dagli
avversari come espressione di una degradazione culturale. Il movimento
culturale del Decadentismo si può considerare la crisi dell’idealismo e del
soggettivismo romantico. Come sappiamo il movimento decadente ebbe la sua
concreta origine in Francia, ma fu un fenomeno di carattere europeo. Il più
significativo rappresentante del Decadentismo inglese fu Oscar Wilde; mentre
tra gli esponenti del Decadentismo si può riscontrare Stefan Gorge. Il
Decadentismo italiano ha le sue prime manifestazioni nell’opera poetica di
Giovanni Pascoli. Nei primi decenni del Novecento, il movimento venne a
caratterizzare, in modo sempre più intenso le diverse correnti artistiche ed
ideali della nostra letteratura. Altri due autori fondamentali del movimento
decadente italiano furono Luigi Pirandello e Giuseppe Ungaretti. Giovanni
Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, il 10 agosto 1867,
il padre viene ucciso con una fucilata mentre torna a casa. Morti anche due
fratelli e la madre, il poeta deve lasciare il collegio di Urbino, dove frequenta il
liceo, e trasferirsi a Rimini con gli altri fratelli. Nel 1873 si iscrive alla Facoltà di
Lettere dell’Università di Bologna grazie a una borsa di studio, ma, per aver
partecipato a una dimostrazione contro il Ministero della Pubblica Istruzione,
nel 1876 perde il diritto alla borsa ed è costretto a interrompere gli studi
universitari. Si avvicina in questo periodo agli ambienti socialisti e nel 1879
partecipa a una manifestazione che gli costa alcuni mesi di reclusione nel
carcere di Bologna, dopo i quali si allontana dalla politica attiva e riprende gli
studi, laureandosi nel 1882 in letteratura greca. Dopo la morte del fratello
maggiore, Pascoli diviene il capofamiglia. Esclusa dalla propria vita ogni
relazione sentimentale, punta alla ricostruzione del nucleo famigliare paterno:
nel 1887 si stabilisce a Massa insieme alle sorelle Ida e Maria. Sospettoso verso
nido
tutto ciò che nasce ed esiste all’esterno del domestico, ossessionato dalla
gelosia verso le sorelle e verso le loro relazioni amorose reali e supposte, vive
con angoscia il matrimonio di Ida. La partecipazione di Pascoli alla vita culturale
fu costante ma senza momenti clamorosi. Accanto all’insegnamento e alla
gelosa custodia degli affetti familiari, trova posto nella vita di Pascoli la poesia,
vissuta con dedizione e praticata assiduamente dalla prima giovinezza agli
ultimi anni. Pascoli rappresenta un momento di passaggio necessario fra
Ottocento e Novecento, è l’ultimo dei classici e il primo, in dei moderni.
L’impiego di un linguaggio basso e popolaresco ha sempre qualcosa di raro e
fanciullino
prezioso, che sfiora l’estetismo. La stessa poetica del presuppone
questa ambiguità o duplicità: da un lato, il fanciullino è presente
potenzialmente in ogni uomo, è una figura umile e piccola e sembra porsi in
alternativa al superuomo dannunziano, dall’altro solo il poeta conosce il
privilegio di farlo rivivere e di farlo parlare dentro di sé, sapendo scorgere il
significato profondo di quelle piccole cose che l’adulto ‘normale’ invece
trascura. Il fanciullino individua accordi segreti tra le cose, stabilendo tra di
esse legami inconsueti e guarda il mondo con stupore infantile alla luce del
quale ogni cosa è una nuova scoperta. Il simbolismo pascoliano indica la strada
della rivelazione di una verità segreta la cui chiave d’accesso appartiene solo al
poeta. Il senso del mistero si esprime attraverso una catena di analogie
simboliche, al termine della quale si intravede l’ombra di una verità assoluta, di
cui l’interprete è il poeta. Il simbolismo pascoliano, punta sulla valorizzazione
del particolare simbolico che porta allo scavo dentro la realtà e all’uso delle
onomatopee. Pascoli, che è contrario alla lotta di classe si pone nelle sue
poesie come poeta-vate per la società, e dà voce a un bisogno di legittimazione
di quei gruppi sociali piccolo-borghesi che costituiranno la base del suo La
successo. Poco prima della morte, Pascoli pronuncia l’importante discorso
grande Proletaria si è mossa, dedicato a sostenere l’impresa coloniale italiana
in Libia: lo scrittore, che voleva consegnare un’immagine pubblica di sé quale
artista raffinato e popolare al tempo stesso, quale poeta della bontà e della
umiltà, conclude così la propria schiva vicenda biografica con un invito a
gettarsi in un’avventura militare.
Le opere
La critica ha individuato la parte più viva e intensa della produzione poetica
Myricae, Poemetti, Canti di Castelvecchio
pascoliana in tre raccolte: e Poemi
conviviali.
Myricae - La sua prima raccolta di poesie, Myricae, fu pubblicata nel 1891 e
completata negli anni successivi. Il nome “Myricae” (in latino) vuol dire in
italiano tamerici, cioè un arbusto molto semplice, umile, con piccoli fiori e
che fiorisce ai bordi delle strade. Pascoli ha scelto il nome Myricae per
indicare la poesia delle piccole cose, semplici e del vivere quotidiano.
Poemetti
Poemetti - è il secondo libro di poesie pascoliano. L’opera
raccoglie un secondo filone della ricerca poetica di Pascoli. Si registra
nell’opera l’espressione dell’umanitarismo populistico del poeta, che
rappresenta il mondo popolare della sua dignitosa sofferenza, denunciando
le ingiustizie sociali. All’aggressività e alla negatività della società di massa,
Pascoli contrappone i miti della bontà naturale e della poesia. Canti
Canti di castelvecchio - Il titolo crea un collegamento con i
leopardiani, suggerendo così l'ambizione ad una poesia più elevata. La
maggior parte delle poesie furono scritte tra il 1896 e il 1903. La loro
collocazione non segue un criterio cronologico, ma logico che le avvicenda
secondo un ordine tematico e formale. La poesia, considerata come una
Canti di Castelvecchio,
consolazione per gli esseri umani, è al centro dei
Canti di Castelvecchio
come una lampada che illumina la via. I sono fitti di
richiami autobiografici e di rappresentazioni della vita in campagna.
Poemi conviviali - Denominati “conviviali” perché apparsi, nella rivista “Il
Convito” (una delle espressioni più significative del contemporaneo
estetismo) e in rapporto alla convinzione pascoliana che la prima poesia del
mondo antico sia nata durante i conviti. Questi poemi sono strutturati
secondo uno schema di svolgimento dell’evo antico che va dall’età arcaica, a
quella dei poemi omerici, ai poemi didascalici, ad Esiodo, alla stagione dei
grandi filosofi Socrate e Platone, al mondo ellenistico, al presentimento di
una imminente catastrofe, a quello romano, per concludere con l’annuncio
dei nuovi tempi portati dal Cristianesimo.
I temi principali che caratterizzano la raccolta poetica sono:
La rievocazione dei famigliari scomparsi
il mistero che avvolge il mondo
l’incapacità di scoprire e rivelare il mistero dell’universo
la vanità della vita
la rievocazione della morte del padre
la rappresentazione della natura vista nei suoi momenti più inquietanti e
sinistri, è la natura vista anche in altri particolari momenti della vita
quotidiana
l’attività del poeta, che cerca di creare sensazioni gradevoli, ma non si
sente abbastanza apprezzato dalla gente;
il disamore per la vita ricevuta dalla madre scomparsa
il sogno
Questi temi si intrecciano con il dolore per i bambini sottratti alla vita e
altri temi ancora, solo accennati, suggeriti, sparsi tra le immagini e le
scene della campagna e della natura. Sono versi isolati in mezzo a visioni
campestri e astrali e a immagini simboliche che esprimono i sentimenti
inquieti e malinconici del poeta.Il linguaggio della poesia pascoliana
assomiglia molto all’italiano moderno. L'autore propende per il
l’analogia, la sinestesia,
linguaggio dei Simbolisti francesi, immettendovi
e le onomatopee. Il linguaggio preciso dei fiori e degli uccelli, in molte
allusivo, evocativo,
poesie Simboliste si intreccia con un linguaggio
simbolico, fonosimbolico, così da creare un linguaggio nuovo e più
moderno rispetto al linguaggio poetico tradizionale.
L’Italia nell’età
giolittiana
Nel 1901 il re Vittorio Emanuele III, nominò Zanardelli presidente del Consiglio.
Lo affiancava, come ministro degli Interni, Giolitti. Era l’inizio dell’età
giolittiana, che durò dal 1901 al 1914. L’età giolittiana coincise con il decollo
della rivoluzione industriale in Italia. In questo periodo i progressi più evidenti si
videro nelle industrie e nell’area del triangolo industriale, formato dalle città di
Torino, Milano e Genova. La produzione agricola vide un incremento soprattutto
nella Pianura Padana. Nel Meridione d’Italia non avvenne nessun cambiamento;
l’agricoltura era praticata con mezzi antiquati e non soddisfava tutta la
popolazione, per questo motivo, molti trovarono come unica soluzione
l’emigrazione. Giolitti aveva di fronte un’Italia divisa in due, al nord lo sviluppo
comportava molti cambiamenti, mentre il sud si presentava come un paese
povero e arretrato. Il modo di fare politica di Giolitti venne definito da doppio
volto: un volto aperto e democratico nell’affrontare i problemi del nord; un
volto senza scrupoli e corrotto nello sfruttare quelli del sud. Per quanto riguarda
le questioni del nord, egli, non impedì gli scioperi, ma fece in modo che si
svolgessero sotto il controllo delle autorità; migliorò le norme che regolavano il
lavoro; riformò la Cassa Nazionale per l’invalidità e la Vecchiaia del Lavoratori e
promosse provvedimenti di tutela per le donne lavoratrici in maternità. Per
quanto riguarda il sud sfruttò la situazione, facendo ricorso ai prefetti, cioè ai
rappresentanti del Governo nelle province, e controllò le elezioni politiche. La
principale riforma dell’età giolittiana fu l’approvazione nel maggio 1912 di una
nuova legge elettorale. Questa legge prevedeva il suffragio universale
maschile, cioè la concessione del diritto al voto a tutti i cittadini maschi. Con il
governo di Giolitti si formarono alcune tendenze: la sinistra socialista, i cattolici,
ai quali il papa impediva di formare un loro partito e infine i liberali guidati da
Giolitti. Tra i cattolici vi erano don Romolo Murri e don Davide Albertario. Essi si
erano impegnati nella società, soprattutto facendo sorgere le cooperative
bianche e l’Azione Cattolica, organizzazione guidata dal papa e dai vescovi.
Giolitti per venire incontro ai cattolici, permise l’insegnamento della religione
nelle scuole pubbliche; mentre per avvicinare i cattolici ai liberali, durante le
elezioni del 1913, stipulò con l’Unione Elettorale Cattolica il patto Gentiloni, un
accordo che prevedeva da parte dei liberali il voto cattolico e l’opporsi alle
norme sfavorevoli che riguardavano la chiesa. Il movimento socialista si era
diffuso in Italia già da tempo, numerose erano le associazioni che lo