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Sintesi

Introduzione Confronto D'Annunzio e Montale, tesina



La seguente tesina di terza media è una tesina monografica di italiano che pone a confronto le opere di due poeti italiani molto importanti del panorama letterario italiano, ovvero Gabriele D'Annunzio, l'autore della celeberrima poesia La Pioggia nel Pineto, e Eugenio Montale, l'autore della nota raccolta di poesie Ossi di seppia.

Tesina monografica di Italiano - Confronto Gabriele D'Annunzio e Eugenio Montale.
Estratto del documento

Dopo l’impresa di Fiume D’Annunzio si trasferisce in una villa a Gardone

Riviera dove trascorre gli ultimi anni senza più occuparsi attivamente di

politica e dedicandosi a ingrandire e arredare la villa , chiamata «Vittoriale

degli italiani», che diviene un vero e proprio museo della vita e dell’arte

dannunziane. A Gardone muore, stroncato da un’emorragia cerebrale, nel

1938. D’Annunzio si misura con la cultura europea e si appassiona alla

letteratura di Nietzsche, dei cui temi (superuomo, volontà di potenza) si

appropria in maniera superficiale e sommaria. Ai suoi occhi solo l’arte

consentiva un’aristocratica distinzione dalle masse e un segno di

eccezionalità. Diversamente dai decadenti europei (Baudelaire, Verlaine), egli

avvertì la solitudine dell’artista nella società industriale non con sofferenza e

frustrazione, ma come una condizione di superiorità.

PIOGGIA NEL PINETO

su le ginestre fulgenti

di fiori accolti,

Taci. Su le soglie su i ginepri folti

del bosco non odo di coccole aulenti,

parole che dici piove su i nostri volti

umane; ma odo silvani,

parole più nuove piove su le nostre mani

che parlano gocciole e ignude,

foglie su i nostri vestimenti

lontane. leggieri,

Ascolta. Piove su i freschi pensieri

dalle nuvole sparse. che l'anima schiude

Piove su le tamerici novella,

salmastre ed arse, su la favola bella

piove su i pini che ieri

scagliosi ed irti, t'illuse, che oggi

piove su i mirti m'illude,

divini, o Ermione.

E immersi

noi siam nello spirto

silvestre,

Odi? La pioggia cade d'arborea vita viventi;

su la solitaria e il tuo volto ebro

verdura è molle di pioggia

con un crepitío che dura come una foglia,

e varia nell'aria e le tue chiome

secondo le fronde auliscono come

più rade, men rade. le chiare ginestre,

Ascolta. Risponde o creatura terrestre

al pianto il canto che hai nome

delle cicale Ermione.

che il pianto australe Ascolta, ascolta.

non impaura, L'accordo

nè il ciel cinerino. delle aeree cicale

E il pino a poco a poco

ha un suono, e il mirto più sordo

altro suono, e il ginepro si fa sotto il pianto

altro ancóra, stromenti che cresce;

diversi ma un canto vi si mesce

sotto innumerevoli dita. più roco

che di laggiù sale,

dall'umida ombra remota.

Più sordo e più fioco

s'allenta, si spegne.

Sola una nota Piove su le tue ciglia nere

ancor trema, si spegne, sìche par tu pianga E piove su i nostri

risorge, trema, si ma di piacere; non bianca vólti

spegne. ma quasi fatta virente, silvani,

Non s'ode voce del par da scorza tu esca. piove su le nostre

mare. E tutta la vita è in noi mani

Or s'ode su tutta la fresca ignude,

fronda aulente, su i nostri vestimenti

crosciare il cuor nel petto è come leggieri,

l'argentea pioggia pesca su i freschi pensieri

che monda, intatta, che l'anima schiude

il croscio che varia tra le pàlpebre gli occhi novella,

secondo la fronda son come polle tra l'erbe, su la favola bella

più folta, men folta. i denti negli alvèoli che ieri

Ascolta. con come mandorle m'illuse, che oggi

La figlia dell'aria acerbe. t'illude,

è muta; ma la figlia E andiam di fratta in fratta, o Ermione.

del limo lontana, or congiunti or disciolti

la rana, (e il verde vigor rude

canta nell'ombra più ci allaccia i mallèoli

fonda, c'intrica i ginocchi)

chi sa dove, chi sa chi sa dove, chi sa dove!

SPIEGAZIONE DELLA

POESIA

La poesia è tratta da “Alcyone”. E’ il terzo libro delle Laudi, pubblicato

sul finire del 1903 ed è il capolavoro della poesia dannunziana. Lo

scrittore celebra la grande Estate, da giugno a settembre, in una serie di

88 componimenti di metrica e lunghezza varia, che costituiscono il

diario lirico di un estate realmente trascorsa tra Fiesole e la Versilia nel

1902. Alcione era una costellazione.

Questa lirica, una delle più famose di D’Annunzio, è strutturata in

quattro lunghe strofe che, oltre a terminare con il nome di Ermione,

hanno tutte un pari numero di versi e cioè 32: però questo è l’unico

elemento di regolarità. All’interno di ogni strofa, infatti, su susseguono

senza alcun ordine o simmetria versi di varia lunghezza. Questo genera

un ritmo e una musicalità, favoriti da rime sia interne (quel “piove”

ripetuto molte volte, o anche “varia nell’aria”, v.37) che esterne

(cicale...australe vv.42-3; cinerino...pino, v.45-6), da assonanze

(salmastre ed arse, v.11) ed allitterazioni (vita viventi, v.55).

Il nome di Ermione nel mito greco corrisponde alla figlia di Elena, ma qui

il poeta lo riferisce alla sua fidanzata Eleonora Duse in un amore quasi

fiabesco; un sentimento che illude sia nel presente come del resto illuse

nel passato. MERIGGIO

A mezzo il giorno Pel chiaro

sul Mare etrusco silenzio il Capo Corvo

pallido verdicante l'isola del Faro

come il dissepolto scorgo; e più lontane,

bronzo dagli ipogei, grava forme d'aria nell'aria,

la bonaccia. Non bava l'isole del tuo sdegno,

di vento intorno o padre Dante,

alita. Non trema canna la Capraia e la Gorgona.

su la solitaria Marmorea corona

spiaggia aspra di rusco, di minaccevoli punte,

di ginepri arsi. Non suona le grandi Alpi Apuane

voce, se acolto. regnano il regno amaro,

Riga di vele in panna dal loro orgoglio assunte.

verso Livorno

biancica La fuga

La foce è come salso delle due rive

stagno. Del marin colore, si chiude come in un

per mezzo alle capanne, cerchio

per entro alle reti di canne, che circonscrive

che pendono dalla croce l'oblío silente; e le canne

degli staggi, si tace. non han susurri. Più foschi

Come il bronzo sepolcrale i boschi di San Rossore

pallida verdica in pace fan di sé cupa chiostra;

quella che sorridea. ma i più lontani,

Quasi letèa, verso il Gombo, verso il

obliviosa, eguale, Serchio,

segno non mostra son quasi azzurri.

di corrente, non ruga Dormono i Monti Pisani

d'aura. coperti da inerti

cumuli di vapore.

Non ho più nome.

Bonaccia, calura, E sento che il mio vólto

per ovunque silenzio. s'indora dell'oro

L'Estate si matura meridiano,

sul mio capo come un e che la mia bionda

pomo barba riluce

che promesso mi sia, come la paglia marina;

che cogliere io debba sento che il lido rigato

con la mia mano, con sì delicato

che suggere io debba lavoro dell'onda

con le mie labbra solo. e dal vento è come

Perduta è ogni traccia il mio palato, è come

dell'uomo. Voce non il cavo della mia mano

suona, ove il tatto s'affina.

se ascolto. Ogni duolo

umano m'abbandona.

E la mia forza supina

si stampa nell'arena, Ardo, riluco.

diffondesi nel mare; E non ho più nome.

e il fiume è la mia E l'alpi e l'isole e i golfi

vena, e i capi e i fari e i boschi

il monte è la mia e le foci ch'io nomai

fronte, non han più l'usato nome

la selva è la mia pube, che suona in labbra

la nube è il mio umane.

sudore. Non ho più nome nè sorte

E io sono nel fiore tra gli uomini; ma il mio

della stiancia, nella nome è Meriggio.

scaglia In tutto io vivo

della pina, nella tacito come la Morte.

bacca,

del ginepro: io son nel E la mia vita è divina.

fuco,

nella paglia marina,

in ogni cosa esigua,

in ogni cosa immane,

nella sabbia contigua,

SPIEGAZIONE DELLA POESIA

L’opera Meriggio è una delle poesie che fa parte dell’ Alcyone,

composta nei 1902. Viene messo in evidenza qui il senso centrale

dell’Alcyone, ossia il senso panico della natura, come la coscienza

umana si libera nel vivere sensualmente e istintivamente. Il Meriggio è

ambientato in un grande silenzio che fa risaltare la sensibilità uditiva e

visiva. Qui D’Annunzio si sente a metà tra sogno e realtà, e finisce con

"l’unirsi"(panismo) ai cicli della natura, e si sente così vivo e parte dalla

vita naturale e universale. Il suo Io lascia il corpo, il tempo e tutto

quanto per arrivare oltre. Adesso D’Annunzio si entusiasma a tal punto

da provare una nuova sensazione d’ infinito, dove finisce per trovarsi in

uno stato di "panica dolcezza". Dall’ analisi del testo, risalta molto la

fuga del poeta dalla vita umana, è come se lui fosse diventato parte

integrante della natura. "Perduta è ogni traccia dell’uomo. Voce non

suona, se ascolto. Ogni duolo umano m’abbandona...". Queste parole ci

fanno capire come D’Annunzio si lasci andare alla vita della natura,

diventandone una parte. C’è un superamento dell’individualità che

consegue un’estasi divina. La descrizione del paesaggio è così

dettagliata che il lettore si immerge nella lettura e crede quasi di vivere

le stesse sensazione del poeta.

ERMETISMO

L’Ermetismo è un atteggiamento

assunto da un gruppo di poeti che si

affermò in Italia a cavallo delle due

guerre mondiali . Poesia difficile da

comprendere, chiusa, complessa, nata

in risposta alla facilità comunicativa

della nascente società di massa. Il

tema centrale della poesia ermetica, il

senso della solitudine dell’uomo

moderno che ha perduto la fede negli

antichi valori. L’uomo vive in un

mondo incomprensibile, sconvolto

dalle guerre e offeso dalle dittature, ha

una visione sfiduciata della vita.

Arte: Munch dipinge l’urlo.

EUGENIO MONTALE

Nato a Genova nel 1896 da una famiglia borghese, trascorre la fanciullezza

tra Genova e Monterosso, nelle cinque Terre. Quel paesaggio ligure, marino e

assolato, ma anche arido e scosceso, sarà sempre presente nella sua poesia.

A causa della salute un po’malferma, viene avviato agli studi di ragioneria,

ma egli si appassiona soprattutto ai libri di poesia e di narrativa suggeritigli

dalla sorella Marianna che gli fa da guida. Prende anche lezioni di canto, ben

presto interrotte per la morte del suo maestro. Ma la musica resterà sempre

una delle passioni predilette di Montale tanto che, negli anni della maturità,

collaborerà come critico musicale ad alcuni importanti quotidiani tra cui il

«Corriere della Sera». Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale

,torna a Genova, dove conosce alcuni importanti intellettuali tra cui Piero

Gobetti, antifascista, che curerà l’edizione della sua prima raccolta di versi,

Ossi di seppia. Nel 1927 si trasferisce a Firenze dove ottiene il posto di

direttore di un prestigioso circolo culturale della città. Sarà costretto, poi, a

dimettersi da questo incarico perché si rifiuta di prendere la tessera del

partito fascista. meriti

In questi anni frequenta importanti uomini di cultura come Quasimodo e

conosce Dursilla Tanzi che diventerà sua moglie. Esce il secondo libro di

poesie, Le occasioni. Dopo la seconda guerra mondiale si trasferisce a Milano

dove si dedica stabilmente all’attività di giornalista presso il «Corriere della

Sera». Appartiene a questo periodo la terza raccolta, La bufera e altro. Poi,

per lungo tempo tace guardando con distacco e amarezza questi anni dove la

poesia sembra aver perso definitivamente il suo ruolo. Nel 1971 ricomincia a

scrivere dando avvio alla sua seconda e ricca stagione poetica che inizia con

Satura e prosegue con Diario del ‘71 e del ‘72, Quaderni dei quattro anni e

Altri versi, opere nelle quali offre un’immagine fortemente negativa della

società contemporanea. E’ ormai divenuto il più prestigioso esponente della

poesia italiana: viene nominato senatore a vita per i suoi Letterari e nel 1975

riceve il premio Nobel per la letteratura. Muore a Milano nel 1981.

PIOVE

Piove

sulla tua tomba

a San Felice

Piove. È uno stillicidio a Ema

senza tonfi e la terra non trema

di motorette o strilli perché non c’è

di bambini. terremoto

né guerra.

Piove

da un cielo che non ha Piove

nuvole. non sulla favola bella

Piove di lontane stagioni,

sul nulla che si fa ma sulla cartella

in queste ore di esattoriale,

sciopero piove sugli ossi di

generale. seppia

e sulla greppia

nazionale.

Piove sui nuovi epistemi

del primate a due piedi,

Piove sull’uomo indiato, sul

sulla Gazzetta Ufficiale cielo

qui dal balcone aperto, ominizzato, sul ceffo

piove sul Parlamento, dei teologi in tuta

piove su via Solferino, o paludati,

piove senza che il vento piove sul progresso

smuova le carte. della contestazione,

piove sui work in

Piove regress,

in assenza di Ermione piove

se Dio vuole, sui cipressi malati

piove perché l’assenza del cimitero, sgocciola

è universale sulla pubblica opinione.

e se la terra non trema

è perché Arcetri a lei Piove ma dove appari

non l’ha ordinato. non è acqua né

atmosfera,

piove perché se non sei

è solo la mancanza

SPIEGAZIONE DELLA POESIA

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