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Sintesi

Berlino 1936 - Torino 2006: Olimpiadi a confronto, tesina



Torino 2006

Essendo io nato e cresciuto in Valle di Susa, nel 2006 mi è capitato di vivere da vicino un grandioso evento sportivo, che mi ha colpito e affascinato molto: le Olimpiadi invernali di Torino 2006.

Ho vissuto quindi in un clima di partecipazione via via sempre più intensa tutte le varie fasi di avvicinamento, sentendo man mano l’atmosfera cambiare e farsi sempre più suggestiva, fino a diventare quasi “Magica”, nei quindici giorni di durata della manifestazione.
Cerimonia Olimpiadi Torino 2006

Sono stati giorni, in cui si sono sentiti ribadire e magnificare i valori tradizionali dello sport, come la lealtà, il rispetto delle regole, la fratellanza, la pace e la capacità di sforzarsi di superare i propri limiti.
Nonostante questo ci sono stati anche pareri critici e negativi riguardanti, sia la speculazione “eccessiva” che ha interessato tale evento, sia il fatto che i tanto sbandierati valori olimpici sono quasi solo più un pretesto per stringere accordi economici con grandi aziende il cui interesse è esclusivamente il profitto.
Non sono mancate le critiche per l’impatto ambientale delle opere olimpiche e anche per il loro utilizzo post olimpico.
Inoltre questo periodo si è intrecciato con la vicenda del progetto del treno ad alta velocità che ha incontrato e sta incontrando ancora oggi, in Valle di Susa forti resistenze ed opposizioni.
Si è anche verificata in fine una non totale sintonia fra il governo nazionale e le amministrazioni locali (Regione e Comune), di diverso colore politico.
Tutto questo, naturalmente, ha reso più difficoltosa la gestione e ha reso il giudizio finale meno positivo di quello che avrebbe potuto essere.

Obbiettivi:

Le Olimpiadi, invernali, svoltesi a Torino sono servite anche, e soprattutto a tentare un rilancio economico della città e dell’intera Regione, in una situazione in cui la grande fabbrica, un po’ il motore di Torino per tanti anni, sembrava caduta in una crisi irreversibile, senza reali prospettive di ripresa per il futuro.
Questo apriva uno scenario di grande incertezza per la città piemontese, perché c’era la concreta possibilità di perdere molti posti di lavoro, oltrechè di perdere quel poco di “peso”, a livello nazionale e anche a livello internazionale, che derivava dalla presenza di questa grande azienda, pur sempre una delle pochissime multinazionali italiane.
Non a caso colui che più di tutti si era speso per ottenere l’organizzazione dei Giochi nella città di Torino era stato il defunto, proprietario della Fiat, Avvocato Agnelli, il quale, presumibilmente, riteneva, in questo modo di risarcire la città per le future perdite che essa avrebbe dovuto subire, in conseguenza della vendita della Fiat a una grande azienda americana.


E’ chiaro quindi che il poter sfruttare l’occasione dei Giochi per:

Dotare la Città di nuove infrastrutture e impianti sportivi;
Riqualificare il centro storico e l’arredo urbano;
Migliorare il trasporto pubblico;
Migliorare le strutture ricettive;
Potenziare la sicurezza;
Ottenere grande visibilità a livello nazionale e internazionale del proprio patrimonio storico e artistico;
Proiettare nel mondo un’immagine di efficienza organizzativa.

Appariva come un’occasione irripetibile per provare a rilanciare la città e riconvertirla anche verso altre attività (turistiche – culturali) che potessero rappresentare una valida alternativa, per il futuro, rispetto alla dipendenza totale dalla monocultura industriale.


Quanto questi obbiettivi siano stati effettivamente raggiunti e in quale misura, è probabilmente ancora troppo presto per dirlo.
Ci sono certamente delle opinioni, anche contrastanti, ma un giudizio definitivo è ancora prematuro.

Questi tanto sbandierati valori olimpici, spesso e volentieri, vengono utilizzati per altri scopi.
A Torino si è cercato di utilizzare i giochi anche per un risvolto economico.


Berlino 1936

Anche in passato delle manifestazioni sportive sono state usate per motivi che con lo spirito sportivo c’entrano poco o addirittura nulla, basta pensare ad un’ esempio eclatante, le Olimpiadi Di Berlino nel 1936 che furono un pretesto, di appeal mediatico per far vedere a tutto il mondo la superiorità dell’organizzazione nazista.






Cerimonia Olimpiadi Berlino 1936

Obbiettivi:

A Berlino penso che si possa dire che i valori Olimpici sono stati utilizzati per scopi prettamente ideologici, politici e propagandistici.
In Germania infatti il Nazismo aveva da pochi anni conquistato il potere, ed era fortemente impegnato in una colossale operazione di rafforzamento industriale e militare.
Collateralmente a ciò si era sviluppato un fenomenale apparato propagandistico atto a soddisfare la “fame” di rivincita del popolo tedesco, uscito umiliato dalla prima guerra mondiale e in particolare dal trattato di pace con la Francia.
Inoltre ideologie e teorie di tipo razzistico e mistico, molto diffuse tra le alte gerarchie naziste, volte ad affermare il predominio e la superiorità assoluta della razza ariana su tutti gli altri popoli.
Nasce quindi anche il concetto di spazio vitale, da conquistarsi a spese di popolazioni “inferiori”; nasce così la spinta espansionistica verso la conquista di nuovi territori, a partire, innanzitutto dalla riunificazione dei popoli di lingua tedesca.
Ecco quindi che, in questo quadro l’assegnazione delle olimpiadi del 1936 a Berlino fu subito vista da Goebbels (Ministro della propaganda) e poi dallo stesso Hitler, come un’eccezionale occasione di autocelebrazione della Germania nel mondo, facendo anche dimenticare in parte alcuni degli aspetti più odiosi e sgradevoli del regime agli occhi della comunità mondiale (ad es. discriminazione degli ebrei).

Per dare un giudizio se questi obiettivi siano stati e in che misura raggiunti, può essere utile un’ esame più approfondito della situazione storica di quell’epoca, che tenterò di sviluppare nei capitoli successivi.




















STORIA:

L’IMPORTANZA DELLA PROPAGANDA NEI SISTEMI TOTALITARI

Le somiglianze tra i sistemi totalitari che regnavano in quel tempo bisogna riscontrarle principalmente nella propaganda, che ognuno dei grandi sistemi considerava importante se non addirittura essenziale.
Le manifestazioni di maestosità, le grandi parate militari, la scrupolosa organizzazione e la ferrea disciplina erano le fondamenta per instaurare un grande impero, sia che su questo impero sventolasse la bandiera del fascio, la svastica che la falce e il martello.

Stalin, uomo simbolo del comunismo, si rende conto di quanto siano necessari l’indottrinamento della popolazione e la propaganda più sfrenata sui mezzi di comunicazione, tutti gestiti dallo stato. La cultura assume, quindi, un ruolo fondamentale, tanto che gli intellettuali cominciano a divenire veri e propri impiegati dello stato.
Stalin dedica grandissima attenzione ai manuali di storia: gli storici devono rimarcare con forza i progressi compiuti dalla Russia sovietica, messi a confronto con quella che era la realtà zarista. Devono quindi presentare Stalin, agli occhi del popolo, come l’unico e fedele continuatore dell’opera di Lenin, l’unico che ha difeso i principi marxisti-leninisti contro i traditori quali Trotzkij.
A partire dal 32, in ambito letterario viene ammessa la sola tendenza del realismo socialista: lo scrittore, similmente agli storici, deve esaltare con racconti credibili i progressi della Russia staliniana, paragonati all’arretratezza degli anni prerivoluzionari, e scagliarsi sempre contro le ingiustizie del mondo capitalista occidentale.
Nel 35 tocca poi al cinema giurare fedeltà al partito e, similmente a quanto avvenuto per gli scrittori, i registi che non lo fanno diventano controrivoluzionari. La politica fa perciò sentire la sua presenza anche nel cinema, un passatempo abbastanza popolare in Russia, anche se assistere a film che celebrano gli sforzi dei lavoratori e degli operai per battere tutti i record di produzione, o l’Armata Rossa che blocca i nemici e sconfigge i tedeschi è più una lezione di patriottismo che un piacere.
Nell’ottica di una propaganda sfrenata assumono grande importanza anche le parate sulla Piazza Rossa, le feste pubbliche per l’inaugurazione di palazzi o altri edifici; la Russia viene poi riempita di migliaia e migliaia di manifesti, ritratti e statue di Stalin. Tutto ciò gioca un ruolo di fondamentale importanza per la creazione del consenso.
Il regime si guadagna l’approvazione e il sostegno delle masse anche grazie alla diffusione dei servizi sanitari e assistenziali, ignoti alla Russia degli zar, e impegnandosi a promuovere l’istruzione delle masse, necessaria per preparare i quadri tecnici e politici (si forma così un nuovo ceto di intellettuali definiti intelligencija).
Stalin, così, indubbiamente riesce a crearsi un vasto strato di consenso nella società; molte persone, infatti, identificano la Russia staliniana con l’impetuosa crescita economica e l’imponente industrializzazione, ignorando che tutto ciò è dovuto in larga misura allo sfruttamento di milioni di lavoratori, e ignorando i drammi della collettivizzazione. Ciò che conta è che per alcune persone la vita comincia a diventare davvero migliore, e questo basta a renderli fedeli a Stalin.


Un altro regime totalitario molto importante sviluppatosi in Europa in concomitanza con lo stalinismo è il fascismo…



Il secondo sistema totalitario che capì il ruolo determinante della propaganda per raggiungere la tanto aspettata vittoria e per valorizzare il proprio impero è stato il fascismo.
Nel fascismo, la propaganda assunse un valore essenziale per il regime, non inferiore a quello delle strutture repressive: mobilitare e convincere le coscienze non era meno importante che sorvegliarle e reprimerle.
Lo sviluppo tecnologico degli anni ’20 e ’30, la crescita della società italiana e la mobilizzazione di massa, che il regime intendeva promuovere offrivano ed esigevano dal fascismo una particolare attenzione per i mezzi di comunicazione di massa.
I metodi di propaganda, attuata da Mussolini, non era affatto morbida piegava le radio e i giornali, con la forza, al sostegno della causa italiana trasmettendo discorsi del duce e facendo pubblicare articoli di giornale che descrivessero che cosa stesse facendo il fascio per risollevare l’Italia dal grande torto subito dopo la prima guerra mondiale e soddisfare il popolo con quell’impero coloniale che ogni italiano sognava ormai da tempo. Però il mezzo di comunicazione migliore, per il duce, era il cinema, tanto che fece costruire in Roma degli studi appositamente studiati per la produzione di cortometraggi riguardanti il regime e servirono per colpire non solo il popolo italiano della potenza fascista, ma maggiormente era stata ideata per colpire gli altri paesi.
Mussolini riuscì senza dubbio a farsi conoscere e diventare uomo stimato in tutto il mondo.
Stati Uniti, Inghilterra,Germania ammiravano il Duce ed erano rimasti colpiti dalla maestosità del fascio, appunto quello che voleva ottenere Mussolini, che l’Italia sia rispettata e applaudita da tutte le altre più grandi nazioni.
In particolar modo, nelle fila della Germania, c’era un nome quasi sconosciuto in tutta Europa che nutriva una grande ammirazione per il Duce e condivideva le idee e questa persona di nome faceva Adolf Hitler.

Adolf Hitler.. I suoi aforismi, cinici ma magistrali, rimarranno per sempre in tutte le scuole di propaganda, fin che la propaganda continui ad essere quel che è. Ecco ciò che scrisse nel Mein Kampf (La mia battaglia):
«Quando entrai nel partito mi assunsi tosto la direzione della propaganda. La propaganda deve precedere di molto l’organizzazione e guadagnare a questa il materiale umano da elaborare.
Ogni propaganda dev'essere necessariamente popolare e adattarsi al livello intellettuale e alla capacità recettiva del più limitato di coloro ai quali è destinata. Il suo grado nettamente intellettuale dovrà quindi orientarsi tanto più in basso quanto più grande sia la massa umana cui si rivolge. Ma quando si tratta di attrarre nel raggio d'influenza della propaganda tutta una nazione, come esigono le circostanze nel caso di una guerra, non si sarà mai abbastanza prudenti nel cercare che le forme intellettuali della propaganda siano quanto più è possibile semplici.
La capacità delle grandi masse popolari è estremamente limitata e altrettanto limitata è la sua facoltà di comprensione; per contro è enorme la sua mancanza di memoria. Tenendo in conto questi fatti, ogni propaganda efficace deve concretarsi in pochissimi punti e saperli sfruttare come apoftegmi affinché anche l'ultimo figlio del popolo possa formarsi un'idea di quel che si vuole.
La finalità della propaganda non consiste nell'andar contro i diritti degli altri, ma nel mettere esclusivamente in evidenza i propri. Errore capitale fu quello di discutere la questione della colpa della guerra, e di considerare che soltanto la Germania era responsabile dello scoppio della catastrofe. Molto meglio si sarebbe agito attribuendo tutta la colpa al nemico, anche se non era vero.
Le masse sono incapaci di distinguere dove termina l'ingiustizia altrui e dove comincia la propria. La gran maggioranza del popolo è, per natura, così femminile che il suo modo di pensare e di agire dipende più dalla sensibilità che dalla riflessione. Questa sensibilità non è affatto complicata, ma semplice e schietta. Non esistono molte differenziazioni, ma soltanto un estremo positivo ed un altro negativo: amore e odio, giustizia e ingiustizia, verità o menzogna; mai stati intermedi.
Il successo di ogni propaganda, tanto nel campo commerciale quanto in quello politico, suppone un'azione perseverante e la costante uniformità dell'applicazione.»

Il rigore con cui Hitler si mantenne fedele a queste e ad altre norme propagandistiche fece veri miracoli. Non solo esponeva delle norme, ma le seguiva con una tenacia che quasi non si comprende in un uomo come lui. Goebbels, il suo unico e miglior discepolo, che gli era vicino più di ogni altro collaboratore, aumentò straordinariamente le prescrizioni propagandistiche del Führer. Hitler ne era proprio orgoglioso e lodava soprattutto la sua abilità nell'insistere su qualche motivo accuratamente scelto.
Aveva detto una volta che «la propaganda non era che un mezzo», ma in realtà finì per essere un fine a se stesso. Il nazismo non si ridusse che a propaganda e metodo. Propaganda per rendere possibile il metodo, metodo per assicurare la propaganda.
Il metodo consisteva in norme assolute per impedire la propaganda avversaria e facilitare la propria. Tutto ciò che tendeva a questo doppio fine, ostacolare gli avversari e facilitare il proprio cammino, fu messo in pratica. Fin che non raggiunse il potere, il metodo doveva essere il più possibile clamoroso per prevalere e non lasciar udire nessun altro. Una volta poi al potere, il metodo servì la propaganda per mezzo di una feroce repressione poliziesca.
"Un impero, un capo, un popolo! Sangue e terra! Rendiamo grazie al nostro Führer!" erano certamente frasi vuote, ma, a forza di essere ripetute, rimasero come denominatore comune, invisibile, ma sempre presente, di tutto il fermento nazionale. Si stabilì in tal modo la premessa fatale che il Führer era poco meno che un invito da Dio per la felicità dei tedeschi. Frasi come queste, semplici ed enfatiche, martellate con una costanza ed un'abbondanza di mezzi, bandiere a profusione, sfilate quotidiane, altoparlanti in tutti gli angoli delle vie, cartelloni lungo tutti i marciapiedi, che facevano della strada una sfacciata vetrina nazista, ripetevano costantemente, hitlerianamente, mezza dozzina di frasi fino a saturare completamente i pori di ogni cittadino. Il Reich era come un'esposizione permanente di hitlerismo, e quando per qualche speciale avvenimento conveniva riscaldare anche di più l'ambiente, le vetrine esibivano tra ghirlande di fiori migliaia di ritratti del Führer e tutto ciò che si vedeva e udiva non era altro che un riflesso della presenza nazista.
Invece di abusare di grandi ritratti da portare in giro, come si faceva in Russia con le effigi di Lenin e di Stalin, la tecnica nazista si servì di cartelli con scritte a caratteri cubitali che, effettivamente, rendono di più. Da Mussolini prese il saluto romano e la teatralità. Dalla Russia la identificazione del capo del movimento, le feste del lavoro, i cori d'uomini che pronunciavano all'unisono frasi tremende... Tutto migliorato e perfezionato scientificamente. Si capisce che il popolo tedesco doveva soccombere, come altri popoli soccombono ogni giorno vittime della propaganda commerciale poco scrupolosa, disprezzando il meglio per il peggio. Come la donna di casa, il passante, il lavorante, che, non sapendo niente di farmacia, si lasciano convincere dalla pubblicità di un rimedio per i propri dolori, così il popolo tedesco, materialmente schiacciato dal peso di una propaganda che lo perseguitava in ogni angolo di strada, in ogni giornale, in ogni altoparlante, finì per cedere. Non si riesce mai a capire per qual fenomeno il nazismo, nonostante quanto si è detto, non abbia mai avuto la maggioranza in elezioni libere. Fin che si poté udire la voce degli antinazisti, sempre più fiacca e svogliata, la maggioranza non cedette.
Metodo e propaganda, propaganda e metodo, Himmler e Goebbels, Goebbels e Himmler, mani del Führer, resero possibile questo fenomeno hitleriano che a chiunque se ne stia tranquillo nella propria casa sembra impossibile ma in realtà avrebbe potuto verificarsi in qualunque altro Paese. Anche nelle pacifiche dimore democratiche, perché è appunto la strada della democrazia, sfruttata fino all'assurdo, quella che meglio conduce a tali abissi, quando se ne impadroniscono i malefici geni della propaganda.













SITUAZIONE MONDIALE NEI PRIMI ANNI ‘30
IN ASIA:
In Asia si era venuto sviluppando come nuova potenza coloniale il Giappone. Sovrappopolato e intraprendente e per di più reso orgoglioso dall'aumento dei propri possedimenti territoriali nel continente a scapito delle ex-colonie tedesche, perseguiva anch'esso una politica imperialistica. Il governo giapponese infatti, specie dopo che ebbero a prevalere politicamente nel Paese i conservatori e la casta dei militari, aveva dato inizio con il 1921 ad una lunga serie di conquiste ai danni della Cina.
Ne derivò una situazione assai complessa, che comportò tra il 1921 e il 1925 persino una guerra fra Russia e Giappone - ugualmente interessati alla Cina - e un successivo intervento della Società delle Nazioni. Ciò provocò l'abbandono dell'assemblea da parte del Giappone e un suo più deciso intervento armato in territorio cinese con la conseguente occupazione, nel 1931, della Manciuria subito trasformata in Stato satellite di Tokio sotto il nome di Manciukuò (1932).
La politica di aggressione ai danni della Cina era del resto favorita dal comportamento delle grandi potenze europee, che ancor prima della guerra mondiale si erano rese conto del rilevante peso assunto dal Giappone nello scacchiere orientale e quindi anche dei possibili vantaggi che esse avrebbero potuto trarre da una politica filonipponica.
Infatti contemporaneamente ad una politica espansionistica di tipo militare il Giappone si avviava a grandi passi ad attuarne un'altra di tipo industriale e commerciale, intensificando la propria penetrazione in tutti i mercati del mondo con una enorme quantità di prodotti venduti a prezzi concorrenziali, grazie soprattutto al basso costo della manodopera.
In tale ottica non esitarono a sacrificare agli interessi nipponici la più debole Cina, alla quale altro non restò da fare che difendersi non solo riorganizzando un movimento antimperialista ed anticolonialista, teso ad ottenere oltre all'indipendenza la democrazia rappresentativa e l'abolizione delle antiquate strutture sociali ancora in atto nel Paese - il partito nazionale del popolo ma anche avvicinandosi militarmente alla Russia comunista con una iniziativa, che assunse ben presto particolare importanza nelle province centro-meridionali.







IN EUROPA:

A metà degli anni ’30, la carta d’Europa si era andata delineando, con un blocco compatto di regimi autoritari di stampo nazionalista e nazionalsociale e un blocco assai più incerto e sfilacciato di democrazie di stampo liberale.
Come noteremo, ad una politica estera aggressiva e velleitaria delle prime corrispose un atteggiamento incerto e tentennante delle seconde, che avrebbe portato al trattato di Monaco e alla corsa verso la guerra.
D’altra parte, mentre all’interno delle democrazie era in corso un’aspra lotta politica, negli stati totalitari il consenso raggiungeva l’apice.
Mussolini, ad esempio, che si era ingraziato i cattolici, con la stipula dei Patti Lateranensi (11/2/1929), si atteggiava a risanatore dell’economia e aveva conquistato, con la guerra d’Etiopia (1935-36), l’Impero: godeva, perciò, negli anni immediatamente antecedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale, di un indiscusso e vastissimo consenso popolare, che non era solo il prodotto della paura, ma, per buona parte, rispecchiava i reali sentimenti degli Italiani.
Furono le dissennate prese di posizione a favore del nazismo e dell’entrata in guerra che alienarono al Duce le simpatie della gente; ma possiamo tranquillamente dire che, nel 1936, Mussolini era ancora il beniamino del popolo italiano.
Normalmente, poi, si tende a considerare l’Europa degli anni ’30 divisa in tre grandi blocchi: Italia, Germania e, in seguito, Spagna, contrapposte a Francia ed Inghilterra, con una terza, vasta, zona grigia di paesi che non erano né con Cesare né contro Cesare: naturalmente, non era proprio così.
In Europa, proprio negli anni’30, si diffuse tutta una serie di regimi dittatoriali, che, se non d’ispirazione direttamente fascista, erano certamente di impronta conservatrice, spesso ultracattolica e, naturalmente, ad economia corporativa, come quello austriaco di Dollfuss (1934) o quello portoghese di Salazar (1934).
A questi modelli, si devono aggiungere le dittature d’impianto più tradizionale, che si svilupparono come funghi nei paesi economicamente più arretrati, come in Ungheria, Polonia, paesi baltici, Yugoslavia, Albania, Grecia, Romania e Bulgaria: questi regimi si basavano spesso su di una triade composta da potere politico, potere militare e proprietari terrieri, ed erano concordemente animati da un feroce anticomunismo; la qual cosa ha una qualche giustificazione, se consideriamo chi avevano per vicino di casa i paesi che ho citato.
Oltre a questo, dobbiamo sottolineare che in quasi tutti i paesi europei, compreso il Regno Unito, erano sorti partiti di ispirazione fascista, come i Rexisti belgi, il PNS olandese, il BUF inglese o il PPF francese, sebbene si trattasse di formazioni poco numerose ed ininfluenti politicamente.
Non così, invece, il movimento croato degli Ustascia di Ante Pavelic , la Guardia di Ferro di Codreanu, in Romania o le Croci Frecciate ungheresi, che ebbero un ruolo primario nella vita politica di quei paesi.
La reazione a questo diffondersi della dottrina fascista non tardò a farsi vedere: nel 1935, l’U.R.S.S., per mezzo della Terza Internazionale, lanciò la politica dei Fronti popolari, che imponeva ai comunisti d’Europa di allearsi, in chiave antifascista, con socialisti e liberali.
Nel 1936, il FP vinse le elezioni in Francia, e divenne primo ministro il socialista Blum, che, però, boicottato dai poteri forti, un anno dopo dovette dimettersi: nel 1938 si era tornati ad un governo radicale, con le sinistre all’opposizione.
Anche in Spagna il FP si impose, nel 1936, ma la guerra civile lo travolse.
Il tentativo di dividere le due principali dittature di destra, creando un’alleanza Francia-Gran Bretagna-Italia, in chiave antitedesca (il cosiddetto “fronte di Stresa” del 1935) sarebbe stato sconfessato, di lì a poco, dall’intervento italiano in Etiopia.
Restava la Società delle Nazioni, ma contava davvero poco come si dimostrerà con la guerra italo – etiope.

NEGLI U.S.A.:

Dopo la prima guerra mondiale, gli Stati Uniti si erano ormai affermati come grande potenza mondiale; nel 1920 il presidente uscente Wilson esce sconfitto dalle elezioni, che vengono vinte dal candidato repubblicano Warren Harding.
Egli porta avanti una politica estera isolazionista (l'America tenta di isolarsi dagli affari interni europei), ma allo stesso tempo coltiva interessi nell'area del Pacifico. Sono gli anni del proibizionismo, dei gangster mafiosi come Al Capone e dei primi grattacieli; ricompare il KKK (Ku Klux Klan), e ricominciano le violenze contro i neri; da ricordare anche l'esecuzione di due anarchici italiani, Sacco e Vanzetti, condannati alla sedia elettrica nonostante molti testimoni che li scagionavano. E' in generale un momento di grande ottimismo, tanto che verrà coniato il termine "i ruggenti anni '20".
Dopo il 1922 ci fu una ripresa enorme della produzione industriale (+64%); permane però un grosso squilibrio nella distribuzione dei redditi (la capacità di acquisto della popolazione non cresceva di pari passo alla produzione). La produzione di beni di consumo cresceva del 2,8% l'anno, mentre quella di beni durevoli e strumentali (macchinari industriali) cresceva molto di più. Per tutti i cittadini statunitensi si aprivano strade verso l'arricchimento: la borsa di New York, la famosissima Wall Street, era il simbolo della ricchezza facile, a causa dei fenomeni speculativi che vi avvenivano.
Il crollo di Wall Street:
La crisi economica esplose il 24 ottobre 1929, il cosiddetto "giovedì nero", con il crollo della borsa di Wall Street. Già da qualche anno la borsa era sede di enormi movimenti speculativi, frutto dell'euforia collettiva che aveva alimentato l'intensa crescita economica americana per tutti gli anni '20. Questa tumultuosa attività di borsa aveva determinato la diffusione di pratiche assai pericolose, come l'acquisto di azioni a credito, con il risultato di alimentare una "economia di carta", sempre più slegata dall'economia reale. Il crollo di ottobre fu originato da una situazione di panico collettivo, creatasi quando i broker, in una fase di ribasso, avevano cominciato a gettare sul mercato titoli azionari in massa.
La crisi travolse tutto quanto: gli speculatori, i broker, le banche, le industrie. Il calo delle esportazioni costrinse le industrie a ridurre la produzione, e di conseguenza a licenziare grandi masse di operai i quali, privati del reddito, dovettero ridurre i loro consumi di beni, facendo precipitare la capacità di assorbimento del mercato interno statunitense. Gli imprenditori e gli agricoltori non furono più in grado di restituire i prestiti avuti dalle banche per ampliare le loro aziende. Si aprì così una drammatica spirale che travolse l'economia americana, fino a raggiungere il fondo nel 1932, con la disoccupazione che raggiunge il 25% (13 milioni di disoccupati ).
Le grandi holding che controllavano l'economia operarono non un taglio dei prezzi, come vorrebbe la legge della domanda e dell'offerta, ma anzi tagliarono l'offerta per sostenere i prezzi e tutelare i profitti. Ciò comportò un significativo peggioramento delle condizioni di vita degli operai e dei cittadini meno abbienti.
Il New Deal
Negli anni 1930 - 1931 la crisi economica negli USA conobbe un peggioramento; i programmi anticrisi dell'allora presidente repubblicano Hoover (rigido protezionismo, aiuti alle imprese private, blocco della riscossione dei crediti americani per rilanciare le esportazioni verso l'Europa) furono un fallimento, e fecero crollare i consensi nei confronti del Partito Repubblicano. Nel 1932 venne eletto alla presidenza il democratico Franklyn Delano Roosevelt, il quale lanciò il cosiddetto "New Deal" (nuovo corso), una serie di misure volte a risanare l'economia e al società degli USA, travolte dalla crisi. Roosevelt è un convinto sostenitore del "welfare state" (stato sociale), ovvero quello stato che interviene per garantire a tutti i cittadini l'accesso ai beni indispensabili, e cioè: casa, salute, istruzione, livello minimo di reddito. Il New Deal fu contraddistinto da tre elementi:
* passaggio da un'economia libera a un'economia guidata;
* stato come regolatore dell'economia;
* capitalismo più riformatore e meno individualista.
Roosevelt promuove una grande massa di lavori pubblici per ridurre la disoccupazione (strade, ponti, centrali elettriche per fornire energia elettrica a costi più bassi rispetto alle compagnie private). Lo stato indennizza gli agricoltori, pagandoli per non produrre, al fine di sostenere i prezzi dei beni di consumo. Roosevelt, attuando una scelta rivoluzionaria e coraggiosa, abbandona la politica della deflazione per favorire un'inflazione controllata: mette denaro in circolazione, per cercare di aumentare i consumi, e contemporaneamente svaluta il dollaro. Viene messo in atto un controllo dello stato sul sistema bancario e sul mercato azionario. Roosevelt difese i salari minimi e i contratti di lavoro, favorendo l'azione dei sindacati e la riduzione dell'orario di lavoro. Nel 1936, forte dei consensi degli operai e delle organizzazioni sindacali, Roosevelt venne rieletto presidente. La crisi ormai si avviava a essere superata: nel 1938 cominciano enormi stanziamenti governativi per l'aumento della produzione bellica; con lo scoppio della guerra, la crisi verrà definitivamente superata.


























ITALIANO:


Gabriele D’annunzio, per Benito Mussolini, fu il simbolo del nazionalismo per l’impresa di fiume dopo la prima guerra mondiale.

Il Duce nutriva una grande stima per lo scrittore che ne prese spunto per imitarlo, così da cercare a sua volta di intraprendere una grande impresa: RISOLLEVARE L’ITALIA e donare al paese quel grande e sospirato impero che tutto il popolo voleva.

GABRIELE D'ANNUNZIO

Nato a Pescara nel 1863, compose il suo primo libro a soli 16 anni. Non finì gli studi e si dedicò al giornalismo ed alla composizione di opere di varia natura e valore.
Fu uno degli interpreti più abili delle correnti di pensiero e delle mode letterarie europee, tra le quali l'esasperato sensualismo, l'estetismo raffinato e paganeggiante ("Il Piacere", 1889), la tendenza ad ignorare la realtà sociale a favore di un mondo spirituale elevato ed esclusivo.
Riuscì quindi a proporsi con successo sia nel mondo letterario che in quello mondano, mettendo in atto quell'estetismo (non privo di scandali e polemiche) che il Decadentismo europeo aveva da poco concepito.
Terminata la I Guerra Mondiale, il suo gusto per i grandi gesti lo portò ad occupare Fiume insieme con un gruppo di volontari.
La sua attività politica, quella mondana (tra cui spicca la relazione con Eleonora Duse), come quella letteraria, fecero di D'Annunzio una sorta di "maestro di costume", un atteggiamento che avrebbe spinto molti a confondere l'eroismo con la violenza e la prevaricazione.
Morì nel 1938 nella sua villa di Gardone, sul lago di Garda.




D’ANNUNZIO E IL DECADENTISMO
D’Annunzio è, insieme con il Pascoli, il poeta più rappresentativo del Decadentismo italiano; ma essi, pure essendo quasi contemporanei - appena otto anni separano D’Annunzio (1863) dal Pascoli (1865) - e pur muovendosi nell’ambito del Decadentismo, sono poeti, sotto molti aspetti, assai differenti.
Anzitutto il Decadentismo del Pascoli fu più istintivo che consapevole, con scarse o inesistenti sollecitazioni e influenze esterne (ad eccezione del Poe e di Baudelaire, infatti, non pare che il Pascoli conoscesse altri testi del Decadentismo europeo); il Decadentismo del D’Annunzio fu invece frutto di scelte precise, operate nell’ambito delle più svariate tendenze del Decadentismo europeo, assimilate e padroneggiate per l’eccezionale disponibilità del suo spirito alle più varie e ardite esperienze di vita e di arte. Al D’Annunzio alludeva il Pascoli quando ne “Il fanciullino” scriveva che «il poeta non è un’artista che nielli e ceselli l’oro che altri gli porga».



LA PIOGGIA NEL PINETO
Un'unica voce si accampa solitaria in tutta la poesia e assume la parola sin dal primo verso per rivolgersi ad un invisibile compagno, che invita perentoriamente al silenzio, perché si possa compiere il miracolo imminente della metamorfosi annunciata dalla pioggia. Catturati dal ritmo insistente della pioggia, i due personaggi perdono man mano la loro identità umana, per trasformarsi anch'esse in creature vegetale, in antiche divinità boschive.
Attraverso la magia evocativa della parola, che riproduce sensazioni diverse, soprattutto di tipo uditivo, tattile e olfattivo, lo scenario naturale del bosco si anima all'improvviso emettendo confusi messaggi. Al crepitio della pioggia, fanno eco, i suoni diversi prodotti dalle creature del bosco, il crepitio dei cespugli inariditi, il fruscio degli alberi e delle foglie, i versi delle cicale che man mano si spengono e quelli delle rane che si intensificano. Alle parole umane si sostituiscono i suoni delle natura, che si corrispondono in un fitto dialogo i cui protagonisti sono entità atmosferiche, creature vegetali e animali, che confondono le loro voci in un coro armonico in cui la donna e il suo compagno tornano ad essere aria, acqua, terra, foglia, mescolandosi alla materia inanimata e indistinta che li circonda. Ecco allora che le vesti si trasformano in corteccia, i volti, i corpi e le mani assumono la materia vegetale dell'albero, rievocando la magica metamorfosi di Dafne che, secondo quanto racconta il mito diventa albero per sfuggire al desiderio di Apollo. la vita, definita malinconicamente dal poeta, la "favola bella", che avvince gli uomini con le sue illusioni, scorre consapevole e felice, solo là dove dominano le sensazioni più elementari, là dove la riflessione e la ragione non ne disturbano la pienezza. La pioggia nel pineto, tra le più celebri poesie di D'Annunzio, riassume la sua poetica in gran parte derivata dai simbolisti francesi, e insieme la sua visione del mondo, influenzata dal pensiero di Nietzsche. L'isolamento della parola intesa come simbolo, come sonorità e come musica, oltre al senso comune che la contraddistingue, esprime infatti quell'adesione pagana e sensuale alla vita, tipica non solo dell'uomo, ma anche dell'epoca alla quale egli stesso dà nome.

PEDAGOGIA:


Giovanni gentile, amico fidato di Mussolini fece parte dell’era italiana durante il fascismo ed era lui la persona che si doveva occupare dell’istruzione dei nuovi fascisti e fu famoso, maggiormente, per la sua riforma della scuola, che durò fino a pochi anni fa.





GIOVANNI GENTILE

Nato in Sicilia fu senza dubbio il più grande filosofo e maestro di pensiero che l’Italia abbia avuto dall’Unione in poi.
Fu ministro della Pubblica Istruzione e operò la riforma della scuola che da lui prese il nome.
In qualità di direttore dell’Istituto Treccani, promosse la grand’opera dell’Enciclopedia Italiana.
Il solo torto che ebbe, a detta di tanti, fu quello di essere il filosofo del fascismo.
Nel 1944 fu assassinato a Firenze.

La filosofia gentiliana si fonda sull’asserzione che ogni cosa è in quanto atto di pensiero.

Gentile era contro la psicologia che considerava atomisticamente singole sensazioni o singoli riflessi, per lui la vita dello spirito è unità e non molteplicità di fenomeni.


I Punti salienti della riforma furono:
innalzamento dell'obbligo scolastico sino al 14º anno di età. Dopo i primi cinque anni di scuola elementare uguali per tutti, l'alunno deve scegliere tra quattro possibilità: il ginnasio, quinquennale, che consentiva l’accesso al liceo classico o al liceo scientifico; l’istituto tecnico, triennale, cui facevano seguito quattro anni di istituto tecnico superiore; l’istituto magistrale, della durata di sette anni, destinato alle future maestre; la scuola complementare, al termine della quale non era possibile iscriversi ad alcun altra scuola;
disciplina dei vari tipi di istituzioni scolastiche, statali, private e parificate;
insegnamento obbligatorio della religione cattolica nelle scuole elementari, considerata "fondamento e coronamento" dell'istruzione primaria mentre nei licei era previsto lo studio della filosofia come forma di acculturamento superiore riservato alla futura classe dirigente nazionale. Tuttavia dopo la firma dei Patti Lateranensi l'insegnamento della religione cattolica venne esteso anche ai licei;
con questa riforma si accende un interesse verso gli allievi disabili anche se solo verso alcune specifiche disabilità: l'obbligo scolastico viene infatti esteso solo ai ciechi ed ai sordi. Anni dopo questa riforma verranno create classi differenziali per gli allievi con lievi ritardi, ospitate nei normali plessi scolastici, scuole speciali per sordi, ciechi ed “anormali” psichici, situati in plessi distinti. Per i casi più gravi sono previsti istituti speciali, con lunghi soggiorni in cui gli allievi vivevano separati anche dalle famiglie. Le classi differenziali erano però destinate anche agli allievi con problemi di condotta o disagio sociale o familiare;
creazione del liceo scientifico;
creazione dell'istituto magistrale per la formazione dei futuri insegnanti elementari al posto delle scuole normali;
istituzione di scuole speciali per gli alunni portatori di handicap;
la messa al bando dello studio della pedagogia, della didattica e di ogni attività di tirocinio;
graduale messa al bando dagli istituti scolastici di ogni ordine e grado delle lingue delle comunità nazionali appena annesse all'Italia (tedesco, sloveno e croato).
La scuola concepita da Gentile è severa ed elitaria. Gli studi superiori, nella concezione del filosofo, sono "aristocratici, nell'ottimo senso della parola: studi di pochi, dei migliori".
Dal punto di vista strutturale Gentile individua l'organizzazione della scuola secondo un ordinamento gerarchico e centralistico. Una scuola di tipo aristocratico, cioè pensata e dedicata "ai migliori" e non a tutti e rigidamente suddivisa a livello secondario in un ramo classico-umanistico per i dirigenti e in un ramo professionale per il popolo e la classe lavoratrice. Le scienze naturali e la matematica furono quindi messe in secondo piano, mentre le discipline tecniche ad esse correlate avevano la loro importanza solo a livello professionale.
L'obbligo scolastico fu innalzato a 14 anni e fu istituita la scuola elementare da sei ai dieci anni. L'allievo che terminava la scuola elementare aveva la possibilità di scegliere tra quattro possibilità:
il ginnasio, quinquennale, che dava l'accesso al liceo (quello che sarebbe stato in seguito denominato liceo classico), al liceo scientifico o al liceo femminile;
l'istituto tecnico, articolato in un corso inferiore, triennale, seguito da corso superiore, quadriennale; il corso inferiore dava accesso anche al liceo scientifico;
l'istituto magistrale, articolato in un corso inferiore, quadriennale, e in un corso superiore, triennale, destinato alla preparazione dei maestri di scuola elementare; il corso inferiore dava accesso anche al liceo femminile;
la scuola complementare di avviamento professionale, triennale, al termine della quale non era possibile iscriversi ad alcun'altra scuola.
Si trattava di un sistema che riprendeva molti aspetti della vecchia legge Casati, anche per quanto riguarda l'accesso alla università: solo i diplomati del liceo classico avrebbero potuto frequentare tutte le facoltà universitarie, mentre ai diplomati del liceo scientifico sarebbe stato possibile accedere alle sole facoltà tecnico-scientifiche (erano quindi precluse le facoltà di giurisprudenza e di lettere e filosofia). Agli altri diplomati era invece impedita l'iscrizione all'università.
Alla base di questa impostazione c'era una concezione aristocratica della cultura e dell'educazione: una scuola superiore riservata a pochi, considerati i migliori, vista come strumento di selezione della futura classe dirigente.
Il maggiore spazio dato nella scuola gentiliana alle materie umanistiche-filosofiche a scapito di quelle scientifiche, non fu tuttavia esente da critiche anche al tempo della sua approvazione, sia da parte di oppositori del regime sia da parte di studiosi: contrari furono per esempio diversi membri dell'Accademia dei Lincei, che ritenevano un errore allontanare gli allievi, soprattutto i più giovani, dal rigore e dalla precisione insita nelle materie scientifiche, per fargli seguire invece una visione più astratta e non ben definita legata alle varie correnti del pensiero filosofico.[2]
La religione cattolica è insegnata obbligatoriamente a livello primario; Gentile riteneva infatti che tutti i cittadini dovessero possedere una conoscenza religiosa, soprattutto egli sosteneva che la dottrina religiosa fosse il maggior traguardo intellettuale per le classi popolari per le quali era sostanzialmente concepito il ciclo della scuola elementare. Gentile tuttavia, riteneva che per la formazione dell'élite della nazione, compito affidato ai licei, non servisse più lo studio della religione (relegata al rango di cultura popolare) ma fosse necessario lo studio della filosofia che rappresentava il più alto traguardo intellettuale nell'educazione di un cittadino della futura classe dirigente, per questo nei licei venne reso obbligatorio lo studio della filosofia e non quello della religione. Tuttavia nel 1929 dopo la firma dei Patti Lateranensi, la Chiesa ottenne che lo studio della religione cattolica (divenuta con tale concordato religione di Stato) fosse esteso anche ai licei, contrariando lo stesso Gentile.































FRANCESE :

L’ENTRE DEUX GUERRES

Après la guerre, la IIIe République continue mais la France et épuisée par un million et demi de morts ; la main-d’œuvre manque et de nombreux étrangers immigrent en France. La vie est de plus chère et les grèves sont fréquentes. En Allemagne l’inflation galopante amène la banqueroute. Le prix d’un timbre atteint 50 milliards de marks en 1923 l’instabilité économique et politique favorise l’ascension des dictatures d’Hitler et de Mussolini.
L’Allemagne refuse de payer ses dettes de guerre et le France se relève péniblement. L’agriculture et industrie se modernisent cependant grâce aux barrages pour l’énergie et au travail à la chaîne.
L’apparition des femmes, pendant la guerre dans des secteur d’activité jusqu’alors réservé aux hommes a entraîné de grandes transformation. Cheveux courts « à la garçonne », la femme manifeste son indépendance et réclame de nouveaux droit.
On veut oublier la guerre ; ce sont les « années folles » des bicyclettes des radies, du jazz et des premières automobiles.
L’illusion ne dure cependant pas; le « jeudi noir » de Wall Streat provoque en Amérique une grave crise économique qui a des répercussion immédiates en Europe: un chômage effrayant (30% en Allemagne) et des troubles politiques.
Une manifestation de plus de cent mille personnes se réunit à Paris. On tremble pour la République: il y a des fusillades et une centaine de victimes.
La vague fasciste qui semble submerger l’Europe pousse les partis de gauche français à s’unir. Les socialistes et les radicaux, soutenus par les communistes, forment le Front populaire qui accède au gouvernement sous la présidence de Léon Blum; malgré les difficultés, il propose d’importantes réformes sociales: journée de travail de huit Heures, congés payés, allocations familiales, scolarité obligatoire jusqu’à 14 ans, nationalisation de la Banque de France et des industries d’armements. La crise économique se prolongeant, les partis au pouvoir se divisent et la situation politique se dégrade.
Les démocraties européennes s’affaibblissent et sont passives tandis que se renforcent et s’arment l’Allemagne nazie et l’Italie auxquelles s’est joint le Japon;elles annoncent leurs plans d’expansion et menacent l’Europe.
En Espagne, une guerre civile cruelle amène la dictature de Franco grâce à l’appui de l’Allemagne et de l’Italie.Mussolini se lance à la conquête de l’Ethiopie et de l’Albanie. Hitler annexe l’Autriche, s’empare de la Tchècoslovaquie et envahit la Pologne.La guerre est inévitable.

MUSICA :



WAGNER E LA RIFORMA DELLA MUSICA


Il programma wagneriano si trova esposto nei suoi numerosi scritti, soprattutto Arte e rivoluzione, Opera e dramma e Opera d’arte dell’avvenire. Tutte le opere di Wagner vennero musicate su libretto proprio. Esse sono: La Novizia di Palermo (1836), Rienzi (1842), Il Vascello fantasma e l’Olandese volante (1843), Le Fate (1888 postuma). Quelle che, più in particolare, interessano la riforma sono: Tannhäuser (1845), Lohengrin (1850), Tristano e Isotta (1865), I maestri cantori (1868), la Tetralogia (1876), Parsifal (1882).
Per Wagner, la perfezione drammatica sta nella sintesi e nella vita unita delle tre arti temporali (poesia, musica e danza, intesa come libero movimento); tale perfezione era stata raggiunta nel teatro classico greco. Poi, con la decadenza greca, ognuna delle tre arti si sviluppò, vivendo di vita propria e cercando di esprimersi con mezzi sempre più diversi da quelli delle arti sorelle. Wagner vide nel dramma musicale la fusione di tutte le arti ritmiche, che un tempo congiunte poi dissociatesi, erano capaci di raggiungere pienamente il loro ideale, poiché v’è sempre in esse una continua tendenza ad aderire vicendevolmente. Wagner, con le sue opere, voleva ritornare a questo stato di unione.
Tale ideale fusione, che deve nascere da un unico creatore, meglio di può realizzare nel mondo puramente fantastico del Mito, libero da qualsiasi precisazione di tempo e di luogo; il Mito, inoltre, secondo Wagner, è storia elaborata e stilizzata dall’immaginazione del popolo e ridotta appunto in uno stato puramente umano: è così più facile per il drammaturgo trattare la favola drammatica in modo che lo stato d’animo di ogni personaggio, da lui creato, emerga in ogni situazione.
Ma il concetto fondamentale, per lo studio del dramma wagneriano, è questo: la musica, di per sé, non ha un’autonomia estetica ed espressiva e dev’essere fecondata dalla poesia (e viceversa). Pertanto, le esigenze fondamentali della composizione e della struttura sono le esigenze espressive del dramma poetico; ad esso la musica si deve adeguare, rinunciando perciò a forme prestabilite. Conseguenza prima è l’abolizione di ogni forma chiusa (aria, cavatina, finale, ecc.) e l’invenzione di una melodia continua, che fluisca interrottamente, dall’orchestra al palcoscenico o viceversa, senza soluzioni di continuità.

Le innovazioni wagneriane:

Cromatismo
Wagner è considerato un precursore della musica del XX secolo. Il suo cromatismo, infatti, è indicato come anticipatore della dodecafonia di Schönberg.
Con cromatismo s’intende l’uso di semitoni estranei alla scala diatonica, cioè la scala in cui si ha un passaggio diretto del suono da un grado all’altro della stessa.


Temi e motivi
Nella musica di Wagner si fa distinzione tra Grundthemen e Grundmotive, cioè temi e motivi di base, figure che nascono come netta conseguenza della musica continua wagneriano.
Prima di Wagner ogni opera si divideva in numeri chiusi, ben delimitati dall’azione scenica, e che potevano essere recitativi, arie, duetti o concertati.
Quando la musica assunse una continuità che durava per un intero atto, Wagner sentì la necessità di individualizzare i suoi personaggi sulla scena, così come i sentimenti espressi dalla musica (es. motivo della fede in Parsifal).
I temi di base hanno il ruolo di enfatizzare i momenti fondamentali dell’azione, mentre i motivi accompagnano l’entrata in scena di un determinato personaggio e, combinandosi tra di loro, danno vita ad un discorso (come nel Lohengrin). I motivi segnalano il personaggio anche quando questo si “camuffa” e permettono così al pubblico di seguire meglio la storia.

Voci
Per Wagner le voci sono come degli strumenti e, in quanto tali, richiede loro uno sforzo eccezionale, ai limiti delle possibilità fisiche e artistiche e dell’espressività della voce umana.
Non tutti i cantanti possono essere wagneriani.
Ciò che Wagner richiede non è tanto il fraseggio o il virtuosismo, quanto la potenza e l’intensità. Anche le scene più brevi e meno impegnative hanno bisogno, in Wagner, di uno stile particolarmente declamatorio, per poter sfruttare al massimo la fonetica della lingua tedesca.

La strumentazione wagneriana
Wagner apportò una notevole innovazione nel campo della strumentazione. Egli, non solo inserì nuovi strumenti come la romba contrabbasso o la tuba wagneriana, ma arricchì pure la vecchia tavolozza orchestrale: raddoppiò i fiati ed aumentò notevolmente le corde, inserendo pure notevoli percussioni.
Con una tale orchestra, dal suono imponente, Wagner voleva esprimere il senso della trascendenza, aprendo la strada ad infinite combinazioni timbriche.



WAGNER: IDEOLOGIA; POLITICA E ANTISEMITISMO

Hitler non è il primo a diffondere la tesi della superiorità della razza ariana.
Il primo esempio di una visione storica di ispirazione razzista è di Gobineau (Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane). In seguito fu coniato il termine “Antisemitismo” nel 1879 da Marr, agitatore tedesco.
Tra i sostenitori di Gobineau c’è Wagner. Inizialmente anarchico, attacca violentemente l’organizzazione sociale, diventa protagonista della fallita rivoluzione del 1848 a Dresda. Per l’opuscolo politico socio-rivoluzionario “L’arte e la rivoluzione”viene condannato a morte. Fugge a Zurigo.

Improvvisamente convertito agli ideali di aristocrazia reazionaria, comincia a trovare il successo. Con i “Maestri cantori” viene promosso compositore nazionale e dal 1871(Fondazione germania) diviene rappresentante della politica culturale.
Nietzche accusa Wagner di stregoneria, di trattare la musica come allucinogeno sonoro. ( anche se in seguito si occupa di pubblicare il MEIN LEBEN) Marx lo denomina il “musicante di stato” visti gli schieramenti a convenienza del musicista.
Dopo l’esaltazione del mito Germanico del Nibelungo a bayruth nel 1874 fonda un circolo per diffondere gli ideali di Gobineau.
Morto nel 1883 Wagner, il circolo continua a diffondere l’ideologia antisemita.

Wagner fu autore di numerosi scritti politici, e attraverso il Bayereuther Blatter invoca duramente alla “Distruzione degli ebrei”.

Hitler e Wagner non si incontrano ma il primo è un noto sostenitore di Wagner per ideologie e musicalmente (Parsifal). Hitler in un momento critico fa un pellegrinaggio a bayruth e non trattiene l’emozione davanti alla sua tomba.


IDEALI

Wagner credeva nella virtù innata di un popolo, considerando causa di mali chiunque esprimesse scetticismo nei suoi riguardi. Non voleva comunque annullare la monarchia.
In Svizzera scrive il suo pensiero in “Arte e rivoluzione”, “L’opera d’arte del futuro”, “Il giudaismo nella musica” e “Opera e dramma”.
L’ebreo è visto come materialista, ostacolo al libero sprigionarsi degli istinti dell’artista tedesco.

CRITICA A BACH perché ispira la musica di Mendelsshon, ebreo, che lo copia.

A Norimberga (I maestri cantori) Hitler promulga le leggi razziali, distruggendo la sinagoga di fronte alla statua di Hans Sachs.

E’ una musica totalizzante, pericolosa, espressione di una superiorità tedesca che nel XX secolo tenta di affermarsi dando vita alla tragedia che conosciamo.






























ECONOMIA DOMESTICA:


Alimentazione dell'atleta


Da un'alimentazione ottimale deriva una vittoria sicura.
Nello sportivo, come in ogni individuo, una corretta alimentazione garantisce un adeguato apporto calorico, che soddisfa le necessità metaboliche di turnover ed accrescimento dei tessuti.
Non esiste un'unica dieta valida per tutti gli sportivi: ogni sport ha le proprie regole e un proprio consumo calorico da soddisfare. Ci sono sport meno impegnativi (ad esempio il golf o l'equitazione), che necessitano di un introito calorico inferiore, e sport intensivi (ad esempio calcio, corsa podistica, ciclismo, spinning, body building), in cui l'introito calorico deve aumentare notevolmente.
Non mangiare prima di fare sport è un errore. L'uomo è infatti paragonabile ad un'auto che ha bisogno di benzina per carburare correttamente. Chi di noi non farebbe il pieno prima di partire per un lungo viaggio? Allo stesso modo prima di intraprendere una gara sportiva bisogna alimentarsi in modo corretto.
In media un uomo adulto, a riposo, necessità di circa 2000 kcal per poter affrontare la vita in modo corretto, mentre ad una donna ne bastano circa 1500. Questo valore è indicato come metabolismo basale, cioè il minimo necessario per potersi alzare al mattino e rimanere a riposo per il resto della giornata.
Naturalmente nello sportivo questi numeri aumentano notevolmente e variano da sport a sport. Gli apporti energetici variano da un minimo di 1200-2000 kcal in più rispetto al metabolismo basale (per sport non troppo pesanti), ad un massimo di 5000-6000 kcal in più (per sport intensi).
Il dispendio energetico è specifico per ogni singolo individuo, e viene calcolato sulla base di età, sesso, altezza, composizione corporea ed idratazione. A questo andranno sommate le calorie consumate per quella specifica attività sportiva e per la durata della stessa.
Vediamo in dettaglio cosa un'atleta non dovrebbe mai far mancare nella propria alimentazione.
Nell'adulto solitamente il fabbisogno proteico (cioè proteine che si trovano in cibi di origine animale o vegetale) si aggira attorno ai 259 grammi al giorno, ed è legato alla quantità di amminoacidi introdotti e dal catabolismo proteico (cioè dal sistema di smaltimento degli stessi). Per la maggior parte degli atleti apporti proteici di 1,6 grammi su kg di peso corporeo, sono più che sufficienti per coprire i relativi fabbisogni nutrizionali. Attenzione, però, che apporti superiori non danno vantaggio all'incremento della massa muscolare e/o della prestazione fisica, anzi potrebbero produrre effetti collaterali quali disidratazione, danno epatico e renale. Gli amminoacidi introdotti sono assorbiti facilmente dall'intestino. Concentrandosi in questa regione, a causa di un aumento della salinità per le loro proprietà chimico-fisiche, si ha un richiamo di acqua dalle cellule, con conseguente disidratazione e sete. Le stesse, a loro volta, causano irritazioni, diarrea e crampi.


Detto questo, di cosa necessità maggiormente uno sportivo?

I glucidi (carboidrati) sono importantissimi, infatti sono il principale substrato energetico utilizzato rapidamente dal muscolo in attività. Sono raccomandati sia negli sport rapidi (es. corsa), sia in attività che si protraggono nel tempo (es. ciclismo).
Un'altra fonte di energia che non dovrebbe mai mancare nell'alimentazione dello sportivo, è rappresentata dai lipidi (grassi), che combinati con i carboidrati forniscono energia sia per sport di breve durata e bassa intensità, che per sport di lunga durata.
L'assunzione delle giuste quantità di carboidrati e lipidi è importantissima. Una notevole riduzione dei carboidrati nella dieta potrebbe infatti compromettere la prestazione fisica, con riduzione delle riserve necessarie a svolgere l'attività; si subirebbe così il fenomeno della "stanchezza precoce", che costringerebbe l'atleta a fermarsi e ad abbandonare la competizione. Anche la riduzione dei lipidi compromette la prestazione fisica; il rischio è quello di utilizzare altri tipi di riserve energetiche presenti nel muscolo e nella massa magra, con conseguente peggioramento fisico dell'atleta; anche gli ormoni diminuiscono e si parla di stato di malnutrizione: l'atleta non è cioè in grado di continuare la prestazione fisica.
Importantissimo nella dieta è anche il corretto apporto di liquidi. L'idratazione pre-esercizio riduce il rischio di disidratazione, mentre durante ed al termine dello sforzo permette un maggior ripristino delle condizioni fisiche ottimali. Il sudore perso è un liquido costituito da acqua e da minime quantità di minerali (sodio, cloro, magnesio e potassio). Una produzione di sudore di 4 litri, determina una riduzione del peso corporeo del 5.8% ed una perdita del 5% di sodio, del 7% di Cloro e dell'1% di potassio e magnesio, con alterazioni della contrazione muscolare e comparsa di spasmi e crampi. Basti pensare che atleti impegnati in allenamenti e/o gare di rilevante durata e intensità, perdono fino a 5-6 kg di peso per perdita di acqua. L'acqua assunta deve agevolare la funzionalità dell'apparato gastroenterico, avere proprietà depurative ed essere ricca di ioni bicarbonato per contrastare l'acidosi prodotta durante l'esercizio fisico.
Anche vitamine e minerali sono nutrienti utilissimi per lo sportivo. Le vitamine vengono introdotte con l'alimentazione dietetica così come le sostanze minerali.

Cosa deve mangiare lo sportivo prima della gara?

Prima di qualsiasi competizione sportiva è importantissima l'introduzione di carboidrati, il nostro carburante principale. Nelle discipline di lunga durata (più di 60 minuti) si deve aumentare il più possibile la concentrazione muscolare ed epatica di carboidrati sottoforma di glicogeno. Per ottenerla è sufficiente, nel soggetto allenato, aumentare l'apporto giornaliero dal 60 al 70% dell'energia giornaliera nei 3 giorni precedenti alla gara, attraverso allenamenti brevi (30-40 min) e di bassa intensità.
Gli alimenti devono essere costituiti da carboidrati complessi. che vengono metabolizzati più lentamente e rilasciano energia in modo graduale. L'alimento migliore è la pasta, che ha un indice glicemico relativamente basso e l'amido ivi contenuto è rilasciato in modo graduale. Se dovessimo assumere prima di una competizione alimenti con elevato contenuto glucidico, come per esempio dolci, cereali raffinati e frutta, avremmo un aumento della secrezione di insulina, con riduzione della mobilità degli acidi grassi liberi dal tessuto adiposo, e conseguente ostacolo all'ottimale contrazione muscolare e crampi.
Terminata la competizione sportiva è importantissimo che l'atleta reintegri i liquidi persi, utilizzando anche soluzioni saline ricche di sali minerali. Bisogna inoltre ripristinare le scorte di glicogeno muscolare ed epatico; utile a tale scopo un buon piatto di pasta in bianco con olio extravergine d'oliva. Importante anche la riduzione dell'acidosi provocata dallo sforzo, attraverso il consumo di bevande a base di latte e/o derivati magri dello stesso (es. formaggi, yogurt). Evitare assolutamente bevande gassate.
Una corretta alimentazione è fondamentale per migliorare le prestazioni fisiche. Se non mangiamo ci viene a mancare il "carburante". Lo sport è un'attività complessa, fatta di sacrifici e di successi. Il fisico deve alimentarsi bene per poter sostenere una competizione agonistica così intensa. Non esistono pozioni o riti magici che aumentano la prestazione agonistica, come diceva Ippocrate, il filosofo, "Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo."
"Lo sportivo è ciò che mangia."

I PRINCIPALI ALIMENTI DELL’ATLETA

Alcuni alimenti sono considerati essenziali nella dieta di un atleta e alcuni di questi son: LATTE, PASTA, RISO, PANE.

Latte:
- DEFINIZIONE: Il latte è un liquido bianco secreto dalla ghiandola mammaria delle femmine dei mammiferi.
- COMPOSIZIONE CHIMICA: 87% acqua – 5% c.ca glucidi, principalmente lattosio – 3.6% c.ca lipidi (principalmente trigliceridi) – 3.2% proteine – sali minerali, vitamine, enzimi e oligoalimenti.
- VALORE NUTRITIVO: si hanno variazioni a seconda del contenuto grasso presente, il latte intero infatti ha 65 calorie per 100 ml, quello parzialmente scremato 45 Kcal, soli 35 quello scremato.

Pasta:
DEFINIZIONE: Pasta alimentare di semola o semolato di grano duro: la pasta alimentare di semola di grano duro, così come la pasta alimentare di semolato di grano duro, è un alimento ricavato dalla trafilazione o laminazione ed essiccamento degli impasti a base di: semola di grano duro e acqua, o semolato di grano duro e acqua, senza l'aggiunta di altri ingredienti o sostituzione di quelli indicati.
COMPOSIZIONE CHIMICA: 87% carboidrati – 12% proteine – 1% lipidi (su un campione di 100g di pasta secca di semola cruda).
VALORE NUTRITIVO: 371 kcal ( su un campione di 100g di pasta).
Riso:
DEFINIZIONE: Il riso è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Gramincea, di origine asiatica.
COMPOSIZIONE CHIMICA: A) Riso brillato acqua 12.9 g – proteine 7 g – lipidi 0.6 g – glucidi g. 78.7 (B) Riso integrale acqua 12 g – proteine 7.5 g – lipidi 1.9 g – glucidi g 77.4 g (in entrambi i casi valori calcolati su 100g di riso).
VALORE NUTRITIVO: 344 kcal ( su un campione di 100g di riso).
Pane (TIPOLOGIA 00):
DEFINIZIONE: Prodotto alimentare ottenuto dalla cottura nel forno di una pasta composta di farina di grano e acqua, per lo più con l'aggiunta di sale e di lievito.
COMPOSIZIONE CHIMICA: acqua 29g – proteine 8.6g – lipidi 0.4g – carboidrati 66.9g – amido 59,1g – zuccheri 1.9g – fibra tot. 3.2g (su campione di 100g di pane).
VALORE NUTRITIVO: 289 kcal ( su campione di 100g di pane ).







EDUCAZIONE FISICA:





STORIA DELLE OLIMPIADI



Nel 1892, e precisamente il 25 novembre, a Parigi, nell’anfiteatro della Sorbona, il barone Pierre De Coubertin, in occasione del quinto anniversario dell’ “Unione Francese degli Sport Atletici” ‘, dichiarò che bisognava ristabilire i Giochi olimpici. La proposta, pur non avendo incontrato un’accoglienza entusiasmante, ebbe un seguito anche per la tenacia e la passione del De Coubertin. Infatti dopo due riunioni preliminari, la prima a New York nel 1893 e la seconda a Londra nel 1894, il 16 giugno 1894 a Parigi, un Congresso internazionale formato da 79 delegati deliberò il ristabilimento dei Giochi olimpici e designò come prima sede per la grande manifestazione Atene, in onore e ricordo degli antichi giochi.
Venne formato un Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.) alla presidenza del quale venne eletto all’unanimità il barone De Coubertin (carica che tenne fino alla morte avvenuta nel 1925) e comprendente un segretario e undici membri i internazionali. In seguito sorsero nelle varie nazioni comitati che, riconosciuti dal C.I.O., guidavano e curavano l’organizzazione sportiva del proprio paese in relazione all’attività olimpionica. Ormai si era sulla buona strada. Nel 1896 la prima Olimpiade moderna decreta un successo senza precedenti allo sport. Torna a vivere lo spirito degli antichi Greci, si gareggia fra nazione e nazione con spirito prettamente agonistico, senza odi, senza rancori. La frase del barone De Coubertin: ”Quello che importa nei Giochi olimpici non è il vincere ma il partecipare. Nella vita non è essenziale la vittoria, ma il combattere bene”, diviene l’emblema della grande manifestazione.
Dal 1896 le Olimpiadi vengono disputate regolarmente ogni quattro anni con un continuo crescendo d’interesse e di partecipazione. In oltre cinquanta anni solo tre volte esse non ebbero svolgimento, a causa di avvenimenti bellici e ciò è nel 1916, nel 1940 e nel 1944. Il numero delle Nazioni e degli atleti iscritti è aumentato notevolmente di Olimpiade in Olimpiade.
Non esiste una regola che stabilisca l’elenco delle gare in programma; però, per consuetudine, si considerano obbligatorie le specialità classiche, cioè le stesse in cui si cimentavano i mitici atleti greci (corse, lanci, salti, lotta ecc.), mentre per certi sport moderni, come il calcio, la pallacanestro, il tennis, l’hockey su prato eccetera, spetta al Paese ospitante la decisione di ammetterli o no ai Giochi.
Dal 1924 vengono pure disputate le Olimpiadi invernali; queste gare si svolgono nello stesso anno delle Olimpiadi estive, ma non sempre le ospita la stessa Nazione. Il regolamento delle Olimpiadi vieta che si stabilisca una classifica tra le Nazioni partecipanti; ciò nonostante i tecnici sportivi e i giornali, alla conclusione dei Giochi, ne pubblicano parecchie, basandosi sul numero delle medaglie conquistate nelle diverse specialità (d’oro al primo, d’argento al secondo, di bronzo al terzo) oppure sui primi cinque atleti piazzati, o sui primi dieci, o sui tempi e sulle misure. All’epoca dei giuochi la fiamma di Olimpia viene portata dalle staffette podistiche da Olimpia lungo i vari continenti, fino a giungere alla città in cui i giochi hanno luogo.


DISCIPLINE PRESENTI NEI GIOCHI OLIMPICI DI BERLINO
1936





- Atletica leggera - Tiro
- Canoa - Tuffi
- Canottaggio - Vela
- Ciclismo - Calcio
- Equitazione - Sollevamento pesi
- Ginnastica
- Hockey su prato
- Lotta
- Nuoto
- Palla canestro
- Palla mano
- Palla nuoto
- Pentathlon moderno
- Polo
- Pugilato
- Scherma
MEDAGLIERE (Prime 10 posizioni)
POSIZIONE PAESE ORO ARGENTO BRONZO TOTALE
1 GERMANIA 33 26 30 89
2 U.S.A. 24 20 12 56
3 UNGHERIA 10 1 5 16
4 ITALIA 8 9 5 22
5 FINLANDIA 7 6 6 19
6 FRANCIA 7 6 6 19
7 SVEZIA 6 5 9 20
8 GIAPPONE 6 4 8 18
9 PAESI BASSI 6 4 7 17
10 GRAN BRETAGNA 4 7 3 14
Il successo dell'équipe tedesca fu agevolato sia dal "dilettantismo di Stato" che consentì agli atleti di prepararsi a tempo pieno, senza preoccupazioni economiche (in quanto furono alimentati, curati ed alloggiati a spese dello Stato), sia dall'introduzione di alcune nuove specialità, come la canoa e il kayak, poco praticate dagli altri paesi.
La Germani ben figurò, non salendo sul podio solo nel calcio, nel polo e nel basket. Inoltre, nella maratona, due coreani allora "sudditi" del Giappone vinsero oro e bronzo, e nel calcio la Germania assistette alla vittoria della Nazionale italiana.

IL CALCIO:

CENNI STORICI: Il vero calcio, come lo intendiamo noi, che è più giusto chiamare foot-ball è necessario giungere al 1863 quando in Inghilterra fu fondata la F.A. (Football Association), il cui scopo era dare una regolamentazione al gioco del “pallone con i piedi”.
Nel 1904 sorse la F.I.F.A. che è la federazione internazionale football association, alla quale sono affiliate tutte le federazioni nazionali (quella italiana F.I.G.C.).
ALCUNI TERMINI TECNICI: Calcio d’angolo, cross, interno collo, rigore, rimessa laterale, punizione.
IL CAMPO: E’ una spianata rettangolare, generalmente erbosa (erba naturale, sintetica o mista), il cui lato più lungo misura dai 90 metri minimo ai 120 metri massimo e il lato minore 45 metri minimo e 90 massimo. E’ diviso trasversalmente da una linea di metà campo ed ha due porte sugli opposti lati minori larghe 7.32 metri e alte 2.44 metri. Sul terreno inoltre sono segnalate le linee dell’area di rigore, dell’area di porta (detta anche area piccola) e il cerchio di centrocampo.
LA SQUADRA: Ogni squadra è formata da 11 giocatori in campo (compreso il portiere). In ogni momento durante l’incontro vi è la possibilità di sostituirne tre. Le sostituzioni sono decise dall’allenatore o da chi ne fa le veci.
IL GIOCO: Ciascuna delle due squadre cerca di far entrare una palla dentro la porta avversaria, colpendola con qualsiasi parte del corpo che non sia braccio o mani. Solo i portieri possono utilizzare le mani, ma soltanto dentro l’area di rigore.
Trattenere, scalciare, colpire un avversario, toccare o controllare il pallone con le mani o con le braccia è considerato “fallo”. Ogni azione fallosa è punita con calcio di punizione, se tale fallo viene effettuato in area di rigore, verrà punito dal direttore di gara (arbitro), con il calcio di rigore. Per falli di gioco pericoloso commessi in area, l’arbitro fischierà una semplice punizione a due.




DISCIPLINE PRESENTI NELLE OLIMPIADI INVERNALI DI TORINO 2006






- Biathlon
- Bob
- Combinata nordica
- Curling
- Freestyle
- Hockey su ghiaccio
- Pattinaggio di figura
- Pattinaggio di velocità
- Salto con gli sci
- Sci alpino
- Sci di fondo
- Short track
- Skeleton
- Slittino
- Snowboard


MEDAGLIERE (prime 10 posizioni)
POSIZIONE NAZIONE ORO ARGENTO BRONZO TOTALE
1 GERMANIA 11 12 6 29
2 U.S.A. 9 9 7 25
3 AUSTRIA 9 7 7 23
4 RUSSIA 8 6 8 22
5 CANADA 7 10 7 24
6 SVEZIA 7 2 5 14
7 COREA DEL SUD 6 3 2 11
8 SVIZZERA 5 4 5 14
9 ITALIA 5 0 6 11
10 FRANCIA 3 2 4 9

Vero protagonista dei giochi olimpici torinesi è stato ARMIN ZOEGLER, primo atleta azzurro in assoluto a vincere 4 medaglie in quattro Olimpiadi consecutive nello slittino singolo.

LO SLITTINO:
Lo slittino, sport in cui l’Italia è stata protagonista nei XX giochi olimpici di Torino 2006, ha radici antichissime che risalgono ai Vichinghi.
Nel 1954 viene inserito come sport olimpico a discapito dello skeleton.
TIPI DI GARA: Singolo, doppio, a squadra e sprint.
SINGOLO: La gara del singolo è l'unica disciplina di cui esiste la suddivisione tra competizioni per gli uomini e per le donne, si corre normalmente su due manche, eccezion fatta per i Giochi olimpici in cui si gareggia lungo quattro discese, sommando i tempi delle varie prove. La sola differenza tra le gare è data dalla lunghezza del tracciato, che di norma per le donne è un po' più corta, facendo partire la gara femminile da un punto più in basso della pista rispetto alla gara del singolo maschile. La misura del tracciato non può comunque essere inferiore ai 1000 metri per gli uomini ed agli 800 metri per le donne.












STATISTICA:



































La rappresentazione grafica è stata creata per rendere ben visibili le differenze tra le due olimpiadi.
La differenza dei paesi presenti nella top 10 nei due medaglieri è evidente, anche se bisogna considerare, i 70 anni trascorsi tra un evento e l’altro, con tutte le modificazioni geopolitiche avvenute negli anni e le differenze sostanziali tra Olimpiadi estive (Berlino 1936) e quelle invernali (Torino 2006).

Il diagramma circolare, detto anche a torta, è un metodo utilizzato in statistica descrittiva per rappresentazioni grafiche di variabili quantitative misurate su classi di categorie, al fine di evitare di stabilire, anche involontariamente, un ordine che non esiste nelle categorie.






BIBLIOGRAFIA

TESTI

Storia dell’antisemitismo. Sherbok

Le origini culturali del terzo reich. Gorge L. Mosse

Storia del fascismo. Giampiero Carocci

SITI INTERNET

www.wikipedia.it

www.olimpiadi.it

LE ALTRE FONTI

Enciclopedia Garzanti

Enciclopedia Zanichelli




























INDICE



- Pag 1 – Olimpiadi 1936 e 2006 a confronto
- Pag 4 – STORIA – L’importanza della propaganda nei sistemi totalitari.
- Pag 8 – STORIA – Situazione mondiale negli anni ‘30
- Pag 12 – ITALIANO – Gabriele D’Annunzio, simbolo del nazionalismo fascista – Decadentismo – Pioggia nel Pineto.
- Pag 14 – PEDAGOGIA – Giovanni Gentile – Vicinanza al Duce – Riforma dei programmi scolastici.
- Pag. 17 – FRANCESE – L’entre deux guerres.
- Pag. 18 – MUSICA – Wagner – Ideologia, politica e antisemitismo.
- Pag. 21 – EC. DOMESTICA – Alimentazione dell’atleta e principali alimenti utilizzati.
- Pag. 24 – ED. FISICA – Discipline presenti nelle due Olimpiadi – Il gioco del calcio (medaglia d’oro a Berlino 1936) e lo slittino (Medaglia d’oro a Torino 2006).
- Pag. 29 – STATISTICA e CONTABILITA’ – Grafico a torta per rappresentare i medaglieri nelle due olimpiadi.
- Pag. 30 - BIBLIOGRAFIA


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